Tra il 2009 e il 2011, in occasione di lavori di restauro e consolidamento
della Chiesa parrocchiale della Conversione di S. Paolo di Roccapelago, un
piccolo borgo dell’Alto Appennino emiliano in comune di Pievepelago (MO), sono
stati effettuati scavi archeologici che hanno riportato alla luce i resti della
rocca medievale, della chiesa preesistente con diverse sepolture e una cripta
sepolcrale, di cui si era persa memoria, contenente molti corpi umani, in parte mummificati. Sui resti della
rocca (XIII-XIV sec.), fu edificata nel XVI secolo una piccola chiesa con
orientamento liturgico, che sfruttò l'interrato dell'antico fortilizio per
ricavarvi una cripta cimiteriale. Con l'ampliamento della chiesa, nel '600, la
cripta continuò ad essere utilizzata per le sepolture fino al 1786, quando si
iniziò ad utilizzare il cimitero esterno alla chiesa tuttora in uso.
L’indagine archeologica ha recuperato i resti di oltre 400 individui di ambo i
sessi e di tutte le età: anziani, adulti, subadulti ed infanti appartenuti ad
un’intera comunità qui sepolta tra il '500 ed il '700. Di questi, una sessantina
si presentano in condizioni di parziale mummificazione per effetto di un
processo naturale dovuto alle particolari condizioni microclimatiche
dell’ambiente di inumazione. I corpi, deposti uno sull'altro a formare una
piramide di resti umani all’interno della cripta, erano ancora rivestiti degli
abiti (camice e calze pesanti), erano avvolti in sudari e conservano ancora
vaste porzioni di tessuti molli (pelle, tendini, muscoli, organi viscerali,
capelli).
Grazie alla efficace cooperazione in cantiere di archeologi e antropologi è
stato possibile recuperare i corpi nella loro connessione anatomica e riporli su
supporti rigidi per poterli trasferire presso il Laboratorio di Antropologia del
Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna (Campus di Ravenna).
Aspirazione delle polveri da una mummia nel Laboratorio di Antropologia del
Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna (Campus di Ravenna).
È stato subito chiaro che ci si trovasse di fronte a un
rinvenimento eccezionale, sia per l’integrità e le condizioni di parziale
mummificazione dei resti, che per la quantità degli inumati: un “materiale” di
enorme interesse scientifico, che offriva la possibilità di condurre uno studio
multidisciplinare straordinario da parte di archeologi, antropologi e studiosi
di altre svariate discipline che insieme potevano ricostruire le caratteristiche
antropologiche, le condizioni e lo stile di vita, lo stato di salute, le
modalità di sussistenza, la religiosità, il costume e le usanze degli antichi
abitanti di questa comunità e come questi si sono modificati nel tempo.
La Soprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna, insieme al Laboratorio di
Antropologia del Dipartimento di Beni Culturali (Università di Bologna – Campus
di Ravenna), ha subito avviato un progetto di studio articolato ed ambizioso. Al
progetto, significativamente denominato Storia e vita di una piccola comunità
dell’Alto Appennino modenese tra XVI e XVIII sec., hanno aderito diverse
Università italiane e straniere e studiosi di varie discipline.
Le indagini antropologiche, hanno rivelato lo stato di salute, l’alimentazione,
il tipo di lavoro, i rapporti di parentela, le caratteristiche genetiche. È
emerso che si tratta di una popolazione con carenze alimentari (scarso apporto
proteico), che praticava lavori pesanti e con una speranza di vita che, per chi
superava l’età adolescenziale (essendo la mortalità infantile molto alta),
poteva oltrepassare i 50 anni di età e, non di rado, raggiungeva anche età
avanzate. Alcune mummie sono state sottoposte a TAC grazie alla collaborazione
delle AUSL di Ravenna e Forlì e numerose altre sono state oggetto di
approfondite analisi di archeoentomologia funeraria condotte dall’Università di
Huddersfield (Inghilterra).
Lo scavo ha restituito anche numerosi reperti che raccontano la storia della
Rocca prima, e della chiesa dopo, ma soprattutto oggetti quali medagliette
devozionali, crocifissi, rosari e una quantità davvero considerevole di tessuti
(camicie, pizzi, calze, cuffie) relativi agli indumenti e ai sudari che
avvolgevano i defunti. Significativa è risultata anche la presenza di
monili, orecchini, anelli, collane, spilloni crinali, oggetti personali come un
dado da gioco o un rasoio che hanno accompagnato il defunto nell’ultimo viaggio.
