Un regalo natalizio per i
visitatori del Museo Archeologico Nazionale di Parma
La mummia di gatto resta esposta al pubblico dal 15 dicembre 2011 al 15 gennaio
2012
dal martedì al venerdì 9-17 / sabato
9-15 / domeniche e festivi 12,30-19,30
la biglietteria chiude mezzora prima - ingresso € 4,00
Nell'estate 2011 il Prof. Giacomo Gnudi, veterinario radiologo del
Dipartimento di Salute Animale dell’Università di Parma, ha effettuato una serie
di radiografie su una mummia di gatto (lunga circa cm 40) che fa parte da oltre un secolo della
collezione egizia del Museo Archeologico Nazionale di Parma. Non è insolito che
gli archeologi usino la radiologia per studiare campioni antichi,
inclusi corpi umani e animali sepolti, esseri umani mummificati e animali come i
gatti del periodo Ancient Egypt.1
Lo studio radiografico mirava a valutare il contenuto del bendaggio, anche al
fine di predisporre un progetto di restauro del reperto e di capire come i gatti
fossero avvolti e mummificati nell'antico Egitto.
Le indagini hanno rivelato come all’interno della fasciatura sia presente
l'intero corpo del
gatto, un giovane animale dell’età di 4 o 5 mesi. Dunque una mummia di
“prima” qualità e non un feticcio, o solo una parte di animale, come riscontrato in
altri casi. Infatti non è raro che l’involucro della mummia che rappresenta un
gatto non contenga il corpo completo ma una sua parte, se non addirittura la
parte di un altro animale, o che si tratti semplicemente di un fantoccio, senza
alcun contenuto.
Parma, Museo Archeologico Nazionale - Radiografia della mummia di gatto
Secondo l'archeologa Roberta Conversi, responsabile della sezione Egizia del museo, si tratta di un reperto di accuratissima realizzazione ed elevata qualità; il giovane animale che contiene era stato evidentemente allevato allo scopo di essere mummificato e diventare un’offerta correlata ai culti per la dea gatta Bastet. L'archeologa esclude che si tratti del gatto di un particolare proprietario, propendendo invece per l'ipotesi di una mummia-offerta, tipica del periodo tra il 332 a.C. e il 30 a.C. in cui queste mummie erano prodotte in gran quantità per essere vendute ai devoti e da questi lasciate nei templi dove si venerava la dea gatta. Possiamo quindi pensare a un egiziano devoto a Bastet che, recandosi al tempio, abbia acquistato una mummia di gatto di prima qualità, e quindi anche di un certo costo, per donarla in offerta alla Dea.
Parma, Museo Archeologico Nazionale
La mummia di gatto: per poter essere esposta, la piccola mummia ha bisogno di
essere restaurata
Il museo ha acquistato la mummia di gatto nell’Ottocento da un antiquario ma
non esiste alcun documento che ci dica da quale zona dell’Egitto provenga.
La sepoltura occasionale di gatti con i loro proprietari è attestata già a
partire dal
1350 a.C.
In seguito, tuttavia, durante la XXII dinastia (945-715 a.C.), a causa
di un cambiamento nelle credenze religiose, gli Egizi cominciarono a considerare
molti animali l'incarnazione di divinità e dei, ritenendo nello specifico che i
gatti di sesso femminile rappresentassero la dea Bastet. Templi dedicati a
questa divinità protettrice della fertilità, delle gioie terrene (la danza, la
musica e la sessualità) e della salute furono costruiti in tutto l'Egitto, come ad esempio il tempio
dell’antica città egiziana di Bubastis, lungo il Nilo, nella
regione del Delta del Basso Egitto. Ogni anno milioni di persone affollavano il
tempio di Bubastis, per venerarla con canti, danze e offerte, e quando i gatti morivano, venivano
mummificati e sepolti in fosse comuni all’interno del tempio.
A partire dal 332 a.C. fino al 30 a.C. circa, si cominciò ad allevare gli
animali vicino ai templi allo scopo specifico di mummificarli: i devoti
acquistavano le mummie e le lasciavano nei templi quali offerte. Ciò spiega
perché siano stati trovati molti gatti morti prematuramente o in
maniera innaturale; si preferivano gattini tra i due e i quattro mesi di età, sacrificati
in gran numero in quanto più adatti alla mummificazione.
Questo è probabilmente anche il caso della mummia di gatto del Museo di Parma,
deceduto non di morte naturale come suggerisce la condizione anomala della calotta cranica.
