Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e Parco della Vena del Gesso Romagnola
…Et
hi quidem sectiles sunt, specularis vero….
Hispania hunc tantum citerioe olim dabat…
et Cipros et Cappadocia et Sicilia et numper inventum Africa..
et in Bononiensis Italiae parte breves..
...Hispania hunc tantum citerior olim dabat, nec tota,
sed intra C passuum circa Segobriga urbem…
…lapis duritia marmoris, candidus atque translucens...
Plinio, Nat. Hist., XXXVI, 45 e 46
Geologicamente parlando, è un gesso secondario, prodotto da una
soluzione di acqua satura di gesso che si rideposita in fratture della roccia
dando luogo a una vena o un filone traslucido, praticamente trasparente.
Grazie alla sua conformazione lamellare, gli antichi romani lo utilizzavano in
sostituzione dell’attuale vetro, chiamandolo, per le sue caratteristiche di
trasparenza, “LAPIS SPECULARIS”
Nella sua Naturalis Historia, Plinio parla a più riprese di questo tipo di
gesso, delle caratteristiche del minerale e dei suoi importanti utilizzi,
soprattutto in edilizia. E ci elenca anche le principali cave di lapis nel
bacino del Mediterraneo, indicandole in Turchia, Tunisia, Cipro, Italia (vicino
a Bologna e in Sicilia) e in Spagna, in particolare la Spagna Citerior,
nell'area attorno alla città di Segobriga, nella Mancha.
Vena del Gesso Romagnola. Un affioramento di lapis specularis
Tra queste miniere di lapis del Mediterraneo, Plinio cita quelle situate
"poco lontano da Bologna", solo recentemente identificate nell’area della Vena
del Gesso Romagnola, vicino a Brisighella (RA). Qui è stata individuata la
cosiddetta “Grotta della Lucerna”, una cavità naturale che fu oggetto in età
romana di attività di estrazione del lapis.
Il nome le è stato attribuito in seguito al rinvenimento, nel suo interno, di
vari frammenti di lucerne e di un esemplare integro. Queste lucerne servivano ad
avere un'illuminazione adeguata all'interno della cava, amplificata dalla
presenza del minerale che rifrangeva la luce.
Oltre alle lucerne, all'interno della cava sono stati scoperti altri materiali
di età romana, tra cui una moneta di Marco Aurelio. Numerosi sono anche i segni
di lavorazione, come ad esempio le nicchie per ospitare le lucerne e gli incavi
per sostenere piccole traverse in legno utilizzate come scale, indicatori che
trovano uno stretto confronto con quelli presenti all'interno delle miniere
spagnole.
La lucerna integra rinvenuta all'interno della grotta che ha dato il nome alla
grotta stessa
A poca distanza dalla cava, sempre all'interno del Parco della Vena dei
Gessi, in località Ca`Carnè, è stato da poco portato in luce un piccolo edificio
di età romana, di circa 81mq.
La struttura portante era realizzata con pali in legno mentre i muri erano in
mattoni di argilla cruda e in graticcio di legno spalmato di argilla. Mancano
totalmente le fondazioni in laterizio o sasso, tipiche di costruzioni simili:
questa scelta parrebbe motivata dal fatto che non fosse necessario adottare
questo espediente per l'isolamento dall'umidità, visto che tutto l'edificio
poggiava su di un banco di gesso.
L'edificio, che ha subìto vari ampliamenti e rifacimenti, tutti inquadrabili
all'interno del I sec.d.C., assume un’importanza particolare proprio alla luce
della vicina cava di lapis specularis.
I risultati di questa scoperta e la presentazione della grotta della Lucerna, sono stati protagonisti di un Convegno Internazionale organizzato a Faenza (RA), il 26 e 27 settembre 2013, cui ha fatto seguito la mostra "Il vetro di pietra. Il lapis specularis nel mondo romano: dall'estrazione all'uso" allestita prima nel Centro “M. Guaducci” di Zattaglia dal 27 settembre al 15 dicembre 2013, poi nel Palazzo Baronale di Borgo Tossignano (BO) dal 23 maggio al 31 ottobre 2014