Si ergeva dritta ad altezza d’uomo, marcando il punto
dove giaceva il
defunto, proprio al centro della tomba, in corrispondenza dell’ossuario
sottostante.
Per gli antichi la stele non indicava solo chi non era più, era il suo simbolo per eccellenza.
Perpetuava alla comunità il suo rapporto con il paese, la famiglia, persino con
i passanti, proiettando con la sua immagine scolpita un ricordo del passato ed
un monito futuro.
La piccola necropoli protofelsinea (VII secolo a.C.) rinvenuta a Marano di Castenaso di stele ne ha
ben sette, di cui quattro “a disco”,
una tipologia esclusiva di Bologna. Una sepoltura, la Tomba 2, è addirittura
connotata da due segnacoli; un'altra, la Tomba 3, da un grosso ciottolo fluviale
di forma ovoidale.
Le sepolture rinvenute a Marano sono nove, tutte a cremazione, databili
entro il VII secolo a.C., otto in
cassa lignea ed una a pozzetto: la cassa, completamente decomposta, ha lasciato
nel terreno l’impronta delle venature del legno e, in un caso, persino i 14
chiodi con cui era stata fissata.
Otto tombe
sono evidenziate da un segnacolo tombale, a volte raffinatissimo, collassato
all'interno della cassa.
La stele in arenaria della Tomba 8, seppur molto degradata, conserva su entrambe
le facce la decorazione a motivi geometrici; quella vagamente antropomorfa della Tomba 6 è
decorata con una stella a cinque punte.
Poi c’è quella della Tomba 7-9, la più complessa: è decorata a bassorilievo e ha
tracce di colore rosso ancora ben visibili. Sul disco, la tipica iconografia
orientalizzante, ruote, anatrelle, un animale esotico, forse un felino. E poi
tre diversi tipi di spade e uno scontro tra armati che poteva anche essere
interpretato come una danza rituale ma che per il Soprintendente Luigi Malnati è
senza dubbio "una scena di combattimento tra guerrieri con armatura oplitica"; una presenza, quella delle armi, che può essere
letta come
elemento di distinzione del defunto, che forse rivestiva un ruolo di guerriero.
La necropoli di Marano di Castenaso è stata segnalata dall’ispettore onorario
per l’archeologia Paolo Calligola che controllava l’evolversi degli scavi
edilizi finalizzati alla costruzione di un nuovo condominio. Il piccolo
sepolcreto ha restituito nove tombe e un mistero. Posto che, come ha subito affermato Luigi Malnati, Soprintendente per i Beni
Archeologici dell'Emilia-Romagna, "tombe di questo tipo appartengono certamente
a personaggi di censo elevato", chi
erano i cadaveri eccellenti di queste sepolture? Qual’era il loro ruolo e
rango nel villaggio alle porte di una Felsina che stava nascendo? Chiarito
che non c'è differenza etnica e culturale tra il periodo
"villanoviano" e quello "felsineo", in quale scenario si muovevano?
Su queste questioni i dibattito scientifico è ancora in atto e le opinioni non
sono univoche. Per tentare una risposta, la pietra miliare resta il primo volume
della Storia di Bologna, recentemente edito, e il catalogo della Mostra su "La
formazione della città in Emilia-Romagna. Prime esperienze urbane attraverso le
nuove scoperte archeologiche", (Bologna 1987-1988. A cura di Giovanna Bermond Montanari). Verso la
fine del VII sec. a.C. Bologna è un agglomerato che può già definirsi città,
abitata da una popolazione articolata e produttiva, aperta agli scambi e ai
commerci, interessata ai contatti con il mondo ellenico e all'inserimento nella
sfera politica etrusca. È in questa fase che compaiono nell'arte figurativa i
motivi dell'orientalizzante e giungono dall'Etruria oggetti di arte minore
(avori, stoffe, legni) che mostrano non solo un contatto diretto con l'Asia
Occidentale ma anche la presenza di artisti viaggianti importatori di tecniche e
di un nuovo stile.
I rinvenimenti archeologici nell'area urbana di Bologna non lasciano dubbi: la
nascita di un'élite è attestata a Bologna già nel secolo precedente (VIII a.C.) mentre nel territorio circostante dinamiche analoghe
sono documentate leggermente più tardi. E' ancora da definire quale fosse
realmente la base economica su cui si fondava la distinzione e il prestigio di
alcuni gruppi familiari. Forse la concentrazione di ricchezza evidenziata dalle
tombe di Marano di Castenaso ha avuto origine da una gamma di possibilità anche
integrate tra loro: attività agricole, d'allevamento o artigiane, possesso e
controllo delle terre ma soprattutto -parrebbe- controllo del territorio e delle
vie di comunicazione.
