Da sempre ricerca archeologica e antropologica hanno trovato un
terreno di indagine comune nell’analisi dei rituali funerari antichi, attraverso
lo studio delle complesse connotazioni simboliche insite nel cruciale momento
di passaggio rappresentato dalla sepoltura di un defunto. Nel mondo greco e
romano, il morto rappresentava un potente elemento negativo che doveva essere
onorato, tutelato e protetto affinché continuasse a svolgere, come antenato, la
propria funzione di nume tutelare della famiglia. In ogni luogo e tempo, le
diverse comunità hanno adottato pratiche funerarie improntate a norme alquanto
rigorose.
È stato così possibile definire alcune costanti, in gran parte legate
all’organizzazione sociale e al culto funebre, che caratterizzano le diverse pratiche
e definiscono il profilo dei riti più usuali. Sebbene possano esistere
contaminazioni o sovrapposizioni all’interno dei medesimi contesti archeologici
-si pensi solo alla convivenza di riti inumatori e crematori nelle necropoli
romane-, è stato possibile stabilire una sorta di “canone” del rituale
funerario.
All’interno di questo panorama, sono stati
individuati sporadici casi che si allontanano in modo netto dallo scenario
consueto e che, per le proprie caratteristiche, rivelano una precisa volontà dei
vivi di intervenire sul corpo defunto in maniera inconsueta e, a volte, brutale.
Questi casi vengono definiti “sepolture anomale” (deviant burials).
Ad essi è dedicata la mostra
Sepolture
anomale
Indagini archeologiche e antropologiche dall’epoca classica
al Medioevo in Emilia Romagna
Castelfranco Emilia (MO)
Museo Civico Archeologico
Palazzo Piella, Corso Martiri n. 204
dal 19 dicembre 2009 al 21 febbraio 2010
Martedì e mercoledì dalle 10 alle 13
Venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18
Sabato dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 17
Domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 19
info 059.959367
L'esposizione, curata dagli archeologi
Luca Cesari, Diana Neri e
Jacopo Ortalli e dagli antropologi Maria Giovanna Belcastro, Valentina Mariotti e
Marco Milella, illustra i risultati degli studi condotti dal Laboratorio di Bioarcheologia e Osteologia Forense dell’Università di Bologna su
una decina
di sepolture anomale rinvenute negli ultimi anni in regione durante gli scavi
archeologici diretti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell’Emilia-Romagna.
La mostra espone i reperti scheletrici completi del proprio corredo, ricreando
la situazione di rinvenimento delle tombe e mettendo in luce i riti e le
peculiarità che contraddistinguono le sepolture.
Attraverso i casi presi in esame, vengono analizzati gli esiti che la sfera del
sacro produce all’interno dei riti legati alla morte, considerato l’ambito
nevralgico per eccellenza delle credenze legate al mondo soprannaturale. Si cercherà di mettere in luce il pensiero, le procedure e le problematiche che
accompagnano lo studio del rapporto dell’uomo con la morte, dalla
nascita del comportamento simbolico nell’uomo fino all’epoca medievale.
Partendo da alcuni casi emersi durante indagini archeologiche e
analizzati da una prospettiva antropologica, sarà tracciata la storia dell’uomo
dal peculiare punto di vista del rapporto con i propri defunti e dei
comportamenti devianti o poco ortodossi connessi ad un conflitto aperto tra il
mondo dei vivi e quello dei morti che, all’interno dei racconti folklorici,
prende la forma dell’eliminazione del vampiro o, per meglio dire, del revenant.
Necropoli di Baggiovara (MO). La
Tomba 13, con il suo scheletro acefalo e privo di piedi e del braccio destro
(revenant),
è uno dei casi di sepoltura anomala protagonisti del convegno e della mostra
di Castelfranco Emilia
Lo studio di questi fenomeni
svela un importante indicatore del pensiero religioso antico e delle forme più
ancestrali e nascoste che continuano a sopravvivere accanto ai culti ufficiali.
In alcune particolari circostanze, sia nel multiforme universo religioso romano
che all’interno della dottrina monoteista cristiana, affiorano pratiche che
rivelano una sostanziale necrofobia ed una volontà di impedire al cadavere, in
forma corporea o spirituale, di nuocere ai vivi.
Le azioni compiute sul defunto, che vanno dalla decapitazione all’infissione di
oggetti nel corpo, dalla mutilazione alla sepoltura in posizione prona, rivelano
molte similitudini con i racconti folklorici legati alla figura del Vampiro o,
più precisamente, del Revenants, letteralmente “colui che ritorna”.
