Portare il teatro nei luoghi della Storia, utilizzando la suggestione della scenografia naturale nell'assoluto rispetto dei siti archeologici e dei loro monumenti. Con questo spirito assistiamo anche quest'estate al matrimonio tra archeologia e teatro. Quattro rappresentazioni classiche e non, quattro occasioni da non perdere nella cornice del foro del municipium romano di Veleia, lo stesso luogo dove si svolgevano anche duemila anni fa. Nel riproporre l'antica consuetudine nella piazza che Lucio Lucilio Prisco, uno dei due massimi magistrati locali, pavimentò con lastre d'arenaria ai tempi d'Augusto, tra monumenti onorari e resti di vetuste architetture, noi vogliamo che la città non sia solo un suggestivo fondale, ma si animi e riviva per quel miracolo che ogni genere drammatico ha da sempre il potere dì compiere.
Il foro romano di Veleia, sede degli spettacoli
teatrali
Continuando una tradizione ormai consolidata, torna a Veleia il teatro che consente di rivivere l'antica consuetudine degli spettacoli pubblici. Cittadini e attori sono immersi in uno scenario fuori dal tempo dove la bellezza della natura si sposa con il fascino dell'antica città romana. Tutti gli spettacoli si svolgono nel foro di Veleia, in località Rustigazzo di Lugagnano Val d'Arda (PC). In caso di pioggia gli spettacoli si svolgeranno presso il Teatro Municipale di Piacenza.
Sabato 20
giugno 2009, ore 21.30
ALESSANDRO BERGONZONI
in
“Le Parole Stempiate”
Incontro sulle parole antiche e moderne
L’apertura del festival è affidata ad uno degli artisti più
geniali e originali della scena italiana, un artista che “conosce le parole e le
fa danzare nel suo circo di significati”, un artista che sfugge ad ogni
etichetta ma che in molti hanno tentato di riassumere con definizioni che ne
evidenziano la genialità e la follia verbale, come “dizionario onirico”,
“funambolo tra calambours, associazioni di idee, onomatopee”, “dinamitardo del
campo semantico”… Stiamo parlando naturalmente di Alessandro Bergonzoni, colui
che usa le parole come campanelli d’allarme, come scatole cinesi, sassi nello
stagno, frecce al curaro e che, nel non vivacissimo clima culturale italiano è
capace, nel suo modo inimitabile e personalissimo, di scuotere, di (ri)svegliare
il pensiero e, perché no, la coscienza, come emerge anche solo dalle sue
interviste: «voglio un caos dove tutto sia possibile, e sia dato di credere all'
incredibile. E senza paura, che è il male del nostro tempo» -ha recentemente
detto Alessandro Bergonzoni in un’intervista a “Repubblica”- «Il pubblico è
provato, non ha più le papille gustative. Va ripalatizzato. Stimo la ricerca, ma
dobbiamo rilanciare soprattutto la ricerca dell’incommensurabile. Io voglio
usare le mine pro uomo per far saltare l’accettazione e l’assuefazione. …E
finiamola di confondere sogni con bisogni: i bisogni sono desiderio e necessità,
il sogno è indicibile, inaudito, rivelazione. Chiedo molto. Non bastiamoci più.
Il poco crea metastasi culturali, non è innocuo. Voglio avvenire, non essere
avvenente, voglio far succedere, non voglio successo».
