Gli scavi di Piazza Ferrari e la domus "del Chirurgo": duemila anni di storia riminese
Rimini, piazza Ferrari

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per approfondimento Ritratto di Chirurgo in un interno: Eutyches e la sua domus

The Surgeon’s House and the Piazza Ferrari Excavations

Il sito archeologico della domus "del Chirurgo" fa parte integrante del percorso del vicino Museo della Città
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La fondazione della città di Rimini (Ariminum, nome derivato dal fiume Ariminus già vivo nella tradizione locale) risale al 268 a.C., anno in cui i Romani stanziano una comunità di coloni nell'area compresa tra i corsi del Marecchia e del torrente Ausa, a ridosso di un litorale adriatico che all’epoca era arretrato di oltre un chilometro rispetto all’attuale. Difeso da una solida cinta muraria, l'abitato conobbe un notevole sviluppo fino all'età tardo imperiale, sviluppo garantito dalla grande importanza strategica ed economica del luogo, sia come scalo marittimo che come nodo di comunicazione terrestre tra il centro ed il nord della penisola.
Rimini, Porta Montanara (età tardorepubblicana)La colonia era suddivisa in isolati rettangolari (insulae) da un reticolo regolare di strade imperniate sul decumanus maximus (l'odierno corso d'Augusto) e sul cardo maximus (vie Garibaldi e IV novembre). La piazza grande della città romana, il foro, si trovava all'incrocio di queste due strade principali, all'incirca coincidente con l'attuale piazza Tre Martiri. All'interno delle insulae c'erano edifici abitativi spesso di notevole livello qualitativo, come testimoniano i frequenti rinvenimenti di resti di domus dotate di pregevoli pavimentazioni a mosaico. Nel centro di Rimini l'edilizia pubblica e monumentale è attestata dai ruderi del teatro mentre l'anfiteatro era situato in posizione più periferica, nei pressi dell'antica spiaggia. Altri monumenti di grande rilievo vennero eretti all'imbocco delle principali strade che uscivano dalla città: il ponte a cinque arcate sul fiume Marecchia, costruito dagli imperatori Augusto e Tiberio nel punto in cui aveva inizio la via Emilia, la Porta Montanara di età tardorepubblicana, attraverso cui il cardo maximus si immetteva nella strada diretta verso gli Appennini, e l'Arco di Augusto, monumentale porta onoraria edificata nel 27 a.C. nel punto in cui la via Flaminia raggiungeva la città innestandosi nel decumanus maximus.

Poco sappiamo delle domus riminesi di età romano-repubblicana a causa della frammentarietà dei rinvenimenti.
Ricomponendo le tracce di architettura abitativa portate in luce dagli scavi possiamo comunque notare che tra la tarda età repubblicana e la prima età imperiale inizia un generale processo di ammodernamento -destinato a protrarsi oltre il II secolo- che si attua sia con la trasformazione di complessi abitativi precedenti che attraverso la costruzione di impianti completamente nuovi. Planimetria della domus "del Chirurgo" (età imperiale)
Planimetria della domus "del Chirurgo" (età imperiale)