Oltre ai casi registrati durante
gli scavi alla
Stazione Centrale di Bologna e a
Baggiovara di Modena, la mostra passa in rassegna e presenta una
serie di pratiche emerse durante varie indagini archeologiche nel territorio
regionale.
I dati che seguono sono tratti dai numerosi
articoli pubblicati sulla rivista “Pagani e Cristiani. Forme ed attestazioni di religiosità
del mondo antico in Emilia” curata dal
Museo Civico
Archeologico di Castelfranco Emilia. Da sette anni a questa parte
la rivista ha ospitato diversi contributi con l’intento di fare
luce su questo fenomeno poco noto ma estremamente affascinante del mondo antico
attraverso l’analisi di alcuni importanti esempi di “sepolture anomale”
recentemente scoperte in ambito regionale, accostandoli ad altri rinvenimenti
simili ed alle tradizioni popolari europee. Nell'elencare sinteticamente alcune
delle pratiche affrontate nella mostra di Castelfranco Emilia, vi rimandiamo pertanto agli ottimi
contributi degli
archeologi Caterina Cornelio, Cinzia Cavallari, Luca Cesari e
Pierangelo Pancaldi e degli esperti del Laboratorio di di Bioarcheologia e
Osteologia Forense dell’Università di Bologna, Maria Giovanna Belcastro,
Valentina Mariotti e Marco Milella.
Legare i cadaveri - Casalecchio di Reno , scavi 1991-1992, nucleo
sepolcrale attribuibile alla tribù celtica dei Boi (metà del IV secolo a.C.)
costituito da 97 tombe e delimitato da tre fossati perimetrali.
Ben 37 di
queste tombe presentano scheletri con nette tracce bruno-nerastre in
determinati punti delle superfici ossee: talvolta sono tracce puntiformi o aloni,
talaltra sono vere e proprie “fasce” della larghezza di diversi
centimetri, tutte riscontrate anche nella parte d’osso che stava a contatto
con il fondo della tomba.
Quest'ultimo particolare ha fatto escludere potesse trattarsi di
tracce da contatto superficiale, facendo invece pensare a tracce di legami
realizzati in materiali deperibili, corde o forse cinghie di cuoio.
Cremazioni e calzature - Casalecchio di Reno , scavi 1989-1992,
sepolcreti romani pertinenti a tre diversi nuclei di necropoli databili tra
il II e il IV secolo d.C.
Complessivamente almeno 238 tombe di cui il 76%
a inumazione e il restante 24% a incinerazione. In almeno tre tombe a
cremazione diretta (il cadavere viene cremato direttamente nella fossa terragna) sono stati rinvenuti decine di piccolo chiodi in ferro a capocchia
rotonda ed estremità ripiegata (i cosiddetti “ribattini”) pertinenti a
calzature.
Lasciare ai piedi dei defunti destinati alla cremazione le
normali calzature, mentre gli inumati vengono per lo più deposti a piedi
scalzi o al massimo in pantofola o babbuccia, pone un quesito interessante: e
se le scarpe da riposo o il piede scalzo rientrassero nella logica di
“scoraggiare” eventuali deambulazioni post-mortem e ritorni indesiderati?
Per ovvi motivi, nelle cremazioni il problema non si pone...
Mutilazioni rituali e altre pratiche post-mortem - Casalecchio
di Reno, scavi giugno-dicembre 1993, settore 2, serie di tombe genericamente
attribuibili alla tarda età romana.
23 tombe ad inumazione su nuda terra,
con due nuclei piuttosto caotici di più sepolture sovrapposte, nuclei assai
simili a fosse comuni, con deposizioni che si tagliano tra loro con
conseguente disarticolazione dei resti degli inumati, molti dei quali
risultano amputati degli arti e altre parti del corpo.
Singolari i particolari riti delle Tombe 2 e 3. La tomba 2 ha lo scheletro
deposto in posizione fetale con un cane, anch’esso rannicchiato, posto
accanto al cranio. L’inumato della tomba 3 presenta evidenti mutilazioni
agli arti inferiori (piede sinistro ricollocato sulla spalla destra e piede
destro vicino al femore) e la rimozione del cranio, rinvenuto vicino alle
tibie.