L’appuntamento con Alessandro Bergonzoni è un inedito “incontro-performance” dal
titolo “Le Parole Stempiate”, sottotitolo Incontro sulle parole antiche e
moderne: Bergonzoni infatti promette di portarci sul terreno del linguaggio per
indagare come ad un cattivo uso delle parole corrisponda un pensiero corrotto e
per capire se ha poi senso parlare di lingua antica e lingua moderna... Ma
naturalmente questo non sarà che l’inizio di una serata irresistibile e
imperdibile sia per chi non abbia mai avuto il piacere di fare l’esperienza di
un “incontro” con Bergonzoni, sia soprattutto per i tantissimi appassionati che
hanno imparato a conoscerlo e ad amarlo per i suoi ultimi fortunatissimi
spettacoli, come “Predisporsi al micidiale” (col quale vince il Premio
dell’Associazione Nazionale dei Critici di teatro) e “Nel” (per il quale è stato
insignito a gennaio del Premio Ubu per il migliore attore) o per quelli
precedenti altrettanto esilaranti e surreali (“Scemeggiata”, “Chi cabaret fa per
tre”, “La saliera e l’ape Piera”, “Non è morto nè Flic nè Floc”, “Anghingò”, “La
cucina del frattempo”, “Al Bergo Bergonzoni”, “Zius”, “Madornale 33”), o per i
suoi libri (dal primo per Mondadori “Le balene restino sedute”, con cui vince la
Palma D’Oro di Bordighera, seguito da “E’ già mercoledì e io no”, da “Il grande
Fermo e i suoi piccoli andirivieni”, da "Opplero - Storia di un salto" per
Garzanti e da “Non ardo dal desiderio di diventare uomo finchè posso essere
anche donna bambino animale o cosa”), per i suoi articoli su Repubblica,
Corriere della Sera, Comix, Max, Panorama (per cui scrive i sei racconti gialli
dal titolo “Il Canto del Giallo”), Carnet e su riviste letterarie, per i suoi
interventi in radio (celebre la sua collaborazione con Radio 2 per la quale
scrive e realizza tre serie di trasmissioni quotidiane “Zitta, che si sente
tutto”, “Il vento ha un bel nasino” -premio della critica radiotelevisiva per la
migliore trasmissione radiofonica dell’anno nel settore comico- e “Missione
sguazzino”), per le sue prime partecipazioni televisive come comico, per il suo
impegno per i diritti umani (in particolare con La casa dei risvegli), per le
sue partecipazioni cinematografiche (in cortometraggi d’autore e come
Mangiafuoco in Pinocchio di Benigni), per il suo programma televisivo (“Carta
bianca” su Tele+bianco) per i suoi quadri… Sì perché il percorso artistico di
Alessandro Bergonzoni è eclettico, multiforme e proteiforme come lui (che in
questi giorni, per esempio, era a Oxford, ufficialmente invitato dal
dipartimento di italianistica della prestigiosa università britannica, non come
cabarettista, comico o attore, ma come oggetto di studio, perché anche in
Inghilterra le sue opere, tra libri, spettacoli e, da ultimo, quadri, sono
conosciute e apprezzate).
Sabato 27 giugno
2009, ore 21.30
GIORGIO ALBERTAZZI
in
“Diario di Adriano”
Memorie di viaggio
di e con Giorgio Albertazzi
da Le Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar
video Matteo Raffaelli
produzione Marica Stocchi e Daniele di Gennaro per minimum fax media
Il secondo appuntamento del festival è con due mostri sacri
della letteratura e del teatro: rispettivamente Le Memorie di Adriano della
Yourcenar e Giorgio Albertazzi.
Memorie di Adriano, eterno, intramontabile, capace di parlare al cuore di ogni
spettatore, ad ogni sua riedizione è l'autobiografia immaginaria che Marguerite
Yourcenar dedica all'uomo che fu imperatore di Roma dal 117 al 138 d.C., e che è
diventata, con la regia di Maurizio Scaparro, uno spettacolo culto che da oltre
15 anni accompagna Giorgio Albertazzi, straordinario protagonista. Un Giorgio
Albertazzi "di strepitosa semplicità e misteriosa verità" interpreta
l'imperatore che ha "governato in latino ma in greco ha pensato, in greco ha
vissuto". Un Adriano immerso in riflessioni e malinconie, che viene attraversato
da ricordi che si materializzano sul palcoscenico (con gli occhi della mente e
del cuore vede l'amato Antinoo che danza il suo amore senza domani, si
intenerisce per un canto dell'infanzia, si appaga dei precetti dell'antico
maestro). Momenti della vita di un grande uomo che sapeva che ogni felicità è un
capolavoro da assaporare tra tensioni e travagli.
La condivisione collettiva di un percorso attorale e letterario tra le Memorie
di Adriano e le memorie di Giorgio Albertazzi su Adriano offrono l’occasione per
riallestire il capolavoro di Scaparro arricchendolo con la multimedialità dei
video di Matteo Raffaelli.