Quelle di Marano di Castenaso sono le tombe
di un gruppo aristocratico che volle forse esprimere nella monumentalizzazione dei sepolcri la propria ricchezza;
una famiglia emergente che si identifica per lo sfarzo dei corredi e per gli
aspetti del rito e della struttura funeraria. Sono molti gli indizi che
depongono a favore di questa ipotesi. Certamente l’elevata percentuale di
segnacoli funerari o stele (praticamente tutte le tombe ne hanno uno), ma anche
la presenza di numerosi cinerari vestiti (il vaso con le ceneri del defunto era
avvolto in un tessuto -che purtroppo non si è conservato- fermato con fibule),
la presenza delle casse lignee e la dimensione delle tombe (mediamente m 2x2,
dunque decisamente ampie). Almeno quattro tombe sono coperte da uno strato di
ciottoli, una pratica che sembra assolvere, oltre alla funziona magico-rituale
di barriera al ritorno del morto, quella di vespaio, cioè di strato
isolante che mantenendo la copertura staccata dal contatto diretto con la terra,
garantiva una maggior durata all'integrità della sepoltura.
Un’idea della complessità delle credenze e dei rituali funerari di questi
Etruschi ci viene dai corredi delle nove tombe: accanto ad oggetti d’uso
personale, troviamo servizi simposiaci e vasellame da rituale, ciste, situle,
piatti, spiedi e presentatoi in bronzo oltre a vasi in ceramica, spesso
riccamente decorati a stampiglie di varia forma (cerchio e cerchi concentrici,
sole radiato, triangoli, paperelle stilizzate, svastica, cavalli) e tutto il necessario al banchetto in onore del defunto.
E poi parures personali, fibule con pasta vitrea e ad arco decorato in osso e
ambra, cui si accompagnano strumenti da lavoro, aghi, asticelle.
Molto, se non tutto, resta da scoprire di questa necropoli e dei suoi
'abitanti'. "Quelli che diamo oggi -precisa Caterina Cornelio, direttore
scientifico degli scavi- sono dati del tutto preliminari, non solo perché lo
scavo si è appena concluso (gennaio 2008) ma anche per l’impossibilità di
procedere allo studio puntuale dei reperti che, per ragioni conservative,
verranno mantenuti racchiusi nel pane di terra recuperato al momento dello
scavo, fino alla fase del restauro".
C'è molto da dire anche sul tema decorativo della stele della Tomba 7-9. Il
Soprintendente Luigi Malnati ne ha già fatto cenno nel corso del convegno su "La
colonizzazione Etrusca in Italia" che si è tenuto a Orvieto dal 23 al 25
novembre 2007: il suo intervento, dal titolo "Armati e tombe con armi nella
società dell'Etruria Padana", è stato accolto con grande interesse dai congressisti.
"L'importanza di questa stele -ha spiegato nel corso della conferenza stampa che
si è tenuta il 28 febbraio 2008- è data da molteplici fattori. Innanzitutto è un
reperto che, nel quadro delle stele protofelsinee, si colloca cronologicamente
dopo quelle che hanno solo elementi ornamentali tipo "albero della vita" (come
la stele della Tomba 8, databile alla prima metà del VII sec. a.C.) e
prima di quella trovata a suo tempo in Via Righi, dove è sì presente una scena
di armati ma rappresentati in tenuta da combattimento, cioè opliti con scudo e
lancia. Sulla stele della Tomba 7-9 la scena è quella di un duello fra due
guerrieri con spada ed elmo, una decorazione dove l'artista scultore (perché di
vero e proprio artista si tratta) tenta addirittura una resa prospettica
dell'azione, attraverso l'incrocio di gambe dei duellanti.
In secondo luogo, c'è l'estrema complessità dell'intera decorazione. Le ruote,
apparentemente di carro, sono in realtà simboli solari; il corteo di paperelle,
animale che vive tra cielo, terra ed acqua, è simbolo del passaggio tra la vita
e la morte; il felino, quasi certamente un leone, rappresenta la regalità; il
fiore di loto centrale è il tipico elemento orientalizzante". E poi ci sono tre
diversi tipi di spade, tra cui forse un coltellaccio che serviva nei combattimenti
ravvicinati per finire l'avversario; e infine, l'intera opera fu realizzata da
un artigiano locale che aveva mutuato i canoni artistici e figurativi da
artigiani provenienti dall'oriente. Insomma, un reperto di un'importanza
eccezionale.