Come interpretare questi nuclei di sepolture? Se è plausibile collegarle ai
traumatici eventi della guerra Greco-gotica, sono anche possibili spiegazioni
alternative. Forse il pericolo proveniente dal cadavere è stato avvertito
solo dopo la sepoltura e per questo motivo la tomba è stata riaperta e
manomessa; forse la paura del ritorno della persona morta ne ha favorito lo
smembramento (lo scheletro è stato privato di parti o fatto a pezzi),
impedendole di tornare indietro a perseguitare i vivi
Crani chiodati - Durante i lavori nella cripta della Cattedrale di
San Pietro a Bologna sono stati rinvenuti due crani chiodati risalenti,
secondo le analisi al radiocarbonio eseguite sui reperti, al XII secolo.
Il ritrovamento di crani recanti chiodi ancora in situ o caratterizzati da
lesioni riferibili ad una loro infissione è ampiamente attestato dall’epoca
romana al XIX secolo.
Alcuni studiosi interpretano la presenza di chiodi a
livello cranico come traccia del “colpo di grazia” talora offerto a vittime
di esecuzioni, altri ipotizzano un loro utilizzo nell’ambito di specifici
rituali dove la simbologia del chiodo gioca un ruolo importante. La
chiodatura del cranio potrebbe testimoniare il tentativo di fissare al
cadavere e alla sepoltura l’essenza stessa della morte o anche solo la sua
causa, ad esempio una malattia. Ma è anche ricollegabile al tentativo di
inabilitare lo spirito del defunto affinché non possa nuocere ai vivi.
Bologna, scavi nuova Stazione TAV. La tomba 161 in
cui l’inumato è stato deposto in posizione prona (pancia in giù)
Non possiamo che ammirare l’ingegnosità con la quale i nostri antenati
(nemmeno troppo lontani nel tempo) hanno escogitato sistemi per respingere
(o prevenire) i cosiddetti “revenants”, letteralmente “coloro che
ritornano”.
Si cercava di evitare il ritorno del cadavere ricorrendo ad impedimenti
fisici, ad esempio legando gli arti del defunto con presidi di vario tipo,
corde, sudari, forse cinghie di cuoio, ipotesi accettabile considerando che,
alla disgregazione dei cordami (ottenuti con ogni probabilità da fibre
vegetali o tessuti animali) sopravvive la particolare posizione dei corpi,
spesso ripiegati o contratti in modo innaturale, per effetto della legatura.
Molto spesso si ricorreva all'uso di chiodi, oggetti con funzione magica e
di forte simbologia che, seppure collegati anche a cerimonie
magico-religiose non legate alla sepoltura, suggeriscono la volontà di
fissare, stabilizzare e rendere perpetuo un avvenimento. I chiodi erano
l’attributo associato alle Parche e avevano il compito di segnalare
simbolicamente l’ineluttabilità degli avvenimenti, in particolare la morte,
a cui tutti gli uomini devono sottostare.
Anche se non conosciamo le motivazioni che hanno spinto le comunità a
mettere in atto misure così drastiche per proteggersi dai defunti, spesso
nei racconti popolari le persone potenzialmente pericolose vengono
individuate sulla base di caratteristiche particolari. Solitamente sono
persone a valenza negativa, con una vita spesa al limite della società: vita
che pare si rifiuti di abbandonare il corpo persino dopo la morte.
Tornando ai temi della mostra, già nei siti celtici dell’età del Ferro non è
infrequente incontrare una serie di pratiche funerarie particolari, legatura del
corpo, sepoltura prona, rimozione di parti dello scheletro, parziale cremazione,
appesantimento del corpo con grossi blocchi di pietra, orientamento e posizione
della tomba diversi, luoghi speciali per la sepoltura, paletti di legno
attraverso il corpo, amuleti inseriti nella tomba.