La raffinata voce della cantante Evelina Meghnagi fa da contrappunto alla
superba prestazione di Albertazzi che rinunciando a ogni tentazione di facili
effetti ci mostra il suo imperatore stoico in attesa della morte mentre si volta
a guardare e a comprendere le proprie passioni e le proprie ambizioni senza
nostalgie, ma con lucida, sorridente sobrietà.
Un evento imperdibile per rivivere l’emozione di un successo italiano e
internazionale (messo in scena a Madrid, Parigi, Istambul…) che Maurizio
Scaparro riconduce soprattutto all’attualità di Adriano: “C'è una frase di
Flaubert che forse, meglio di tutte, spiega il fascino immortale del
protagonista di quest'opera di Marguerite Yourcenar: quando gli dèi non c'erano
più e Cristo non ancora, tra Cicerone e Marco Aurelio, c'è stato un momento
unico in cui è esistito l'uomo, solo. Adriano è più di un uomo, è l'immagine, o
meglio il "ritratto" di ciò che noi siamo oggi, nelle sue parole ritroviamo le
radici del pensiero occidentale e della nostra storia. Ma mai come oggi questo
spettacolo e questo testo mi sembrano così attuali. In un mondo che sembra
lentamente sfaldarsi sotto i colpi dell'intolleranza, della guerra,
dell'egoismo, degli interessi mercantili, le parole di Adriano assumono un
significato nuovo, profondo, che aiuta a riflettere sul nostro momento storico
indicandoci, forse, uno spiraglio di speranza: … non tutti i nostri libri
periranno; si restaureranno le nostre statue infrante; altre cupole, altri
frontoni sorgeranno dai nostri frontoni, dalle nostre cupole… e se i Barbari
s'impadroniranno mai dell'impero del mondo, saranno costretti ad adottare molti
nostri metodi; e finiranno per rassomigliarsi”.
“Le riflessioni del pubblico (lettere o rapidi incontri nei camerini o per le
strade) sono abbastanza curiose: dopo aver visto Adriano ho smesso di
invecchiare, Adriano mi ha cambiato la vita, ha detto qualcuno” –ha rivelato
Albertazzi, che considera l’incontro con Adriano “un’esperienza quasi guaritiva,
come a volte può essere il teatro […] una grande cerimonia di iniziazione
erotica … Adriano è un’iniziazione”.
Albertazzi considera il teatro come un rito simbolico artaudiano: “siamo vicini
a Orfeo che viene dilaniato dalle baccanti che a Narciso che si guarda e si
compiace, questo è il punto -dice il grande attore in un’intervista- Orfeo che
si fa dilaniare è il simbolo di questo teatro inesistente, che ancora non c’è in
cui la realtà della scena è talmente più forte della realtà che ci circonda, del
quotidiano, che vogliamo impossessarcene: non resta che salire sulla scena e
impossessarsi dell’attore, divorarlo per essere lì. E’ una forma di Eros
estremo”.
Una prospettiva estrema che ben si addice ad un Maestro come Albertazzi che al
teatro ha dedicato un’intera vita (come attore, regista, autore, direttore di
Teatro...) con una carriera artistica quasi incredibile: dal debutto con Luchino
Visconti, alla Compagnia Proclemer-Albertazzi, dal suo memorabile Amleto per la
regia di Franco Zeffirelli (vincitore del Challange al Thèatre de Nation a
Parigi e in cartellone all’Old Vic di Londra) al teatro in televisione
(riscritti da lui per la Rai L’idiota di Dostoevskij, Il dottor Jekyll e Mister
Hyde e George Sand), dal cinema (tra le altre cose è protagonista del film di
Alain Resnais L’anno scorso a Marienbad -Leone d’Oro a Venezia-, lavora, tra gli
altri, con Losey, scrive e dirige Gradiva premiato al Festival del Cinema di
Locarno) all’attività di drammaturgo e scrittore (ha pubblicato un’autobiografia
per Rizzoli, dal titolo Un perdente successo), dalle grandi e pluripremiate
interpretazioni sul palco (Sartre, Camus, Faulkner, D’Annunzio, Shakespeare,
Ionesco) all’incisione di dischi storici, come quello con Gerard Philippe e con
Pablo Neruda, dai sodalizi con grandi registi (da Scaparro a Ronconi) al lavoro
sulla Storia del Teatro creato insieme a Dario Fo per la Rai, ai memorabili
eventi che raccolgono le folle come le memorabili “letture” dantesche dalla
Torre degli Asinelli di Bologna con un pubblico di oltre 20mila persone.
