Pievepelago (MO). A pochi anni dall'eccezionale scoperta di una cripta cimiteriale sotto il pavimento della Chiesa della Conversione di San Paolo Apostolo, con centinaia di corpi, in parte mummificati, viene inaugurato il 6 giugno 2015 il Museo delle Mummie di Roccapelago
Un museo per le mummie di Roccapelago
Un museo unico nel suo genere che racconta la vita e la morte della comunità vissuta tra i monti di Pievepelago dal XVI al XVIII secolo
Chiesa
della Conversione di San Paolo
Pievepelago (Modena), località Roccapelago
Ciò che colpisce di più è il dato clinico: spina bifida, lesioni articolari,
patologie dell’anca, artrosi, scoliosi, perdita dei denti, infezioni, tumori.
La società del benessere fa i conti con diete miserrime e traumi pesanti,
gravidanze letali e lavori massacranti.
Eccola qui, la vita dei membri di una comunità montana dal ‘500 al ‘700. Niente
di inimmaginabile ma confrontarsi con questi tasselli di identità locale fa
comunque impressione. Morivano spesso giovani e forse al cielo erano cari. Ma
per essere più sicuri giungevano le mani in preghiera e mettevano tra le vesti
un crocifisso, una medaglietta o un rosario, lasciapassare per una vita meno
dura. Confidavano nel paradiso, dopo aver passato l’inferno, e se a quell’ultimo
appuntamento si presentavano dignitosi, puliti e, per quanto possibile,
eleganti, non era la terra ad accoglierli ma una fossa comune.
Centinaia di corpi
A poco più di quattro anni dal ritrovamento, viene inaugurato il 6 giugno 2015
il Museo delle Mummie di Roccapelago dedicato alla straordinaria scoperta di
una cripta cimiteriale con decine di corpi mummificati sotto il pavimento della
Chiesa della Conversione di San Paolo Apostolo a Pievepelago, sull'Appennino
modenese.
Un museo unico nel suo genere, una capsula del tempo dove i corpi, gli abiti e
gli effetti personali emersi dagli scavi puntano direttamente al cuore di chi li
guarda, raccontando la vita di una comunità di umili vissuta tra questi monti
dal XVI al XVIII secolo, la loro forza e i loro timori, il duro lavoro e i rari
svaghi, il territorio e le sue risorse.
Il ritrovamento dei corpi di quasi quattrocento individui, in parte mummificati,
con gli indumenti, i sudari, gli oggetti devozionali, i monili e altri elementi
del decoro personale indossati in vita ha richiesto un progetto di studio
integrato capace di valorizzare questo straordinario patrimonio storico, umano e
culturale.
Si appartiene a un territorio non solo perché ci si abita ma perché se ne
conoscono origini, trasformazioni, toponomastica, segni di storia e di memoria.
Questa scoperta ha coinvolto antropologi, archeologi, esperti di tessuti e di
religiosità popolare ma anche biologi, genetisti e patologi, tutti impegnati a
ricostruire vita e vicende mediche e bioculturali di questa piccola comunità.
L’iniziativa intrapresa dalla Soprintendenza Archeologia dell’Emilia-Romagna è
stata subito abbracciata da enti territoriali (Istituto per i Beni Culturali
della Regione Emilia-Romagna, Assessorato al Turismo della Provincia di Modena,
Comune di Pievepelago, Comunità Montana del Frignano, GAL Antico Frignano e
Appennino Reggiano), Università (Bologna,
Genova, Modena e Reggio Emilia, Parma, Pisa, Torino e University of Huddersfield
– Inghilterra), Enti religiosi ( Ufficio Diocesano per i Beni Culturali
Ecclesiastici, Parrocchia di Roccapelago), Musei (Musei Civici di Modena) e
Associazioni (Accademia lo Scoltenna, Associazione Pro Rocca). Grazie
all'impegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, che ha finanziato gli
scavi, il restauro della cripta, le ricerche e l'allestimento, si è arrivati
all’inaugurazione di un museo che rappresenta un unicum sia per le modalità di
valorizzazione dei manufatti rinvenuti che per il trattamento dei corpi
mummificati.
Un museo unico
I curatori Donato Labate, Vania Milani e Thessy Schoenholzer Nichols hanno
cercato in ogni modo di ricreare l’emozione di questa scoperta, coinvolgendo il
pubblico in un simbolico abbraccio a questi umili testimoni della storia locale.