Abbiamo una buona documentazione di queste strutture residenziali di età imperiale che evidenziano un'edilizia solida e mediamente di buon livello. Si nota innanzitutto una dilatazione degli spazi, con costruzione di strutture estese ed articolate caratterizzate dalla netta distinzione tra zone di servizio e zone residenziali (come conferma anche la domus di piazza Ferrari). Le case sono spesso dotate di impianti di riscaldamento e le aree scoperte -quali corti o giardini- non occupano quasi mai gli spazi centrali interni ma sono spostati all'esterno dell'abitazione vera e propria oppure in zone marginali, nei pochi casi in cui si trovino all'interno dell'abitazione. Numerosi sono i corridoi e gli ambienti di disimpegno tra le varie stanze, come attestato nella grande domus a monte dell'Arco di Augusto e in un'altra residenza rinvenuta nell'area dell'ex Aquila d'oro.
(La dilatazione degli spazi riguarda anche alcuni ambienti all'interno della casa, come la grande stanza pavimentata in mattonelle di marmo nella casa a monte dell'Arco di Augusto. La stessa camera testimonia anche la decadenza che molte di queste residenze conobbero in età tardo-romana, che in alcuni casi si tradusse nel definitivo abbandono dell'area ed in altri in interventi di risarcitura e ripristino comunque non più in grado di restituire alla domus il suo splendore precedente. Nella camera suddetta, ad esempio, le mattonelle in marmo vengono via via sostituite da lastre di ardesia mentre nel complesso dell'ex Ospedale non si esita a tagliare il mosaico per costruire una canaletta di scolo, realizzata con materiale di reimpiego.)
Per assecondare le esigenze funzionali e di gusto del tempo, all'interno delle case sono realizzati nuovi vani di rappresentanza e ricevimento -anche piuttosto prestigiosi- e le strutture abitative sono dotate di spazi accessori quali peristili e giardini mentre le tradizionali vasche domestiche assumono sempre più spesso una funzione prettamente ornamentale. Pressoché sistematico è il rifacimento delle pavimentazioni -in marmo e soprattutto a mosaico- incoraggiato dalla costituzione di una scuola locale di buon livello; le figure delle composizioni musive, prima in bianco e nero e poi policrome, diventano sempre più complesse. Questa crescente propensione ad aumentare la qualità delle decorazioni architettoniche si manifesta anche nei dipinti parietali, con pareti affrescate con soggetti figurativi, motivi floreali e geometrici.
Appartiene a questo contesto l'eccezionale complesso archeologico rinvenuto in Piazza Ferrari, una domus -detta "del Chirurgo"- realizzata nella seconda metà del II secolo occupando e ristrutturando il peristilio di una più antica abitazione.
La storia, lo scavo, i reperti, i mosaici e i dettagli del sito archeologico di piazza Ferrari nel testo di Jacopo Ortalli che in qualità di archeologo della nostra Soprintendenza ha diretto lo scavo della domus dal momento del ritrovamento e che dal 2002 è docente di Archeologia classica all'Università degli Studi di Ferrara.
Il complesso archeologico di piazza Ferrari è stato individuato nel 1989, durante i lavori di sistemazione dei giardini pubblici. Al rinvenimento fortuito di alcuni ruderi di età romana hanno fatto seguito, fino al 2006, sistematiche esplorazioni scientifiche: sondaggi e scavi stratigrafici che hanno permesso di scoprire un’area estesa su una superficie di oltre 700 mq.
I resti più significativi corrispondono a parte di un isolato residenziale situato al margine settentrionale dell’antica Ariminum, di fronte al litorale adriatico che all’epoca era arretrato di oltre un chilometro rispetto all’attuale.
Ai lati correvano due strade disposte ad angolo retto - un cardine ed un decumano - all’interno delle quali si erano succedute una casa di età imperiale, che comprendeva anche il settore oggi noto come domus del Chirurgo, e quindi un edificio sviluppatosi nella tarda antichità.
Oltre a questi impianti architettonici lo scavo ha riportato in luce altri elementi di interesse: tracce di pavimenti in cocciopesto attribuibili ad una prima abitazione tardorepubblicana, livelli insediativi risalenti all’alto medievo, svariate strutture databili tra il Cinquecento ed il Settecento, tra cui alcuni pozzi in muratura e silos per granaglie un tempo appartenuti ai vicini complessi religiosi di San Patrignano e delle Convertite.
L’insieme dei resti, conservato e musealizzato sul posto così come è stato scoperto dagli archeologi, offre dunque l’immagine di un’eccezionale stratificazione storica ed urbanistica che testimonia duemila anni di vita della città.

Una fase dei lavori di musealizzazione dell'area archeologica di Piazza Ferrari. In primo piano i mosaici del palazzo tardoantico (V secolo)
Una fase dei lavori di musealizzazione dell'area archeologica di Piazza Ferrari. In primo piano i mosaici del palazzo tardoantico (V secolo)

La domus del Chirurgo
Nel settore settentrionale dell’area di scavo si conservano i resti della cosiddetta domus "del Chirurgo", costruita nella seconda metà del II secolo d.C. ristrutturando la parte posteriore a peristilio di un edificio precedente e ricavandovi un’abitazione a due piani. Il piccolo ingresso, affacciato sul vicino cardine, immetteva in un disimpegno e quindi in un corridoio interno; su un lato di questo si apriva uno spazio a giardino, mentre sull’altro erano situati diversi ambienti delimitati da muri in argilla poggianti su zoccoli in muratura. I vani residenziali, decorati da affreschi policromi e da pavimenti musivi a motivi geometrici e figurati, comprendevano una sala da pranzo (triclinium), una camera da letto (cubiculum) e due stanze di soggiorno, la prima delle quali dotata di un pregevole mosaico con Orfeo tra gli animali; in posizione più defilata erano alcuni vani di servizio: un ambiente riscaldato (ipocausto), una latrina e, al piano superiore, la cucina e una dispensa.