Tra le medaglie devozionali sono frequenti quelle che raffigurano la Madonna di
Loreto, presso il cui santuario era diretto il maggior flusso devozionale,
mentre è considerevole la presenza di crocifissi, anche di pregevole fattura.
Singolare è infine il recupero di una lettera trovata ripiegata e sigillata con
una medaglia della Madonna: si tratta di un raro documento di spiritualità che
accenna a preghiere giornaliere da recitare per 15 anni, allo scopo ottenere
indulgenze, protezione divina e la salvezza dell’anima. Per garantirsi questa
protezione Maria Ori, nominata nella lettera, si fece seppellire con addosso il
documento che rappresenta un raro esempio di credenza e devozione popolare
associato al rito funerario.
Grazie ai contributi offerti dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, è
stato possibile approfondire l'esito delle indagini organizzando a Roccapelago e
a Modena tre convegni (con il contributo di archeologi, storici, storici del
tessuto, antropologi, genetisti, patologi, biologi, entomologi, botanici) e tre
mostre di successo dove sono stati esposti parte dei reperti rinvenuti.
Ultima novità emersa dagli studi di genetica è stato il rapporto di parentela
tra una delle mummie esposte e l'attuale sindaco di Pievepelago, quasi a
rinsaldare il legame indissolubile tra l'antica e l'attuale comunità di
Roccaplego.
A poco più di quattro anni dalla conclusione degli scavi viene ora inaugurato
(il 6 giugno 2015) il Museo delle Mummie di Roccapelago,
esposizione assolutamente singolare che alle sale contenenti i
reperti più significativi abbina una finestra sulla cripta cimiteriale (visibile
anche dall'interno della chiesa parrocchiale attraverso una lastra di vetro nel
pavimento) dove sono adagiati a terra (nell'originaria giacitura) una dozzina di
corpi mummificati, nel rispetto della morte e
della primigenia funzione cimiteriale e devozionale del luogo della scoperta.
Nella cripta cimiteriale sono ricomposte diverse mummie con i propri indumenti e
sudari nonché un gruppo di sepolture di infanti disposte attorno ad una giovane
donna sul cui grembo sono stati rinvenuti i resti di tre neonati. Nei locali
dell'ex canonica, ora Museo multidisciplinare, sono esposti i reperti, gli
oggetti devozionali e personali, i tessuti, i resti d'interesse antropologico,
entomologico, botanico e zoologico rinvenuti tra le mummie.
Un museo che può vantare tanti genitori, figlio com'è degli sforzi e adesioni di
tanti enti territoriali (Istituto per i Beni Culturali della Regione
Emilia-Romagna, Assessorato al Turismo della Provincia di Modena, Comunità
Montana del Frignano, Comune di Pievepelago), Università (Bologna, Genova,
Modena e Reggio Emilia, Parma, Pisa, Torino e University of Huddersfield –
Inghilterra), Enti religiosi ( Ufficio Diocesano per i Beni Culturali
Ecclesiastici, Parrocchia di Roccapelago), Musei (Musei Civici di Modena) e
Associazioni (Accademia lo Scoltenna, Associazione Pro Rocca).
Particolarmente importante il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di
Modena che con grande liberalità ha finanziato mostre, convegni e parte della
ricerca, fornendo anche le risorse necessarie all'allestimento del Museo.
Fondamentale è stato inoltre il lavoro della Conservatrice del Museo,
l'antropologa Vania Milani, e l’impegno spontaneo di Fausto Ferri che ha
disegnato le vetrine, dei singoli studiosi, di volontari e restauratori e dei
privati.
La Soprintendenza ha messo in campo i propri funzionari, in particolare Donato
Labate che con il prof. Giorgio Gruppioni dell'Università di Bologna e la
studiosa di tessuti Thessy Schoenholzer Nichols ha coordinato l'equipe di
studio.
All’interno dell’impegno globale della Soprintendenza, va ricordata
l'appassionata collaborazione e l'alta professionalità del settore restauro
(Roberto Monaco coadiuvato da Ivan Zaccarelli), rapporti con i media (Carla
Conti), documentazione fotografica (Roberto Macrì) e grafico (Rossana Gabusi).
Il GAL Antico Frignano e Appennino Reggiano ha supportato i lavori di
adeguamento del museo nel 2014-2015 nell'ambito del progetto“Attrattività del
turismo escursionistico nell'Alto Frignano attraverso la qualificazione del
Museo Civico delle Mummie di Roccapelago e della sentieristica storica locale”
Poveri ma belli. Le camicie maschili avevano un collo alto da 3 a 5 cm, chiuso
con asole e bottoncini fatti a mano.
