UNA SOSTA LUNGO LA VIA EMILIA, TRA SELVE E PALUDI
UNA MANSIO DI FORUM GALLORUM A CASTELFRANCO EMILIA
mostra
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Comunicato stampa

Una mostra illustra la recente scoperta di una mansio romana collocata sulla via Emilia, a ovest dell’abitato di Castelfranco, che ha restituito diverse fasi strutturali a partire dall’epoca repubblicana e reperti di eccezionale valore storico

Una sosta lungo la via Emilia, tra selve e paludi
La mansio di Forum Gallorum a Castelfranco Emilia

dal 13 aprile al 10 giugno 2019
martedì e venerdì dalle 10 alle 12,30
sabato dalle 16.30 alle 19 e domenica dalle 10 alle 12.30

Museo Civico Archeologico "Anton Celeste Simonini"
Palazzo Piella
Corso Martiri 204
Castelfranco Emilia (MO)

ingresso gratuito

per info, visite guidate e aperture a richiesta: Ufficio Museo 059 959367 - Associazione Forum Gallorum 347 1665570
museocivico@comune.castelfranco-emila.mo.it

sito internet del Museo Civico Archeologico "Anton Celeste Simonini"

La recente scoperta di una mansio romana lungo la Via Emilia, a Castelfranco Emilia in direzione Modena, con diverse fasi strutturali a partire dall’epoca repubblicana e molti reperti di inestimabile valore storico ha fornito l'occasione  per riscoprire il territorio castelfranchese anticamente posto fra le colonie di Mutina e Bononia e riqualificare alcuni servizi offerti dal Museo Civico Archeologico “A.C. Simonini”.
Il comune di Castelfranco Emilia è un territorio ricco di testimonianze archeologiche, in particolare di quelle riferibili all’epoca romana e al vicus noto attraverso le fonti letterarie e cartografiche come Forum Gallorum. L’abitato sorto a cavallo della via Emilia attorno al 177 a.C., venne inserito nella maglia della centuriazione tuttora riconoscibile nell’impianto viario. Questo importante asse stradale, formidabile veicolo di penetrazione della civiltà romana nei comprensori un tempo etrusco-celtici, venne tracciato per volontà del console Marco Emilio Lepido nel 187 a.C. per  collegare tutti i centri della regione da Piacenza a Rimini, diventando funzionale sia alla politica di conquista dei nuovi territori a nord dell’Appennino sia alla politica di integrazione e acculturazione delle genti che abitavano questa regione.
Curata da Sara Campagnari, Francesca Foroni e Diana Neri, la mostra "Una sosta lungo la via Emilia, tra selve e paludi. La mansio di Forum Gallorum a Castelfranco Emilia" illustra l'importante ritrovamento avvenuto nell'estate 2017 quando gli scavi effettuati dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara nell'ambito delle procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico in due lotti adiacenti situati alla periferia ovest di Castelfranco Emilia hanno intercettato un edificio affacciato sul tracciato dell'attuale via Emilia (all'intersezione con Via Valletta), sostanzialmente coincidente con quello di epoca romana, e le infrastrutture ad esso correlate (canali e condotta in laterizi). Il prosieguo degli scavi, terminati nel dicembre 2018,  ha evidenziato l'ampia planimetria di questo edificio che raggiunge la massima espansione nella seconda metà del I sec. d.C. (più di mille metri quadrati) e che per l'articolazione degli ambienti, la relazione con la consolare, le opere di drenaggio e la datazione è stata identificata con un'antica stazione di sosta, una mansio.

veduta aerea di Castelfranco Emilia, in rosso la mansio
Il rettangolo rosso indica l'ubicazione della mansio (ad ovest di Castelfranco Emilia)

