Tre
secoli, tre modi di vivere (e rappresentare) il lusso, una sola cultura, quella
etrusca.
In una società che attribuisce un'enorme importanza all'esibizione del lusso,
anche la sfera del bere e del mangiare assume un rilievo particolare. Rituale
funebre o festeggiamento pubblico o privato, comunque evento di grande rilievo
sociale, utile ad esibire la ricchezza di chi lo organizza, il banchetto diventa
una sorta di cerimonia in cui si esprimono i valori ideologici dei gruppi
dominanti. Per questo motivo la sua rappresentazione è un tema centrale nei
contesti tombali, vera e propria ‘messa in scena’ destinata all’ostentazione del
rango del defunto, dove i riferimenti coinvolgono sia gli oggetti del corredo
funebre che le immagini che sovente li accompagnano, siano esse raffigurazioni
plastiche o dipinte.
La mostra di Castelvetro ricostruisce l’evolversi del costume del simposio, e di
quello che rappresentava, nei secoli che vanno dal VII al V a.C., basandosi
sull’unica fonte d’informazione a nostra disposizione, la documentazione che
scaturisce dai corredi e dalle stele funerarie.
Certamente un quadro parziale, che ritrae la parte più ricca e potente della
società etrusca, quella in grado di lasciare testimonianze ai posteri. A partire
dal corredo della tomba 2 della necropoli della Galassina, prestigioso
rinvenimento locale ottocentesco da sempre esposto al Museo Civico Archeologico
ed Etnologico di Modena e per questa occasione temporaneamente riportato a
Castelvetro.
L'esposizione propone numerosi materiali secondo un percorso cronologico che
illustra come si evolvono nel tempo non solo le modalità del banchetto ma anche
il modo di rappresentarlo attraverso codici simbolici che, pur adombrando a
volte costumanze reali, intendono soprattutto esprimere contenuti legati alla
celebrazione del potere e della ricchezza. I reperti in mostra provengono da
tutta l’area denominata “Etruria” e sono presentati nell’ambito di suggestive
quanto filologiche ricostruzioni scenografiche.
Le tre sezioni relative ai diversi momenti storici, ricostruzioni di ambienti o
di contesti basate su rappresentazioni figurate e su dati di scavo,
rappresentano lo scenario in cui sono collocati i materiali originali esposti.
MANGIARE
IN TRONO COME 'RE' (VII SECOLO A.C.)
I contesti funerari aristocratici di questo periodo ci mostrano il defunto (o la
sua rappresentazione simbolica tramite il cinerario) che, secondo il costume
degli antichi eroi omerici, siede su un trono davanti alla tavola, talvolta
assistito da servitori.
In riferimento a queste immagini, l'allestimento prevede l'esposizione di
riproduzioni di un trono e di un tavolino in legno tipici del periodo
(provenienti da Verucchio), nonché, in pezzi originali, di vasellame da
banchetto
SULLE KLINAI, COME IN GRECIA (VI SECOLO A.C.)
La moda di banchettare sdraiati su letti, proveniente dall'Oriente e diffusa
dapprima in Grecia, nel corso del VI secolo a.C. diventa anche in Etruria
un'abitudine generalizzata tra le classi alte, che ne fanno uno dei più evidenti
emblemi del proprio status sociale, oltre che della propria capacità di
aggiornarsi culturalmente.
Scene di banchetto compaiono, oltre che nelle pitture delle camere funerarie e
nelle lastre di decorazione architettonica degli edifici civili; a tali
raffigurazioni si ispirerà la ricostruzione proposta in mostra. L’apparato per
il banchetto contempla nel VI secolo, oltre che i tradizionale vasi di
produzione locale in bucchero, anche vasellame importato dalla Grecia, per lo
più figurato, che a sua volta contribuisce a diffondere nuove tradizioni
culturali e figurative, conoscenze tecnologiche, costumi. I vasi importati fanno
in genere sì che si sviluppino produzioni locali di imitazione, come nel caso
della ceramica corinzia
AL
SIMPOSIO TRA DANZE E GIOCHI (V SECOLO A.C.)
E' soprattutto nelle rappresentazioni datate al V secolo a.C. che si coglie
un'interpretazione del momento del simposio - il momento del banchetto dedicato
al bere - tipica del mondo etrusco, che attenua l'aspetto filosofico e politico
che esso riveste in ambito greco, per dare maggiore spazio ad una dimensione
ludica e spettacolare.
