DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LE ANTICHE PROVINCIE MODENESI - Sezione di REGGIO EMILIA
La seduta di studio dell'8 giugno dedicata al sito di Vicus Longus a Novi di Modena
Il Castrum di Santo Stefano a Novi di Modena e il Vescovo di Reggio
Relatori SARA CAMPAGNARI (archeologa SABAP-BO) e MAURO LIBRENTI (archeologo Università Ca' Foscari Venezia)
Venerdì 8 giugno 2018, ore 16.30
Sala Conferenze della Cassa Padana
via Emilia Santo Stefano 25-27
Reggio Emilia
ingresso libero
Da
villaggio perduto a bene vincolato. La millenaria storia del
castrum
medievale di Santo Stefano, a Novi di Modena, è la protagonista della seduta di
studio che la Sezione di Reggio Emilia della Deputazione di Storia Patria per le
Antiche Provincie Modenesi terrà venerdì 8 giugno 2018 alle ore 16.30 nella Sala
Conferenze della Cassa Padana, in via Emilia Santo Stefano 25-27, a Reggio
Emilia.
Le relazioni di Sara Campagnari, archeologa della Soprintendenza
Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le
province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, e Mauro Librenti,
dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, illustreranno le antiche vicende del
castrum fatto costruire dal vescovo di Reggio, inquadrandolo nel fenomeno
dell’incastellamento del territorio emiliano.
Verrà esaminata la storia dell’insediamento che le carte d’archivio chiamavano
nell’alto Medioevo Vicus Longus e poi, a partire dal Mille, Santo
Stefano, come la pieve reggiana cui era soggetto. Frequentata fin dall’epoca
romana, l’area dove sorgeva il villaggio fa parte di un dosso fluviale generato
da un paleoalveo del Crostolo, posta oggi al confine tra Novi di Modena e
Concordia sulla Secchia. Nelle fonti documentarie il villaggio è ricordato già a
partire dall’841, in età carolingia.
Su richiesta di Pietro, vescovo di Reggio (900 – 915) e proprietario di vari
beni a Vicolongo, il re italico Berengario I concesse nel 911 il permesso di
erigervi un castrum. Dopo la costruzione delle strutture difensive, il
sito doveva mostrarsi come un piccolo gruppo di edifici protetti da un fossato,
un terrapieno e una palizzata lignea. Nel 1287 il castrum –divenuto ormai
un fortilizio signorile munito anche di torre, come suggeriscono i resti
architettonici ritrovati– fu occupato e devastato da milizie mantovane e
veronesi.
Il castello fu però ricostruito, facendo ancora parlare di sé nei decenni
successivi fino alla definitiva demolizione nella seconda metà del XIV secolo.
Il secolare oblio del castrum di Novi di Modena è stato interrotto da un
lungo e complesso processo di ricerca sfociato nella recente emissione del
vincolo archeologico.
Ripetute ricognizioni di superficie, iniziate 27 anni fa, e sondaggi più
approfonditi, propiziati nel 2011 dal progetto dell’Autostrada Regionale
Cispadana, hanno non solo recuperato decine di reperti ceramici, metallici,
numismatici, laterizi e lapidei, ma individuato in un areale di circa un ettaro,
perfettamente visibile anche dalle foto aeree, un sito ad altissima potenzialità
archeologica che sarà oggetto di future e approfondite ricerche.
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