L’edificio rimase in vita per circa sei secoli, dall’inizio del II sec.a.C. al V sec.d.C., e venne rifatto in media ogni cento anni senza mutare nella sostanza la configurazione degli ambienti. La pianta rimase essenzialmente rettangolare e centripeta e la conservazione delle partizioni interne, corrispondenti alle diverse destinazioni d’uso, testimonia il perfetto adeguamento dell’edificio alle esigenze che avevano portato alla sua costruzione.
Quello che invece cambia costantemente è la configurazione e la posizione delle infrastrutture poste tra l’edificio e la via Emilia, che vengono spostate, allargate e strutturate diversamente pur continuando a mantenere la funzione di drenaggio della carreggiata.
La peculiare posizione dell'edificio, a stretto contatto con la consolare e a circa 2,5 km dal fiume Panaro, e la specifica organizzazione degli ambienti -piccole stanze per il riposo disposte attorno a uno spazio aperto, con aree di servizio e alloggiamenti per gli animali- richiamano immediatamente, seppure con importanti differenze, il complesso della mutatio ponte Secies individuato a ovest di Mutina, a Cittanova (del cui studio da parte di Donato Labate si da conto nel catalogo scientifico della mostra), e ne propongono l’identificazione in una mansio, edificata probabilmente in contemporanea con il primo impianto della via Emilia di Lepido. L’edificio è ubicato al di fuori o ai margini occidentali dell’abitato di Forum Gallorum, a poca distanza dall’area di necropoli di Madonna degli Angeli, e come confermano le fonti -disponibili dall’età imperiale- le stazioni di sosta relative alla vehiculatio, il servizio di trasporto statale, si trovavano sempre in posizione extraurbana e adiacente la strada.

L’area di scavo 2017, sullo sfondo la via Emilia
L’area di scavo 2017, sullo sfondo la via Emilia

A differenza di quanto riscontrato per la mutatio di Cittanova e numerosi altri luoghi di sosta correlati al cursus publicus, la mansio di Forum Gallorum non presenta una relazione diretta con aree destinate al culto, né all’interno dell’edificio né in zone limitrofe. Va però ricordata a non troppa distanza la testimonianza certa di aree di culto in relazione ai fontanili a sud della via Emilia presenti nell’area di Prato dei Monti, a est dell’attuale centro abitato, e la suggestiva presenza a sud-ovest della mansio di un’area di risorgive, i fontanili di Sant’Anna.
Quello che appare certo è che, fin dalle fasi di età repubblicana, questo tratto di via Emilia sia stato oggetto di un'attenzione particolare per quanto riguardava il drenaggio delle acque che scorrevano in abbondanza nel territorio, come attesta il grande canale della larghezza di oltre 4 metri realizzato nella fase di primo impianto del II sec.a.C.

Coppe e fondi di coppe in vetro

1) Fondo di coppa in vetro a nastri; 2) Vetro millefiori; 3) Coppa in vetro millefiori; 4-6) Coppe costolate; 7) Bicchiere; 8) Balsamario

Un altro dato interessante riguarda il tenore di vita degli abitanti della mansio e degli ospiti temporanei che, a dispetto dell'apparente semplicità delle strutture rinvenute, doveva essere di tutto rispetto, come attesta in particolare la qualità della suppellettile da mensa che annovera, oltre alle numerose classi ceramiche attestate, una buona quantità di vasellame in vetro, particolarmente concentrato tra l’età augustea e il II sec.d.C., e un raro esemplare coppa in ceramica invetriata. Ulteriore elemento a conferma della funzione di luogo di sosta bene inserito in un vivace contesto commerciale è il cospicuo quantitativo di anfore presenti sia nell’edificio che nel territorio di Forum Gallorum sin dalle prime fasi repubblicane.
La presenza di una mansio a Forum Gallorum è sicuramente confermata dalla Tabula Peutingeriana che costituisce, con l’Anonimo Ravennate, la principale testimonianza dell’esistenza del vicus, posto in un importante snodo itinerario, la cui funzione permane evidentemente anche in epoca medievale.