Mosaico policromo di Orfeo: la cerva (particolare)        Mosaico policromo di Orfeo: l'Orfeo citaredo (particolare)       Mosaico policromo di Orfeo: l'aquila (particolare)
Pavimento musivo domus "del Chirurgo" (particolari): Orfeo ammansisce con la sua cetra pantere, leoni, daini e uccelli.
La figura di Orfeo, celebrato come meraviglioso cantore e come fondatore di misteri (misteri orfici) appartiene al dominio della leggenda ed è una tra le più complicate della mitologia greca. Cantore eccelso e forse mago, mediante il suono della lira e dei suoi versi soavi incantava uccelli, pesci, greggi e fiere nei boschi, traendo a sé anche rupi ed alberi.

L’intero edificio fu distrutto da un incendio poco dopo la metà del III secolo, probabilmente in occasione di una scorreria germanica avvenuta ai tempi dell’imperatore Gallieno. A tale evento si deve collegare anche la costruzione della nuova cinta muraria della città, della quale è ancora visibile un breve tratto sul retro della casa. L’improvviso crollo degli alzati ha permesso la conservazione degli arredi e delle suppellettili domestiche, rinvenute tra le macerie sui pavimenti della casa.
Tra i tanti materiali risalta soprattutto una ricca attrezzatura chirurgica e farmacologica, che testimonia la professione medica esercitata dall’ultimo proprietario della domus.
I reperti della domus
Ai resti della domus del Chirurgo conservati nell’area archeologica si accompagnano i reperti di scavo esposti all’interno del Museo Archeologico di Rimini.
La qualità delle originarie decorazioni architettoniche è così testimoniata da una selezione di affreschi policromi recuperati tra le macerie, che comprendono parti di soffitti a cassettoni e di pareti a campiture con motivi floreali o animali, tra cui si distingue una impressionistica veduta con scena di porto.
Come elemento di arredo domestico risalta il raffinato quadretto in pasta vitrea di produzione orientale, originariamente collocato nel triclinium della casa, che riproduce un fondale marino con tre pesci dai vivaci colori; dal giardino provengono un grande bacile marmoreo ed il piede di una statua di Ermarco, filosofo epicureo che testimonia l’inclinazione intellettuale del proprietario della casa.
Numerosi sono poi gli oggetti mobili: oltre a vasellame da cucina e da mensa e ad alcune lucerne vi compare una straordinaria dotazione medica composta da più di centocinquanta strumenti chirurgici, da mortai, bilance e contenitori per la preparazione e la conservazione di farmaci e da un vaso termico conformato a piede per applicazioni curative.

Vaso termico conformato a piede per applicazioni curative
Vaso terapeutico a intercapedine conformato a piede (Rimini, Museo della Città)

In base ai dati di scavo è stato possibile ricostruire fedelmente, a grandezza naturale, l’originario luogo di cura: una taberna medica domestica, composta dalla stanza con mosaico di Orfeo e dal vicino cubiculum, nella quale il chirurgo riminese visitava, operava ed ospitava i propri pazienti.
Al momento dell’abbandono della casa riportano infine il gruzzolo di un’ottantina di monete per le spese quotidiane, che fissa l’evento entro il 260 d.C., e le punte di lancia e giavellotto abbandonate sui pavimenti durante i rovinosi scontri che dovettero provocare la distruzione della domus.
Il chirurgo
Lo strumentario rinvenuto nell’abitazione di piazza Ferrari non lascia dubbi sulla professione del personaggio che vi abitava verso la metà del III secolo: un medico di grande esperienza ed abilità che, come spesso avveniva, doveva essersi formato in ambienti culturali ellenici ed essere giunto in Italia, e più precisamente ad Ariminum, dall’Oriente.
L’origine levantina del personaggio, suggerita anche dall’adesione agli ideali epicurei, è chiaramente comprovata sia dalle scritte in greco che egli incise su due vasetti per la conservazione di erbe medicinali rinvenuti nella taberna medica, sia dal suo stesso nome, con ogni probabilità Eutyches, quale fu graffito sul muro da un paziente ospitato nel letto del cubiculum.
La particolarità dell’attrezzatura chirurgica recuperata nella domus, priva di strumenti ginecologici, in larga parte destinata ad interventi su traumi ossei e dotata di un rarissimo ferro utilizzato unicamente per estrarre le punte di freccia dalle carni, sembra indicare un’esperienza professionale maturata nell’esercito, forse in uno di quei valetudinaria militari dislocati lungo i confini dell’impero che rappresentavano le sole strutture sanitarie del mondo romano assimilabili ai moderni ospedali.

