CAUSA IMPROVVISA INDISPOSIZIONE DEL RELATORE
ANNULLATA A DATA DA DESTINARSI LA CONFERENZA DI JACOPO ORTALLI PREVISTA PER SABATO 18
GENNAIO 2014
Museo Civico Archeologico di Bologna in collaborazione con Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna
Due conferenze di Jacopo Ortalli illustrano le fasi salienti della nascita di Felsina nell’VIII sec. a.C.
FELSINA
NELL’VIII SEC. a.C.
La formazione di una città destinata a dominare l'Etruria Padana
sabato 11 gennaio e sabato 18 gennaio 2014, alle ore 16
BOLOGNA, Museo Civico Archeologico,
Sala del Risorgimento
Via dell'Archiginnasio 2
dopo il grande successo del primo incontro di sabato 11 gennaio su
Archeologia della prima Felsina: la nascita di una grande
città
(180 persone stipate nella Sala del Risorgimento)
sabato 18 gennaio 2014, secondo e ultimo incontro con Jacopo Ortalli,
docente di
Archeologia Classica all'Unife
Sabato 18 gennaio 2014, ore 16
(annullata)
Archeologia della prima Felsina: il populus bolognese e i
luoghi della politica in età villanoviana
Come mai si parla così poco del glorioso passato etrusco di Bologna? Perché si
tende a immaginarla -almeno all'inizio della sua storia a cavallo dell'VIII sec.
a.C., nelle fasi cosiddette villanoviana e orientalizzante- come un grande
agglomerato di capanne, negandole di fatto una connotazione metropolitana?
Due conferenze di Jacopo Ortalli, professore di Archeologia Classica
all’Università di Ferrara, alzano il velo sulla nascita di Felsina nell’VIII
sec. a.C., cioè sulla fase di formazione di una città che rappresenterà, per
secoli, il centro dominante di tutta l’Etruria padana.
Gli incontri illustrano al pubblico il quadro ricostruttivo che emerge
dall’analisi e dal raccordo di numerosi dati raccolti sul terreno negli ultimi
15 anni di indagini archeologiche, relativamente all’abitato di età villanoviana
e orientalizzante. Su questo tema specifico, risultano particolarmente
illuminanti gli scavi effettuati nel 1996 in piazza Azzarita e nel 1998-99 in
piazza VIII Agosto, in occasione della costruzione di due grandi parcheggi
sotterranei.
In qualità di funzionario della Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, Ortalli ha diretto al tempo entrambi gli scavi che si sono
rivelati fondamentali per ricostruire alcuni importanti aspetti dell’originario
stanziamento felsineo.
I risultati delle indagini sono già stati presentati in convegni e pubblicazioni
scientifiche ma queste novità sulle prime fasi della storia di Bologna non
godono ancora di una conoscenza diffusa a livello locale. Per questo si è deciso
di offrire un momento informativo ai cittadini programmando con il Museo Civico
Archeologico di Bologna e d'intesa con la Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna questi due incontri aperti anche a un più vasto pubblico di
non specialisti della materia.
La ricca documentazione archeologica che da tempo si possiede sulla Bologna di
età villanoviana e orientalizzante è prevalentemente costituita da migliaia di
corredi tombali, i cui materiali permettono di ricostruire l’evoluzione
culturale, sociale ed economica della primitiva comunità felsinea. Molto meno
chiara risulta invece l’articolazione e l’organizzazione spaziale e strutturale
del centro abitato, abitualmente definito come un grande agglomerato di capanne
di tipo “protourbano”.
Gli scavi più recenti hanno finalmente restituito un’immagine diversa e più
precisa dell’organizzazione urbana, decisamente evoluta e articolata per
l’epoca, con infrastrutture e complessi pubblici di grande impegno costruttivo:
si tratta di opere che possono essere definite “monumentali” nonostante
l’utilizzazione di materiale ligneo che, per la sua deperibilità, ha lasciato
scarsissime tracce sul terreno.
Il quadro emerso dalle ricerche inserisce ora la prima Felsina nel ristretto
novero delle grandi metropoli, quali Roma e Tarquinia, che durante l’VIII secolo
a.C. contribuirono alla nascita della città in Italia.
A sinistra: tomba di età orientalizzante (scavi 1996, Piazza Azzarita) - A
destra: resti di edificio villanoviano a struttura lignea (scavi 1998-1999,
Piazza VIII Agosto)
Sabato 11 gennaio 2014, ore 16
Archeologia della prima Felsina: la nascita di
una grande città
L'incontro è preceduto da un'introduzione di Filippo Maria Gambari,
Soprintendente per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna, e di Paola Giovetti,
Direttrice del Museo Civico Archeologico di Bologna
Felsina. Le origini della città (la conferenza di Jacopo Ortalli nel
resoconto di Elisa Pollino, specializzanda in Beni Archeologici all'Università
di Bologna)
Attraverso un’attenta opera di revisione dei dati provenienti dagli
scavi ottocenteschi e alla luce delle indagini più recenti, Ortalli ha condotto
uno studio sull’origine di Felsina e sulla sua natura in età villanoviana e
orientalizzante.
