Le singole province sono introdotte da sintetiche notizie riguardanti il territorio e la città capoluogo, di cui vengono indicate anche le sedi museali, sia nazionali che civiche, che conservano materiali archeologici, i monumenti e le zone archeologiche.
Sembra, da recenti statistiche, che la visita al museo occupi
l'ultimo posto nell'Italia del tempo libero. E ancora una volta
sotto accusa avvertiamo di essere noi, operatori del settore,
chiusi - e non solo metaforicamente - nella roccaforte dei nostri
studi, scarsamente accoglienti, poco manageriali. Gli accusatori
sono probabilmente gli stessi che stigmatizzerebbero un
provvedimento - mai adottato, anche se ventilato - che
restituisce ai musei di provenienza personale assunto e tosto
"comandato"" o trasferito altrove. Lungi da noi
caldeggiare deportazioni o altre ancor più impopolari misure da
adottare per garantire la vigilanza dei nostri istituti,
suggerire soluzioni che non possono essere che politiche. Resta
il fatto che i musei, scrigni del nostro patrimonio più
prezioso, non possono essere mantenuta aperti se incustoditi
(nessuno lascerebbe aperto e incustodito il caveau di una banca)
e che precise norme di legge precludono la possibilità di
surrogare, in posti di lavoro vacanti, personale regolarmente
assunto con associazioni, per tali attività peraltro
nient'affatto disponibili, di volontariato. Ed ecco che,
soprattutto in situazioni "deboli" (piccoli musei
affidati ad Enti locali, ma anche musei medi dove il servizio è
forzatamente sacrificato alle esigenze di istituti di più grande
richiamo) il serpente si morde la coda: la scarsa affluenza
costituisce giustificazione a un'insufficiente dotazione di
personale, la carenza di personale non consente una lunga
apertura e una conseguente buona affluenza (è chiaro che non
parliamo di quei musei che beneficiano del personale
"comandato"').
Tralascerò il problema - anche questo dalla stampa più volte
riproposto - del materiale (più del 70%) non esposto al
pubblico, perché si tratta, in realtà, di un falso problema: il
deposito non preclude, facilita anzi la conoscenza di quel
materiale a chiunque ne faccia richiesta a scopo di studio e può
comunque costituire riserva per attività didattiche e mostre a
rotazione.
Osservo, piuttosto, che la discussione sulle condizioni del Museo
in Italia sembra giunta a un punto morto, che la risposta stessa
che viene dagli addetti ai lavori non è nient'affatto
costruttiva.
Proviamo, allora, ad ammettere, innanzi tutto, che, a parte le
difficoltà logistiche, quello tradizionale, il nostro Museo
storico è un modello difficilmente accessibile. E il Museo per
un'élite, trasmessoci dai secoli passati, che richiedeva e
richiede studi, interessi, preparazione particolari, mentre quel
che a noi si chiede oggi è un museo di massa.
errore gravissimo sarebbe, tuttavia, modificare in questo senso
questo modello, bene culturale esso stesso, testimonianza
preziosa e irripetibile.
E' invece necessario che il Museo - in particolar modo quello
archeologico - diventi altro da se stesso fuori dalle sue mura
tradizionali, dal suo "contenitore" storico. Che
diventi facilmente fruibile, didattico, innervandosí nella vita
quotidiano, nella realtà attuale, nella società moderna:
strutture dissepolte e materiali conservati in situ, monumenti
integrati in edifici di nuova costruzione, spaccati di storia coi
quali acquistare familiarità, consuetudine. E, accanto a questi,
video, CDROM, lntemet, tutti gli espedienti, questi sì in
continuo, vertiginoso aggiornamento, della nostra tecnologia. E
tessere d'ingresso magnetiche, materiali d'aggiornamento di
facile reperimento, nei "servizi aggiuntivi" dei nuovi
musei, ma anche nelle edicole, sulle piazze. Non parlo di sogni
futuribili: basta varcar la frontiera per accorgersi che il
futuro è alle nostre porte, che anche nei musei è tempo di
diventar europei.
Ma i nostri concittadini - ci chiediamo nel frattempo - quanto
hanno visto, quanto conoscono di ciò che sperimentalmente già
abbiamo realizzato, che già mettiamo a disposizione? E i
consumatori di vacanze esotiche, quelli che tutto sanno del
patrimonio d'arte e civiltà dell'altra faccia della terra
avranno mai gettato uno sguardo, senza impegno e senza biglietto
di ingresso, nell'orto della casa all'angolo, nel guardaroba del
famoso teatro, tra le mercanzie stesse del grande magazzino, dove
da tempo abbiamo reso visibile e dotato d'apparato illustrativo
un brano della loro storia?
Per facilitare il loro incontro con l'archeologia di casa abbiamo
preparato questa strenna di fine anno: vi troveranno notizie sui
nostri maggiori istituti di antichità, sulle innumerevoli zone
archeologiche della regione e persino sui musei in allestimento.
Vorremmo aggiungere un consiglio: si facciano aiutare, schedario
alla mano, dai loro ragazzi. Loro, nei luoghi di cui qui si
parla, con la scuola, ci sono già stati.
MIRELLA MARINI CALVANI
Soprintendente per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna