L'imperatrice
non ci sarà. Dal 14 aprile saranno esposte a Ferrara 11 delle 13 opere rientrate dagli
USA sei mesi fa. Il 28 settembre 2006, il Museum of Fine Arts di Boston ha trasferito
definitivamente in Italia 13 opere archeologiche di grande prestigio. Si tratta
di 11 vasi di produzione attica, apula e lucana e di due opere in marmo
provenienti, con tutta probabilità, dalla Villa Adriana di Tivoli: una statua di Vibia
Sabina, moglie dell'imperatore Adriano, datata al 136 d.C. e un supporto
triangolare per candelabro o piccola colonna (20-60 d.C.) che raffigura Hermes, Dioniso e Artemide
in movimento verso sinistra.
Per oltre due mesi gli 11 vasi rientrati dal Museo di Boston saranno
in mostra al Museo Archeologico Nazionale di Ferrara. Un'occasione rara per vedere
riuniti prodotti delle officine ceramiche della Grecia e dell'Italia meridionale
ed apprezzarne la diversità del linguaggio espressivo e formale, poichè nei vasi
italioti, sia apuli che lucani, la rappresentazione del mito si coniuga a
sperimentazioni che conferiscono al supporto fittile forme inusitate e per certi
aspetti "barbare".
Il rientro in Italia dei capolavori, frutto di un accordo bilaterale tra il museo e il Ministero per i
Beni e le Attività Culturali, si pone nell'ambito più ampio di accordi culturali
e di cooperazione internazionale con gli Stati Uniti allo scopo di ridurre i
traffici illeciti di opere d'arte e il saccheggio delle aree archeologiche. Le
indagini condotte dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale avevano
infatti accertato che le opere provenivano da scavi clandestini effettuati nel
territorio italiano.
Nell'accordo, sottoscritto alla presenza del ministro Francesco Rutelli, da
Malcom Rogers, Direttore del Museum of Fine Arts di Boston e da Giuseppe
Proietti, Capo del Dipartimento per la Ricerca, l´Innovazione e l´Organizzazione
del Ministero per i Beni e le Attivitá Culturali, sono previsti scambi di
conoscenze e di professionalitá relative alla conservazione delle opere, borse
di studio, intese su procedure per il recupero.
Per celebrare questo evento straordinario, e dopo l'esposizione al Museo
Nazionale Romano di Palazzo Massimo, 11 delle 13 opere provenienti dal MFA di Boston saranno esposte
in almeno quattro prestigiose sedi museali nazionali prima di essere
definitivamente assegnate alle
Soprintendenze di competenza.
Queste le tappe certe: Museo di Antichità di Torino dal 13 dicembre 2006 al 28 gennaio 2007,
Museo Archeologico Nazionale di Cagliari dal 9 febbraio al 31 marzo e Museo Archeologico Nazionale
di Ferrara dal 14 aprile al 24 giugno 2007, con probabile proroga fino alla
domenica successiva.
Notizia dell'ultim'ora, dopo la tappa di Ferrara la mostra dovrebbe trasferirsi
in Ungheria, a Budapest, per poi terminare il tour al Museo Archeologico Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria
con probabile appendice a Siracusa.
Anche se nell'esposizione itinerante mancheranno le due opere in marmo, la mostra ferrarese rappresenta comunque un'occasione irripetibile per
ammirare i vasi greci di produzione attica e i vasi italioti di produzione
lucana e apula prima che questi capolavori siano ricollocati nei musei dei
territori di origine.
Vi descriviamo brevemente quanto vi attende al Museo Archeologico di Ferrara,
certi che la bellezza delle immagini non potrà sostituire l'emozione di
ammirarli di persona.
Anfora apula a figure rosse attribuita al Pittore di Dario, 340-330
a.C.
(altezza cm. 88,3)
L'anfora, proveniente dalla Puglia, raffigura l'assassinio di Atreo, una
figura molto cara alla mitologia greca, figlio di Pelope e di Ippodamia,
fratello di Tieste e padre di Agamennone e Menelao.
Atreo e Tieste furono vittime della maledizione caduta sulla loro
famiglia, gli Atridi. La maledizione si estese a tutti i discendenti e
solo Oreste, nipote di Atreo, riuscì a liberarsene con l'aiuto di
Apollo. La scena rappresenta in modo drammatico l'uccisione di Atreo per
mano di Egisto, frutto dell'incestuosa unione tra Tieste e la figlia
Melopea |
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Loutrophoros apula attribuita al Pittore del Sakkos Bianco, 320-310
a.C.
(altezza cm. 80)
Proveniente dalla Puglia, il vaso è decorato nella parte centrale da una
scena raffigurante Pelope e Ippodamia su un carro.
Pelope, che nella mitologia greca diede il nome alla regione del
Peloponneso, era figlio di Tantalo, che lo uccise e offrì le sue carni
agli dei durante un banchetto per mettere alla prova la loro
onniscienza, ma gli dei respinsero inorriditi il piatto di carne,
punirono Tantalo e riportarono in vita Pelope, riunendo le parti
smembrate del suo corpo. Pelope sposò Ippodamia figlia di Enomao dopo
aver vinto e ucciso quest'ultimo durante una corsa di carri |
Nestoris lucana, pittore di Amykos, 420-410 a.C.
(altezza cm. 49,6)
La nestoris proviene dalla Lucania ed è decorata nella parte centrale
del corpo con scene raffiguranti atleti in conversazione con giovani
donne.
L'alta fascia sottostante presenta una minuziosa decorazione di tipo
geometrico |
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Nestoris lucana attribuita al Pittore di Amykos, 420-410 a.C.
