IL MONUMENTO DI OBULACCO DALLA SCOPERTA AD OGGI
a Sarsina (FC) dal 7 dicembre 2014 al 31 agosto 2015
mostra
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comunicato stampa

In mostra al Museo Archeologico Sarsinate gli splendidi disegni ricostruttivi della necropoli romana di Pian di Bezzo realizzati da Traiano Finamore durante gli scavi condotti tra gli anni Venti e Trenta sotto la direzione di Salvatore Aurigemma
L'esposizione è corredata da pannelli illustrativi relativi allo scavo, al recente restauro e alla valorizzazione del monumento funerario di Obulacco, risalente al I sec. a.C.

Il monumento di Obulacco nel disegno di Finamore (1933)IL MONUMENTO DI OBULACCO
DALLA SCOPERTA AD OGGI

Sarsina (FC), Museo Archeologico Nazionale
Via Cesio Sabino 39
info (+39) 0547 94641  -  sar-ero.museoarchsarsina@beniculturali.it

Dal 7 dicembre 2014 al 31 agosto 2015
negli orari di apertura del museo

ingresso € 3,00

Il silenzio dei sepolcri è meno muto guardando i disegni ricostruttivi realizzati negli anni Trenta da Traiano Finamore. I preziosi dettagli, le immagini a volo d'uccello sono un 3D ante litteram in due dimensioni che sprigiona una potenza espressiva in anticipo di decenni sulle ricostruzioni virtuali dei nostri tempi.
Correva l'anno 1927 quando iniziarono le prime campagne di scavo a fondovalle di Sarsina, nell'area della necropoli di Pian di Bezzo. Le indagini continuarono fino al 1933 sotto la direzione di Salvatore Aurigemma che si avvaleva dell’assistenza di Francesco Proni e della preziosa opera grafica di Traiano Finamore, detto Nino, nel suo ruolo di disegnatore dell’allora Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Belle Arti. Traiano Finamore era nato a Lanciano (CH) il 14 gennaio 1899. A lui si devono tutti i rilievi grafici dei monumenti, eseguiti prima in corso di scavo, poi come rilievi, le sezioni e le ricostruzioni assonometriche in fase di studio preliminare, finalizzate proprio della ricomposizione dei monumenti.
Il recente restauro del Mausoleo di Obulacco ha fornito l’occasione per allestire, nella piccola aula al II piano, una mostra documentaria che illustra, con pannelli tematici, le principali fasi degli interventi attuati, dallo scavo del 1929 al restauro di oggi.  Il restauro, resosi necessario a causa della collocazione in ambiente esterno e allo sciame sismico registrato a Sarsina nell'anno 2011, è stato diretto dalla Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna e finanziato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.
La documentazione grafica e fotografica, conservata negli archivi della Soprintendenza Archeologica dell’Emilia-Romagna ha consentito di proporre al pubblico alcune tappe della “strada” fatta dal monumento che oggi torna a “risplendere” nello stesso luogo dove fu rimontato fin dal lontano 1938 (il Parco delle Rimembranze) come monumento commemorativo dedicato (oggi come allora) ai Caduti di tutte le Guerre.

Il Monumento di Obulacco dalla scoperta ad oggi. Lo scavo e la ricostruzione
La mostra illustra le tappe percorse dal monumento di Obulacco dal momento del rinvenimento nel 1929 a oggi.
Come in occasione dei festeggiamenti per il restauro del cenotafio di Obulacco, possiamo parlare di “Obulacco e la sua strada", strada nell’alternanza di significato reale e simbolico, a partire dal luogo dove era collocato come imponente monumento funerario auto celebrativo quando si ergeva sulla strada della necropoli romana di Pian di Bezzo. Strada che hanno percorso i pezzi smembrati del monumento per essere trasportati da Pian di Bezzo al Museo; strada dai primi interventi di restauro fino all’intera ricomposizione sulla Strada Nazionale, e infine strada che ancora occupa (e che in parte ricalca il tracciato di quella antica), rivestendo un alto significato per la città.
Di fondamentale importanza sono stati gli anni della scoperta e del successivo intervento di restauro e ricostruzione, e i lavori di rilevamento e restituzione grafica e assonometrica eseguiti dal prof. Traiano Finamore, disegnatore della Soprintendenza Archeologica di Bologna. In mostra, oltre a un pannello che ne ricorda la figura, le doti artistiche e la grande professionalità, sono esposte alcune riproduzioni dei disegni da lui eseguiti sui monumenti della necropoli di Pian di Bezzo. Sappiamo infatti che il monumento di Obulacco non era il solo sull'antica strada: era affiancato dal mausoleo ”gemello” (rimasto incompiuto) del figlio Oculatio mentre di fronte si ergeva l’imponente mausoleo di Rufo e poco oltre, di lato, quello a dado di Verginio Peto. I tre monumenti sono esposti in Museo, ma alcuni disegni di Finamore esposti a fianco di quelli di Obulacco, consentono di rivederli insieme.

