Il Begarelli ritrovato. Dopo due secoli rivediamo il volto di Francesco Belleardi
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Ufficio stampa SBAER
14 febbraio 2008

Recuperati 440 frammenti del Monumento funebre Belleardi.
Era stato ultimato dal celebre plasticatore modenese Antonio Begarelli nel 1529 e distrutto dalle milizie francesi nel 1807

Ricostruzione del volto di Fracesco Belleardi. Antonio Begarelli, 1528-1529I frammenti di due cartigli iscritti, pezzi di ghirlande con frutti e foglie d’alloro, brandelli di vesti ed ali degli angeli, parti del busto del Cristo Risorto, una porzione di toga con un fermaglio dorato e le zampe leonine che fungevano da appoggio all’arca funeraria. E infine lui, “... coperto il capo con un berretto, ... ad occhi chiusi in atto di darsi un placidissimo sonno...”, il volto di Francesco Belleardi che riemerge dall’oblio a due secoli esatti dalla sua distruzione.
Alla fine, saranno 440 i frammenti del Monumento funebre Belleardi recuperati durante gli scavi nella Chiesa di San Francesco a Modena. L’attribuzione dei reperti all’opera “perduta” di Antonio Begarelli, inizialmente supposta dagli archeologi Labate e Benassi sulla base delle fonti bibliografiche, è stata presto confermata dagli storici dell’arte.
Chi sia stato Antonio Begarelli (1499-1565), artista fuori Modena oggi poco noto ai più, lo lasciamo dire a Michelangelo che, secondo quanto riportato nelle "Vite" del Vasari, "passando da Modena, vedde di mano di maestro Antonio Bigarino modanese, scultore, che aveva fatto molte figure belle di terra cotta e colorite di colore di marmo, le quali gli parsono una eccellente cosa; e perché quello scultore non sapeva lavorare il marmo, disse: «Se questa terra diventassi marmo, guai alle statue antiche»".
Si tratta dunque di un ritrovamento eccezionale che, assieme alla speranza di una ricostruzione anche parziale del monumento, riapre una ferita mai sanata nella storia modenese. Realizzata tra il 1528 e il 1529 dal celebre plasticatore, la tomba Belleardi era stata infatti demolita a martellate nel 1807, con tutti gli altri altari, dalle truppe napoleoniche che avevano ridotto la chiesa a stalla per la cavalleria di passaggio. “L’episodio -sottolinea Daniela Ferriani della Soprintendenza per il patrimonio storico e artistico di Modena- è paradigmatico di quanto si legge nei manuali sugli scempi prodotti nelle chiese italiane dalle milizie francesi. I frammenti ritrovati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna sotto il pavimento, testimoniano la ‘perizia’ con cui il martello francese li ridusse al minimo delle dimensioni, ottimali affinché il massetto pavimentale con essi realizzato lasciasse scolare meglio l’urina dei cavalli”.
Del monumento in terracotta commissionato al Begarelli dal Conservatore della Comunità di Modena, Giacomo Belleardi, non abbiamo alcuna testimonianza grafica, né disegni né stampe. Solo una descrizione dell’avvocato Giulio Besini ci consente di ricostruirne l’aspetto. Una nicchia ad arco accoglieva la figura del Cristo Risorto benedicente ai cui piedi stavano due angioletti ridenti aggrappati ad una nube. Ai lati della nicchia, altri due angeli con grandi ali e lunga veste reggevano un cartiglio che alludeva alla morte dei giusti; dentro la nicchia, sul coperchio del sarcofago, erano poste le figure di Francesco e Lionello Belleardi, rispettivamente padre e fratello del committente.
Di questo monumento, collocato sulla parete sinistra della chiesa e grandemente elogiato nei secoli, erano noti finora solo tre frammenti, il busto di Lionello Belleardi e la testa di un angioletto esposti nella Galleria Estense di Modena e una seconda testa di angelo conservata al Museo Civico di Modena. Il recente rinvenimento è dunque un fatto assolutamente straordinario che arricchisce il panorama dell’opera begarelliana, onorando al tempo stesso il monito di Besini sulla sciagurata distruzione: “… non mancate vi prego di farne memoria, se non volete che i nostri posteri accusino come generale ignoranza una barbarie, che fu soltanto di pochi“ (Giulio Besini, Modena 1807).
Resta invece aperta la questione del restauro. Secondo Ferriani “al momento questo ritrovamento consegna alla città, più che un’opera d’arte, la testimonianza concreta della sua rovina. La restituzione dell’intero, anche solo a livello virtuale, con la riconnessione informatica dei 440 frammenti, non pare cosa di semplice fattibilità. Di fattibile ed urgente è invece il fissaggio di quella superficie pittorica bianca, ancora presente ma già tendente a polverizzarsi, che è testimonianza di una tecnica originale del Begarelli. Questo fissaggio renderebbe possibile un primo riaccostamento fisico dei pezzi, cui potrebbe seguire la scansione tridimensionale per tentare l’accostamento dei frammenti nelle parti contigue. Dovremo però operare senza alcun riferimento di immagine, sperando che le riconnessioni, quando possibili, riottengano forme almeno parziali dei corpi da confrontarsi con le figure descritte da Giulio Besini, così da consentire una ipotesi di ricostruzione la più vicina possibile alla sua perduta realtà fisica”.

I lavori di consolidamento statico nella chiesa di S. Francesco a Modena hanno riguardato anche la rimozione della pavimentazione in piastrelle in gres, realizzata negli anni Sessanta e molto degradata. Ciò ha fornito agli archeologi l’occasione per indagare in modo approfondito una delle più antiche chiese della città, il cui impianto originale risale al 1244.
Gli scavi, condotti tra settembre e dicembre 2007, hanno individuato 33 sepolture contenenti diversi reperti di interesse archeologico, quali rosari, medagliette, anelli, targhette in piombo ed in bronzo e numerosi spilli. Dalla sottofondazione dei livelli pavimentali più antichi provengono inoltre numerose monete bassomedievali e un singolare sigillo papale in piombo riferibile a colui che, secondo numerose fonti, fu l'unico papa dimissionario della storia, Celestino V.
Il cantiere è stato sottoposto fin dall’inizio al controllo dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna. I lavori di scavo, sotto la direzione scientifica del Soprintendente Luigi Malnati e dell’archeologo Donato Labate, sono stati coordinati sul campo da Francesco Benassi, della cooperativa Ares di Ravenna; le indagini archeologiche sono state condotte in accordo con la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia. In seguito al rinvenimento dei frammenti del Monumento funebre Belleardi è stata coinvolta anche la Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Modena e Reggio Emilia.

Informazioni archeologiche: Francesco Benassi (archeo_benassi@yahoo.it) e Donato Labate (339.7930338 -  donato.labate@beniculturali.it)

Informazioni sul sito www.archeobologna.beniculturali.it

Cartella stampa
Relazione della Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna
Relazione della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia
Relazione della Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Modena e Reggio Emilia
Invito alla conferenza stampa di giovedì 14 febbraio 2008