È anche certo che il reperto non facesse parte di un
corredo funebre ma fosse una delle
mummie di gatto che i devoti offrivano alla dea Bastet, presso uno dei templi a
lei dedicati.
A causa della crescente domanda di gatti mummificati da parte del popolo
egiziano, il mercato si era specializzato ed era in grado di offrire diversi "tipi" di mummie
di gatto, realizzati
con caratteristiche diverse a seconda delle richieste del cliente. Sono state
trovate mummie-gatto "economiche", costituite da appena poche ossa, così come
mummie-gatto “di lusso”, con l’intero animale mummificato, proposto in belle e
decorate confezioni.
La
mummia di gatto del museo di Parma, di elevata qualità, parrebbe proprio
appartenere a quest'ultima categoria. La radiografia ha mostrato la posizione del corpo del gatto, avvolto in modo
da occupare il minimo spazio possibile; per posizionare al meglio l’animale, le
costole del torace sono state compresse e gli arti anteriori sono stati posti
molto vicino al torace.
Le bende sono disposte in modo da formare vari motivi geometrici mentre gli occhi sono dipinti con
inchiostro nero, su piccoli pezzi tondi di benda di lino. Lo scheletro del gatto
è inoltre completo e questo qualifica la mummia come uno dei “modelli” più preziosi.
Questo dato, unito agli esiti dello studio radiografico, rende la mummia di
gatto del Museo Archeologico Nazionale di Parma un reperto di grande importanza
scientifica.
La radiografia ha evidenziato come il corpo sia stato compresso per adattarlo ridurlo in poco spazio e dargli la forma di mummia come si capisce dalla una flessione degli arti posteriori vicino alla colonna lombare e la semilussazione delle articolazioni tibio-tarsiche per consentire il riposizionamento delle ossa di tarso, metatarso e falange cranio-caudale vicino alla tibia. Una vertebra coccigea è stata fratturata per poter posizionare la coda il più vicino possibile al corpo.
Molti animali erano sacri per gli antichi Egizi ma nessuno era
amato quanto il gatto. I sacerdoti tenevano sempre qualche micio nei loro templi
e c'era un gatto in ogni casa, trattato con ogni cura. Al momento della
morte i gatti venivano mummificati, esattamente come si faceva per faraoni ed
esseri umani, e i corpi erano sepolti in necropoli a loro destinate nei pressi
dei luoghi di culto della dea Bastet.
Gli scavi archeologici hanno recuperato milioni di
gatti mummificati, prova inconfutabile della venerazione attribuita nell'antico
Egitto a questi
felini.
Le mummie di gatto erano così numerose che alla fine del XIX secolo un cospicuo
numero di esemplari fu portato dalla città di Beni Hasan, nel Medio Egitto, al porto
inglese di Liverpool per essere polverizzato e venduto come fertilizzante in
Inghilterra.
giovedì 15 dicembre 2011, ore 17
Una mummia di gatto al Museo Archeologico
Nazionale di Parma: radiografia di un culto
Conferenza di Roberta Conversi (Soprintendenza per i beni
Archeologici dell’Emilia-Romagna) e Giacomo Gnudi (Dipartimento di Salute
Animale dell’Università di Parma)
ore 17.00
Esame radiografico di una mummia di gatto: un viaggio nel
tempo di 2000 anni
Giacomo Gnudi, veterinario radiologo del Dipartimento di Salute Animale
dell’Università di Parma
ore 17.20
Il gatto nell’Antico Egitto: animale domestico e divinità
Roberta Conversi, archeologa della Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell’Emilia-Romagna
Parma, Museo Archeologico Nazionale
Palazzo della Pilotta
info 0521 233718
ingresso libero
*****
Il gatto nell'Antico Egitto: animale domestico e divinità
Nell'antico Egitto, i gatti non erano semplici animali da compagnia ma i
rappresentanti in terra della dea-gatto Bastet. Il suo culto, sorto nel
Tardo Periodo, è uno dei più popolari e migliaia di gatti vengono
mummificati per essere venduti ai pellegrini che li presentano alla dea come
offerta.
I corpi dei gatti erano disidratati con un processo simile a quello usato per
la mummificazione umana. Venivano poi avvolti in una bendatura, con le zampe
parallele al corpo. Sono stati scoperti enormi cimiteri contenenti migliaia di
queste sepolture gli animali. Il centro principale per il culto della dea
Bastet era la città di Tell Basta.
Nel 1952, nel Museo di Storia Naturale di Londra, fu ritrovata una cesta
piena di oggetti provenienti dall’Egitto. All’interno 192 gatti mummificati
risalenti dal IV al II secolo a.C., sette manguste, tre cani e una volpe.
