Recuperati 440 frammenti del Monumento funebre Belleardi.
Era stato ultimato
dal celebre plasticatore modenese Antonio Begarelli nel 1529 e distrutto dalle
milizie francesi nel 1807
I
frammenti di due cartigli iscritti, pezzi di ghirlande con frutti e foglie
d’alloro, brandelli di vesti ed ali degli angeli, parti del busto del Cristo
Risorto, una porzione di toga con un fermaglio dorato e le zampe leonine che
fungevano da appoggio all’arca funeraria. E infine lui, “... coperto il capo con
un berretto, ... ad occhi chiusi in atto di darsi un placidissimo sonno...”, il
volto di Francesco Belleardi che riemerge dall’oblio a due secoli esatti dalla
sua distruzione.
Alla fine, saranno 440 i frammenti del Monumento funebre Belleardi recuperati
durante gli scavi nella Chiesa di San Francesco a Modena. L’attribuzione dei
reperti all’opera “perduta” di Antonio Begarelli, inizialmente supposta dagli
archeologi Labate e Benassi sulla base delle fonti bibliografiche, è stata
presto confermata dagli storici dell’arte.
Chi sia stato Antonio Begarelli (1499-1565), artista fuori Modena oggi poco noto
ai più, lo lasciamo dire a Michelangelo che, secondo quanto riportato nelle
"Vite" del Vasari, "passando da Modena, vedde di mano di maestro Antonio
Bigarino modanese, scultore, che aveva fatto molte figure belle di terra cotta e
colorite di colore di marmo, le quali gli parsono una eccellente cosa; e perché
quello scultore non sapeva lavorare il marmo, disse: «Se questa terra diventassi
marmo, guai alle statue antiche»".
Si tratta dunque di un ritrovamento eccezionale che, assieme alla speranza di
una ricostruzione anche parziale del monumento, riapre una ferita mai sanata
nella storia modenese. Realizzata tra il 1528 e il 1529 dal celebre
plasticatore, la tomba Belleardi era stata infatti demolita a martellate nel
1807, con tutti gli altri altari, dalle truppe napoleoniche che avevano ridotto
la chiesa a stalla per la cavalleria di passaggio. “L’episodio -sottolinea
Daniela Ferriani della Soprintendenza per il patrimonio storico e artistico di
Modena- è paradigmatico di quanto si legge nei manuali sugli scempi prodotti
nelle chiese italiane dalle milizie francesi. I frammenti ritrovati dalla
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna sotto il pavimento,
testimoniano la ‘perizia’ con cui il martello francese li ridusse al minimo
delle dimensioni, ottimali affinché il massetto pavimentale con essi realizzato
lasciasse scolare meglio l’urina dei cavalli”.
Del monumento in terracotta commissionato al Begarelli dal Conservatore della
Comunità di Modena, Giacomo Belleardi, non abbiamo alcuna testimonianza grafica,
né disegni né stampe. Solo una descrizione dell’avvocato Giulio Besini ci
consente di ricostruirne l’aspetto. Una nicchia ad arco accoglieva la figura del
Cristo Risorto benedicente ai cui piedi stavano due angioletti ridenti
aggrappati ad una nube. Ai lati della nicchia, altri due angeli con grandi ali e
lunga veste reggevano un cartiglio che alludeva alla morte dei giusti; dentro la
nicchia, sul coperchio del sarcofago, erano poste le figure di Francesco e
Lionello Belleardi, rispettivamente padre e fratello del committente.
Di questo monumento, collocato sulla parete sinistra della chiesa e grandemente
elogiato nei secoli, erano noti finora solo tre frammenti, il busto di Lionello
Belleardi e la testa di un angioletto esposti nella Galleria Estense di Modena e
una seconda testa di angelo conservata al Museo Civico di Modena. Il recente
rinvenimento è dunque un fatto assolutamente straordinario che arricchisce il
panorama dell’opera begarelliana, onorando al tempo stesso il monito di Besini
sulla sciagurata distruzione: “… non mancate vi prego di farne memoria, se non
volete che i nostri posteri accusino come generale ignoranza una barbarie, che
fu soltanto di pochi“ (Giulio Besini, Modena 1807).
Resta invece aperta la questione del restauro. Secondo Ferriani “al momento
questo ritrovamento consegna alla città, più che un’opera d’arte, la
testimonianza concreta della sua rovina. La restituzione dell’intero, anche solo
a livello virtuale, con la riconnessione informatica dei 440 frammenti, non pare
cosa di semplice fattibilità. Di fattibile ed urgente è invece il fissaggio di
quella superficie pittorica bianca, ancora presente ma già tendente a
polverizzarsi, che è testimonianza di una tecnica originale del Begarelli.
Questo fissaggio renderebbe possibile un primo riaccostamento fisico dei pezzi,
cui potrebbe seguire la scansione tridimensionale per tentare l’accostamento dei
frammenti nelle parti contigue. Dovremo però operare senza alcun riferimento di
immagine, sperando che le riconnessioni, quando possibili, riottengano forme
almeno parziali dei corpi da confrontarsi con le figure descritte da Giulio
Besini, così da consentire una ipotesi di ricostruzione la più vicina possibile
alla sua perduta realtà fisica”.
I lavori di consolidamento statico nella chiesa di S. Francesco a Modena
hanno riguardato anche la rimozione della pavimentazione in piastrelle in gres,
realizzata negli anni Sessanta e molto degradata. Ciò ha fornito agli archeologi
l’occasione per indagare in modo approfondito una delle più antiche chiese della
città, il cui impianto originale risale al 1244.
Gli scavi, condotti tra settembre e dicembre 2007, hanno individuato 33
sepolture contenenti diversi reperti di interesse archeologico, quali rosari,
medagliette, anelli, targhette in piombo ed in bronzo e numerosi spilli. Dalla
sottofondazione dei livelli pavimentali più antichi provengono inoltre numerose
monete bassomedievali e un singolare sigillo papale in piombo riferibile a colui
che, secondo numerose fonti, fu l'unico papa dimissionario della storia,
Celestino V.
Il cantiere è stato sottoposto fin dall’inizio al controllo dalla Soprintendenza
per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna. I lavori di scavo, sotto la
direzione scientifica del Soprintendente Luigi Malnati e dell’archeologo Donato
Labate, sono stati coordinati sul campo da Francesco Benassi, della cooperativa
Ares di Ravenna; le indagini archeologiche sono state condotte in accordo con la
Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le province di
Bologna, Modena e Reggio Emilia. In seguito al rinvenimento dei frammenti del
Monumento funebre Belleardi è stata coinvolta anche la Soprintendenza per il
Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Modena e Reggio Emilia.
Informazioni archeologiche: Francesco Benassi (archeo_benassi@yahoo.it) e Donato Labate (339.7930338 - donato.labate@beniculturali.it)
Informazioni sul sito www.archeobologna.beniculturali.it
Cartella stampa
Relazione della Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna
Relazione della Soprintendenza per i
Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Bologna, Modena e Reggio
Emilia
Relazione della Soprintendenza per il
Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Modena e Reggio Emilia
Invito alla conferenza stampa di giovedì 14
febbraio 2008