Le tombe dipinte ci mostrano infatti scene di danza al suono di flauti, cetre e
crotali, e in generale tutti i corredi di un certo livello annoverano, oltre ai
tradizionali arredi (candelabri e tavolini) ed al servizio in bronzo per la
libagione, anche oggetti che alludono a giochi, come pedine e dadi.
Nel corredo della tomba 26 di Casalecchio di Reno, per la prima volta esposto al
pubblico e presentato in una ricostruzione basata sui dati di scavo, il richiamo
a questa dimensione è ancora più enfatizzato dalla raffigurazione presente sulla
stele posta come segnacolo al di fuori della tomba, che rappresenta una
danzatrice.
Il corredo di questa tomba, insieme a quella della Galassina di Castelvetro che
costituisce il fulcro attorno a cui è costruita la mostra, rappresenta in modo
molto evidente l'opulenza e la ricchezza raggiunte dalle classi dominanti in
Etruria Padana nel corso del V secolo a.C.
A corollario della mostra è in corso di pubblicazione un catalogo illustrato
a cura dell’Archeologa Daniela Locatelli, funzionaria della Soprintendenza ai
Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna. Il progetto L'allestimento è stato
progettato e curato dall'architetto Riccardo Merlo.
L'esposizione rientra in un più ampio progetto di approfondimento della presenza
degli insediamenti Etruschi a Castelvetro. Nel dicembre del 2006 è stato
pubblicato e presentato in una tavola rotonda
il libro “Castelvetro. Archeologia
e ricerche topografiche“ realizzato da Donato Labate in collaborazione con la
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e il Comune di
Modena. E’ stato inoltre realizzato un Corso di Formazione sulle tecniche
ceramiche etrusche, frequentato da associati del Circolo culturale “Il
Delfino“. Nel Dicembre 2007 infine si è tenuta una tavola rotonda sulla presenza
etrusca nella padania occidentale ed il rapporto fra simposio, banchetto ed
esibizione del potere a cui hanno partecipato il Soprintendente per i Beni
Archeologici dell’Emilia-Romagna Luigi Malnati, gli archeologi Donato Labate e
Daniela Locatelli (SBAER) e il curatore del libro “Archeologia della Vite e del
Vino in Etruria”, Andrea Ciacci.
Banchetto e Simposio in
Etruria
Immagini e simboli del Potere
da sabato 29 marzo a
domenica 28 settembre 2008
inaugurazione sabato 29 marzo alle ore 17
chiuso dall’11 al 24 agosto
Castelvetro di Modena,
Centro Espositivo “PAKE”
Via Cialdini, n.9
orari: venerdì 15.30-19.30; sabato e domenica 10-12.30 e 15.30-19.30
Ingresso gratuito
per info 059.758875
La mostra si propone di ricostruire l'evolversi del costume del banchetto e
del simposio nel corso dei secoli che vanno dal VII al V a.C., l'epoca senza
dubbio di massima fioritura della civiltà etrusca, quella in cui essa appare
così ricca e potente da far dire, più tardi, agli scrittori latini che quasi
tutta l'Italia era stata sotto il dominio degli Etruschi.
Il tema è certamente uno dei più adatti a dimostrare questa grande prosperità:
evento cerimoniale tra i tanti che scandivano la vita degli aristocratici
etruschi, il banchetto riceve sempre un'attenzione particolare e viene
rappresentato centinaia di volte -realmente o metaforicamente- con codici
simbolici che, pur rifacendosi ad usanze reali, intendono esprimere soprattutto
contenuti legati alla celebrazione della ricchezza e del potere.
Quello che la mostra propone è un percorso cronologico basato sulla
ricostruzione scenografica degli interni delle tombe, stanze che spesso, per noi
posteri, rappresentano dei veri e propri 'allestimenti teatrali'. Queste
immagini gli antichi Etruschi ci hanno voluto tramandare e queste immagini si è
cercato di riprodurre fedelmente, cercando di cogliere appieno anche il
contenuto simbolico intenzionalmente attribuito.
I materiali collocati all'interno di queste ambientazioni provengono per lo più
da contesti dell'Emilia-Romagna, area periferica rispetto al cuore dell'Etruria
posto tra Toscana e Lazio, ma al tempo stesso area nella quale riconosciamo la
stessa matrice culturale, le stesse dinamiche sociali, le stesse espressioni
artistiche ed artigianali che troviamo nella terra dove questa civiltà si è
formata.
