In un'area già censita come "a rischio archeologico" è emerso un tassello fondamentale per la conoscenza dell'antico assetto territoriale dell'Emilia-Romagna, la capillare organizzazione delle campagne modenesi da parte degli Etruschi nel VI-V secolo a.C. e la fondazione sullo stesso impianto della più puntuale e articolata centuriazione romana.
Anche in questo caso, sembra confermata la tesi che i circa due secoli di controllo del territorio da parte dei Galli Boi abbiano rappresentato solo in apparenza una drastica soluzione di continuità del processo di sviluppo tecnologico dell'agricoltura cisalpina, avviato dagli Etruschi e realizzato compiutamente con la romanizzazione.
La possibilità di esplorare in modo estensivo un'area chiave per la comprensione del popolamento rurale a sud-ovest di Modena ha consentito di acquisire la documentazione dei momenti di maggior occupazione del territorio, opportunamente sfruttato sia a fini agricoli che per l'allevamento del bestiame prima dagli Etruschi e poi dai Romani, sia in età repubblicana che nel I secolo dell'impero. Gli scavi hanno portato alla scoperta di testimonianze di età Etrusca, di una necropoli e un pozzo di età romana, e di una grande fornace che in età romana produceva laterizi, quasi un omaggio al committente Marazzi Group SpA, leader mondiale per la produzione di ceramica per l'edilizia.
L'elemento di novità è semmai rappresentato dalla continuità di occupazione del sito in età tardoantica, testimoniato dall'identificazione di alcune sepolture.
L'indagine meticolosa condotta con alta professionalità tra il 2006 e il 2007 e la gran mole di dati raccolti vengono ora messi a disposizione del pubblico con questa pubblicazione scientifica curata dagli archeologi della Soprintendenza Daniela Locatelli e Donato Labate. L'edizione tempestiva dei risultati dello scavo, finanziata dai committenti, è il naturale completamento delle indagini archeologiche: scavare senza dare conto in sede pubblica e scientifica dei risultati dei lavori svolti, avrebbe infatti significato vanificare l'opera di tutela che si voleva ottenere, mortificando al tempo stesso la professionalità dei tanti archeologi che hanno operato sul campo tra mille difficoltà