Dettaglio della Tabula Peutingeriana con l'indicazione del centro di Forum Gallorum tra le città di Mutina e Bononia

I dati offerti dalle fonti letterarie ci forniscono forse un ulteriore indizio a favore dell’esistenza di una struttura ricettiva già bene organizzata nel I sec. a.C.: nel noto passo di Appiano sulla battaglia di Forum Gallorum, Antonio, dopo avere combattuto contro il console Irzio, si ritira vicino al campo di battaglia “senza alcun trinceramento” nel villaggio definito “Agorà Keltòn”, ossia Forum Gallorum. Vista la ben nota natura impervia dei luoghi e il momento del conflitto (la primavera del 43 a.C.) è possibile che Antonio abbia trovato una sistemazione per la notte in un edificio già qualificato da tempo come stazione di sosta ben strutturata e in posizione funzionale a una rapida mobilità?
Lo scopo della mostra e degli studi correlati è di fornire una base documentaria che possa costituire un utile spunto di riflessione nel quadro per certi versi ancora lacunoso degli studi sulle strutture di epoca romana a servizio della viabilità. A tale scopo sono particolarmente significativi i confronti con le antefisse da santuario e le lucerne recuperate nella Mutatio Ponte Secies di Cittanova e la testina di celta in terracotta proveniente dalla probabile mansio dell'area del Compito a San Giovanni sul Rubicone

La mostra archeologica espone nelle tre sale di Palazzo Piella 163 reperti  che affiancano la collezione permanente del Museo “A.C. Simonini”. Accanto alla tradizionale esposizione del museo, grazie alle tecnologie multimediali, si è voluto promuovere ulteriormente la conoscenza del patrimonio e delle risorse potenzialmente correlate. Per fare ciò si è rivelata fondamentale l'ormai collaudata collaborazione tra Soprintendenza, Comune di Castelfranco Emilia, Università di Bologna e Università di Modena e Reggio Emilia. Si ringraziano inoltre la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini e i Musei Civici di Reggio Emilia per avere consentito di ampliare il quadro dei confronti per l’ambito indagato.
Indispensabile alla riuscita del progetto è stato l’apporto dei Musei Civici di Modena che hanno confermato il consueto e generoso sostegno alle attività di studio, documentazione e restauro dei reperti di scavo, contribuendo al prestito di reperti finalizzati a contestualizzare la ricerca.
I temi della mostra archeologica si innestano infatti in naturale continuità con i contenuti presentati nelle mostre Mutina Splendidissima e On the Road tenutesi rispettivamente a Modena e a Reggio Emilia tra il 2017 e il 2018, i cui cataloghi scientifici hanno gettato le basi per ulteriori approfondimenti tematici.

Il catalogo scientifico "Una sosta lungo la via Emilia, tra selve e paludi. La mansio di Forum Gallorum a Castelfranco Emilia" a cura di Sara Campagnari, Francesca Foroni e Diana Neri contiene la pubblicazione integrale dello scavo e del materiale rinvenuto.
Fa parte della DEA, Documenti ed Evidenze di Archeologia, volume 12, ed è edito dalla Nuova Tipografia S.n.c., Via E. Berlinguer 1/7, Forlimpopoli (FC)
Sarà in vendita presso la sede dell'Associazione Culturale Forum Gallorum in Via Circondaria Sud n. 6 a Castelfranco Emilia (MO) mobile 347 1665570


APPROFONDIMENTI

Sintesi delle fasi dell’edificio

PERIODIZZAZIONE

PERIODO - FASE DA A
PERIODO I - FASE 1  prima metà II secolo a.C. metà del I secolo a.C.
PERIODO I - FASE 2 seconda metà del I secolo a.C. prima metà del I secolo d.C.
PERIODO I - FASE 3 seconda metà del I secolo d.C. metà del II secolo d.C.
PERIODO I - FASE 4a seconda metà del II secolo d.C. fine del IV secolo d.C.
PERIODO I - FASE 4b V secolo d.C. prima metà del VI secolo d.C.
PERIODO II ultimo quarto del XIII secolo prima metà del XIV secolo
PERIODO III-1 XV-XVI secolo XVII-XVIII secolo
PERIODO III-2 XVII-XVIII secolo XX secolo