Corredo degli strumenti chirurgici: tenaglie a becco (Rimini, Museo della Città)
Corredo degli strumenti chirurgici: tenaglie a becco (Rimini, Museo della Città)

A possibili trascorsi nell’esercito riconduce anche la mano votiva bronzea recuperata nella taberna medica, segno di devozione verso Giove Dolicheno, divinità appunto venerata soprattutto tra i soldati.
In proposito vale la pena di ricordare anche il cippo votivo scoperto in passato presso il foro, dove si ergeva un sacello allo stesso Dolicheno. La lapide, coeva alla domus del Chirurgo, ricorda infatti come dedicante un T. Flavius Galata Eutyches, personaggio di origine orientale che potrebbe corrispondere proprio al medicus di piazza Ferrari.

Planimetria del palazzo di  età tardoantica (V-VI secolo)Il palazzo tardoantico
Alla distruzione della domus del Chirurgo e all’immediata erezione delle nuove mura della città, che quasi la lambirono, fece seguito il completo abbandono dell’area.
Tale situazione, che rifletteva il particolare momento di crisi della città e dello stesso impero romano, mutò solo verso gli inizi del V secolo, in concomitanza con importanti mutamenti storici.
Il trasferimento della sede imperiale a Ravenna, attuato da Onorio nel 402, comportò infatti la parziale rivitalizzazione delle città romagnole, in cui comparvero nuove residenze di lusso abitate da alti ufficiali e funzionari di corte. A questo periodo risalgono appunto i resti conservati nel settore meridionale dello scavo, riferibili ad un’abitazione di tipo palaziale che rioccupò la parte anteriore del vecchio isolato, di fronte al decumano.
L’edificio, scoperto solo in parte, presentava un ampio cortile decorato da una fontana a ninfeo con canali; attorno a questo si disponeva un articolato complesso, ristrutturato e ampliato tra la fine del V e gli inizi del VI secolo, sotto il regno dei Goti.
I ruderi dell’impianto mostrano diversi ambienti, talora dotati di sistema di riscaldamento, collegati da un corridoio angolare; le stanze, con murature laterizie, sono pavimentate da mosaici policromi a complessa decorazione geometrica.
La prestigiosa natura dell’abitazione tardoantica e l’alto rango del personaggio che vi risiedette sono tra l’altro testimoniate dal vano cruciforme con ipocausto e dalla vasta aula absidata che la fiancheggiava, certamente utilizzata dal dominus come sala di rappresentanza e ricevimento.
Le strutture altomedievali
Nel corso del VI secolo, ai tempi della guerra tra Goti e Bizantini, il palazzo tardoantico iniziò a mostrare segni di degrado, per poi essere distrutto, demolito e completamente interrato. In seguito l’area accolse un piccolo cimitero, forse collegato ad un edificio religioso sorto nelle vicinanze, secondo la pratica cristiana che ormai permetteva di seppellire anche dentro la città. Come testimoniano alcune tombe ancora conservate all’interno dello scavo, gli inumati erano deposti in semplici fosse, talora protette da coperture in tegole, che spesso giunsero ad intaccare i sottostanti pavimenti a mosaico. Il sepolcreto fu utilizzato fino al pieno VII secolo, dopo di che l’area fu occupata da nuove strutture abitative. Come d’abitudine per il periodo altomedievale, la casa riportata in luce era circondata da spazi aperti, forse coltivati ad orto, ed era edificata con materiali deperibili: gli alzati, sorretti da leggere fondazioni in frammenti laterizi, utilizzavano pali di legno e murature in argilla, mentre i pavimenti erano costituiti da terra battuta. Nel settore sudoccidentale dello scavo archeologico sono tuttora visibili alcune di queste strutture; sui livelli di calpestio, accanto a varie buche di palo, tra l’altro si conserva un grande focolare con piano di combustione in frammenti di mattoni romani di reimpiego. Alcuni modesti rifacimenti documentano la sopravvivenza degli impianti abitativi fino all’VIII secolo. In seguito l’area restò inedificata, venendo ricoperta da strati di terreno colturale che solo in età tardomedievale accolsero nuove costruzioni.