Ritrovata durante degli scavi a Giza, la cesta era stata donata al museo nel
1907 da Flinders Petrie, purtroppo senza nessuna informazione in merito
all'esatta provenienza. Le analisi successive rivelarono che delle 192 mummie,
tre erano più grandi delle altre; erano i resti di gatti nella giungla (Felis
chans) mentre le altre 189 erano simili al comune gatto selvatico
africano o gatto egiziano delle sabbie (Felis libica), una via di mezzo
tra il gatto selvatico africano (Felis sylvestris lybica) e l’attuale
gatto domestico.
Lo studio delle mummie ha cambiato un certo numero di credenze sul ruolo del
gatto nella società egizia.
I gatti cominciano a vivere accanto all'uomo nel 6000 a.C. ma la loro
domesticazione avverrà molto più tardi. Durante gli scavi archeologici, sono stati ritrovati
dipinti di gatti eseguiti con grande accuratezza di particolari: il manto marrone-rossiccio, a macchie o tigrato, le orecchie larghe, il corpo dotato
della stessa raffinata agilità dell'attuale Siamese.
Certamente i gatti erano apprezzati perché abili cacciatori dei roditori che
infestavano i magazzini di granaglie. A partire dal 1567
a.C., il gatto diventa un animale sacro, considerato come manifestazione della
dea Bastet. Non più semplice animale da compagnia, dunque, ma rappresentante in
terra della dea gatta Bastet, divinità protettrice della fertilità e delle gioie
terrene (la danza, la musica e la sessualità) e dea della salute. Ogni anno
milioni di persone affollavano il tempio di Bastet, situato nella città di
Bubasti, per venerare la dea con canti e danze.
Nell'antico Egitto, uccidere un gatto era un reato punibile con la morte.
È stato appurato che in egiziano antico il suo nome di
pronunciava MIU, con evidente riferimento al suo miagolio; la
parola gatto era scritta con un geroglifico rappresentante un gatto seduto.
Dalla
guida per bambini "Tra sarcofagi e scarabei sigillo. Scopriamo l'Egitto" a cura
di Roberta Conversi
Museo Archeologico Nazionale di Parma
IL GATTO MIU MIU
Ciao sono Miu, il gatto dell'Egitto...
Miu, Miu, Miu, miagola anche tu con me. In realtà stai pronunciando il mio nome
in egiziano antico. Miu significa gatto ed era scritto con un bel geroglifico
che rappresenta un gatto seduto.
Hai visto che figura elegante e slanciata! Ho un bel mantello maculato grigio o
bruno. Sono un gatto ora molto raro, di una razza che viveva solo in Egitto,
Felix Silvestris Libica, ora chiamata anche Miu. Voglio essere preciso, nel caso
tu volessi comprarti un gatto...
Ho anche un cugino selvatico, ma quello è meglio lasciarlo stare.
Noi invece, ci siamo lasciati addomesticare dagli Egizi e siamo diventati anche
i loro gatti di casa, cacciamo topi, ma… ci facciamo ADORARE.
Guardami bene il muso: lo vedi che tra gli occhi ho uno scarabeo!!! E nel collo
il mio pelo forma dei bei collari. Non sono un gatto qualsiasi. Infatti sono
sacro! io mi facevo adorare ancor prima dei faraoni...
In mio onore gli Egizi hanno fatto molte statue, guarda questa: ho lo scarabeo
in fronte e collane al collo, ma ce ne sono anche di più semplici, come quelle
che vedi esposte qui in museo.
Secondo gli Egizi rappresento la dea gatta Bastet, la dea della gioia,
dell’amore e della danza.
Quando muoio non ho una sepoltura qualsiasi: vengo mummificato e i miei padroni,
se sono devoti alla dea Bastet, mi dedicano a Lei e mi portano al suo tempio a
Bubasti; qui siamo in tantissimi.
Ho saputo che c’è la mummia di un mio amico in museo; magari lui era già a
Bubasti con la Dea e qualcuno se l’è portato via! Non sopporto questo sgarbo!
Lui è un po’ in disordine, non vuole mostrarsi così, ma qui puoi vedere una sua
foto.
Ti è venuta voglia di avermi come gatto domestico?
Hai capito che mi dovrai adorare, mummificare e magari portarmi anche a Bubasti.
Gradirei una statua di bronzo non troppo piccola… intanto che ci pensi seguimi,
ti farò da guida alla sezione egizia del museo.