Già lo scorso anno in quest’area erano venuti alla luce i resti di una necropoli tardo-antica, divenuta presto nota alle cronache in seguito al rinvenimento di una tomba ad inumazione anomala, in cui il corpo del defunto aveva subito la privazione del cranio e di parte degli arti inferiori in una fase successiva alla deposizione (clicca qui per andare alla pagina dello scavo 2006). Quest'anno, al di sotto del livello della necropoli che ha già restituito nuove sepolture, è emersa l’imboccatura di un pozzo di età romana. Il pozzo è certamente legato ad una villa romana, poco distante, la cui presenza era già nota grazie alle raccolte di superficie di reperti archeologici effettuate in passato.
Lo scavo del pozzo è stato condotto da Francesco Benassi sotto la direzione scientifica del dott. Donato Labate della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna.
Il pozzo reca una camicia di rivestimento in ciottoli fluviali di forma lenticolare, disposti in opera a secco, per un diametro interno di circa 120 cm. Il pozzo, la cui imboccatura è emersa alla quota di – 2 m rispetto all’odierno piano stradale, si conserva per un’altezza totale di circa 8 m, ma è probabile che originariamente esso dovesse essere almeno 9,5 metri. All’interno del riempimento del pozzo sono emersi infatti numerosi ciottoli pertinenti alla camicia, che ha certamente subito un crollo della porzione superiore, come dimostra il rinvenimento dell’imboccatura evidentemente ovalizzata. La camicia del pozzo termina in un ampio bacino di raccolta idrica, ricavato in uno spesso e compatto strato di ghiaia. Questo strato aveva la funzione di filtrare naturalmente l’acqua di falda in risalita, in modo da garantire acqua pulita agli abitanti della villa.
Per circostanze ancora in corso di studio, l’uso del pozzo dovette cessare ed il pozzo venne quindi utilizzato come discarica, in cui buttare oltre a materiali edilizi della villa (tegole, laterizi, frammenti di intonaco dipinto, resti pavimentali in mosaico), anche una grandissima quantità di ceramica: dalle anfore, alle brocche e bottiglie monoansate in ceramica comune depurata, ai servizi da mensa più raffinati in ceramica a vernice nera e terra sigillata, finemente decorata.
Questo
cospicuo ed importante serbatoio di reperti archeologici, offre uno
straordinario spaccato della vita di questo sito e dell’occupazione romana
del territorio di Mutina all’inizio dell’età imperiale (età
augustea-tiberiana). I reperti si inquadrano tra il periodo
tardo-repubblicano e la prima metà del I secolo d.C.
In particolare si segnala la presenza su una lucerna a volute di una
raffigurazione del Ratto di Europa, mito assai rappresentato nell’arte
greco-romana in mosaici ed affreschi ma poco attestato sulle lucerne.
Secondo la mitologia Europa, figlia del re fenicio di Tiro, viene rapita da
Giove, che aveva assunto le sembianze di un toro bianco, e condotta
nell'isola di Creta. Dalla loro unione nascono Minosse, il committente del
famoso labirinto, nonché Radamante e Sarpedone: tutti e tre, da morti,
diventeranno giudici nel mondo dell'aldilà. Oltre alla rarità della
rappresentazione, questa lucerna presenta un'altra curiosità: sul retro è
chiaramente visibile l'impronta del palmo della mano del ceramista.
I cospicui resti di fauna raccolti negli strati di riempimento del pozzo contribuiranno a conoscere le abitudini alimentari degli abitanti della villa mentre le future analisi botaniche dei campioni di terreno prelevati potranno fornire un quadro del paesaggio vegetazionale della zona duemila anni fa.
Le indagini archeologiche del pozzo, eseguite dalla Ares Soc. Coop. ar.l. di Ravenna, sono tuttora in corso e lo scavo è stato finanziato dalla società immobiliare GARDEN s.r.l. Allo scavo hanno collaborano gli archeologi Bernardo Moranduzzo, Luca Pellegrini, Rossella Rinaldi e Antenore Manicardi.
Frammenti di bicchiere di ceramica in pareti sottili con meandri e firma del
produttore (ACO)
Dettaglio della firma del produttore (ACO)