Planimetria complessiva dell'area archeologica di Piazza Ferrari
Planimetria complessiva dell'area archeologica di Piazza Ferrari

È questa l'area archeologica di Piazza Ferrari, un sito che racconta duemila anni di storia riminese e che adesso viene finalmente restituito alla città e al mondo. 
Per il Soprintendente per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna, dott. Luigi Malnati, "un esempio di positiva sinergia"
Quando nel 1989 l’accidentale caduta di un albero nel giardino di piazza Ferrari a Rimini portò all’inizio dei sondaggi archeologici, e quindi allo scavo, nessuno avrebbe potuto prevederne l’evoluzione. Lo sforzo congiunto del Comune di Rimini, del Museo della Città e di questa Soprintendenza ha portato alla messa in luce di un complesso di valore archeologico eccezionale. Bisogna dare atto al Comune di Rimini di aver saputo fin da subito riconoscere l’importanza del rinvenimento, il cui scavo ha necessitato di finanziamenti cospicui, concessi dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dallo stesso Comune, in sintonia.
L’interesse e la curiosità di cittadini e studiosi hanno portato alla realizzazione di numerose tappe per la valorizzazione dell’insieme, in attesa della sua apertura al pubblico, non ultima la costruzione all’interno degli ambienti del Museo della Città, di quella Taberna Medica che costituisce anche adesso uno stimolo continuo per la comprensione della vita nell’antichità. La scelta di tenere in vista il complesso, e quindi di provvedere ad una adeguata protezione, con coperture ed impianti di aerazione e deumidificazione, ha avuto un appoggio fondamentale dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, che ha finanziato lo studio progettuale, la cui realizzazione, nonostante impedimenti burocratici e di vario genere, porta al risultato oggi visibile a tutti: una struttura agile che permette una buona visione dei resti strutturali e contemporaneamente ubbidisce ai criteri di restauro e di conservazione, senza essere prevaricante.
La collaborazione fra gli Enti dovrà necessariamente continuare, per una gestione ottimale del complesso e per una sua fruizione e valorizzazione, il più possibile aperta a tutte le componenti della città e del mondo.

Per la dott.ssa Maria Grazia Maioli, archeologa della nostra Soprintendenza responsabile del sito di Piazza Ferrari, "il lavoro non si conclude oggi"
Il complesso della domus “del Chirurgo” è composto da numerose strutture stratigraficamente sovrapposte di cui la domus -anche se eccezionale per l’insieme di muri, pavimenti e materiali- è solo un episodio.
Nell’area aperta ai visitatori si intravede parte del pavimento in cocciopesto pertinente alla prima fase abitativa e una porzione della casa di epoca tardorepubblicana sul cui cortile si imposta l’insieme di ambienti mosaicati e dipinti, databili al II sec. d.C., nei quali, nel III sec., andrà ad abitare il chirurgo. Sugli strati di distruzione della casa romana sorge poi la grande domus palaziale di epoca tardoimperiale con i suoi mosaici policromi; sul tutto troviamo le fasi medioevali e posteriori.
E’ evidente che l’interesse della zona archeologica, indipendentemente dal fascino della personalità del chirurgo, è data dalle vaste pavimentazioni musive delle due fasi abitative. La domus “del Chirurgo” presenta un insieme di pavimenti in mosaico bianconero, prevalentemente geometrici, con motivi a tappeto e a schema centralizzato, e la stanza detta “di Orfeo”, in mosaico policromo in quella che doveva essere lo studio del medicus: la raffigurazione del poeta è al centro di uno schema geometrico in cui sono inseriti gli animali che egli incanta con il suono della sua cetra. I mosaici della domus più tarda sono invece tutti a schemi geometrici differenziati con varietà e fantasia.
Il tempo intercorso dal momento dello scavo non è stato clemente con le pavimentazioni musive: nonostante tutte le precauzioni messe in atto per la loro conservazione, i sottofondi pavimentali si sono indeboliti e le tessere hanno subito cedimenti soprattutto nei bordi delle lacune. Sono già stati fatti i primi interventi, ma sarà necessario programmare campagne di restauro che avverranno necessariamente alla presenza del pubblico, aggiungendo quindi un ulteriore motivo di interesse alla visita del complesso.

