Il presente articolo è liberamente tratto da quello scritto da Anna Fedele (Soprintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici per le province di Modena e Reggio Emilia) e Donato Labate (Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna) per la rivista "Pagani e Cristiani" a cura del Comune di Castelfranco Emilia (MO). Il testo che segue è stato licenziato dagli autori
Interpretare usi e costumi dei Romani alla luce dei nostri parametri e
condizionamenti culturali è un errore che impedisce la corretta comprensione del
passato.
Impostazione valida in generale, lo è ancor di più nell’affrontare i temi delle
rappresentazioni, plastiche o letterarie, dell’erotismo e della sessualità che
si è tentati di definire spregiativamente “osceni”, se non addirittura
“immorali”, senza considerare che la sessualità permeava la vita dei Romani e ne
era parte integrante. Non solo il sesso non era peccato ma ogni approccio alle
espressioni erotiche era disinvolto e disinibito.
Il territorio modenese ha di recente restituito due lucerne con scene erotiche
di grande rilevanza scientifica.
Il tema erotico di per sé non farebbe notizia: ricorre frequentemente sul disco
di lucerne di varie forme tra il I e il III sec. d.C., lo troviamo nelle pitture
in area vesuviana (nei lupanari, nelle cellae meretricae, nelle Terme
Suburbane e nei cubicula di Pompei), decora vasi greci e romani e
campeggia sulle spintriae, una sorta di monete/marchette con un numerale
romano su una faccia e una notevole gamma di scene sessuali sull’altra.
Né può stupire il fatto che le lucerne modenesi siano state recuperate in
contesti funerari. Deporre nella tomba del defunto un oggetto di cui si era
servito in vita, che gli era stato caro o che gli ricordava i suoi tempi da
gaudente non solo non era disdicevole ma era il miglior modo per augurargli una
vita ultraterrena altrettanto piacevole di quella che aveva vissuto.
Allora perché queste due lucerne sono così speciali? Lo sono perché le scene
raffigurate sono particolarmente rare se non uniche: la lucerna rinvenuta nella
necropoli di Novi Sad raffigura una scena erotica con quadrupede, quella
recuperata nella necropoli di Cittanova un amplesso di gruppo con un commento
scritto.
Rappresentano inoltre il tramite con le applique di terracotta della valle del
Rodano (del II-III d.C., ancora inedite e conservate a Lione) anch’esse con
scene erotiche anche di amori multipli e soprattutto iscrizioni a commento.
La lucerna dalla Tomba 152 della necropoli di Novi Sad
Per
la presenza di uno spillone in osso e di una rocca da mano in ferro, la tomba
152 della necropoli Novi Sad è stata identificata come una sepoltura femminile;
il tipo di lucerna (Loeschcke IA) data la tomba al I sec. d.C.
La lucerna (a voluta con becco triangolare) raffigura un symplegma
erotico (cioè un amplesso) sul dorso di un asino itifallico (cioè con il fallo
in erezione). L’uomo, seduto sul posteriore dell’equino, è intento a un rapporto
frontale con la donna distesa sul dorso ammantato; questa, con la mano destra si
regge a un albero mentre con la sinistra sembra masturbare l’asino raffigurato
con la testa in basso nell’atto di mangiare (si vede persino la paglia che sta
brucando.
Non ci sono confronti con scene simili su altre lucerne se si esclude
l’esemplare rinvenuto recentemente in una sepoltura di Regium Lepidi
(necropoli di età romana di San Lazzaro) che ha una scena del tutto identica e
figure molto ben conservate.
Per l'ambientazione agreste la scena raffigurata sulla lucerna di Novi Sad è
interpretabile come un amplesso fra Satiro e Ninfa.
Se qualche volta la presenza di animali in rappresentazioni erotiche rimanda al
mondo mitologico (Leda con il cigno, il ratto di Europa da parte di Zeus sotto
forma di toro o Pasifae e il toro), è più spesso legata al culto di Dioniso/Priapo,
divinità collegata alla fertilità del mondo vegetale e quindi al concetto di
morte e rinascita ciclica. L’asino, animale sacro a Priapo, è spesso
rappresentato itifallico, cavalcato da Dioniso (come nel vaso di Spina), satiri
e menadi, e qualche volta intento all’atto sessuale con donne.