   Disegno ricostruttivo di Finamore del monumento a dado a Virginio Peto  
Disegni ricostruttivi di Traiano Finamore. A sin. Veduta generale della necropoli di Pian di Bezzo; a des. il sepolcro a dado di Verginius Paetus, con fregio dorico e insegne civili e militari

Il protagonista indubbio della mostra è però il monumento di Obulacco ed è ad esso che è rivolta la restante documentazione: le prime stampe di vecchi negativi su lastre in vetro mostrano lo stato di crollo in cui versava il manufatto Obulacco all’atto del rinvenimento, crollo causato dal movimento franoso che occultò la necropoli agli inizi del III sec. d.C.  Altre foto mostrano le prime prove di "rimontaggio" fatte quando i resti erano ancora in situ e poi all’interno del Museo, fino alla compiuta ricostruzione e inaugurazione nel 1938-39 nel Parco delle Rimembranze, dove si trova tuttora.
Le foto fanno da "spalla" alle pagine dei diari dei primi lavori eseguiti a partire dagli anni 30 dove è possibile ammirare la grande perizia tecnica e grafica di schizzi e sezioni. Le pagine ingiallite e l’inchiostro di china ne segnano il tempo, suscitando il fascino della rievocazione.
Pur nella specificità del tema trattato, la mostra può esser meglio compresa effettuando preliminarmente la visita al Museo dove, nelle cinque sale al pianterreno, sono esposti gli eccezionali rinvenimenti della necropoli di Pian di Bezzo, a partire dalle prime due sale che espongono lapidi, cippi e stele funerarie, frutto delle prime raccolte occasionali di almeno tre secoli addietro, fino ad arrivare ai grandi monumenti di Peto e Rufo, restituiti interi dopo gli ultimi interventi di ampliamento e riallestimento del Museo conclusosi nel 1990. Il susseguirsi dei monumenti sepolcrali consente di ripercorrere idealmente sempre la stessa strada, popolata da altri personaggi e scelta dagli antichi Sarsinati, a partire dalla seconda metà del I sec a.C. fino alla fine del II secolo, come luogo per la loro ultima dimora.

Cippi, stele e lapidi dalla Necropoli di Pian di Bezzo
Sarsina, Museo Archeologico Nazionale. Lapidi, cippi e stele funerarie dalla necropoli di Pian di Bezzo