Domenica 5
luglio 2009, ore 21.30
PEPPE BARRA
in
“Peppe Barra racconta”
da Apuleio a Basile
Il terzo appuntamento offre l’opportunità di uno sguardo
trasversale e di taglio antropologico sull’antico: un viaggio affabulatorio e
magico alla scoperta delle origini della favola, dai segreti labirinti della
tradizione campana alle invenzioni latine di Apuleio. Tale viaggio è affidato
forse al più grande interprete vivente dell’affabulazione della tradizione
mediterranea: Peppe Barra, “una di quelle rare creature fatate che popolano il
mondo”, pluripremiato ambasciatore della tradizione italiana e partenopea nel
mondo (da New York che gli ha conferito la cittadinanza onoraria, a Parigi, al
Cairo), maschera tragica e buffonesca, retta su gesti teatrali che sono
l’epitome di ogni gesto fatto in teatro, da quando i Greci andavano a vedere la
vita e la sua catarsi riprodotta in scena. “Quando lo spettacolo termina, sembra
che continui dentro di noi…”: questo forse il miglior modo per descrivere l’arte
di Peppe Barra; all’inizio è una voce dal buio: “Nce steva ‘na vota…”. Entra
Peppe, diabolico affabulatore dalle mille voci, cantastorie per un pubblico di
tutte le età, che ci guida in un magico viaggio attraverso il mondo pauroso e
felice delle favole.
La sua grande esperienza di cultore e di interprete esplode nei segreti
labirinti della tradizione campana. Per queste antiche strade Musica, canto e
parole si fondono in un tutt’uno. E allora il pubblico ammaliato dal suono del
dialetto, e dalle note che avvolgono ogni parola, verrà irretito, come un
bambino, dalle storie comiche sapienti e barocche de “Lu Cunto de li Cunti”, e
dalle splendide novelle di Apuleio.
E’ uno spettacolo in cui il teatro si trasforma in una trama fitta di sogni,
desideri, passioni e sentimenti, citazioni e ricordi, una confessione emozionale
e sincera sulla ragione stessa di fare il mestiere del teatrante. E’ qui che le
sue doti di animale di palcoscenico, maestro della comunicazione raggiunge la
più completa ed ineguagliabile forza di attrazione…
Un’occasione unica per incontrare un grande artista italiano dalla carriera
internazionale: figlio d’arte della grande Concetta Barra da cui eredita la
felicità di stare in scena, Peppe Barra ha una carriera costellata di sodalizi
artistici importanti come quello con De Simone negli anni ’70 che ne fa il
protagonista della sua “Gatta Cenerentola” o come quello con Fabrizio De André
che gli chiede l’adattamento e l’interpretazione in napoletano del suo brano
“Bocca di rosa” (dopo la prematura scomparsa del cantautore, quando Genova
organizza il suo “Tributo a De André”, la famiglia De André vorrà la presenza di
Peppe Barra come fulcro dell’intera manifestazione). Eclettico e aperto alle
contaminazioni e alle esperienze più varie, accanto all’attività musicale di
recupero della tradizione mediterranea (che gli vale il premio TENCO 1993 quale
migliore interprete per l’anno in corso e il Premio Dioniso), lo troviamo
impegnato nel Pinocchio cinematografico di Roberto Benigni, nel ruolo del Grillo
parlante e nell’attività teatrale e lirica nel “Don Giovanni” con Piovani,
diretto da Maurizio Scaparro o ne La Cantata dei Pastori (premio ETI “Olimpici
del teatro 2004”). Ma soprattutto Peppe Barra è l’ambasciatore della cultura
italiana all’estero scelto per la qualità artistica e l’ineguagliabile talento
nel coinvolgere il pubblico internazionale a cui si rivolge (le sue tournée
spaziano dall’Italia, all’Europa, agli Stati Uniti ai paesi del Mediterraneo da
Israele, ad Egitto, Marocco e Tunisia).