In ambito religioso il fallo rimandava –ed era sua prerogativa- al dio Dioniso e
alla schiera di divinità che formavano il suo corteo. Con Dioniso si celebrava
la fertilità del mondo vegetale: nel ciclo vitale della natura che si rinnova
ogni anno venivano esaltati tutti gli aspetti della vita, inclusa la sessualità
e la natura ferina dell’uomo.
Il suo culto prevedeva rituali orgiastici ed estatici, sostanziati nel consumo
smodato di vino, in musiche, danze e gaudenti cortei con tutto il seguito di
personaggi poco avvenenti metà uomo e metà animale (Satiri, Sileni e Fauni) che,
in perenne ricerca di appagamento sessuale, ripiegano su capre e cervi, dopo
essere stati respinti dagli umani.
In lucerne più tarde, ad esempio del III secolo, la relazione sessuale tra
l’asino e un personaggio femminile può essere interpretata come scena umoristica
o satirica e riferirsi alle vicende tra l’uomo trasformato in asino e
l’aristocratica raccontate da Apuleio nella sua Metamorfosi.
La lucerna dalla Tomba 25 della necropoli di Cittanova
La
lucerna a voluta con becco rotondo della tomba 25 della necropoli di Cittanova è
stata rivenuta, deposta rovesciata, in una tomba a cremazione. L’esiguità del
corredo (oltre alla lucerna solo un’olletta) non consente l’identificazione di
genere ma la tipologia della lucerna (Loeschcke IV) ascrive anche questa
sepoltura al I sec. d.C.
La lucerna raffigura una scena erotica di gruppo (o acrobatica), con tre
personaggi maschili itifallici e, al centro, uno femminile nell’atto simultaneo
di un coito frontale, un coitus a tergo e una fellatio.
Meraviglia totale è l’iscrizione nella parte alta (AD)IUVA(T)E SODALES
che tradotto alla lettera significa “aiutate(mi) compagni”.
Scene di sesso a quattro con una donna e un trio di uomini sono rarissime.
Questa poi, con tanto di iscrizione, trova confronti solo con la lucerna
rinvenuta nel 1930 a Forlimpopoli, nel giardino pubblico a sud della Via Emilia,
nel corso dei lavori di scavo per la realizzazione di un acquedotto. La lucerna
di Forlimpopoli è meglio conservata rispetto a quella modenese, sia per la
qualità delle figure che per l’integrità dell’iscrizione (peraltro quasi
identica: ADIUVATE ROGO SODALES “aiutate(mi) (vi) prego compagni”), anche
se sembra derivare da una matrice diversa.
L’iscrizione più nota sulle lucerne è quella abbinata alla raffigurazione della
Vittoria che regge uno scudo contenente la scritta ANNVM NOVUM FAVSTUM
FELICEM MIHI oppure TIBI: erano le lucerne benaugurali che venivano
regalate durante il capodanno romano.
Più rara è invece l’iscrizione ADIUVATE SODALES in genere associata alla
rappresentazione di amorini intenti a giocare con la clava di Ercole e a bere da
una coppa. Questa scena farebbe riferimento al mito di Ercole ed Onfale, ovvero
Ercole ebbro che, vinto dall’amore, abbandona la clava: in questo caso
l’iscrizione ADIUVATE SODALES fa riferimento al sodalizio degli amorini
finalizzato a far vincere Amore sulla Forza.
La raffigurazione di sesso di gruppo o di orge è più frequente nel mondo greco
che in quello romano, dove è più diffusa la rappresentazione di coppie.
Il repertorio delle raffigurazioni erotiche uomo-donna (figurae Veneris)
nell’arte romana è vasto così come è ampia la descrizione delle posizioni
amorose assunte dalla donna (nell’Ars Amatoria, Ovidio parla di mille modi
veneris): si va dalla posizione detta Venus pendula o pendula conversa o mulier
equitans (donna a cavallo), dove la donna è sopra l’uomo in posizione frontale,
alla posizione detta pendula aversa o equus aversis, quando questa volge le
spalle all’uomo, alla Venus prona, con la donna inginocchiata sul letto per il
coitus a tergo.
È comunque attestata anche tra i Romani la pratica delle orge. Sesso allegro e
di gruppo è presente in pitture murali e lucerne: sesso di gruppo con tre
personaggi, pratiche sessuali di due uomini e due donne (una delle quali riceve
le attenzioni orali dell’altra, quindi un rarissimo esempio di omosessualità
femminile), come pure scene di sesso acrobatico.