Dopo la visita al pianterreno -che riserva altri sorprendenti reperti quali il grande mosaico del cosidetto Trionfo di Dioniso, il ciclo statuario delle Divinità Orientali e interessanti documenti epigrafici restituiti dall’antico centro cittadino- salendo al primo piano e dopo una sosta nella sala A recentemente allestita per illustrare le fasi preromane di Sarsina e del territorio circostante, si può riprendere il percorso legato alla necropoli visitando la sala B appena riallestita.  Le quattro vetrine a muro utilizzate fin dagli anni '70 per esporre i materiali rinvenuti durante le prime campagne di scavo degli anni Trenta, sono state” movimentate” raggruppando i singoli corredi sepolcrali. Ai vecchi materiali sono stati aggiunti quelli rinvenuti nelle ultime tre campagne di scavo degli anni Ottanta, selezionando tra le 25 tombe esplorate i 14 corredi più significativi.
Nuovo è anche il cospicuo apparato didascalico, parte del quale situato all'interno delle vetrine e parte sui leggii che le affiancano. Nell’insieme si è cercato di illustrare, seguendo il percorso delle esplorazioni sistematiche lungo l’asse stradale della necropoli (le prime risalenti agli anni '30, le ultime degli anni '80), alcuni corredi nel loro excursus cronologico e nel loro diversificarsi tra uomini, donne e bambini, oltre agli aspetti legati ai vari riti di sepoltura e alla ritualità funebre richiamati proprio dai diversi oggetti utilizzati durante il funerale e la commemorazione.
Alcune urne cinerarie, una coppetta in vetro policroma, parti di un frustino e un’applique in bronzo raffigurante il mito di Europa sul Toro sono certamente oggetti eccezionali, ma che vivono veramente solo all’interno del proprio contesto, insieme agli altri oggetti del corredo cui appartenevano, da cui risalire ai rispettivi defunti o defunte e ai loro mestieri.


Applique in bronzo raffigurante il mito di Europa sul toro

Si è lasciata nella sala anche la ricostruzione di una tomba alla cappuccina appartenuta a una donna (senza nome in quanto senza lapide), perché la sua presenza è importante sia per far capire ai visitatori com’era fatto questo tipo di sepoltura, sia per evidenziare i materiali di un corredo prettamente femminile.
Sulla parete alle sue spalle campeggia ora l’immagine della strada sepolcrale, fedele riproduzione di una xilografia di Traiano Finamore che, col suo tratto artistico, ha saputo ricreare un’atmosfera magica ridando “vita” alla necropoli, nonostante fosse la “città dei morti”. I suoi disegni sono tuttora una finestra temporale aperta su una città dei morti che, come tutte le necropoli romane, raccontava il potere dei vivi.

La necropoli di Pian di Bezzo
La legge romana vietava ogni sorta di sepoltura all'interno delle mura delle città. Questo divieto, disposto a partire dall’età repubblicana, determinò la pianificazione delle aree cimiteriali all’esterno al perimetro urbano, privilegiando i margini delle strade di accesso alla città, ai cui lati si distribuivano le sepolture, soprattutto quelle monumentali.
I sepolcreti trovati a Sarsina erano situati a nord e a sud dell’asse stradale che usciva dalla città. La necropoli ubicata a nord ha restituito solo semplici sepolture a fossa mentre la necropoli di Pian di Bezzo, ubicata a sud lungo i lati della strada di fondovalle, è apparsa subito la preferita da chi voleva manifestare con forza il proprio status.
La necropoli di Pian di Bezzo restò in uso dal I sec. a.C. sino alla fine del II secolo d.C., quando venne abbandonata a causa di una frana che ne provocò l'interramento. A tutt'oggi non ancora delimitata nei suoi confini, è stata esplorata per un tratto di circa 150 metri (scavi 1927-33 e 1981-84) costituito da un settore monumentale più antico e da uno più recente, con semplici sepolture terragne (per un totale di 116 tombe di cui 92 compiutamente indagate).
Si tratta di una necropoli estremamente variegata: delle 92 tombe scavate, ben 25 presentavano forme varie di monumentalizzazione, dal sepolcro a camera ipogea al monumento a tamburo cilindrico, dai due monumenti a dado ai cinque mausolei a edicola. Le altre sepolture erano indicate da are, cippi o stele, queste ultime spesso a edicola o a porta.