L’edificio romano. Periodo I
FASE 1. In un momento iniziale del II secolo a.C. viene impiantato un fabbricato di forma quadrangolare e dell’estensione di almeno 719 mq, separato dalla via Emilia tramite un ampio canale largo oltre 4 metri, a servizio della via Emilia. I corpi di fabbrica che lo compongono si affacciano su un cortile interno pavimentato in ciottoli. L’edificio occupa un areale punteggiato di resti archeologici riferibili al popolamento immediatamente precedente la romanizzazione e in parte coevo e in continuità con le sue primissime fasi.
Il sito indagato si trova circa 400 metri a sud-est dell’abitato etrusco del Forte Urbano che alla metà del IV sec. a.C. risulta già destrutturato. Provengono da siti circostanti significative attestazioni di ceramica di tradizione non locale, attribuibile alla cultura ligure o celto-ligure, in molti casi in continuità con le fasi repubblicane, almeno per tutto il II sec. a.C. Nel nostro caso confermano tale continuità i numerosi frammenti di ceramica di tradizione non locale ben confrontabili con altre testimonianze dal Modenese, provenienti in larga parte dai riempimenti del canale della via Emilia, nonché la presenza di forme in vernice nera databili a un momento precedente il primo impianto dell’edificio.
La prima opera di drenaggio chiaramente riferibile al tracciato della via Emilia è costituita da un ampio canale scavato a brevissima distanza dall’edificio, a nord della consolare. Sulla base dei materiali dei riempimenti è possibile ipotizzare una datazione del canale alla fase più antica della consolare, dunque all’epoca dei primi interventi dovuti a Marco Emilio Lepido. L’azione di Lepido sul territorio è peraltro bene attestata dalle fonti che ne sottolineano l’assidua presenza in Emilia occidentale sia durante le fasi della guerra contro i Liguri, sia al momento del tracciamento della via Emilia –a partire da ovest- fino al 177 a.C. quando, probabilmente in occasione di nuove deduzioni coloniarie nei territori un tempo in mano boica, fonda anche Forum Gallorum.
FASE 2. Si datano dalla metà del I secolo a.C. il primo rifacimento dell’edificio, ora dell’estensione accertata di 833,60 mq, e la sostituzione del canale della via Emilia con una condotta in laterizio. Vengono mantenuti sostanzialmente immutati e sfruttati come fondazioni i perimetrali dei corpi di fabbrica precedenti, ad eccezione della parte settentrionale che vede l’inserimento di una nuova area cortiliva alla quale si collega un vano aperto verso l’esterno.
La migliore leggibilità della suddivisione in ambienti ci consente di avanzare alcune ipotesi verosimili sulla funzionalità delle diverse aree della mansio. Ad eccezione dei cortili, tutti gli ambienti presentano pavimentazioni in battuto, non sono stati rinvenuti elementi di rivestimento pavimentale e parietale, e gli alzati sembrano essere in materiale deperibile, telai lignei rivestiti in argilla cruda impostati su assi o travi. L'edificio era dunque connotato da una forte essenzialità degli ambienti, probabilmente motivata dalla spiccata vocazione essenzialmente logistica. La presenza di due vani scala, consente di ipotizzare almeno per un corpo di fabbrica la presenza di un piano soprelevato mentre attorno a un cortile doveva correre un ballatoio in legno.
I vani posti sul retro, che si differenziano per le notevoli dimensioni e l’orientamento leggermente obliquo, avevano probabilmente funzione di servizio e, tenendo conto delle loro ampie dimensioni, se ne ipotizza un probabile utilizzo quali depositi o recinti coperti.
La parte riservata alle attività quotidiane era costituita da un corpo di fabbrica organizzato in una serie di piccoli vani dove preparare i pasti: da qui  provengono una notevole quantità di frammenti di vasellame da cucina e da mensa e in uno di questi è stato individuato un focolare in mattoni. Un vano di maggiori dimensioni sembra invece aver ospitato molteplici attività quotidiane, fra le quali sicuramente anche il consumo del cibo, come attestano i frammenti di lucerne, i pesi da telaio verticale e un quadrans in piombo per le attività di pesatura rinvenuti in questa zona. Forse questo ambiente, vicino alla cucina e dunque ben riscaldato, ospitava anche i momenti di svago di chi transitava nell’edificio: parrebbero indiziarlo il rinvenimento di due pedine da gioco e di una sorta di tabula lusoria ricavata da un frammento laterizio.