Una dozzina di corpi mummificati sono stati deposti sulla nuda roccia nella
cripta, nel rispetto della giacitura originaria e della sacralità
dell’edificio religioso; con loro è stata ricomposta la sepoltura di una giovane
donna, rinvenuta con i resti di tre corpicini sul grembo e attorniata da diversi
bambini. È qui l’unicità del Museo delle Mummie di Roccapelago, nel non esporre,
come altrove, le mummie in teche, quasi fossero reperti, ma nel deporle nel
luogo dov’erano state sepolte e dove sono state ritrovate, visibile anche dal
pavimento della chiesa grazie a una vetrata.
L’allestimento vero e proprio si dipana tra le tre sale dell'ex canonica dove
sono esposti i manufatti associati alle mummie unitamente ad altri reperti
restituiti dagli scavi.
La prima sala contiene gli oggetti che raccontano la storia della Rocca
prima della sua trasformazione in chiesa: ceramiche, manufatti domestici,
bombarde, intonaci dipinti.
Nella seconda sala hanno trovato posto i reperti devozionali (medaglie,
rosari, crocefissi, immagini sacre e una rara lettera di rivelazione ) e gli
elementi di decoro personale (anelli, collane, orecchini); qui sono esposti
anche i resti antropologici (ossa, denti) che rivelano le malattie degli
abitanti e i reperti d'interesse entomologico (larve e insetti), botanico e
zoologico su cui si è concentrato lo studio interdisciplinare seguito alla
scoperta della cripta.
La terza sala espone gli indumenti indossati dalle mummie, reperti di
difficile conservazione come calze e camicie ma anche i sudari cuciti addosso ai
defunti. È stato ricreato l’abbigliamento di un personaggio maschile (camicia e
sudario) e sono esposti frammenti di una gonna e di calzoni, una marsina del
‘700 e due preziose cuffie in seta e velluto, un autentico lusso in confronto
alla media dei tessuti recuperati. Va sottolineato che questa comunità
agricolo-pastorale non solo sapeva filare, tessere, cucire, ricamare e fare
merletti, ma era anche in grado di realizzare lacci e fettucce con tecniche oggi
dimenticate come la tessitura a tavolette e l’intreccio a cappio. Autentici
virtuosismi filtrano dai rattoppi e dai bottoni realizzati con il filo, mentre
un cranio trapanato ci dice che qualcuno li ha curati e una lettera di
rivelazione che, se anche non sapevano scrivere, sapevano però leggere.
L’allestimento del Museo delle Mummie di Roccapelago è stato pensato per
emozionare. Data la natura di questa scoperta archeologica, si imponeva che i
reperti esposti nelle sale, così come i corpi ricomposti nella cripta,
costruissero un canale emotivo in grado di comunicare al visitatore un tempo e
una vita diversi dai nostri.
I corpi rispettosamente ricollocati nella cripta trasmettono il pathos dei
defunti, lasciando immaginare le cerimonie a loro dedicate dai congiunti; allo
stesso modo l’esposizione dei reperti fa rivivere le pratiche devozionali
rivelando al tempo stesso la quotidianità degli oggetti personali.
Viaggio nella commozione
La storia degli abitanti della comunità di Roccapelago trapela dalle pieghe dei
vestiti, dagli infiniti rattoppi, dall’anatomia deformata di un corpo, dalla
ripiegatura di un foglio di carta, dalle medagliette e crocifissi posti tra le
vesti. Ma è anche rivelata dalla pietas che stilla dalle mani dei defunti,
congiunte in preghiera o appoggiate sul ventre, o dalle beffarde posizioni della
morte, fissate in un rigor mortis che ha impedito di ricomporre i corpi e
vestirli secondo il canone cerimoniale. L’assenza di zecche e pidocchi ci dice
che, nonostante la povertà, curavano l’igiene in modo esemplare; un dado da
gioco ci fa pensare a qualche momento di non trascurabile serenità.
La scoperta di queste mummie ha indotto esperti delle più varie discipline a
intrecciare i dati delle rispettive ricerche: gli antropologi hanno accertato lo
stato di salute, l’età, il sesso e l’alimentazione di ogni corpo, gli entomologi
hanno identificato la stagione di sepoltura e gli insetti funerari, i botanici
hanno ricostruito l'ambiente circostante dalle offerte floreali che
accompagnavano i defunti, i genetisti hanno indagato le caratteristiche
genetiche e i rapporti di parentela (uno anche con l’attuale sindaco di
Pievepelago). Questo approccio multidisciplinare ha coniugato i molteplici
aspetti della ricerca scientifica con una specifica attenzione alla
conservazione, alla valorizzazione culturale e alla comunicazione.
