Parma. Le radiografie effettuate sul
reperto svelano importanti particolari
Ne parlano giovedì 15 dicembre l’archeologa Roberta Conversi e il veterinario Giacomo Gnudi
ore 17.00 - Esame radiografico di una mummia di gatto: un viaggio nel tempo di
2000 anni
(Giacomo Gnudi, veterinario radiologo del Dipartimento di Salute Animale
dell’Università di Parma)
ore 17.20 - Il gatto nell’Antico Egitto: animale domestico e divinità
(Roberta Conversi, archeologa della Soprintendenza per i beni Archeologici
dell’Emilia-Romagna)
Parma, Museo Archeologico Nazionale
Palazzo della Pilotta
ingresso libero - info 0521.233718
Una mummia di “prima” qualità, non un feticcio o un prodotto di bassa lega.
Le radiografie sulla mummia di gatto conservata al Museo Archeologico Nazionale
di Parma hanno accertato che all’interno della fasciatura c’è l’intero animale,
un giovane esemplare dell’età di 4 o 5 mesi, risalente a circa 2000 anni fa. Pur
non essendo una rarità, si tratta di un reperto di grande importanza, legato ai
culti della dea gatta Bastet, la divinità egizia propiziatrice di fertilità,
salute e gioie terrene.
Giovedì 15 dicembre, a partire dalle ore 17, il veterinario radiologo
dell’Università di Parma che ha effettuato l’esame, Giacomo Gnudi, e
l’archeologa del museo responsabile della sezione egizia, Roberta Conversi,
presentano al pubblico gli interessanti dati emersi dalle radiografie. Per
l’occasione, in attesa di trovare i fondi per il restauro, il Museo Archeologico
Nazionale di Parma (Palazzo della Pilotta) esporrà per la prima volta la
mummia di gatto
La mummia di gatto era stata acquistata da un antiquario nel XIX secolo insieme
alla maggior parte degli altri manufatti della collezione egizia del museo.
Protettore della casa, amatissimo dagli Egizi per la sua abilità di cacciatore
di topi, a partire dalla XXII Dinastia (945-715 a.C.) il gatto inizia ad essere
considerato incarnazione degli dei e l’esemplare femmina, in particolare, il
rappresentante in terra della dea Bastet. Templi a lei dedicati cominciano a
sorgere in tutto l'Egitto, primo fra tutti quello costruito nella città di
Bubastis, lungo il Nilo, nel Basso Egitto. Nei primi tempi, al momento della
morte, il gatto veniva mummificato e sepolto all’interno del tempio in fosse
comuni ma a partire dal III sec. a.C. si comincia ad allevare appositamente gli
animali vicino ai templi per farne mummie che i devoti acquistavano per
lasciarle nei templi come offerte. Gli scavi archeologici hanno recuperato
migliaia di mummie di gatti morti prematuramente o in maniera innaturale,
soprattutto micetti tra i due e i quattro mesi di età, sacrificati in gran
numero perché più adatti alla mummificazione.
Secondo l’archeologa della Soprintendenza Roberta Conversi questo è certamente
il caso della mummia-gatto del Museo di Parma. Il reperto è di accurata
realizzazione ed elevata qualità; all’interno del bendaggio c’è l’intero corpo
del gatto mentre non è infrequente trovare solo una parte dell’animale, se non
pezzi di un altro o addirittura il semplice fantoccio, senza nulla dentro.
Le bende sono disposte in modo da formare motivi geometrici mentre gli occhi
sono dipinti con inchiostro nero, su piccoli pezzi tondi di benda di lino.
I mercati egizi offrivano vari modelli di mummie-gatto realizzati per soddisfare
le richieste dei clienti devoti, dalle versioni “economiche”, che potevano
contenere solo una parte dell’animale o addirittura essere involucri vuoti, a
mummie di alta qualità, molto curate, con animali interi e bendaggio dipinto.
Il reperto del museo di Parma fa certo parte dei “modelli” più preziosi,
acquistato da un egiziano devoto a Bastet che, recandosi al tempio, ha scelto
una mummia di gatto di prima qualità, e quindi anche di un certo costo, per
offrirla alla Dea.
Le radiografie eseguite da Giacomo Gnudi, veterinario radiologo dell’Università
di Parma, mostrano che il gatto è stato fasciato in modo da occupare il minor
spazio possibile, con le costole compresse e gli arti anteriori posti molto
vicino al torace; una frattura/foro nel cranio sembra inoltre confermare
l’ipotesi di una morte innaturale
Tutti i dati, archeologici e radiologici, concorrono a rendere la mummia di
gatto del Museo Archeologico Nazionale di Parma un reperto di grande importanza
e interesse scientifico. L’auspicio della Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell’Emilia-Romagna è che qualcuno si faccia avanti per supportare il delicato
intervento restauro indispensabile alla sua futura esposizione
Info:
Roberta Conversi (archeologa)
roberta.conversi@beniculturali.it tel. 0521 233718
Giacomo Gnudi (UniPR) giacomo.gnudi@unipr.it
tel. 0521 032789