Le diverse armi scolpite sulla stele a confronto con i reperti rinvenuti nelle
necropoli bolognesi o riferite alla Cultura di Hallstatt e alla Cultura di
Golasecca (Luigi Malnati, Orvieto 24 novembre 2007)
Della necropoli di Marano di Castenaso e dei suoi reperti si parlerà a lungo: la
maggior parte del materiale archeologico è ancora racchiuso nel suo pane di
terra, in attesa di essere ripulito, consolidato e infine restaurato, operazione
che si annuncia impegnativa e molto costosa. Chissà quali e quante sorprese
riserverà lo studio e il restauro dei ricchi corredi.
In attesa che parli ancora la scienza, possiamo sempre immaginare
l'organizzazione famigliare al tempo degli Etruschi. Lui
muore e
lei decide: la pira funebre sarà ricchissima, la sepoltura memorabile. Lo onorerà per il resto dei suoi giorni ma quando verrà il suo, farà
scavare una fossa accanto a quella del suo caro, il nobile-guerriero. Uniti per sempre, in vita e in
morte. Nessuno può dire come sia andata veramente. Quel che è certo è che le tombe 7 e 9
sono così, una sovrapposta all'altra e, sopra entrambe, la stele che all'inizio fu solo di lui, quella delle spade.
Un momento dell'affollata conferenza stampa che si è tenuta il 28 febbraio 2008
nella sede della Soprintendenza
Concludiamo sottolineando il consistente impegno del Comune di Castenaso per il recupero e la valorizzazione di questo importante ritrovamento archeologico. Un impegno che, come ha spiegato in conferenza stampa il Sindaco Mariagrazia Barrufaldi, "si è concretizzato in due specifiche direzioni: la realizzazione di un Centro per la promozione, la conoscenza e lo studio della civiltà villanoviana, e la partecipazione al restauro di una parte degli oggetti rinvenuti nel recentissimo scavo di Marano, in particolare della stele e del corredo funerario della tomba 7 - 9, in vista di una esposizione presso il Centro Villanoviano in fase di realizzazione".
Tomba per Tomba (Dati preliminari dal giornale di scavo, a cura di Mario Marchioni, La Fenice Archeologia e Restauro)
Tomba 1 - Dimensione m. 2,50 x 2, profonda 2,10. Cassa lignea contenente il corredo del defunto e il carbone utilizzato per la pira funebre.
La cassa, completamente decomposta, ha lasciato nel terreno l'impronta
carbonizzata con le venature del legno. Sopra la tomba, segnacolo in pietra
costituito da una lastra di forma a ventaglio. Il cinerario è un vaso in
ceramica depurata rosso-arancio; è attorniato da alcune fibule in bronzo che
probabilmente fermavano il mantello che doveva avvolgerlo anche se non restano
tracce di fibre. Il resto del corredo comprende oggetti in ceramica e bronzo
disposti secondo un ordine preciso.
Tomba 2 - Dimensione m. 2,50 x 2,50, profonda 2,40. m dal piano di
ritrovamento. Parzialmente distrutta da un pozzo moderno. Cassa lignea meglio
conservata rispetto alle altre tombe. All'interno della tomba, due stele
funerarie: la prima è composta da una pietra calcarea bianca, di forma vagamente
arrotondata, senza decorazioni; la seconda ha una forma che ricorda un busto
umano, senza decorazioni. Ricco corredo con una serie di oggetti da mensa
(ciste, situla, presentatoio) che accompagnavano il defunto per i banchetti
nell'aldilà.
Tomba 3 - Dimensione m. 2 x 2, profonda 2,10. Cassa lignea e tracce delle
assi di copertura; la cassa era poi coperta da uno strato di ciottoli. Segnacolo
costituito da un grosso ciottolo fluviale di forma ovoidale, con base
leggermente piatta.
Il corredo è dominato dalla massa del cinerario, un grosso vaso in ceramica
depurata rossa, di buona qualità, circondato da numerose fibule in bronzo che
dovevano fermare il manto che lo avvolgeva, di cui non rimangono tracce.