Tabula lusoria per giocare

Tabula lusoria ricavata da un frammento di laterizio con una figura di forma trapezoidale, che ne occupa quasi tutta la superficie, contenente tre segmenti a configurazione radiale (per le attività ludiche)

Per le particolari dimensioni, gli ambienti del corpo di fabbrica occidentale sono compatibili con l‘identificazione in stanze per la notte, probabilmente riscaldate all’interno da bracieri dal momento che non sono state trovate tracce di punti di fuoco sui battuti pavimentali; la capacità ricettiva veniva raddoppiata dalla presenza di un piano superiore.
Il corpo di fabbrica affacciato sulla via Emilia presenta ambienti ben distinti di cui uno, quello a ovest, più grande degli altri, era probabilmente un vano di servizio e dispensa (nella fase successiva saranno inserite nel pavimento due anfore). Qui è stata rinvenuta una porzione di mola manualis (macina manuale) e di un frammento di cote. Per gli altri cinque piccoli ambienti (sei nella fase successiva) caratterizzati da dimensioni modulari e ridotte, vista la loro collocazione sul fronte sud, è stata proposta un’identificazione in stalle per il ricovero temporaneo degli animali da trasporto che sostavano nella mansio.
Secondo le fonti latine, in particolare Catone, Varrone e Columella, le aree più adatte alla stabulazione dovevano essere orientate a sud ed essere ubicate in luoghi caldi e vicino alla cucina; inoltre, nel caso dell’equile (la stalla per i cavalli), era consigliabile la presenza di praesepia (cioè di recinzioni per tenere gli animali separati) oltre a una buona e costante pulizia delle stalle. Nel caso della mansio di Castelfranco l’incrocio dei dati materiali con queste indicazioni dalle fonti parrebbe avvalorare la possibile ubicazione dell’equile sul fronte sud. Per confermare ulteriormente questa ipotesi, si è proceduto con le analisi chimiche e faunistiche sui campioni di terreno prelevati dai battuti pavimentali degli ambienti ipoteticamente adibiti a stalle e – per confronto - dagli altri vani dell’edificio, nonché dalle immediate adiacenze della mansio; in particolare, si sono cercati accumuli di fosforo indicativi della presenza continuativa di animali e di esseri umani. La notevole concentrazione di fosfati rilevata in tutti i campioni è compatibile con la presenza generica di aree di stabulazione e con la presenza di equini riscontrata nello studio dei resti faunistici.
Risale infine a questa fase la sostituzione del canale della via Emilia con un’ampia canalizzazione in laterizi (tegole con inserimenti di mattoni) confrontabile con attestazioni nel centro cittadino di Bononia.
FASE 3.  In questa fase, che inizia con la seconda metà del I sec. d.C., l’edificio raggiunge la massima estensione (mq 1076,70), mediante l’aggiunta a est di un cortile recintato e di un nuovo corpo di fabbrica tripartito, sporgente verso un ampio spiazzo inghiaiato realizzato dopo la defunzionalizzazione e il tombamento della condotta in laterizio. Più a sud viene aperto un nuovo canale a servizio della via Emilia.
FASI 4a e 4b. Dopo la metà del II sec.d.C. intervengono solo alcune modeste ma significative variazioni alla struttura, come un vano adibito a un'imprecisata funzione produttiva  e piccoli interventi di manutenzione che paiono indicare una mutata attenzione nei confronti dell’edificio; in ogni caso, a partire dal V secolo, il complesso è già in disuso e oggetto di uno smantellamento sistematico che si conclude al massimo entro la prima metà del VI secolo.