In alcune tombe romane di epoca imperiale sono stati trovati dei chiodi, di
solito in bronzo, ben rifiniti, a volte con estremità ritorta. Il chiodo
potrebbe voler garantire l’inviolabilità della tomba ma è anche possibile che si
riferisca ad una pratica rituale per garantire che il morto non lasci la tomba
per andare a danneggiare i vivi. L’estremità ritorta del chiodo potrebbe quindi
essere sia un simbolo del fatto che esso non dovrà né potrà mai più essere
usato, sia la traccia della sua infissione in un qualcosa di perduto, come una
tavoletta in legno o altro materiale organico sulla quale poteva essere scritta
la formula della defixio, per fissare anche lo spirito del morto entro la
sua tomba (il termine defixiones deriva da defigere, cioè legare,
inchiodare dunque obbligare ad un destino generalmente malevolo)
In Cornovaglia, terra di spettri, il corpo del suicida è sepolto agli incroci
affinché levandosi dalla tomba si confonda sulla via da seguire; e per
accertarsi che non torni a tormentarli, assicurano saldamente il feretro al
terreno, trapassandolo con una lancia. Il cronista medievale Saxo Gramaticus
racconta come, per liberarsi della peste causata per vendetta da un uomo ucciso
durante un tumulto, gli abitanti "riesumarono il cadavere, lo decapitarono e
gli trafissero il petto con un bastone acuminato; così la gente risolse il
problema" (Saxo Gramaticus, Historia Danorum, I,VII,2 edizione
italiana a cura di L. Koch e M. A. Cipolla, Sassone Grammatico. Gesta dei re
e degli eroi danesi, Torino 1993). A ben vedere, la descrizione del
trattamento a cui sottoporre i draugar (morti viventi) e più tardi, nella
tradizione folklorica, i vampiri, per eliminarli definitivamente.
Bologna, scavi nuova Stazione TAV. Particolare della tomba 109: si può
notare un grosso chiodo conficcato alla sommità del cranio ed altri deposti
all’interno della sepoltura
Un altro aspetto, o per meglio dire risvolto, interessante è quello trattato
da Luca Cesari
nell’illuminante saggio "Revenants
e paura dei morti. Parte seconda Il “chiodo fisso” dei vampiri" (Pagani
e Cristiani. Forme ed attestazioni di religiosità del mondo antico in Emilia,
vol. III, 2003). Quando veniva aperta una tomba, uno dei vari segni che
portavano a distinguere tra un innocuo defunto ed un revenant era il mancato
dissolvimento del corpo, almeno rispetto alle aspettative degli osservatori.
"Fa riflettere -scrive Cesari- che questa particolarità sia comunemente riferita anche ai
santi che, per la loro condotta non convenzionale, occupano i margini della
società, seppure con accezione positiva. Nel loro caso, l’incorruttibilità
del corpo sepolto è considerata in modo diametralmente opposto".
Allo stesso modo la decapitazione usata per uccidere i non-morti è spesso
l’unico modo per mettere fine anche alla vita dei santi. I racconti
agiografici hanno spesso in comune la capacità del santo di resistere alle
torture più crudeli, vanificando piani e sforzi degli aguzzini. Al clou del
tormento, il santo rivela risorse soprannaturali,
distrugge le macchine che dovevano ucciderlo, solidifica le acque che
dovevano affogarlo, beve pece e piombo fuso come fossero acqua o riceve
aiuto direttamente da un angelo che risana il suo corpo straziato. La
resistenza e i miracoli che questi individui sono in grado di eseguire li rendono praticamente invulnerabili finché i torturatori decidono di
passare ad un metodo infallibile per mettere fine alla loro vita, la
decapitazione.
Come il revenant può essere sconfitto solo attraverso un certo
rituale, così di norma la decapitazione funziona sia sui non-morti che sui
santi. Nei racconti folklorici tutto ciò che è appuntito o affilato, sia
metallo o legno, può essere utilizzato nei riti apotropaici, trafiggendo il
defunto o deponendo l’oggetto accanto al corpo: chiodi, paletti acuminati,
coltelli, spade e spine
Forse non è un caso che i santi siano i seguaci di uno “stregone” che è
uscito dalla propria tomba, dopo essere stato torturato con chiodi e spine,
poi deposto in un sepolcro chiuso da un masso e controllato da persone
armate. Tutto dipende da come si interpretano i fatti...
L'inaugurazione della mostra è preceduta da una giornata di studio, promossa dal Museo Civico Archeologico di Castelfranco Emilia in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e le Università di Bologna, Ferrara, Venezia, Pisa e Bordeaux, allo scopo di introdurre ed approfondire i temi trattati nell'omonima esposizione. La pubblicazione degli Atti della giornata di studio è prevista per l'Aprile 2010
"Sepolture anomale.
