"Una realtà archeologica estremamente complessa che ha dato e sta dando
risultati straordinari". C'è grande soddisfazione nelle parole con cui il
Soprintendente per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna, Marco Edoardo Minoja,
commenta i lavori di scavo e documentazione archeologica (tuttora in corso)
nell'area destinata alla realizzazione di nuove opere parrocchiali a Castenaso.
Avviate nell'inverno 2013 sotto la direzione scientifica della Soprintendenza
per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna -Soprintendenti Filippo Maria
Gambari (fino al 16 gennaio 2014) e Marco Edoardo Minoja (dal 17 in poi), funzionario
archeologo responsabile
Valentino Nizzo- le indagini archeologiche hanno recuperato informazioni di straordinaria
rilevanza per la comprensione dello sviluppo topografico del sepolcreto
villanoviano, la cui presenza nell’area era nota da una serie di importanti
rinvenimenti effettuati nei pressi della vicina Scuola Media a partire dal 1964,
sotto la supervisione della Soprintendenza e dell’allora Ispettrice onoraria
Elsa Silvestri, che ne curò l’edizione preliminare.
Le nuove scoperte aggiungono tasselli estremamente rilevanti rispetto al quadro
noto, rivelando una fase di utilizzo funerario dell’area risalente al VII secolo
a.C. e sostanzialmente coeva ai
rinvenimenti effettuati alcuni anni fa dalla Soprintendenza nella frazione di
Marano di Castenaso (Soprintendente Luigi Malnati, funzionaria incaricata
Caterina Cornelio).
Certo, guardandosi intorno nell'area di questi ultimi ritrovamenti, non si può
non provare una grande tristezza. Quattro tombe rinvenute in pochi metri -in
verità cinque, la quinta è appena stata individuata e sarà scavata al più presto
grazie alla disponibilità della parrocchia, proprietaria del terreno, e al
finanziamento erogato dal Comune di Castenaso-, nell'unico spazio non massacrato
dagli edifici. Se è tanto importante ciò che abbiamo appena trovato, quanto
poteva essere importante ciò che è stato perso e distrutto per sempre?
Le
sepolture rinvenute appartengono, molto plausibilmente, a un gruppo familiare di
ceto sociale elevato, connotato da peculiarità ricorrenti nella composizione dei
corredi e negli atteggiamenti rituali adottati, tra i quali assai diffusa
risulta la pratica della vestizione rituale del cinerario, che presuppone una
sua antropomorfizzazione simbolica e, conseguentemente, una sua assimilazione
alla corporeità del defunto, quasi la si volesse ripristinare fisicamente dopo
averla combusta e “smaterializzata” sulla pira.
Tra tutte le sepolture, spicca la tomba 1, rinvenuta intatta, con una stele
protofelsinea decorata con motivi geometrici a rilievo, collassata in situ al
momento del cedimento del tumulo di terra e ciottoli che sormontava la tomba e
che la rendeva, evidentemente, un importante punto di riferimento nel paesaggio
funerario della necropoli.
Per i suoi connotati stilistici, la stele può essere ricondotta agli esemplari
più antichi del suo genere (i confronti più puntuali possono essere istituiti
con un esemplare dal Podere Riva Gadani, Tomba 2, di San Giovanni in Persiceto –
BO – rinvenuto nel 1891 e, meno stringente, con uno dalla Tomba 8 dei recenti
scavi di Marano), circostanza particolarmente rilevante se si tiene conto di
quanto siano rari rinvenimenti di questo tipo compiutamente contestualizzati,
come evidenzia molto puntualmente il recentissimo studio che Marinella Marchesi
ha dedicato a questo tema.
La
forma, molto simile a quella attestata per altri monumenti affini, è da
considerare, plausibilmente, un’estrema stilizzazione della figura umana, mentre
i motivi ornamentali presenti sul disco e sulla parte sommitale del corpo, sono
quelli comuni al linguaggio figurativo ceramico della piena fase orientalizzante
bolognese, con richiami più o meno diretti alla tradizione stilistica della fine
della prima età del Ferro (VIII sec. a.C.), in particolare per quel che concerne
gli schemi alludenti alla simbologia solare.
L’analisi accurata delle dinamiche deposizionali e post-deposizionali ha
consentito di acquisire un quadro molto interessante e, per molti versi, inedito
delle pratiche funerarie attestate a Castenaso nel corso dell’Orientalizzante.
Il prelievo di innumerevoli campioni consentirà, inoltre, di effettuare
ulteriori indagini tecnico-scientifiche con l’ausilio delle quali si tenterà di
ricostruire in modo oggettivo e interdisciplinare quel più ampio contesto
“ambientale” e “organico” che era originariamente correlato alle sepolture.
Anche per questo il recupero di tutti gli oggetti è avvenuto con la massima
scrupolosità possibile grazie all’intervento sul campo, accanto agli archeologi
della ditta Tecne srl di Riccione, delle restauratrici della Soprintendenza
Antonella Pomicetti, Virna Scarnecchia e Micol Siboni.
