La vita nel pozzo. Lo studio dei materiali rinvenuti nel pozzo romano di via Caselle aggiunge un inaspettato tassello alla storia del primo nucleo abitativo della città di San Lazzaro
AQVA FONS VITAE
Identità, storia e memoria di una comunità
apertura al pubblico dal 3 Aprile al 29 Maggio 2016
Sala di Città del Municipio di S. Lazzaro di
Savena (piano terra)
via Emilia 192
S. Lazzaro di Savena (BO)
orari di apertura: da martedì a venerdì dalle ore 17 alle 19, sabato e domenica dalle 10 alle 13
per info: Museo della Preistoria "Luigi Donini", tel.
051 465132
museodonini@comune.sanlazzaro.bo.it
www.museodellapreistoria.it
Il ritrovamento di una moneta permette di inquadrare cronologicamente il
progressivo abbandono della struttura. Il conio del dupondio di bronzo, con al
dritto la testa dell’imperatore Marco Aurelio e al rovescio una Vittoria alata,
risale al 170-171 d.C. La moneta fu però successivamente tosata, ovvero privata
della sua parte esterna, allo scopo di diminuirne il peso e dunque il valore:
questa pratica ne suggerisce un uso prolungato
Un dupondio di Marco Aurelio, una lucerna con marchio VIBIANI, alcuni
bicchieri tipo via Andrea Costa, brocche, brocchette e una bottiglia con
l’iscrizione DOMV CONFUSI CAM, ceramiche da mensa e da dispensa, reperti vitrei,
lapidei, in osso lavorato, legno, tessuto e metallo e un pendaglio in lamina
bronzea traforata decorato in origine da una gemma o pasta vitrea.
Sono solo
alcuni dei materiali recuperati nel pozzo romano scavato in Via Caselle,
testimonianze che
delineano l'identità storica di
S. Lazzaro di Savena, riscoprendo le origini
della città e il suo divenire storico. È questo il compito
dell'archeologia, leggere il messaggio che gli antichi ci hanno lasciato attraverso le
scoperte, gli studi di dettaglio e le ricerche sulle fonti.
Il
ritrovamento nel 2006 di un pozzo romano in Via Caselle, luogo centrale della
città, ha gettato nuova luce sulla presenza romana in questo territorio rurale
situato a cavallo
fra l'agro bononiense e quello claternate che pur beneficiava dall'essere
attraversato da un'arteria già
pulsante di traffici come la via Emilia. Un territorio finora parco di testimonianze
dai periodi che precedono la costruzione del complesso religioso e
di cura agli infermi sorto nel Medioevo sotto la protezione di S. Lazzaro, ma
che da qualche decennio sta rivelando significativi indizi di un popolamento romano,
tutt'altro che rado, che si dispiega tanto in prossimità del grande asse di
comunicazione transregionale, quanto nella soprastante fascia di pianura e
addentro le vallate del Savena e dell'Idice.
Promossa
dal Comune di San Lazzaro e dalla Soprintendenza Archeologia
dell'Emilia-Romagna, la mostra "Aqua fons vitae" utilizza il materiale rinvenuto nel pozzo come punto
di partenza per affrontare il tema dello sfruttamento delle risorse idriche e
della gestione delle acque dall’epoca romana alla modernità.
A ogni latitudine e in ogni orizzonte cronologico un pozzo antico e il suo
contenuto sedimentatosi nel tempo restituiscono sempre veri "tesori" perché
come pochi altri contesti archeologici questo tipo di testimonianza svela
interessanti spaccati di vita quotidiana, esemplificativi di una lunga durata
d'uso o, talvolta, di circostanze legate a particolari eventi. Perduti per un
attimo di disattenzione, oppure buttati perché rotti e ormai inservibili, ma
buoni per tenere pulita e limpida l'acqua da attingere, nascosti in circostanze
fortunose, quando momenti di instabilità politica o sociale consigliano di
mettere al riparo i propri averi, oppure gettati in segno di devozione ad una
divinità patrona dell'acqua o dimorante nelle profondità della terra, gli
oggetti recuperati in un pozzo rappresentano infatti un'eloquente "istantanea"
di un tempo che fu e degli accadimenti - ordinari o straordinari - che gli
si svolsero intorno.