Ortalli si è concentrato specificatamente sulla lettura stratigrafica delle
tracce nel terreno che potevano fornire importanti indizi sul carattere urbano
dell’antica Felsina e sulla sua articolazione spaziale.
Prima di passare in rassegna dati e possibili interpretazioni, ha precisato
quali siano convenzionalmente i parametri che connotano come città un centro
abitato, portando ad esempio celebri casi dal mondo vicino-orientale, egeo e
italico.
I caratteri che definiscono una città sono molteplici e non univoci ma tra
questi è possibile individuare tratti ricorrenti che, associati, costituiscono
un organismo complesso, configurabile come centro urbano.
Per Ortalli sono questi:
1) uno stanziamento stabile e popoloso
2) la ossibilità di gestire un surplus di risorse
3) la presenza di sovrastrutture: autorità politico-religiosa
4) l'articolazione in classi sociali/professionali
5) la definizione degli spazi funzionali di vita della città sottesa a
programmatica pianificazione del tessuto urbano che prevede infrastrutture ad
uso pubblico.
Come accade per altri centri urbani Italici (come ad esempio Tarquinia o Roma)
anche la formazione di Felsina è stata interessata da un processo sinecistico.
Secondo la tradizione di studi, tre sono i centri generatori: gli abitati di
Villa Cassarini, Fiera e Savena. Nello specifico, l’originario “agglomerato
capannicolo” si sarebbe concentrato attorno all’insediamento di Villa Cassarini
per poi estendersi in maniera sparsa tra Ravone e Aposa.
I dati archeologici degli scavi di fine Ottocento e inizi Novecento ci informano
sulla presenza diffusa in aree sparse del centro storico di “fondi di capanna” e
buche di palo: queste sono le uniche testimonianze di abitato fornite da quelle
indagini. Di contro le necropoli mostrano, con l’articolazione tipologica e la
ricchezza dei corredi, una società ben strutturata, con evidenti segni di
autoaffermazione politica e sociale, perfettamente inseriti nel panorama
dell’orientalizzante italico.
Come spiegare la dicotomia tra le evidenze archeologiche fornite dalle necropoli
e quelle più “povere” rintracciate dentro l’abitato?
Per Ortalli, occorre analizzare la geomorfologia del territorio e verificare la
disponibilità di risorse e materiali nell’antichità. A differenza di centri
dell’Etruria tirrenica, l’origine alluvionale del territorio limitrofo
permetteva, evidentemente, l’utilizzo e la messa in opera di soli materiali
deperibili quali il legno. Questo potrebbe spiegare l’assenza di segni visibili
e tangibili sul terreno, che invece ci sono pervenuti “in negativo”.
Risulta di fondamentale importanza saper interpretare queste pur labili tracce e
le indagini effettuate negli ultimi 15 anni hanno posto particolare attenzione
alla documentazione e lettura di questi segni.
I dati emersi modificano in parte la tradizionale corrente di pensiero.
Gli scavi di Viale Aldini hanno rintracciato il paleoalveo del torrente
Vallescura e documentato incisioni antropiche finalizzate alla gestione ottimale
del fiume; allo stesso modo, in altre aree dell’abitato sono stati riconosciuti
tratti di canali di differente ampiezza.
Si tratta di una rete idrica organizzata in una serie di canalizzazioni
parallele che convogliavano l’acqua in un collettore principale costituito
dal Vallescura che così veniva regimato e gestito. Siamo di fronte a
un'imponente opera idraulica che per l’articolazione e il consistente impegno
esecutivo presuppone non tanto la volontà di privati ma una progettazione
attenta e di ampio respiro, un'autorità centrale capace di programmare e gestire
opere infrastrutturali utili a una comunità organizzata. Questi interventi
idraulici, databili all’VIII secolo a.C. e dunque al momento formativo della
città, denunciano una straordinaria precocità.
Il dato, di rilevante importanza, unito alla rilettura dei dati di scavo in suo
possesso, consente a Ortalli di avanzare nuove considerazioni sul territorio. A
suo parere il Vallescura, asse di riferimento e collettore principale del
sistema fognario, costituirebbe anche il limite occidentale dell’abitato.
Questa interpretazione, in contrasto con quelle tradizionali che consideravano
il Ravone confine occidentale della città vista la presenza della necropoli
nelle immediate vicinanze, si basa sulla constatazione dell'assenza di
consistenti evidenze archeologiche nell’area compresa tra Vallescura e Ravone
(assenza giustificata anche dalla conformazione geomorfologica dell'area,
situata in una zona depressa e soggetta a impaludamenti). Al contrario la parte
orientale, più elevata, risulterebbe più adatta all’insediamento.
L’areale insediativo viene dunque ridimensionato da Ortalli a 170 ettari, un
dato in linea con le estensioni di altri noti abitati etruschi quali Veio o
Tarquinia.