Fondamentale, per la buona riuscita della scoperta, la proficua collaborazione
istituita con la Parrocchia di San Giovanni Battista, nella persona del Parroco
Don Leonardi e degli ingegneri dello Studio Giovannini, e con il Comune, nella
persona del Sindaco Sermenghi, che sta studiando, d’intesa con la
Soprintendenza, un importante progetto di valorizzazione, volto a completare
tempestivamente il restauro e a restituire alla comunità tutta, scientifica e
non solo, una pagina importante dell’“avventura villanoviana”
Segnaliamo con soddisfazione che le scoperte di Castenaso sono confluite
anche in un articolo-recensione dell’attuale direttore della British School at
Rome, Cristopher Smith, sull'importante rivista statunitense disponibile anche
on-line accessibile a questo link
http://bmcr.brynmawr.edu/2014/2014-10-05.html di cui per comodità riportiamo
l’estratto
“Meanwhile, the archaeological significance of Bologna continues to intrigue, as
shown most recently by Ortalli’s discovery of a large open space with an
extraordinary pattern of postholes which has been dated to the Villanovan period,
and Valentino Nizzo’s exciting find of four 7th century tombs at Castenaso, a
site which had already produced some material which could not be included here.7”
aggiornamenti a cura di Valentino Nizzo, Funzionario Archeologo SBAERO (6 ottobre 2014)
Tomba per Tomba (Dati preliminari dal giornale di scavo)
Testo e informazioni scientifiche a cura di
Valentino Nizzo
(archeologo SBAER), Fabio Pulcini, Cristian Tassinari e Lorenza Ghini (Tecne
s.r.l.)
Tomba 1 – Dimensione m. 2,85 x 2,00 m., e profonda m. 1,42 dal piano
di rinvenimento.
Cassa lignea di cui si conservano poche tracce (principalmente
a ridosso della parete Nord – Ovest) ricoperta da un cospicuo strato di ciottoli
risultante dal crollo del tumulo.
Stele integra, in pietra arenaria antropomorfa
di piccole dimensioni, costituita da un corpo rettangolare sormontato da un
disco. Decorazione scolpita a bassorilievo raffigurante una ruota (simbolo
solare) circondata da motivi geometrici sul disco e una greca sul corpo.
Il
ricco corredo, che occupava quasi interamente il piano deposizionale, era
composto di piatti, boccali, vasi situliformi, anforette, tazze e oggetti in
bronzo e ferro, tra cui spiccano un’ascia votiva e un attingitoio. Il cinerario
biconico era posto nella zona meridionale della tomba ed era in ceramica
depurata rosso – arancio e decorato a stampiglie. Nei pressi del vaso si sono
rinvenute fibule bronzee che fanno ipotizzare il rito della vestizione
dell’urna. Vista la ricchezza del corredo, si può presumere che la tomba
appartenesse a un personaggio di rilievo dell'aristocrazia locale.
Tomba 2 – Dimensione m. 2,65 x 2,14 m., profonda m. 0,66 dal piano di
rinvenimento.
Risulta tagliata e asportata, nella parte centrale, da una trincea
moderna.
All’interno della fossa s’individuano tracce dell’assito di copertura e
delle pareti Sud, Est e Nord della cassa lignea (m. 1,37 x 1,20) di forma
quadrangolare.
All’interno della cassa sul fondo, collocata uniformemente, era deposta la terra
di rogo (potenza variabile tra 0,05 m e 0,10 m.) e il corredo del defunto. Il
cinerario con la relativa scodella di copertura, entrambi stampigliati, erano
collocati nel settore Sud della cassa; la presenza di tracce di materiale
organico, di due fibule ad arco serpeggiante, di tre spilloni in bronzo e di una
conocchia in bronzo con lo stelo in ferro, fanno ipotizzare la presenza del rito
della vestizione del cinerario.
Dalla posizione di tali oggetti si può desumere che il cinerario fosse deposto,
originariamente, in posizione “sdraiata” secondo un rituale di
antropomorfizzazione dell’urna. Il resto del corredo comprende oggetti in
ceramica e bronzo disposti secondo un preciso ordine rituale.
Tomba 3 – Dimensione m. 1,75 x 2,10 m., profonda m. 0,68 dal piano di
rinvenimento.
La sepoltura era colmata da un riempimento, US 112, che, in
origine, doveva costituire il tumulo al di sopra dell’assito ligneo che copriva
la fossa. Infatti, all’interno di questo riempimento è stata rinvenuta una
stele/segnacolo in arenaria avente una forma a “virgola” che sembra non avere
tracce di decorazione.
Il corredo era diviso in tre nuclei distinti: nel settore
settentrionale si trovava la maggior parte del corredo della sepoltura,
costituito da vasi ceramici e oggetti in bronzo; inoltre era presente un
“tesoretto”, formato da oggetti metallici in bronzo e ferro custoditi,
probabilmente, in una cassetta lignea.
Nel settore occidentale e meridionale era
deposta, sul fondo della tomba, la terra di rogo e la restante parte del
corredo. Il cinerario in ceramica depurata rosso – arancio, stampigliato, era
posto sopra la terra di rogo, anche in questo caso, la presenza di fibule ad
arco serpeggiante (tra cui una in ferro) e lo spillone potrebbero ricondurre al
rito della vestizione dell’urna. Il settore orientale della sepoltura risulta
privo di corredo se si escludono un frammento isolato di ceramica e una piccola
lamina bronzea.
Tomba 4 – Dimensioni 1,40 m. x 1,70 m., profonda m. 0,85 dal piano di
rinvenimento.
La tomba è a tutt’oggi 11 luglio 2014) ancora in corso di scavo.