La scienza è per sua natura distaccata; eppure non c’è studioso o ricercatore,
italiano o straniero, che abbia avuto a che fare con i resti umani o materiali
di Roccapelago che non abbia ammesso di aver subito un impatto emotivo davvero
singolare.
Una commozione immediata è venuta dagli abiti dei defunti, vero manifesto del
livello di vita sociale e personale. Camicie, calze e sudari, a prima vista
quasi uguali, rivelano individualità sorprendenti non solo tra capi maschili e
femminili, ma anche nella lavorazione, nell’usura, nelle riparazioni o nei
rattoppi di ogni buco e strappo.
Le donne abbellivano le camicie con merletti fatti mano, sempre diversi l’uno
dall’altro; le camicie maschili invece erano fatte per durare, rinforzate sulle
spalle e nello scollo, spesso chiuso da miniscoli, bellissimi bottoni
sapientemente fatti a mano con il filo. Ogni capo, anche le calze, per povero
che fosse aveva sempre un decoro che lo personalizzasse.
L’allestimento ha voluto rispettare tutti questi aspetti che parlano della vita
semplice di queste persone, della loro forza e delle loro paure, della durezza
dei lavori e dei rari momenti di svago, del territorio e delle risorse in esso
presenti.
La visita al Museo delle Mummie di Roccapelago è un viaggio nella commozione, un
invito a empatizzare con questi muti testimoni di una storia non troppo lontana
diventati loro malgrado una ricca testimonianza che forse incuriosisce ma che
certamente non finisce mai di stupire.
INFO Museo delle Mummie di Roccapelago
Chiesa della Conversione di San Paolo
Pievepelago (Modena), località Roccapelago
Orari di apertura: da ottobre a maggio, tutti i sabati dalle 15 alle 17
Mesi di giugno, luglio e settembre, sabato e domenica dalle 16 alle 19
Agosto, tutti i giorni dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19
Ingresso gratuito
Visite e orari sul sito
www.museomummieroccapelago.com (in "prenota la visita") oppure via
mail
museomummieroccapelago@gmail.com o
roccapelago@gmail.com
Tel (Associazione Pro Rocca) 0536 71890 (Enzo Ferroni) - 334 3470940 (Rachele
Merola)
In caso di mancata reperibilità chiamare il Comune di Pievepelago 0536 71322
(interno 14)
Il Museo delle Mummie di Roccapelago: una scoperta di successo
di Luigi Malnati, Soprintendente per l'Archeologia dell'Emilia-Romagna
La scoperta, in occasione dei lavori di restauro della chiesa parrocchiale
di Roccapelgo, di una cripta cimiteriale di cui si era persa memoria, ha
consentito di mettere in luce alcune centinaia di sepolture, ascrivibili al
XVI-XVIII secolo, sessanta delle quali mummificate naturalmente. Lo scavo, sotto
la direzione della Soprintendenza è stato condotto dall'archeologa Barbara
Vernia, coadiuvata da due validissimi archeoantropologi, Vania Milani e Mirko
Traversari, che grazie ai finanziamenti della Fondazione Cassa di Risparmio di
Modena, hanno recuperato e documentato i resti scheletrici e i corpi mummificati
insieme agli indumenti, ai sudari e ai tanti oggetti d’uso personale e
quotidiano, che hanno accompagnato i defunti nell'ultimo viaggio.
Tali resti hanno permesso di ricostruire quasi tre secoli di vita di una piccola
e povera comunità montana. La Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia
Romagna insieme al Laboratorio di Antropologia di Ravenna - Dipartimento di
Storie e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali (Università di Bologna)
ha subito avviato un studio interdisciplinare che ha coinvolto numerosi studiosi
e Università italiane e straniere: a distanza di pochi anni, grazie a queste
singolari sinergie, è stato possibile chiarire alcuni aspetti dello stato di
salute, dell'alimentazione e della speranza di vita quell’antica comunità,
povera ma dignitosa, e giungere a comprendere, abitudini, credenze, tradizioni,
usanze.
Un progetto che ha visto gli studiosi confrontarsi in occasione di tre convegni
preceduti da altrettante mostre di successo. I risultati di tali ricerche sono
oggi sintetizzate per il grande pubblico grazie all'allestimento di questo
singolare Museo, dove è possibile vedere la cripta cimiteriale, con ricomposte
diverse mummie con i propri indumenti e sudari nonché un gruppo di sepolture di
infanti disposte attorno ad una giovane donna sul cui grembo sono stati
rinvenuti i resti di tre neonati. Nei locali dell'ex canonica, nel Museo
multidisciplinare sono i reperti ritrovati, gli oggetti devozionali e personali,
i tessuti, i resti d'interesse antropologico, entomologico, botanico e
zoologico, rinvenuti insieme alle mummie.