Sabato 11
luglio 2009, ore 21.30
ELISABETTA POZZI
in
“Sorelle di sangue”
Crisotemi
di e con Elisabetta Pozzi
da Crisotemi di Ghiannis Ritsos e Elektra di Hugo von
Hofmannsthal
musiche originali Daniele D’Angelo
coreografie Aurelio Gatti
costumi Livia Fulvio
disegno luci Stefano Stacchini
danza Paola Bellisari, Carlotta Bruni, Monica Camilloni, Rosa Merlino
produzione MDA Produzioni, Mistras, Teatri di Pietra
Quattro premi Ubu, David di Donatello, premio Duse, sodalizi
artistici con i più importanti nomi del panorama teatrale (da Squarzina a Lavia,
da Albertazzi a Stein) sembrano non aver intaccato la semplicità e la freschezza
con cui Elisabetta Pozzi si accosta al teatro, desiderosa di affrontare sfide
sempre nuove. L’interpretazione di Crisotemi, la sorella di Elettra ridisegnata
dal grande poeta Ritsos in un’operazione profonda di attualizzazione del mito, è
sicuramente una sfida vinta dalla Pozzi, capace di mostraci l’eroina più
“discreta” del mito greco, la meno ribelle, come una creatura contemporanea e
umanissima. Una sofisticata e struggente prova attorale per uno spettacolo di
teatro-danza reso ancor più suggestivo da una straordinaria coreografia.
Di Crisotemi‚ ovvero la sorella minore di Elettra‚ non rimangono che poche
testimonianze‚ cenni che gli autori classici hanno voluto riportare quasi più
per dovere di cronaca che per utilità drammaturgica. Degli altri Atridi sappiamo
molto: il re Agamennone‚ prima di salpare contro Troia‚ uccide la figlia minore‚
Ifigenia‚ per ingraziarsi gli Dei... Dopo dieci anni torna vittorioso‚ portando
con sè Cassandra‚ figlia minore del re troiano; la regina Clitemnestra‚ che
nella lunga assenza del marito aveva intrattenuto una relazione con Egisto‚
uccide il marito e Cassandra con l'aiuto dell'amante. Elettra e Oreste uccidono
la madre ed Egisto. La tradizione classica vuole che Oreste impazzisca e venga
inseguito dalle Erinni‚ quindi dal suo rimorso. Fin qui la tradizione.
Attraverso le parole del grande poeta greco Ritsos‚ la quarta figlia di
Agamennone e Clitemnestra‚ appunto Crisotemi‚ un non-personaggio appena
ricordato dagli autori classici‚ diventa il simbolo del'ignavia‚ dell'antieroina
che‚ seppure ricoperta del sangue delle persone a lei più care‚ non partecipa né
alla loro salvezza né alla loro condanna. E' testimone muto‚ colpevole in ogni
caso‚ malgrado la sua assenza di partecipazione‚ o forse proprio a causa della
sua defezione dall'essere protagonista degli eventi che travolgono la sua
famiglia.
Da Ritsos si è presa la figura di Crisotemi per parlarci di noi‚ dell'umanità
silenziosa‚ di quella parte degli uomini che lascia scorrere gli eventi attorno
senza intervenire‚ senza partecipare alla storia che comunque scrive se stessa
senza dimenticare‚ né giudicare. Da l'Elektra di Hugo von Hofmannsthal deriva la
visione di un mondo dove il dionisiaco sconfigge la ragione e la meditazione
apollinea: il richiamo del sangue versato costituisce l'onda attiva che muove
passioni e sacrifici.