(altezza cm. 28)
Di provenienza lucana, come la precedente, il vaso è stato attribuito al
Pittore di Amykos, uno dei ceramografi più famosi nell'area di
Metaponto, per la raffinatezza del linguaggio pittorico e la leggiadria
delle figure.
Rappresenta un guerriero osco seduto su una roccia con in mano lo scudo
e una lancia. Il copricapo è tipico della cultura lucana. Davanti al
guerriero è raffigurata una fanciulla che gli offre una spada corta.
Sul lato opposto è rappresentata una donna che indossa il chitone e
porta in mano un tirso mentre si volta verso un satiro itifallico che la
insegue protendendo le braccia |
Kalpis attica a figure rosse, pittore di Berlino,
485 a.C.
(altezza cm 40,2)
La kalpis proviene dall'Etruria e vi è dipinto il dio Apollo mentre
offre un sacrificio davanti a importanti divinità del pantheon greco:
Artemide, Hermes e Latona posti al fianco di un altare |
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Lekythos attica a figure rosse, attribuita al pittore di Terpaulos,
500-490 a.C
(altezza cm. 37)
Non se ne conosce la provenienza ma si tratta certamente di un vaso
molto raro per la presenza della decorazione figurata sulla spalla.
Inoltre le scene rappresentate sono sovrapposte e mostrano la morte di
Egisto accoltellato da Oreste, Clitennestra con la doppia ascia che si
scaglia contro lo stesso Oreste, mentre Telamede cerca di fermarla.
In uno spazio tanto ridotto, il pittore ha magistralmente rappresentato
scene complesse della mitologia |
Cratere attico a figure rosse del Pittore della
Centauromachia del Louvre, 440-430 a.C.
(altezza cm 35,3)
Il cratere, proveniente dall'Etruria, è abilmente dipinto con scene di
cacciatori traci, facilmente riconoscibili dalla minuziosa definizione
degli abiti e dei copricapi |
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Lekythos attica a figure nere del Pittore Diosphos, 490 a.C.
(altezza cm 20,8)
Sulla lekythos, di chiara provenienza etrusca, è dipinta la scena di una
delle fatiche di Ercole. In particolare è rappresentata l'immagine di
Ercole, assistito dal nipote Iolao, che suonando nacchere, chiamate
anche crotali, spaventò gli uccelli voraci e chiassosi che nei boschi
attorno al lago Stinfalo, in Arcadia, devastavano i campi con le loro
penne bronzee ed i loro escrementi velenosi e, nutrendosi di carne
umana, tormentavano gli abitanti. Erano talmente numerosi che volando
oscuravano il sole. Al suono prodotto da Ercole si alzarono in volo
terrorizzati e fuggirono in tutte le direzioni, talmente spaventati da
scontrarsi fra loro. L'eroe continuò a suonare finché anche l'ultimo
uccello scomparve all'orizzonte. Compiuta l'impresa, Ercole concimò con
gli escrementi i campi e portò ad Euristeo come prova i corpi di alcuni
uccelli. Particolarmente interessanti sono le iscrizioni prive di senso
che servivano esclusivamente a conferire maggior pregio all'oggetto |
Pelike attica a figure rosse del Pittore di
Nausicaa, 450 a.C.
(altezza cm 21,3)
La pelike, proveniente dall'Etruria, è decorata con pitture che
ricordano il mito di Fineo e le Boreadi. Fineo, figura della mitologia
greca, figlio di Agènore e di Cassiopèa e marito di Cleopatra figlia di
Borea, ebbe da lei due figli. Questi si innamorarono di Idea che li
accusò di averle fatto violenza e per questo Fineo non esitò ad
accecarli, suscitando lo sdegno di Borea, loro avo, il quale a sua volta
accecò Fineo per punirlo. Infine, per aver dato ospitalità al troiano
Enea, suscitò le ire di Giunone e Nettuno che, come punizione, gli
inviarono le Arpie (figure femminili alate con aguzzi artigli con cui
rapivano i bambini e le anime) a contaminargli le mense. Fu liberato da
questo flagello solo molto più tardi ad opera di due Argonauti, Colai e
Zete |
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Cratere a campana apulo attribuito al Pittore di Hoppin, 380-370 a.C.
(altezza cm 36,2)
Il cratere di provenienza apula, è dipinto con scene di Achille e Troilo
sul cavallo. Il racconto pittorico rievoca un fatto di sangue che ci
riporta ai tempi dell'assedio greco alla città di Troia. Troilo, il più
giovane dei figli del re troiano Priamo, in groppa al suo cavallo con la
mano destra tiene strette le redini, la sinistra sostiene una lunga
lancia. Il cavallo, slanciato e dai tratti eleganti, con alta criniera e
lunghissima coda, si avventa contro Achille, colto nel momento in cui
sta per sferrare il suo attacco. Ha il corpo seminudo ma è in assetto da
guerra con scudo e spada di fattura greca. Il suo piede sinistro è in
avanti mentre il destro, arretrato, ne sostiene lo slancio facendo leva
sulle dita. Il braccio destro è proteso in avanti, quasi a guidare
l'assalto, il sinistro brandisce in alto la spada. Il destino del
giovane è ormai segnato |
Hydria attica a figure nere attribuita alla
cerchia del Pittore di Antimenes, 530-520 a.C.
(altezza cm 46, 2)
Il vaso, proveniente dall'Etruria, in particolare dall'area di Vulci,
mostra sul corpo quattro cavalieri barbari in marcia mentre nella fascia
ristretta inferiore sono raffigurati due leoni che sbranano un animale.
Sulla spalla una scena di partenza di guerrieri sul carro |
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