La necropoli di Pian di bezzo nel disegno di Traiano Finamore
La necropoli di Pian di Bezzo nel disegno di Traiano Finamore

Gli eccezionali monumenti funerari rinvenuti nella necropoli di Pian di Bezzo sono in parte visibili nel museo, dove spicca per imponenza il Mausoleo di Rufus o il monumento a dado di Virginio Peto.
Costante in tutti i tipi è l’iscrizione che conteneva sempre i dati anagrafici del defunto, accompagnati spesso dal nome di coloro che avevano predisposto la sepoltura. Le iscrizioni sepolcrali sarsinati ci consentono di conoscere i suoi antichi abitanti, siano semplici formulari espressi con sigle e abbreviazioni oppure manifestazioni di tipo affettivo, indichino la professione o le cariche civili o militari rivestite oppure attestino norme giuridiche di diritto privato.
La necropoli di Pian di Bezzo documenta infine raggruppamenti di tombe per nuclei familiari o professionali, come testimonia il nucleo dei Murcii (cui appartenevano sia Obulacco che Oculatio) o quello dei defunti appartenenti al collegium dei muliones riconosciuto da una stele che ricorda il lotto sepolcrale (locus) destinato ai mulattieri sarsinati.


Traiano Finamore (1899-1970)
Studioso ed artista di raffinata sensibilità e cultura, ben maggiore di quanto non lasciasse trasparire la sua indole modesta e schiva, Traiano Finamore, detto Nino, era nato a Lanciano (Chieti) il 24 gennaio 1899.
Conseguita la licenza liceale nel 1917, durante la Grande Guerra partì volontario per il fronte. Ufficiale di complemento del 139° Reggimento di Fanteria, nell’ottobre 1918, combattendo sul monte Asolone, fu ferito gravemente ad un piede; come mutilato ottenne il conferimento di “croce al merito di guerra”.
Interrotti gli studi universitari in Legge, nei primi anni Venti fu indirizzato dai celebri artisti Francesco Paolo Michetti e Giulio Aristide Sartorio verso le discipline artistiche: prospettiva, anatomia plastica e pittorica, incisione, decorazione pittorica e in modo particolare la xilografia acquaforte. In quest’ultimo settore raggiunse risultati considerevoli, tant’è che alcune sue tavole furono inserite nella raccolta “La moderna xilografia italiana” di Cesare Ratta, che raccolse in 6 volumi 150 tavole dei maggiori artisti italiani (Bologna, 1927-1929). Questa sua peculiare preparazione artistica gli consentì di iniziare nel 1927 l’attività di “disegnatore straordinario” con contratti a termine per l’allora Ministero dell’Educazione Nazionale - Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti.
Dopo aver trascorso un primo periodo a Roma, presso il R. Museo Nazionale di Villa Giulia, curando in particolare il disegno di vasi, nel 1928 prese servizio alla “Soprintendenza alle Antichità dell’Emilia-Romagna in Bologna”. Con lo stesso incarico giunse a Sarsina per prestare la sua preziosa opera durante gli scavi nella necropoli di Pian di Bezzo, allora diretti da Salvatore Aurigemma.
Di fondamentale importanza sono i rilievi planimetrici, i disegni assonometrici e quelli ricostruttivi dei monumenti che tuttora possiamo ancora ammirare. Divenuto nel giugno del 1937 disegnatore di ruolo, fu chiamato ad operare, sempre per conto della Soprintendenza, in altre realtà della Regione, come a Rimini nel 1937, in occasione delle manifestazioni indette per il bimillenario di Augusto e a Ferrara, per disegnare i vasi attici rinvenuti nella necropoli di Spina.
Nel 1939 Luigi Morricone, allora direttore dell’Ufficio Archeologico FERT di Rodi, richiese la sua presenza nell’isola di Coo, per iniziare lo studio dei monumenti venuti alla luce. Così in quello stesso anno, e successivamente nel 1942, Finamore, lavorando a fianco degli studiosi italiani, condusse due campagne di rilevamento, base per le restituzioni grafiche che dovevano costituire il supporto illustrativo degli studi sui monumenti. Anche qui, come a Sarsina, la sua prestazione fu di rilevante importanza per la condotta degli scavi e lo studio dei reperti.
L’ultimo periodo della sua attività e della sua vita fu però dedicato a Sarsina, dove aveva espressamente richiesto di essere trasferito e dove fissò la sua dimora, a fianco dell’amata consorte prof.ssa Ezia Rossi.
Collocato a riposo nel 1950, subito dopo, nel gennaio 1951, fu nominato Conservatore Onorario del Museo Nazionale, dove continuò a profondere il suo impegno, determinante per l’acquisto dello stabile da parte dello Stato (1957) e per ottenere i finanziamenti per tutti i lavori di ampliamento. Il suo lodevole servizio e la sua competenza gli valsero il riconoscimento, già nel 1958, di medaglia di bronzo per meriti acquisiti nel campo della cultura.
Mentre riuscì a seguire la costruzione della nuova sala al pianterreno dedicata alle Divinità Orientali (inaugurata nel 1967), non ebbe modo di vedere compiuto l’ampliamento del museo al secondo piano (aperto al pubblico nel 1976), poiché si spense il 7 maggio 1970.
Profondamente stimato ed amato oltre che compianto da tutti i Soprintendenti con cui aveva collaborato, è rimasto nel cuore anche di tutti i cittadini sarsinati, che da Lui hanno imparato a prestare attenzione alle “antichità” della loro città.

