L’antica città romana di Veleia rivive nell'interpretazione di cinque artisti contemporanei che espongono le proprie opere lungo il percorso di visita dell'area archeologica
Voci dal tempo
Colloquio materico tra artisti contemporanei e resti archeologici
In mostra lavori di Alexander Jarque, Chiara e Francesco Madoi, Giacomo Galli e Guido Mori
21 aprile - 30 settembre 2012
tutti i giorni dalle 9 a un'ora prima del tramonto
info 0523 807113
inaugurazione sabato 21 aprile, ore 11
con Jonathan Papamarenghi, Sindaco di Lugagnano Val d’Arda, e Daniela Locatelli,
direttore dell’area archeologica di Veleia
Antiche presenze, echi di suoni e leggende, immagini cristallizzate nel
colore e nel tempo. Se le vetuste pietre di Veleia ammaliano ogni giorno tanti
visitatori, quale può essere il loro effetto sulla sensibilità
ipertrofica di un artista? La parziale risposta viene da cinque
artisti contemporanei che hanno scelto di raccontare con le proprie opere uno
dei siti archeologici più importanti dell’Emilia-Romagna, condensando nel
linguaggio creativo le percezioni dell’anima.
La mostra “Voci dal tempo. Colloquio materico tra artisti contemporanei e resti
archeologici”, allestita lungo il percorso di visita dell’area archeologica di Veleia
dal 21 aprile al 30 settembre 2012, è figlia dell’intensa ricerca storica
e ambientale di Giacomo Galli, Alexander Jarque, Guido Mori, Chiara e Francesco
Madoi.
La magia di Veleia trasmette emozioni e percezioni sempre nuove e mutevoli. Ciò
ha permesso di realizzare installazioni e opere pittoriche dislocate sia lungo
il percorso di visita del sito, che all’interno della Canonica dell’antica
chiesa di S. Antonino, edificio indissolubilmente legato alla storia dell’antica
città. Sono sfide materiche e forme totemiche che fioriscono come folletti
colorati tra le pietre millenarie, dove i mosaici sposano la ceramica raku, gli
alberi secolari le sculture lignee, le colonne romane l’odierna tecnologia
A sinistra, i "Geni acquatici" di Giacomo Galli - A destra, opera di Guido Mori
Ogni artista ha autonomamente elaborato oggetti diversi, rispettando la propria
idea di arte ma condividendo al tempo stesso con gli altri artisti-artigiani del
gruppo il desiderio di raccontare e valorizzare il passato.
Così Giacomo Galli ha tratto ispirazione dai resti delle terme, dando corpo
all’ombra degli antichi guardiani seduti sopra cumuli di macerie e alle vecchie
acque fredde, ormai evaporate, del frigidarium.
Chiara e Francesco Madoi hanno realizzato sculture prevalentemente in
legno, più una in pietra (di Chiara Madoi) esposta all'interno della Canonica.
Si tratta di opere estremamente stilizzate che evocano presenze indefinibili: le
quattro sculture posizionate davanti al muro di fondo della basilica, rimandano
alle statue giulio-claudie (oggi esposte al Museo Archeologico Nazionale di
Parma) un tempo collocate in quel preciso spazio, mentre un'altra scultura
collocata nel bosco che circonda il foro, di dimensioni maggiori, suggerisce
presenze di indefiniti spiriti silvestri.
Le bianche statue di Chiara e Francesco Madoi (a sinistra) e il fiore materico
di Giacomo Galli (a destra)
Guido Mori ha tratteggiato ciò che è scomparso da tempo, stimolando l'interesse
del visitatore verso la singola, unica e separata opera d'arte.
E Alexander Jarque ha ritratto una realtà filtrata, dipingendo il mondo che ci
circonda come se lo vedessimo dallo schermo di un telefonino, di una tv, di un computer
rotto: feroce critica a una tecnocrazia che ci rende oggetti passivi di un vero,
sempre più mascherato.
La "realtà filtrata" di Alexander Jarque
Il risultato è una mostra che, esaminando il passato, consente di leggere il
presente e preparare il futuro, suscitando al tempo stesso –e senza alcun fine
commerciale- l’interesse del grande pubblico verso questa importante colonia
romana situata nel cuore dell’Appennio piacentino.