Indagini archeologiche e antropologiche dall'epoca classica al Medioevo"
Castelfranco Emilia (MO)
Sala Conferenze della Biblioteca Comunale
Piazza della Liberazione n. 5
sabato 19 dicembre 2009 dalle 9.30 alle 18
Questo il programma
Mattina 9.30 – 10.00
Saluti del Sindaco di Castelfranco Emilia Stefano Reggianini, della
direttrice del Museo Civico Archeologico Diana Neri e del Soprintendente per i
Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna Luigi Malnati
10.00 – 10.30 Apertura lavori
Chairman Maria Giovanna Belcastro e Jacopo Ortalli
Lecture
10.30-11.00
Henri Duday, Università di Bordeaux 1: "Contributions de l'archéothanatologie
à l'interprétation de dépôts énigmatiques de restes humains"
Coffee break
Lectures
11.15-11.45
Carla Corradi Mussi, Università di Bologna: “Aspetti culturali del
vampirismo in Eurasia e il rito della ‘seconda sepoltura’ ”
11.45-12.15
Gino Fornaciari, Università di Pisa: “I sepolcri monumentali medievali e
postmedievali”
12.15- 12.45
Discussione
Pausa Pranzo (12.45-15.00)
Pomeriggio - Relazioni su sepolture anomale provenienti dal territorio emiliano
15.00-15.15
La tomba 23 della necropoli celtica (IV-III sec.a.C.) di
Casalecchio di Reno (BO)
Risultati archeologici: Pierangelo Pancaldi
Risultati antropologici: Valentina Mariotti, Marco Milella, Maria Giovanna
Belcastro (Università di Bologna)
Risultati chimici: Pietro Baraldi (Università di Modena)
15.15-15.30
Le
tombe 76, 109, 161 e 244 della necropoli romano-imperiale (I-III sec.d.C.) della
Stazione centrale di Bologna
Risultati archeologici: Caterina Cornelio (Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna), Cinzia Cavallari
Risultati antropologici: Marco Milella, Valentina Mariotti, Maria Giovanna
Belcastro (Università di Bologna)
15.30-15.45
Le tombe 6, 8 e 16 della necropoli tardo-antica (V-VI sec.
d. C.) di Casalecchio di Reno (BO)
Risultati archeologici: Pierangelo Pancaldi
Risultati antropologici: Maria Giovanna Belcastro, Marco Milella, Valentina
Mariotti (Università di Bologna)
15.45-16.00
Le
tombe 8 e 13 della necropoli tardo-antica (VI sec. d. C.) di Baggiovara (MO)
Risultati archeologici: Donato Labate (Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna), Cristina Palazzini
Risultati antropologici: Francesca Bertoldi (Università Ca’ Foscari di Venezia),
Marco Milella, Valentina Mariotti, Maria Giovanna Belcastro (Università di
Bologna)
Coffe break (16.00-16.15)
16.15-16.30
I crani chiodati di epoca medievale (VIII-X) della
cattedrale di San Pietro (BO)
Risultati archeologici: Renata Curina (Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell'Emilia Romagna), Rita Zanotto
Risultati antropologici: Fiorenzo Facchini, Maria Giovanna Belcastro (Università
di Bologna)
Relazioni su sepolture anomale provenienti da altre aree del territorio italiano
16.30-16.45
Alessandra Mazzucchi (Università degli Studi di Milano)
“Giaciture non convenzionali nella preistoria del
Trentino”
16.45-17.00
Lorenzo Zamboni (Università degli Studi di Milano), Vera Zanoni (Università
degli Studi di Pavia)
“Giaciture non convenzionali in Italia settentrionale
durante l’età del Ferro”
17.00-17.30
Discussione e Conclusione dei lavori
Chairperson: Maria Giovanna Belcastro e Jacopo Ortalli
A partire dalle 17.30 si aprirà uno spazio dedicato al dibattito sui temi presentati, cui seguirà, alle ore 18.00, l’inaugurazione della mostra "Sepolture anomale. Indagini archeologiche e antropologiche dall’epoca classica al Medioevo in Emilia Romagna"
La partecipazione alla giornata di studio è
gratuita
ed è riconosciuta come corso di aggiornamento per gli insegnanti
Venerdì 18 dicembre 2009, alle ore 15,
al Museo Civico Archeologico di Castelfranco Emilia (MO)
in Corso Martiri 204
ANTEPRIMA DELLA MOSTRA "SEPOLTURE ANOMALE"
RISERVATA AI RAPPRESENTANTI DELLA STAMPA
Saranno presenti i curatori della mostra
Prof.ssa Giovanna Belcastro, Docente di Antropologia all'Università di Bologna
Prof. Jacopo Ortalli, Docente di Archeologia Classica all'Università di Ferrara
Dott. Luca Cesari, Responsabile del Museo Civico Archeologico di Castelfranco
Emilia
Ai presenti sarà consegnata la guida della mostra
per info: Luca Cesari 059.959367 - 329.6917229