L'occasione per questo breve viaggio attraverso un aspetto del costume così
intrecciato alla storia e all'evoluzione della società etrusca è fornita dal
prestigioso corredo funerario recuperato nella seconda metà dell'Ottocento
proprio a Cestelvetro, nella necropoli cosiddetta della Galassina, esposto fin
dai tempi della scoperta al Museo Civico Archeologico ed Etnologico di Modena e
temporaneamente riportato nel luogo del suo rinvenimento. La sepoltura doveva
appartenere ad un individuo maschile che occupava una posizione di una certa
importanza all'interno della comunità, vista la presenza di oggetti importanti e
di pregevole fattura all'interno del corredo che lo accompagnava, collocabile
poco dopo la metà del V sec. a.C. Evidenti e svariati sono i richiami all'ambito
del simposio; kylix e skyphos d'importazione attica utilizzati per bere e
mangiare e oggetti in bronzo per la preparazione del vino (situla con
manico e coperchio, eleganti mestoli, colatoio e vasetto). Un alabrastron in
pasta vitrea rimanda all'usanza di bruciare essenze per profumare la sala in cui
si svolgeva il convito, una stanza dove non poteva assolutamente mancare il
candelabro a quattro bracci, in questo caso sormontato da una statuetta maschile
ignuda che avanza portando sulle spalle un agnellino. Alla dimensione ludica del
simposio si riferiscono invece le 23 pedine in pasta vitrea e pietra rinvenute
all'interno della coppa attica a figure rosse nonché probabilmente l'elemento in
osso con cerchielli concentrici impressi: quest'ultimo (pur nell'incertezza
dovuta alla sua forma non cubica) ricorda infatti un dado da gioco.
Dall'esposizione di questo corredo di V secolo a.C., assunto ad emblema di tutta
la mostra per il suo essere legato alla realtà storica locale, prende le mosse
il restante percorso, facendo un passo indietro nel tempo, al momento in cui in
ambito etrusco appaiono le prime raffigurazioni dei defunti -o la loro
rappresentazione simbolica tramite il cinerario che conteneva i resti della
cremazione- che mangiano seduti su un trono davanti ad una tavola imbandita.
Siamo
nel VII secolo a.C., periodo in cui, grazie al consolidarsi del potere delle
aristocrazie e alla vivacità economica che da questo consegue, in Etruria arriva
dalla Grecia e dalle zone orientali del Mediterraneo ogni genere di beni di
lusso. La disponibilità di questi oggetti esotici, spesso accompagnati da
mercanti ed artigiani, favorisce l'affermarsi di nuovi costumi e comportamenti,
non ultimo quello di rappresentarsi a banchetto come i sovrani orientali
raffigurati nelle incisioni delle coppe in metallo prezioso o nei rilievi dei
calici in avorio, o come i re o gli eroi descritti nei poemi omerici, le cui
gesta cominciavano a venire celebrate sulle superfici dei vasi a decorazione
dipinta.
La forza di questo simbolo è tale e così prepotente è la volontà delle
aristocrazie etrusche di adottarlo per esaltare e glorificare il proprio potere
che lo ritroviamo non solo nelle più prestigiose tombe delle città costiere
dell'Etruria meridionale ma anche in un insediamento della Romagna affacciato
sul mare Adriatico, corrispondente all'attuale centro di Verucchio, in provincia
di Rimini. Le sue necropoli hanno restituito corredi di importanza e ricchezza
pari a quelli di ambito etrusco-laziale, straordinari anche perchè le
particolari condizioni del terreno hanno consentito uno stato di conservazione
eccezionale degli oggetti realizzati in materiale organico, primi fra tutti
quelli in legno. Proprio da Verucchio provengono esempi di troni in legno
realizzati a grandezza naturale, per lo più interamente ricoperti da decorazioni
intagliate che contemplavano anche complesse scene figurate.
Ad uno di essi, ed alla sepoltura in cui era stato deposto, si ispira la
ricostruzione proposta in mostra: uno spazio arredato con trono, poggiapiedi e
tavolino circolare a tre gambe, dove è esposta una scelta di vasi per bere e
mangiare tipici del VII sec.a.C. provenienti da sepolture verucchiesi.
