Che il suo nome fosse Eutyches è assai probabile. Di sicuro amava il mare, dal mare veniva -forse dalla Turchia, certamente da oriente- e di fronte al mare scelse di abitare una volta giunto nell'opulenta Ariminum all'inizio del III secolo d.C.
Dovette piacergli quella casa a due piani vicino alla spiaggia, nella parte settentrionale della città. Dopo tante battaglie, tanto dolore e sangue, solo il suono della risacca riusciva ad esorcizzare l'accumulo di tanto orrore. Era stato un medico militare, anzi un chirurgo, ossa rotte e amputazioni il suo pane quotidiano, grida e rumore di spade l'unica musica. E pensare che era stato educato con la cultura ellenistica del lusso e dei piaceri, quella tipologia del vivere che a partire dall’ultimo secolo della repubblica si arricchisce del concetto di otium -inteso come riposo o attività intellettuale e contemplativa- contrapposto a quello di negotium. Una cultura a lungo osteggiata e negativamente inquadrata come luxuria asiatica ma che ai suoi tempi si era ormai impossessata dei ceti più elevati: anche le case erano espressione del prestigio sociale, le domus uno status symbol di chi le aveva fatte edificare.
Eutyches non si considerava speciale. Sapeva di appartenere a quella classe di tecnici, architetti, ingegneri, medici, insegnanti e professionisti in genere, per lo più schiavi o liberti di origine orientale, cultori di divinità anch'esse orientali, che costituiva il nerbo del terziario della società romana.
La sua casa doveva sì essere di un certo livello ma doveva soprattutto essere un luogo in cui godere dei piaceri della vita, degli amici, della convivialità, in sostanza dei principali aspetti della cultura ellenistica. Cosa di meglio di quella domus un po' vecchiotta, rifatta però nella seconda metà del II secolo ristrutturando la parte posteriore a peristilio di un edificio precedente. Avevano scorporato una parte del fabbricato e lo avevano dotato di un ingresso indipendente: perfetto per un ambulatorio o un luogo di degenza. E quel mosaico poi, quell'Orfeo citaredo dai mille colori: quale miglior biglietto da visita per la sua arte medica di colui che ha sfidato e vinto la morte, riuscendo a far tornare in vita, anche se solo per un breve lasso di tempo, l’amata Euridice?
Orfeo incanta gli animali col canto e la musica. Seduto su una roccia al centro
della scena, parzialmente coperto da un manto rosso, regge con la mano sinistra
una cithara a tre corde, che suona evidentemente con l’ausilio del plettro,
impugnato con la destra
In effetti non sappiamo se il mosaico sia stato realizzato durante la vita
del medicus o se fosse già presente al momento dell'acquisto. In ogni
caso, la presenza del mosaico a sfondo orfico potrebbe aver giocato un ruolo nella scelta della domus da parte del medico,
un personaggio sempre più configurabile come seguace del pensiero epicureo.
E che di un medico si trattasse non c'è dubbio: all'interno del complesso oggi noto come domus “del
Chirurgo” è stato trovato uno dei corredi chirurgici e farmacologici più ricchi,
se non il più ricco, del mondo. Numerosi strumenti medici, cinque mortai di
misure decrescenti -con relativi pestelli- ordinatamente allineati o impilati
sul mosaico; sparsi ovunque, soprattutto lungo la parete dove dovevano trovarsi
scaffali in legno e mensole in marmo, decine di strumenti chirurgici in metallo,
resti delle teche in lamina di bronzo che li racchiudevano, contenitori in
ceramica e vetro per medicinali, vasi terapeutici, bilance, misurini e altri
strumenti del mestiere.
Tra i resti degli intonaci che decoravano l'ambulatorio è stato trovato un
graffito che il suo editore data all’inizio del III sec. d.C. Nel graffito si
legge il nome di un uomo che abita lì, con ogni probabilità Eutyches,
qualificato homo bonus da coloro che nello stesso contesto si autodefiniscono
miseri. È il medico Eutyches che ha curato bene i suoi pazienti (miseri) da
meritarsi l’appellativo di uomo buono? Ed è quello stesso Titus Flavius Galata
Eutyches che dedica a Giove Dolicheno pro salute del suo liberto Amaranto? (A Rimini alla fine dell'Ottocento, durante lavori nelle
cantine di Palazzo Pugliesi, sono stati rinvenuti due altari in
marmo dedicati a Iuppiter Optimus Maximus Dolichenus, assai simili per forma e
scrittura. In entrambi i casi si tratta del buon esito di vota pro salute
formulati da due personaggi diversi, uno dei quali però compare su entrambi i
monumenti. Nel primo caso, Titus Flavius Galata Eutyches fa voto per la
salus
del suo liberto Amarantus; nel secondo, è lo stesso Amaranto, nella
veste onomastica derivategli dall’acquisito status libertino, Titus Flavius
Amarantus, che dedica pro salute di suo figlio, Titus Flavius Viator).