E' stato possibile portare a termine il progetto grazie all'adesione di enti
territoriali (Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna,
Assessorato al Turismo della Provincia di Modena, Comunità Montana del Frignano,
Comune di Pievepelago), Università (Bologna, Genova, Modena e Reggio Emilia,
Parma, Pisa, Torino e University of Huddersfield – Inghilterra), Enti religiosi
( Ufficio Diocesano per i Beni Culturali Ecclesiastici, Parrocchia di
Roccapelago), Musei (Musei Civici di Modena), Associazioni (Accademia lo
Scoltenna, Associazione Pro Rocca).
In particolare la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena con grande liberalità
ha contribuito finanziando, mostre, convegni, parte della ricerca e fornendo le
necessarie risorse per l'allestimento del Museo.
Fondamentale è stato inoltre il lavoro della Conservatrice del Museo, dott.ssa
Vania Milani, e l’impegno spontaneo di Fausto Ferri che ha disegnato le vetrine,
dei singoli studiosi, di volontari e restauratori e dei privati.
La Soprintendenza ha messo in campo i propri funzionari, in particolare Donato
Labate che con il prof. Giorgio Gruppioni dell'Università di Bologna e la
studiosa di tessuti Thessy Schoenholzer Nichols ha coordinato l'equipe di
studio.
All’interno dell’impegno globale della Soprintendenza, va ricordata
l'appassionata collaborazione con alta professionalità del settore restauro
(Roberto Monaco coadiuvato da Ivan Zaccarelli), del settore dei rapporti con i
media (Carla Conti), del settore documentazione (Roberto Macrì) e del settore
grafico (Rossana Gabusi).
A ogni persona coinvolta va il ringraziamento dell’Ufficio e mio personale.
Le mummie di Roccapelago: il contributo delle ricerche bioantropologiche
Di Giorgio Gruppioni, Laboratori di Antropologia fisica e del DNA antico del
Dipartimento di Beni Culturali dell'Università di Bologna - Campus di Ravenna
Il Museo delle Mummie di Roccapelago non è l’esposizione macabra di corpi
umani risparmiati dal processo di decomposizione ma è la storia e la vita di una
piccola comunità dell’Appennino modenese raccontata “direttamente” da chi quella
storia e quella vita l’ha vissuta. Sono infatti le mummie stesse che,
“interrogate” una ad una con gli strumenti della moderna ricerca scientifica che
coniuga la multidisciplinarità con la più avanzata specializzazione, dettano le
notizie per ricostruire le vicende della loro vita e della loro morte e insieme
restituiscono uno spaccato della comunità di Roccapelago tra il XVI e il XVIII
secolo.
Le analisi messe in campo hanno spaziato dalla determinazione del profilo
biologico individuale mediante approccio diretto ed indagini paleoradiologiche
(TAC), istologiche, istochimiche, chimico-fisiche, fino a sofisticate
elaborazioni digitali 3D e ad analisi del DNA. Tutto ciò ha consentito di
ricostruire, oltre che le caratteristiche fisiche individuali e la struttura
demografica dell’antica popolazione di Roccapelago, le condizioni di vita, le
malattie, le abitudini alimentari e le attività occupazionali che scandivano la
vita della piccola comunità in questo lembo dell’Appennino modenese, e il DNA ne
ha indagato le origini, i rapporti di continuità con la comunità attuale nonché
le relazioni genetiche con le altre popolazioni del territorio tosco-emiliano.
Le mummie di Roccapelago raccontano di una vita dura, segnata da lavori pesanti
che dovevano richiedere un forte impegno biomeccanico degli arti superiori e
inferiori, con differenze apprezzabili fra i due sessi: prevalentemente
attribuibili, negli uomini, al trasporto e alla movimentazione di carichi
pesanti su terreni scoscesi e all’utilizzo di attrezzi che comportavano un
impegno biomeccanico asimmetrico, come quelli impiegati per i lavori agricoli;
nelle donne, al lavoro al telaio, alla raccolta nei campi, alla lavorazione di
intreccio a cappio o alla necessità di sorreggere i neonati ancora in fasce
durante i lavori domestici. La speranza di vita, tuttavia, per chi superava
l’età adolescenziale (essendo la mortalità infantile molto alta), poteva
oltrepassare i 50 anni di età e, non di rado, raggiungere anche età avanzate.