Nel corso del VI secolo a.C. la moda di banchettare sdraiati sui letti,
proveniente dall'Oriente e diffusa dapprima in Grecia, diventa anche in Etruria
un'abitudine generalizzata tra le classi alte che ne fanno uno dei più evidenti
emblemi del proprio status sociale, oltre che della propria capacità di
aggiornarsi culturalmente. L'ambientazione presentata, con le due klinai
coperte di stoffe e cuscini colorati e il tipico tavolino trapezoidale a tre
gambe (in greco trapeza) si ispira alle contemporanee scene di banchetto
rappresentate nelle lastre in terracotta poste a decorazione dei tetti degli
edifici civili e soprattutto alle pitture delle tombe di Tarquinia, fonte
preziosa da cui è possibile trarre anche dettagli decorativi e coloristici. Il
vasellame collocato sui tavolini non proviene da contesti padani ma dalla
collezione ottocentesca del Museo di Reggio Emilia costituita da Gaetano
Chierici, instancabile studioso di antichità reggiane che, in contatto con il
Direttore del Museo Preistorico Etnografico di Roma Luigi Pigorini, mise in atto
scambi di materiali che lo portarono ad acquisire per il suo museo pezzi
provenienti dall'Etruria.
Braciere in impasto rosso, tipico prodotto delle botteghe di Cerveteri, decorato
sull'orlo da un fregio figurato a rilievo realizzato facendo scorrere sulla
superficie dell'argilla ancora fresca un piccolo cilindro recante i motivi
intagliati (VI sec. a.C.)
Musei Civici di Reggio Emilia, Collezione Chierici
Si è scelto dunque di esporre i vari tipi di tazze usate per bere, incluso il kantharos, la tazza biansata ispirata ad una forma greca che è poi la tazza usata da colui che sta a capo del simposio, oltre che attributo per eccellenza del dio Dioniso, colui che ha donato agli umani il vino e la vite. Veramente notevole è poi la brocca dal caratteristico corpo piriforme (olpe) con due piccoli dischi circolari applicati ai lati dell'attacco superiore dell'ansa. La forma complessiva del vaso e la particolare decorazione a fasce brune e rosse di diversa altezza su cui vengono incisi semicerchi concentrici parzialmente sovrapposti -tipico motivo di una bottega di ceramisti molto eloquentemente definita "Gruppo ad archetti intrecciati"- sono riferibili a quel filone chiamato ceramica etrusco-corinzia.
Olpe etrusco-corinzia (VI secolo a.C.) - Musei Civici di Reggio Emilia,
Collezione Chierici
Proseguendo nel percorso espositivo, la mostra sottolinea come, soprattutto
nei contesti del V sec.a.C., l'aspetto filosofico e politico rivestito dal
simposio in ambito greco, tenda nell'interpretazione etrusca a lasciare maggior
spazio alla dimensione ludica e spettacolare. Le tombe dipinte ci mostrano
spesso scene di danza al suono di flauti, cetre e crotali, e in generale tutti i
corredi di un certo livello annoverano -oltre ad arredi tradizionali (tavolini e
candelabri) e al servizio in bronzo per la libagione- anche oggetti che alludono
a giochi, come pedine e dadi.
Così avviene anche in molti corredi dell'Etruria Padana che rappresentano in
modo evidente l'alto livello di acculturazione raggiunto dalle classi dominanti
e la favorevole congiuntura economica di cui gode questa regione, frutto del suo
essere al centro di intensi traffici commerciali tra Grecia, Etruria vera e
propria e mondo celtico.
Riferimenti molto significativi ai divertimenti del simposio sono presenti in
una tomba rinvenuta non molti anni fa nei pressi di Casalecchio di Reno, un
centro sorto già dall'VIII secolo a.C. in una posizione chiave per il controllo
della valle del fiume Reno, principale via di comunicazione con l'Etruria, forse
in qualità di avamposto e centro di smistamento per conto della vicina Felsina
(Bologna).
Gli scavi sono stati eseguiti nel 1993 da Jacopo Ortalli (al tempo archeologo
della Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna ed oggi docente
all'Università degli Studi di Ferrara, ndr) ed hanno portato alla luce un gruppo
di 13 tombe allineate lungo la riva di un torrente che si dirigeva verso l'area
dell'abitato per sfociare nel fiume Reno, il cui corso conduceva poi nei pressi
di Bologna. La piccola necropoli era organizzata attorno a cinque sepolture
centrali, verosimilmente appartenute a personaggi eminenti della comunità.
La ricostruzione della sepoltura che si è scelto di presentare è stata resa
possibile dall'accuratezza dei dati recuperati nel corso dello scavo, dati che
Jacopo Ortalli ci ha messo a disposizione. Colpisce innanzitutto la dimensione
del cassone in tavolato ligneo che rivestiva le pareti della sepoltura, di una
grandezza tale da ricordare le grandi tombe dell'Etruria meridionale.
Ricostruzione grafica della Tomba 26 di Casalecchio di Reno, all'immediata
periferia di Bologna. Scavi Jacopo Ortalli, 1993.