Per i restauratori Mauro Ricci e Monica Zanardi, del laboratorio di Restauro della nostra Soprintendenza, una nuova sfida per la "complessità dei problemi legati alla conservazione del complesso archeologico"
Nel momento stesso in cui vengono portati in luce, i reperti e le strutture archeologiche iniziano a subire processi di alterazione e degrado che spesso ne pregiudicano la conservazione. Il contesto archeologico di Piazza Ferrari presenta un’ampia gamma di materiali eterogenei (strutture di laterizi e argilla pressata, intonaci dipinti e pavimenti musivi composti da malte, materiale lapideo e paste vitree) che nel corso dei secoli si sono comportati in modo diverso, reagendo -e continuando a reagire- in modo disomogeneo alle aggressioni operate dal tempo, dal clima e dall’uomo. Ulteriore aggravante, il protrarsi negli anni delle campagne di scavo, un fattore che ha messo a rischio la conservazione dell’intero sito anche se, contemporaneamente alla messa in luce, si sono effettuate operazioni di pronto intervento (pulitura, consolidamento e stuccatura) mirate alla conservazione e alla messa in sicurezza.
Nel corso del tempo, si è affrontato con periodiche applicazioni di biocidi anche un processo di biodeterioramento (presenza di alghe, funghi e piante infestanti) che poteva creare seri problemi di conservazione alle strutture archeologiche e agli apparati decorativi, sia dal punto di vista estetico che strutturale. Una volta terminati gli scavi, e in attesa della musealizzazione definitiva, è stata posta direttamente sulle strutture archeologiche -verticali ed orizzontali- una protezione con geo-tessile, aggiungendo poi sui mosaici pavimentali uno strato di argilla espansa.
A questi lavori è seguita una sospensione di alcuni anni causata dalla carenza di fondi. Nel 2007, si è proceduto alla rimozione delle protezioni, operazione non facile perché le piante infestanti avevano proliferato su tutta l’area archeologica, attecchendo diffusamente in superficie e infiltrando le radici anche attraverso il geo-tessile. Si sono poi puliti accuratamente tutti gli elementi conservati nel sito e messi in sicurezza mediante puntellature, piccole stuccature e infiltrazioni localizzate di consolidante.
Ci preme sottolineare che se l’area archeologica di Piazza Ferrari, ora inglobata nel suo contenitore-museo, ha riacquistato la propria leggibilità e possiamo ammirarla in tutta la sua bellezza, il lavoro non è terminato. Tutte le operazione eseguite finora sono state dettate dall’urgenza e mirate allo studio e conservazione, ma non si è effettuato alcun intervento definitivo perché bisogna attendere che l’intero complesso si stabilizzi nel nuovo microclima. Solo allora potremo individuare e programmare gli interventi finalizzati ad un corretto restauro filologico.
Per noi restauratori, la vera sfida inizia ora.

Il sito archeologico della domus "del Chirurgo" fa parte integrante del percorso del vicino Museo della Città
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Ingresso gratuito la prima domenica di ogni mese

Telefono per info: 0541.793851

Bibliografia
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M.L. STOPPIONI, I mosaici della domus di piazza Ferrari a Rimini, “CARB” 40, 1993, pp. 409-431
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J. ORTALLI, La domus riminese ‘del Chirurgo’: un percorso di ricerca, “AttiDepRomagna” 51, 2000, pp. 171-192
J. ORTALLI, Rimini: la domus ‘del Chirurgo’, in Aemilia, La cultura romana in Emilia Romagna, Venezia 2000, pp. 512- 526
A. FONTEMAGGI, O. PIOLANTI, C. RAVARA, Intonaci a motivi ripetitivi da alcune domus riminesi, in La peinture funéraire antique, (AIPMA - VII), Paris 2001, pp. 273 ss
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A. DONATI, Un graffito riminese, in “Eine ganz normale Inschrift” (Fest. E. Weber), Wien 2005, pp. 235-236
J. ORTALLI, Uno spaccato di Ariminum tra scavo e museo: la domus ‘del Chirurgo’ e altro, in Domus romane: dallo scavo alla valorizzazione, Milano 2005, pp. 135-144
C. NEGRELLI, Rimini tra V ed VIII secolo: topografia e cultura materiale, in Le città tra la tarda antichità e l’alto medioevo, Firenze 2006, pp. 221 ss
J. ORTALLI, Il medicus di Ariminum: una contestualizzazione archeologica dalla domus “del Chirurgo”, in corso di stampa