I personaggi femminili rappresentati nelle scene erotiche sono prostitute,
etere, schiave, mime, giocoliere, musiciste e danzatrici.
Spettacoli pubblici erotici sono attestati in letteratura: nelle Metamorfosi di
Apuleio, Lucio, il personaggio trasformato per incantesimo in un asino, deve
prestarsi a un amplesso pubblico con una criminale durante un grande spettacolo
in un anfiteatro. Per gli amori di gruppo troviamo in letteratura richiami ad
accoppiamenti a catena in Marziale e Svetonio: nella vita di Tiberio si fa
riferimento alla “triplice catena”.
Per quanto concerne la fellatio raffigurata nella lucerna di Cittanova, si deve
aggiungere che il sesso orale, nelle due forme della fellatio e del
cunnilingus, era condannato e dunque raramente rappresentato: la fellatio
era considerata ripugnante anche nel mondo greco. Ciononostante è spesso
presente nelle raffigurazioni erotiche romane sui dischi di lucerne, sui vasi a
medaglione della valle del Rodano, in alcuni affreschi pompeiani e sulle
spintriae.
Per quanto attiene infine al coito anale, manifesto nella scena di sesso di
gruppo rappresentato sulla lucerna di Cittanova, va detto che anche questa
pratica –confinata al mondo della prostituzione- era ritenuta biasimevole sia
per la donna romana che per l’omosessuale passivo. Che poi il rapporto anale
fosse praticato anche da non prostitute è forse indiziato da un epigramma di
Marziale (Mart. XI 43) in cui una moglie rimprovera il marito sorpreso con un
ragazzo dicendogli che pure lei "aveva un culo".
Conclusioni
Il valore simbolico della lucerna in ambito funerario è confermato dalle
attestazioni letterarie, epigrafiche ed archeologiche. La presenza di lucerne
come elemento di corredo nelle tombe è ricorrente: rappresentando la luce della
vita in antitesi all’oscurità della morte, la lucerna era solitamente deposta
all’interno della tomba capovolta. Il gesto del rovesciamento della lucerna
rappresentava simbolicamente lo spegnimento della luce, la fine della vita, al
pari della fiaccola rovesciata, tenuta da eroti, raffigurata su alcuni
sarcofagi, ripresa poi, con lo stesso significato, nei monumenti cristiani.
Il rito del “rovesciamento” è riferibile alla sola lucerna di Cittanova mentre
la lucerna di Novi Sad, rinvenuta non rovesciata, è forse da riportare al
rituale funerario di accensione della lucerna, anche con olii profumati, come
forma di devozione ai defunti.
Le scene erotiche raffigurate sulle lucerne modenesi potrebbero rimandare a
rappresentazioni rituali legate ai culti dionisiaci (presenza dell’Asino,
animale sacro a Priapo, rappresentato a volte nei rituali orgiastici ed estatici
del corteo bacchico) e a scene umoristico/dissacranti nel caso dell’adiuvate
sodales così anomalo rispetto all’Ercole Ebbro vinto da Amore.
La lucerna con l’asino è da ritenere una rielaborazione umoristica della scena
di coito tra Satiro e Ninfa, con la variante derisoria e spregiudicata della
Ninfa che masturba l’asino nell’atto di accoppiarsi con il Satiro.
La lucerna con il sesso di gruppo è dissacrante per il rimando, con l’adiuvate
sodales, al contesto raffinato di Ercole Ebbro ovvero della Forza che si
piega ad Amore, reso sulla lucerna, in senso umoristico: il personaggio
sostenuto sulle braccia dei compagni, mentre la povera prostituta gli pratica la
phellatio, chiede a questi di sostenerlo per evitare una rovinosa caduta.
Una vignetta ironica, spudoratamente erotica, per stimolare lo stupore e
strappare un sorriso.
La loro presenza in un contesto funerario, se si esclude la funzione rituale
connessa alla lucerna come oggetto (“rovesciamento” o di devozione dei defunti),
è più legata alla gaudente vita terrena del deceduto che evidentemente i
congiunti hanno voluto ricordare, offrendo un oggetto a reminiscenza dei piaceri
goduti in vita, preclusi indubbiamente nel mondo ultraterreno.
La presenza di una lucerna con scena erotica in una sepoltura femminile è
attestata a Vercelli, mentre a Modena proviene da una tomba femminile una
spintria con scena di fellatio