Il Monumento di Obulacco dalla scoperta ad oggi
Museo Archeologico Nazionale di Sarsina, 7 dicembre 2014 - 31 agosto 2015
Mostra a cura di Monica Miari, Maria Teresa Pellicioni, Antonella Pomicetti, Mauro Ricci
Testi di Monica Miari, Maria Teresa Pellicioni, Piergiorgio Pellicioni, Antonella Pomicetti, Mauro Ricci
Foto Roberto Macrì (SBAER), CLESSIDRA s.n.c.
Apparato grafico: Rossana Gabusi (SBAER)
Grafica manifesto: Paolo Baronio
Si ringrazia per la collaborazione: il personale del Museo di Sarsina, il Comune di Sarsina, Paolo Baronio, Tamara Bosi, Cristina Leoni

Allestimento Sala B a cura di Cristina Leoni (Phoenix Archeologia s.r.l., Bologna)
Apparato grafico: Paolo Baronio
Testi: Paolo Baronio, Teresa Pellicioni (SBAER)
Coordinamento scientifico: Monica Miari (SBAER)
Restauro applique in bronzo: Valentina Guerzoni (SBAER)

Restauro monumento Obulacco finanziato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
Progettisti: Mattia Bonassisa, Monica Miari, Antonella Pomicetti, Mauro Ricci (SBAER)
Direttore dei lavori: Antonella Pomicetti (SBAER)
Coordinatore della sicurezza: Walter Zoffoli
Impresa esecutrice: CLESSIDRA s.n.c. di Iemmi Fabio e C. di Reggio Emilia (Lisa Cilloni e Prisca Sala, restauratrici)
Indagini diagnostiche: Istituto di Diagnostica e Sperimentazione per il Restauro dei Beni Culturali di Ferrara
Riproduzione balaustra: DM MARMI di Riccione
Si ringrazia il Comune di Sarsina per il ripristino della recinzione e del verde, e il restauratore Enrico Bertazzoli (SBA Piemonte)


Il mausoleo di Rufus nel Museo Archeologico Nazionale di SarsinaLa visita del museo consente una lettura completa della storia di Sarsina, dalla sua fondazione al III sec. d.C. Tra i reperti esposti si segnalano i numerosi monumenti sepolcrali fra cui spicca, per imponenza e completezza, il mausoleo a edicola cuspidale di Rufo (nella foto), risalente alla fine dei I sec.a.C., il mosaico policromo del “Il Trionfo di Dioniso”, gruppi scultorei di divinità orientali, tra cui la statua del giovinetto Attis, e la ricostruzione di un triclinium (sala da pranzo) con il pavimento originale a mosaico, suppellettili di bronzo, vetro e ceramica.

Orari museo
Orario invernale, dal 16 settembre al 14 giugno:
mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle 8.30 alle 13.30
martedì e giovedì 8.30-13.30 e 15-18
Orario estivo, dal 15 giugno al 15 settembre:
mercoledì, giovedì, sabato e domenica dalle 13.30 alle 18.30
martedì e venerdì 8.30-13.30

La biglietteria chiude mezz'ora prima