La scelta di Crisotemi non è solo la naturale conseguenza di una assidua
frequentazione di Elisabetta Pozzi con il poeta Ritsos (cfr. Fedra e Il
Funambolo e la Luna) quanto l'aver inteso -in un personaggio “altro”‚ distante
dalle eroine del mito- una protagonista contemporanea sia per l'incapacità di
agire il presente o‚ anche‚ per la scelta di silenziarlo. Crisotemi, colei che
assiste al sacrificio della sorella Ifigenia‚ che non è partecipe all'omicidio
di Agamennone da parte di Clitennestra‚ che non si ribella, né progetta alcuna
vendetta contro la madre per i suoi illeciti rapporti con Egisto e per aver
ucciso suo padre‚ dopo l'epilogo di Elettra e la partenza di Oreste‚ è la donna
che rimane sospesa come umanità inespressa. Lei‚ rapidamente citata nell'Iliade‚
personaggio di relazione nell'Elettra di Sofocle e di Euripide‚ alter ego di una
Elettra invasata e dionisiaca in Hofmannsthal‚ è ritrovata da Ritsos che la
ritrae come specchio lirico di un’esistenza, come testimone muto, immerso in un
susseguirsi di fatti drammatici che sembrano non trovare soluzione se non nel
silenzio.
Dopo spettacolo
Alla fine di ogni spettacolo BUFFET organizzato in collaborazione con “Pro
Veleia”, con vini e salumi piacentini offerti da Associazione Viniviticoltori
della Val Chiavenna e Salumificio la Rocca.
A partire dal 10 giugno saranno attivi i servizi di prenotazione e
prevendita
Prevendita biglietti
Presso lo sportello di Cariparma
via Poggiali 18 - Piacenza
da lunedì a venerdì
dalle 8.20 alle 13.20 e dalle 14.50 alle 15.50
Info e Prenotazioni
Associazione Cavaliere Azzurro
Tel. 0523 76.92.92 331. 95 59 753
info@veleiateatro.com
www.veleiateatro.com
Ufficio urp Comune di Lugagnano
0523 891232/ 891208
Costo biglietti
1° fila 20 euro; 2° fila 15 euro; tutte le altre file 8 euro
Riduzione 20% per under 18 e over 65
In caso di pioggia gli spettacoli si svolgeranno presso il Teatro Municipale di Piacenza
A Veleia gli spettacoli si rappresentavano nel foro. Uno spaccato della vita pubblica veleiate è offerto dalla stele del Venator: in marmo lunense, con iscrizione dedicatoria sul retro e figura di gladiatore che affronta le fiere sul davanti, il monumento ricorda gli spettacoli gladiatori che si tenevano a Veleia in età imperiale. In mancanza di un edificio idoneo (il cosiddetto “anfiteatro” è frutto di una ricostruzione interpretativa moderna) i giochi si tenevano forse nel foro stesso, luogo in cui la stele fu rinvenuta nel 1760.
L(ucio)
Sulpicio L(ucii) filio Gal(eria) Nepoti Flam(ini) divi Hadriani Augustae Iudic(i) ex (quinque) dec(uriis) (duo)vir(o) Aug(ustae) (duo)viro Plac(entiae) Euthales lib(ertus) Patrono r(ei) p(ublicae) D(ecurionum) d(ecreto) A Lucio Sulpicio |
Oggetto
della dedica, rivolta a un eminente personaggio locale, Lucio Sulpicio
Nepote, da un suo liberto gladiatore, Euthales, è il monumento stesso su
cui la figura del venator, rappresentato sul podio armato di asta da
caccia (venabulum) e frusta (flagellum), allude agli spettacoli di
caccia alle fiere (venationes), cui partecipò e che, col permesso del
senato locale, organizzò lo stesso Euthales. |
Un esempio della decorazione musiva che ornava i pavimenti degli edifici, non solo pubblici, ma anche privati, è il mosaico policromo con maschera teatrale, proveniente dall’estremo quartiere abitativo occidentale. Del pavimento musivo in opus signinum (cocciopesto), di età augustea, rimane soltanto l’emblema (la parte centrale) che presenta, all’interno di una cornice geometrica articolata su più fasce, una maschera femminile, motivo con valenze apotropaiche comune tra i mosaici di età romana.
Promosso da: |
Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, Regione Emilia-Romagna, Provincia di Piacenza, Comune di Lugagnano Val D'Arda |
Città: | Lugagnano Val D'Arda |
Luogo: | Foro della città romana di Veleia |
Indirizzo: | località Rustigazzo |
Provincia: | Piacenza |
Regione: | Emilia-Romagna |
Editing di Carla Conti