Parrebbe proprio di sì, se non altro perché nella domus del chirurgo
è stata rinvenuta anche una mano destra votiva in bronzo che potrebbe appartenere al culto di
Giove Dolicheno. Se così è, abbiamo un bellissimo esempio di devozione privata,
praticata da un bravo medico di scuola epicurea che unisce la sua sapienza
medica al culto di una divinità di origine orientale.
A sinistra, sul
supporto, la mano destra votiva in bronzo; in primo piano i due vasi per erbe
medicinali con scritte in greco (a sin. ABPOTONOY, abrotano, a ds. XAMAIΔPY∑,
camedrio)
Rimini, Museo della Città
Mentre
è perfettamente in grado di provvedere da solo alla guarigione fisiologica dei suoi pazienti, quando si tratta di impetrare una salvezza più spirituale
che fisica, ecco che fa appello a una divinità particolare, quel Giove Dolicheno il cui
culto
misterico può alleviare le sofferenze dell’anima di fronte al desolato panorama
prospettato dall’oltretomba pagano classico. E non solo: all’interno della stessa stanza della
domus dove è stata
trovata la mano votiva, è stata rinvenuta una placchetta con la raffigurazione
di Diana, forse il coperchio di un contenitore per medicamenti. L’associazione
tra le due divinità non è casuale, soprattutto quando vengono messe in relazione
astrale la componente solare di Giove Dolicheno e quella lunare di Diana.
Meno pregnante è l’immagine che compare sul pavimento della stanza del chirurgo,
Orfeo, il poeta e musico proveniente dalle lontane terre di Tracia. Il tema del
mosaico (Orfeo tra gli animali) è uno dei più diffusi e prediletti dai
mosaicisti; la sua presenza in tutto il mondo romano si riscontra a partire dal II sec. d.C., raggiungendo l’apice fra III e IV secolo.
Tanto favore viene solitamente connesso a due elementi: da un lato la
propagazione delle dottrine orfiche, dall’altro la predilezione per i bestiari,
che trasforma il mito in un pretesto per raffigurazioni di animali.
Il contesto in cui si inserisce il mosaico ed il rinvenimento degli altri
oggetti hanno portato ad espandere il ventaglio delle interpretazioni. Forse il
medicus Eutyches aveva scelto Orfeo come guida e "maestro di conoscenza" per
la professione che esercitava lì, nel suo ambulatorio dentro casa, un raro caso di taberna medica
domestica.
Il sito archeologico della domus "del Chirurgo" fa parte
integrante del percorso del vicino Museo della Città di cui osserva gli stessi
orari di apertura:
dal 16 settembre al 15 giugno, dal martedì al sabato ore 8,30-12,30 / 17-19 -
domenica e festivi ore 16-19 - lunedì non festivi chiuso
dal 16 giugno al 15 settembre dal martedì al sabato ore 10-12,30 / 16,30-19,30 -
domenica e festivi ore 16,30-19,30 - martedì dei mesi di luglio e agosto aperto
anche dalle 21 alle 23 - lunedì non festivi chiuso
Anche la biglietteria e il biglietto d'ingresso sono gli
stessi del Museo della Città (via L. Tonini, 1).
In relazione all'ampliamento del percorso, dal 1° gennaio il costo del
biglietto subirà delle variazioni:
biglietto intero € 4,00 (€ 5,00 da gennaio 2008 )
biglietto ridotto (fino a 14 anni; dai 65 anni; gruppi minimo 12 pax) € 2,50 (€
3,00 da gennaio 2008)
scolaresche € 1,50 (€ 2,00 da gennaio 2008 )
La visita guidata (su prenotazione) per i gruppi scolastici
è compresa nel biglietto
Per altri gruppi ha il costo di € 21,00 (max 25
persone).
Per info: 0541.704421-26; 0541.21482
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domus “del Chirurgo”, in corso di stampa