La rioccupazione tardo medievale Periodo II
In un momento non precisabile dell’età medievale il sito viene nuovamente occupato in maniera stabile. Le poche evidenze archeologiche individuate restituiscono le forme di un edificio di dimensioni più ridotte rispetto all’età romana (almeno mq 125,21), parallelo alla via Emilia di cui segue l’orientamento, con almeno due partizioni interne e a sud e un ampio ambiente interpretabile come portico. Rimangono certi lo stretto rapporto con la strada, della quale sono stati individuati lacerti del piano inghiaiato, e la presenza di un canale parallelo al ciglio nord della stessa.
Nonostante la parzialità delle tracce materiali -comunque sufficienti a definire la nuova struttura come dotata di un certo impegno strutturale e a collocarne la demolizione entro il XIV secolo- è possibile tentare alcune ipotesi relative alla sua funzionalità a partire da alcune considerazioni. La presenza dell’ampio vano porticato rivolto verso la via Emilia, unita alle ampie dimensioni dell’ambiente adiacente a nord, fanno pensare a una funzione di accoglienza confrontabile con il non lontano ospitale di San Bartolomeo a Spilamberto, fondato entro il 1162 ed emanazione indiretta dell’abbazia di Nonantola lungo il tracciato della strada che collegava Nonantola con il Tirreno costeggiando la valle del Panaro (ricordata nel 1449 con la denominazione strata vocata de Castiono, sive Strata Francisca e dagli studiosi variamente chiamata “via Longobarda” o “Nonantolana"). La strada fu voluta del re longobardo Astolfo per ripristinare le comunicazioni fra la Toscana e la pianura padana centrale e garantirne non solo un’adeguata attività di assistenza ai viaggiatori ma anche un efficace controllo su terre di recente conquista. Poteva localmente diramarsi in diverticoli, particolarmente evidenti nelle aree di pianura ma presenti anche sulle prime colline. Il percorso, con inizio a Nonantola, doveva raggiungere la via Emilia a S. Ambrogio, dove è attestato un ospitale; da qui, poteva seguire la sinistra orografica del Panaro, in direzione di Spilamberto, oppure costeggiare la via Emilia verso est fino all’attuale canale Torbido (antico canale di Gena) e qui piegare verso sud in direzione di San Cesario. Nell’alto medioevo, le aree di pianura interessate erano tutte di proprietà o sotto il controllo diretto dell’abbazia di Nonantola.
Le presenze ospitaliere, qui come lungo altri percorsi, vanno aumentando a partire dal XII secolo e spesso si disgiungono dalla contiguità fisica con il monastero/abbazia, arrivando a definire un nuovo tipo di insediamento esplicitamente pensato per l’assistenza ai viaggiatori.
L’edificio medievale individuato in via Valletta si colloca in prossimità di tale tracciato o nelle sue immediate vicinanze, lungo la Via Emilia e a poca distanza dal punto in cui il Torbido la attraversa, presenta caratteristiche planimetriche coerenti con quelle delle strutture ospitaliere e nasce sopra un edificio di età romana pensato per l’ospitalità. Perché non pensare che possa avere ereditato la funzionalità romana per portarla fino alle soglie dell’età moderna?
Periodo III. Le epoche successive vedranno l’area destinata esclusivamente alle attività agricole.

La mostra è promossa da Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, Università degli Studi di Bologna, Università di Modena e Reggio Emilia, IBC Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna e Associazione culturale museale Forum Gallorum.