Promossa dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna, e
realizzata in collaborazione con il Comune di Lugagnano Val d'Arda, la mostra è
curata dall’archeologa Daniela Locatelli, direttore di Veleia, e dall’artista
Giacomo Galli
Disposizione delle opere lungo il percorso di visita dell'area archeologica e in
Canonica
La parola agli artisti
• Giacomo Galli
Le mie opere chiedono di nascere come e quando ne han voglia loro; la mia
volontà di dar forma e vita a quelli che apparentemente sembrano essere miei
pensieri, non fa altro che dare un corpo all’esistente, o solo a ciò che il mio
occhio è momentaneamente capace di vedere. È così che passeggiando tra i resti
archeologici, ho potuto notare la presenza di particolari esseri nati dalle
vecchie acque fredde ormai evaporate del frigidarium, l’ombra di antichi
guardiani sopra cumuli di macerie ed un antico e vivissimo fiore sbocciato là
dove da sempre c’erano (e forse sempre ci saranno) spazi aperti
• Francesco e Chiara Madoi
Dipinti che raccontano la leggenda del diavolo, il Monte Morìa e il "pass
del Dieul", sculture di pietra e legno da identificarsi come antiche presenze di
cui non ci è noto conoscere la provenienza, "Libro aperto di una storia", in una
sorta di falsificazione dell'arte un emozione del passato: lavori dedicati alla
memoria e alla conoscenza poiché conoscere ci aiuta a comprendere meglio.
Esaminare il passato ci permette di leggere con più lucidità il presente e
preparare con più attendibilità il futuro.
La percezione dei valori universali che l'Arte trasmette, contribuisce a
eliminare le barriere di incomprensione che si frappongono a una pacifica e
fruttuosa convivenza tra i popoli
Schizzo d'autore: la "visione" di Chiara e Francesco Madoi
• Guido Mori
Stimolare l'interesse del visitatore verso la singola, unica, separata opera
d'arte, raffrontandole l'una con l'altra oppure opponendole. Tratteggiarne
i caratteri essenziali, evidenziarne le superfici, suggerire ciò che è scomparso
da tempo.
C'è anche la volontà di riaccorpare l'unicum archeologico, sparpagliatosi nei
vari musei limitrofi alla zona archeologica stessa. Parte degli spunti da me
raccolti sono infatti opere non disponibili in loco
• Alexander Jarque
Le mie opere rappresentano immagini spaccate della realtà in cui viviamo. A
modo di filtro tecnologico, il dipinto simula lo schermo di un telefonino, di
una tv, di un computer rotto, insomma, gli apparecchi con cui siamo abituati a
vedere il mondo che ci circonda. È un critica verso la tecnologia che ci rende
oggetti passivi e controllati, volendo o no, da questa nostra realtà, ogni volta
più mascherata. Due spazi diversi, le pennellate di olio figurative che
strutturano ciò che vediamo, l'idea di realtà immediata e le righe astratte di
acrilico sintetico che mostrano un problema nelle connessioni, nel sistema
stesso, convergono per dare forma alle mie opere
Gli artisti. Da sinistra Francesco Madoi, Guido Mori, Alexander Jarque, Chiara
Madoi, Giacomo Galli
Il
municipium di Veleia fu fondato in seguito alla conquista romana del II secolo
a.C. nel cuore del territorio della tribù ligure dei Veleiates o Eleates sul
luogo del preesistente centro indigeno di cui sono testimonianza le tombe più
antiche scoperte a nord-est del foro. La città si sviluppò su un sistema di
terrazze digradanti lungo la collina.
Il foro fu edificato su un ripiano artificiale ottenuto con un massiccio
sbancamento. Pavimentato ai tempi di Augusto in lastre di arenaria da Lucio
Licinio Prisco, uno dei massimi magistrati locali, è circondato su tre lati dai
resti di un portico su cui si aprivano botteghe e ambienti a destinazione
pubblica. Un imponente ingresso a duplice prospetto tetrastilo, inserito nel
colonnato del foro, ne consentiva l’accesso dalla terrazza più bassa.
A sud il complesso era chiuso dalla basilica, edificio a navata unica, dove
addossate alle pareti di fondo si levavano le dodici grandi statue in marmo di
Luni raffiguranti i membri della famiglia giulio-claudia, trasferite già nel
Settecento nel Ducale Museo di Antichità, oggi Museo Archeologico Nazionale di
Parma.
A monte, i resti dei quartieri di abitazione meridionale e di un edificio
termale sono sovrastati dalla terrazza su cui si erge -fin dal medioevo- la
pieve dedicata a S. Antonino.
Patrimonio culturale della regione fin dal 1760 (quando il Duca di Parma don
Filippo di Borbone ne avviò l’esplorazione a seguito del ritrovamento casuale,
nel 1747, dell’iscrizione bronzea della Tabula Alimentaria traianea) e da allora
oggetto di scavi e ricerche, Veleia è oggi uno dei centri archeologici più
importanti dell’Italia settentrionale
Promosso da: |
Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, Direzione dell'area archeologica di Veleia, in collaborazione con il Comune di Lugagnano Val D'Arda |
Città: | Lugagnano Val D'Arda |
Luogo: | Area archeologica della città romana di Veleia |
Indirizzo: | località Rustigazzo |
Provincia: | Piacenza |
Regione: | Emilia-Romagna |
Info: | 0523 807113 |
Editing di
Carla Conti
Foto di Giacomo Galli, Gloria Gallinari, Pietro Garilli (©
2012)