La parte superiore mostra un inserto sulle spalle per ingrandire l’apertura ed è
sempre rinforzata con una doppia striscia di tessuto
Museo delle Mummie di Roccapelago
Chiesa della Conversione di San Paolo
Pievepelago (Modena), località Roccapelago
Info visite e orari sul sito
www.museomummieroccapelago.com
(in "prenota la visita") oppure via mail
museomummieroccapelago@gmail.com o
roccapelago@gmail.com
Info tel Associazione Pro Rocca 0536 71890
(Enzo Ferroni) - 334 3470940 (Rachele Merola)
in caso di mancata reperibilità chiamare il Comune di Pievepelago 0536 71322
(interno 14)
Orari di apertura (verifica sul sito
www.museomummieroccapelago.com)
Da ottobre a maggio, tutti i sabati dalle 15 alle 17
Mesi di giugno, luglio e settembre, sabato e domenica dalle 16 alle 19
Agosto, tutti i giorni dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19
ingresso gratuito
Istituzioni scientifiche coinvolte nel progetto
Lo studio multidisciplinare dei resti umani rinvenuti a Roccapelago, d’intesa e
in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna, è
stato condotto presso il Laboratorio di Antropologia del Dipartimento di Beni
Culturali dell’Università di Bologna (Campus di Ravenna), dove i reperti sono
stati sottoposti agli esami di anatomia, biologia e patologia scheletrica nonché
alle analisi del DNA.
Altre ricerche (archeologiche, dei vestiti,
chimico-fisiche, entomologiche, archeobotaniche, ecc.) sono state svolte grazie
alla collaborazione dei seguenti laboratori e centri di ricerca specializzati:
- Centro Ricerche e Servizi Ambientali (CRSA) Med.Ingegneria, Marina di Ravenna
(RA)
- Laboratori di Biologia Forense e di Microscopia elettronica della School of
Applied Sciences - Università di Huddersfield (UK)
- Laboratorio di Antropologia - Dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo –
Università di Torino.
- Dipartimento di Scienze Chirurgiche e Diagnostiche Integrate – Università di
Genova.
- Laboratorio di Paleoantropologia – Università di Pisa.
- Laboratorio di Palinologia e Paleobotanica - Dipartimento di Biologia-
Università di Modena e Raggio Emilia.
- AUSL di Ravenna e Forlì - TAC
- Istituto per Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna
- Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena
- Museo Civico d’Arte di Modena
- Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale di Torino
- RT Restauto Tessile – Albinea (RE)
Tanti gli studiosi coinvolti in questa stimolante ricerca, elencati per settore di studio:
Antropologia (Mirko Traversari, Caterina Minghetti, Vania Milani, Melanie Agnes
Frelat, Antonino Vazzana, Maria Catena Merlo, Giorgia Biviano, Giulio Cosseddu,
Colin Shawn)
Archeologia (Mirko Traversari, Barbara Vernia)
Tessuti (Iolanda
Silvestri, Ivana Micheletti, Annalisa Biselli, Thessy Schoenolzer Nichols)
Entomologia (Stefano Vannin)
Archeobotanica (Giovanna Bosi, Rossella Rinaldi,
Paola Torri, Marta Bandini Mazzanti, Marco Marchesini)
Scienze applicate
(Massimo Andretta, Darinn Cam, Giancarlo Righetti, Ezio Fulcheri, Giulia Mari,
Maria Grazia Bridelli, Chiaramaria Stani, Roberta Bedotti, Mara Bertolotti,
Alessandra Bacci, Linda Pierattini, Fulvio Bartoli, Simone Bernardi)
Radiologia
(Francesco Feletti, Antonella Piraccini, Mauro Bertocco, Sara Piciucchi,
Antonella Piraccini, Enrico Petrella)
DNA (Elisabetta Cilli, Alessio Zedde,
Monica Mosconi, Sara De Fanti, Claudio Franceschi, Andrea Quagliariello, Donata
Luiselli
3D (Marco Orlandi, Simone Zambruno)
Architettura (Alessandra Alvisi)
Ricerche archivistiche (Vania Milani, Mirko Traversari)
Restauro (Roberto
Monaco, Annarita Biselli, Maria Antonietta Labellarte, Ivana Micheletti, Ivan
Zaccarelli)
A tutti un vivo ringraziamento per il contributo offerto a questa ricerca che ha svelato molti dettagli sulla vita, la storia e l'ambiente dell'antica comunità di Roccapelago.