Ortalli passa poi a riconsiderare il ruolo del villaggio di Villa Cassarini
quale centro generatore del processo formativo di Felsina. Il luogo, situato in
posizione elevata rispetto all’insediamento, sarebbe per sua natura vocato a
funzione di arx cittadina. Lo scavo di emergenza condotto nel 1973 rintracciò
fasi antropiche afferibili a un periodo che si prolungava dall’età del Bronzo al
Villanoviano antico.
Quella che veniva interpretata come una zona di abitato, potrebbe essere
dunque considerata una zona sacra, dato il ritrovamento di tracce pertinenti
a pratiche rituali e non domestiche. La presenza di terreno rubefatto e di resti
carboniosi, l'inumazione di un individuo in associazione a materiali di IX
secolo a.C. (periodo in cui l'inumazione non era praticata) e la peculiarità
della sepoltura stessa (che presentava resti di offerte animali e frustuli
carboniosi), e il ritrovamento di statuette fittili, tra cui una figurina
bisessuata, connoterebbero l’area come zona destinata a pratiche sacrificali e
rituali (che poi in età storica diventerà l’acropoli cittadina).
In tempi più recenti, scavi di emergenza hanno portato alla luce in zona San
Donato un abitato con aggere dotato di palizzata e una necropoli con
migliaia di tombe che documentano la presenza di un centro di notevole ampiezza.
Il dato è fondamentale per la ricostruzione del momento poliogenetico della
città che sarebbe dunque esito dell’unione dei villaggi della zona Fiera, Savena
(Sante Vincenti) e San Donato. La nuova città avrebbe mantenuto come Arx,
zona sacra, il sito di Villa Cassarini.
Anche gli scavi in Piazza Azzarita hanno documentato una situazione
archeologica articolata. In questa zona al limite dell’abitato occidentale sono
state rinvenute tracce di edilizia domestica e un’area di necropoli. Tra la
parte abitativa e quella sepolcrale è stata individuata una monumentale
struttura difensiva risalente al primo momento di fortificazione dell’abitato.
Si tratta di tre fossati che fungevano da protezione antemurale, raccogliendo al
tempo stesso l’acqua corrente del Vallescura. I fossati proteggevano una
struttura lignea di notevole complessità e monumentalità costituita da una
palizzata ad impalcato, con galleria coperta e camminamento superiore per la
ronda; un ulteriore elemento aggettante e chiuso con assi era forse un punto
di avvistamento o una porta.
Si tratta di un’opera di ingegneria imponente ed elaborata, che un cratere
deposto entro la fossa di fondazione del torrione consente di datare all’VIII
secolo a.C.; la sua costruzione ha presupposto perizia tecnica, impegno, saperi
e una consolidata tradizione carpentieristica. Concettualmente richiama da un
lato modelli egei e dall'altro continentali, a mostrare un inserimento della
comunità all’interno di circuiti commerciali e comunicativi di ampio raggio e
una conoscenza tecnologica sicura, ben recepita e ormai autonoma che trae radici
nell’età del Bronzo e che troverà in quella del Ferro alte formalizzazioni.
L’aspetto di villaggio capannicolo attribuito a Felsina dalla tradizione di
studi è dunque da mutare. Per Jacopo Ortalli esiste già nell’VIII sec. a.C. una
comunità precocemente strutturata e articolata nella sua società, nella sua vita
e nei suoi spazi.
Urbanisticamente occupa un territorio ben definito, con un centro principale che
controlla la campagna e che si struttura su un impianto regolare suddiviso in
settori funzionali adibiti alla vita domestica, a funzioni sacre o artigianali,
con aree specializzate come l’arx, le necropoli o i quartieri produttivi.
Presenta infrastrutture monumentali e di elevato impegno ad uso pubblico ed è
gestita da un'autorità che tali infrastrutture ha progettato e definito.
Sul piano dell’edilizia privata, conserva i caratteri tipici del villanoviano,
accentuando fortemente gli spazi privati recintati pur tuttavia dotandosi di
aree comunitarie (strutture di stoccaggio o ricovero di animali).
I corredi tombali e le opere infrastrutturali ci indicano infine l’elevato
livello economico raggiunto dal centro grazie ai contatti con il mondo italico,
egeo ed etrusco, livello che permette di inserirlo tra i maggiori centri del
Mediterraneo, a confermare la famosa qualificazione con cui Plinio gratificò
Felsina definita "princeps Etruriae".
Promosso da: |
Museo Civico Archeologico di Bologna in collaborazione con Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna |
Quando: |
sabato 11 e sabato 18 gennaio, alle ore 16 |
Città: | Bologna |
Luogo: | Museo Civico Archeologico |
Indirizzo: | Via dell'Archiginnasio 2 |
Provincia: | Bologna |
Regione: | Emilia-Romagna |
Pagina a cura di Carla Conti, informazioni di Jacopo Ortalli (Dipartimento di studi umanistici, sezione di Storia e scienze dell’antichità, Università degli Studi di Ferrara)