 


Il volume collegato alla mostra -di imminente pubblicazione- offrirà agli studiosi e al pubblico un primo quadro preliminare dei risultati delle indagini archeologiche svoltesi tra il 2017 e il 2018. Attraverso la procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico, normata dal Codice degli Appalti, è stato possibile armonizzare le esigenze di tutela archeologica con quelle del naturale sviluppo del territorio, fondandosi su un positivo rapporto sinergico tra gli Enti coinvolti nel processo di approvazione delle opere pubbliche per approdare alla fase ultima del percorso: la valorizzazione e la divulgazione. Il catalogo offre una panoramica completa sulla stratigrafia dello scavo, sul materiale archeologico e le analisi archeobiologiche e chimiche, inserita nella cornice più ampia di confronti relativi a uno stimolante argomento di studio, le cui prospettive per molti versi si possono ancora definire aperte: quello delle infrastrutture a servizio della viabilità di epoca romana. Ci auguriamo che i dati forniti dal gruppo di lavoro possano fornire nuovi spunti per futuri studi e ricerche sulla complessa tematica delle stazioni di sosta in relazione al cursus publicus.


Castelfranco Emilia (MO), Museo Civico Archeologico “A.C. Simonini”
13 aprile 2019-10 giugno 2019
Mostra a cura di Sara Campagnari, Francesca Foroni e Diana Neri
Enti promotori: Comune di Castelfranco Emilia, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
In collaborazione con Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, Università di Bologna, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Comitato d’onore: Sindaco Stefano Reggianini, Luigi Malnati (già Soprintendente ABAP-BO-MO-RE-FE), Paolo Cavicchioli (Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena), Cristina Ambrosini (Soprintendente ABAPBO-MO-RE-FE)
Comitato scientifico: Sara Campagnari e Valentina Manzelli (SABAP-BO-MO-RE-FE), Daniela Rigato e Anna Lina Morelli (Università di Bologna), Diana Neri (Museo Civico Archeologico “A. C. Simonini” di Castelfranco Emilia)
Coordinamento mostra: Diana Neri (Direttrice Museo Civico Archeologico “A.C. Simonini” di Castelfranco Emilia), Giulia Mannino (Università di Bologna), Riccardo Vanzini (Università di Bologna)
Allestimento: Giulia Mannino (Università di Bologna), Paola Calace (Università di Bologna), Riccardo Vanzini (Università di Bologna), Giuseppe Manno (Comune di Castelfranco Emilia), Associazione Culturale Forum Gallorum, Eugenia Marchi. Hanno collaborato il Servizio Civile e le tirocinanti Lara Pruna, Maddalena Trapani, Deborah Franchella, Federica Fresta.
Restauro materiali: Roberto Monaco, Mauro Ricci, Virna Scarnecchia, Micol Siboni, Monica Zanardi (Laboratorio di Restauro SABAP-BO-MO-RE-FE)
Fotografie: Roberto Macrì (SABAP-BO-MO-RE-FE)
Elaborazioni grafiche: Rossana Gabusi (SABAP-BO-MO-RE-FE); Mauro Librenti e Roberta Michelini (CLM Archeologia Srl)
Ufficio promozione e comunicazione: Carla Conti (SABAP-BO-MO-RE-FE)
Ufficio mostre: Siriana Zucchini (SABAP-BO-MO-RE-FE)
Strumenti multimediali: Giacomo Mancuso (Università degli Studi di Roma “La Sapienza”)
Si ringraziano i Direttori dei Musei prestatori: Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena, Musei Civici di Reggio Emilia, Museo del Compito “Don Giorgio Franchini” di Savignano sul Rubicone (FC)
Si ringraziano per il sostegno e la collaborazione: Gianluca Pellacani e Silvia Pellegrini (Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena), Roberto Macellari (Musei Civici di Reggio Emilia), Annalisa Pozzi (SABAP-RA-FC-RN) e Giorgia Grilli (Museo Archeologico del Compito “Don Giorgio Franchini”)

INAUGURAZIONE sabato 13 APRILE 2019, ore 17.30
Intervengono la Soprintendente Cristina Ambrosini e le curatrici della mostra Sara Campagnari, Francesca Foroni e Diana Neri.
Sono presenti le Autorità locali