Gli elementi chimici presenti in tracce nelle ossa e gli isotopi stabili
restituiscono un regime alimentare di sussistenza, in gran parte dipendente
dalle magre risorse della terra, che comportava non di rado manifestazioni
patologiche dovute a malattie carenziali. Il DNA rivela che l’antica popolazione
di Roccapelago è geneticamente riconducibile, probabilmente, ad un piccolo
gruppo di soggetti fondatori della comunità e mostra maggiori affinità genetiche
con le popolazioni toscane piuttosto che con quelle emiliane forse in relazione
ai movimenti dei pastori che spostavano le greggi lungo le linee di transumanza,
le quali collegavano Roccapelago con le zone di Lucca e Grosseto.
Le indagini fin qui condotte hanno già prodotto una ricca mole di dati ma altre
ricerche, ancora in corso, promettono di aggiungere ulteriori e originali
risultati. Tra queste, le analisi paleomicrobiologiche e paleovirologiche
potranno completare il quadro delle malattie che colpivano gli abitanti di
Roccapelago, come pure quello delle loro modalità di sussistenza e lo studio dei
registri parrocchiali insieme all’analisi del DNA consentirà di ricollegare
geneticamente la comunità del passato con quella attuale, con possibili ricadute
d’interesse anche per la ricerca biomedica.
Il Museo di Roccapelago, una scoperta fondamentale e un valore aggiunto
per la montagna modenese.
La parola a Corrado Ferroni, Sindaco di Pievepelago, e ad Alessandro
Tebaldi, Presidente del Consorzio Valli Del Cimone
Grande soddisfazione per Corrado Ferroni, Sindaco di Pievepelago.
“Nato nella frazione di Roccapelago in quel piccolo comune montano che è
Pievepelago non avrei mai pensato che nella mia terra si celasse questo
eccezionale ritrovamento archeologico: corpi inumati e mummificati naturalmente
appartenenti alla mia comunità. Oggi, poi, a distanza di qualche tempo, emozione
e orgoglio aumentano alla conferma delle analisi del DNA, dalle quali si è reso
evidente un sicuro mio avo.
La preziosa storia di Roccapelago è stata valorizzata solo grazie alla stretta
collaborazione tra i numerosi Enti ed Istituti quali la Soprintendenza per
l’Archeologia dell’Emilia-Romagna, il Laboratorio di Antropologia di Ravenna, i
Musei Civici di Modena, l’Associazione Pro Rocca, la Parrocchia, la Provincia di
Modena, la Comunità Montana del Frignano (ora Unione dei Comuni del Frignano),
la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, il Comune di Pievepelago e gli
studiosi il cui lavoro apre vasti orizzonti per la cultura e la scienza. Tutti
hanno fino ad adesso contribuito verso un unico obbiettivo: la nascita di questo
Museo.
Nel tempo la cultura è sempre stata il tema dominante di questa terra, aspra e
povera,ma alla quale tanti suoi figli hanno dato lustro. Ritorna e viene
approfondita la storia degli umili, non quella dei grandi, non del condottiero
Obizzo da Montegarullo, ma del suo popolo. Un approfondimento, dunque, una
riscoperta di valori e tradizioni dei nostri progenitori, attraverso la cura
verso i propri cari: la morte come parte della vita. Quasi un messaggio giunto
attraverso i secoli da leggere adagio, come quando si sfoglia con delicatezza un
vecchio libro ingiallito. Non so quante persone abbiano l’esatto sentore
dell’importanza di questa scoperta; forse non siamo ancora pronti a comprendere
perché in questo luogo apparentemente isolato si sia verificato un evento di
così grande portata e per l’approfondimento del quale il cammino è stato appena
intrapreso. Sono però convinto che questa scoperta non appartenga solo a
Roccapelago e al Comune di Pievepelago, ma all’intero Frignano dove auspico che
gli operatori turistici, le associazioni e i vari enti possano attribuirle il
giusto valore”
Alessandro Tebaldi, Presidente del Consorzio di Promo Commercializzazione
Valli Del Cimone, sottolinea quanto possa essere importante una struttura
museale come quella di Roccapelago per lo sviluppo turistico della zona.
"Il Museo delle Mummie di Roccapelago rende ancora più attrattivo il nostro
Appennino. E’ una tappa che va ad aggiungersi alle tante altre che ci sono e può
essere un buon punto di interesse, visto l'importante ruolo storico-culturale di
questa scoperta. Il Museo di Roccapelago riesce ancora di più ad unire la nostra
vocazione storico-culturale alle bellezze naturalistiche e gastronomiche che può
contare tutta la Valle del Pelago e, ovviamente, le Valli del Cimone”.