Disegno di Riccardo Merlo
In quel caso si trattava di vere e proprie camere scavate nel tufo, ma anche
qui lo spazio interno assume quasi le dimensioni di una stanza all'interno della
quale dovevano trovare posto (stando alle tracce trovate sul fondo della tomba)
un letto ai cui piedi era poggiata l'urna con le ceneri del defunto e, di
fianco, un piccolo tavolino con le pedine e i dadi da gioco.
Il corredo, che si data intorno alla metà del V sec. a.C. e che viene per la
prima volta esposto al pubblico, è ricchissimo di riferimenti al simposio. E in
questo caso tali riferimenti non si limitano al tipo di vasi e di strumenti che
accompagnavano il defunto (vasellame ceramico d'importazione Attica, grande
cratere per mescolare acqua e vino, servizio in bronzo per la mescita nonché
pedine di vari colori, dadi in osso e classico candelabro treppiede a zampe
ferine) ma è evocato anche da rappresentazioni figurate, in primo luogo da un
riferimento al suo presupposto culturale, quei riti in onore del dio Dioniso
illustrati nelle scene dipinte sul cratere a figure rosse, dove il dio stesso
compare mentre tiene in mano un kantharos circondato da satiri e menadi.
La statuetta posta sulla terminazione superiore del candelabro rappresenta un
giovane nudo, la lunga capigliatura ricadente sulle spalle, colto nell'atto di
danzare al suono dei crotali -uno strumento simile alle nacchere- che tiene in
entrambe le mani. Casalecchio di Reno, Tomba 26
E poi c'è l'insistenza sul tema della danza, all'interno come all'esterno della tomba. All'interno, la statuetta posta a cimasa del candelabro in bronzo (foto sopra); lo stesso soggetto viene enfaticamente riproposto nella stele in arenaria decorata a bassorilievo (foto sotto) che in antico segnalava all'esterno la presenza della tomba. Il lato principale di visione era probabilmente quello che reca la rappresentazione di un cavaliere con stendardo e sotto (forse) una scena di offerta al cospetto di un demone alato; sul secondo lato, invece, la danzatrice vestita di una lunga tunica con motivi a frangia triangolari accenna ad un passo di danza mentre con la mano destra alzata suona anch'essa i crotali.
La stele della Tomba 26 di Casalecchio di Reno (BO) - a destra il lato
principale, a sinistra il secondo lato con la danzatrice
L'essenzialità della raffigurazione non sminuisce la funzione celebrativa conferita alla stele sia dal suo stesso utilizzo come segnacolo tombale, sia dalla presenza di un'altra scena figurata che fa evidentemente riferimento a responsabilità di comando, forse anche militari, assunte in vita dal defunto. E l'associazione tra richiami a ruoli di potere e allusioni a vivaci simposi arricchiti da ogni sorta di piacevolezze ribadisce ancora una volta il ruolo di status symbol che questi ultimi (o le immagini che ad essi alludevano) rivestivano anche per le ricche classi dominanti della periferica Etruria Padana.
Promosso da: |
Comune di Castelvetro di Modena, Assessorato ai Servizi Culturali, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, il Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena e i Musei Civici di Reggio Emilia e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Emilia-Romagna, della Provincia di Modena e della Fondazione Cassa di Risparmio di Vignola |
Inaugurazione: | sabato 29 marzo alle ore 17 |
Quando: | da sabato 29 marzo a domenica 28 settembre 2008 chiusa dall'11 al 24 agosto 2008 |
Orari: | venerdì dalle 15.30 alle 19.30, sabato e
domenica dalle 10 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.30 Visite guidate gratuite per un numero minimo di 6 persone: ogni sabato alle ore 17.30 e ogni domenica alle ore 11 e 18 |
Biglietto: |
Ingresso gratuito |
Città: | Castelvetro |
Luogo: | Centro Espositivo "PAKE" |
Indirizzo: | Via Cialdini n. 9 |
Provincia: | Modena |
Regione: | Emilia-Romagna |
Informazioni: | Comune di Castelvetro - Ufficio relazioni con il pubblico,
tel. 059.758.875 www.comune.castelvetro-di-modena.mo.it |
Iniziative per le scuole: | Martedì e i venerdì mattina saranno riservati alle visite
delle scolaresche, con ingresso alla mostra e visita guidata gratuiti. Le visite potranno essere prenotate dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 13 ai seguenti numeri di telefono 059.758836 oppure 059.758818 |
editing Carla Conti, informazioni scientifiche di Daniela Locatelli