Tomba 4 - Dimensione m. 2,50x2,80, profonda 2,10. Cassa lignea coperta da
un cospicuo strato di ciottoli. Tomba senza segnacolo, forse costituito con
materiale deperibile. Cospicuo corredo in cui spicca un'anforetta di forma
ovoidale, ancora integra, e un grosso vaso, forse biconico, probabilmente da
identificare come cinerario.
Tomba 5 - Dimensione m. 2 x 2, recuperata in condizioni difficili di
cantiere. Cassa lignea. Stele in arenaria di forma incerta. Cinerario costituito
da un grosso vaso in ceramica rosso-arancio probabilmente di forma biconica,
collassato su se stesso. Nel corredo, due conocchie rituali in bronzo e ambra,
una fibula a drago e uno spillone decorato con una sfera di pasta vitrea, oltre
a diversi oggetti che componevano il servizio da mensa che accompagnava il
defunto nei banchetti ultraterreni.
Tomba 6 - Dimensione m. 2,40 x 2, profonda 2,10. Cassa lignea di
cui restano scarsi residui di fibra carboniosa. Massiccia stele in arenaria con
stella a 5 punte. Cinerario in argilla rosso-bruna, con decorazioni sulla parte
superiore e coperchio costituito da una ciotola decorata con stampiglie a forma
di S, cerchi concentrici e paperelle stilizzate. Attorno e sopra il cinerario,
diverse fibule in bronzo, decorate con vaghi in osso e ambra, che probabilmente
sorreggevano il manto. Ricco corredo con servizio da mensa, ciste, situla e
coppetta in bronzo.
Tombe 7 e 9 - Parrebbe sussistere un legame di parentela tra le persone
deposte nelle due tombe; è plausibile che fossero marito e moglie.
Tomba 7 - Cassa lignea, ricoperta da un livello di ciottoli, fissata da 14
piccoli chiodi in ferro, ritrovati lungo tutto il perimetro. Stele a disco in
pietra arenaria decorata a bassorilievo: due personaggi si affrontano spada in
pugno sovrastati da un felino forse con la lingua in fuori. Campo decorativo con
sei ruote di carro ai lati delle figure principali, tre per parte, un grosso
fiore di loto centrale (mal conservato) e spade; chiude in basso una teoria di
paperelle. Corredo molto frantumato in cui si riconoscono frammenti ceramici
(anche decorati), borchie in bronzo e piccoli anellini (forse elementi di una
catenella)
Tomba 9 - Pozzetto di circa cm 90 di diametro, profondo circa 80 cm dal piano
della tomba precedente (T 7). Vaso globulare in ceramica rosso-bruna, forse il
cinerario, e altro vaso largo e poco profondo, tipo bacile, con coperchio,
disposto centralmente sul fondo della tomba. Nel terreno di rogo, finimenti in
bronzo per cavallo, resti di due situle in bronzo, numerose borchie di bronzo,
una fibula a drago, un coltello ed un'ascia in ferro.
Tomba 8 - Dimensione m. 3 x 2,50. Cassa lignea ricoperta da un cospicuo
strato di ciottoli. Stele in arenaria, con corpo rettangolare sormontato da un
disco. Decorazione scolpita a bassorilievo su entrambe le facce con motivi
geometrici e a meandro che ricorda, su un lato, la rappresentazione stilizzata
dell'albero della vita, motivo molto diffuso in ambito villanoviano.
Cinerario biconico in ceramica rosso-arancio; nei pressi del cinerario sono
state trovate alcune fibule ma è difficile stabilire se sostenevano il manto che
doveva avvolgere il cinerario oppure erano deposte assieme al corredo. Corredo
ceramico (servizio da mensa del defunto) veramente ricco: si segnalano un askos
a forma di paperella e un vaso riccamente decorato con stampiglie di varie
forme: cerchielli, paperelle e triangoli; inoltre erano stati deposti una
coppetta con decorazione suddipinta, un vasetto con decorazione a stampiglie a
svastica ed uno con stampiglie a cavallo. Considerando la ricchezza del corredo
la tomba apparteneva sicuramente ad un personaggio di rilievo dell'aristocrazia
locale.
Bibliografia: La formazione della città in Emilia-Romagna. Prime esperienze urbane attraverso le nuove scoperte archeologiche, catalogo della mostra, Bologna 1987-1988. A cura di Giovanna Bermond Montanari