La mostra si snoda intorno al tema delle acque, essenziale fonte di vita per lo
sviluppo della comunità e del territorio, coinvolgendo anche istituzioni dedite alla
valorizzazione del patrimonio culturale regionale (Istituto Beni Culturali della
Regione Emilia-Romagna) e altri enti che a diverso titolo sono preposti al
governo delle acque (Consorzio della Bonifica Renana). Il suo fulcro è costituito
dall’esposizione dei ritrovamenti archeologici del pozzo romano di via Caselle
che si inserisce in un più ampio percorso di visita attraverso l’illustrazione
delle principali forme di sfruttamento dell’acqua che l’uomo ha progettato, fin
dagli albori della propria storia, per migliorare le condizioni necessarie
all’insediamento umano, fino a favorire la crescita sociale ed economica
dell’intera area bolognese.
Il materiale proveniente dallo scavo viene mostrato per la prima volta
all’attenzione del grande pubblico, narrando la storia e l’importanza della
scoperta e condividendo i risultati degli studi svolti e dei restauri
effettuati. Inoltre, i ritrovamenti rappresentano un elemento chiave nelle
indagini sulle origini romane del territorio in cui si è sviluppato l'attuale
centro urbano.
Il percorso espositivo è articolato in tre aree, definite spazialmente e
tematicamente ma legate fra loro, che si avvalgono sia di supporti tradizionali
(pannelli informativi con contenuti testuali e grafici e vetrine con materiali
originali e ricostruzioni) che di supporti tecnologici (proiezioni di scenari
immersivi, ricostruzioni ambientali e touchscreen).
A sin. Olla biansata - A des. Secchio con anse forate per l’aggancio del
manico e l’appendimento
Il primo settore (AQUAE FONS VITAE, realizzato in collaborazione con
il Consorzio della Bonifica Renana di Bologna) sviluppa il tema dell’acqua in
rapporto ai geo-ambienti, alle evoluzioni ambientali e territoriali del sistema
idrografico nel tempo, al suo controllo e regimentazione dal Medioevo in avanti,
all’organizzazione e alle problematiche attuali nella gestione delle risorse
idriche. Testimonianze bibliografiche, storiche e geo-ambientali, guidano il
visitatore in un lungo viaggio nel tempo che si dipana fra le primordiali
tecniche di sfruttamento delle acque alle più avanzate tecnologie di controllo.
Materiali multimediali e documentari illustrano l’importanza dell’intervento
umano sulla gestione delle acque e alcuni tra i più significativi sistemi di
sfruttamento odierno sul territorio.
Il secondo settore (IL TERRITORIO E LE ACQUE) offre la lettura di due
aspetti strettamente legati al territorio sanlazzarese.
Un ristretto campionario di reperti archeologici provenienti dal territorio
testimoniano alcuni elementi dell’abitare in epoca romana: si va dai laterizi (manubriati,
tegole, suspensurae, coppi ecc.) ai manufatti legati alla gestione delle acque (fistula
e tubi, valvola, mattoni puteali, vera da pozzo) fino a un’esemplificazione
delle tipologie pavimentali più in uso (esagonette, opus spicatum, tessere da
mosaico). Pannelli e touchscreen approfondiscono alcuni argomenti legati alla
romanizzazione e alla realizzazione e significato dei pozzi.
Lungo le pareti una serie di pannelli affronta invece in chiave
diacronico-tematica le principali evidenze dell’area sanlazzarese in qualche
modo legate alle acque. Un viaggio nel tempo alla scoperta di significati e
funzioni di luoghi noti alla comunità locale, ma la cui conoscenza spesso non si
spinge fino alle origini e all’interpretazione degli stessi nel contesto del
sistema-territorio.
Il terzo settore (LA VITA NEL POZZO) è quello dedicato all’esposizione
delle testimonianze archeologiche correlate al pozzo di epoca romana recuperato
nel 2006. Questa sezione (di forma circolare per evocare la sagoma del pozzo)
sfrutta una quinta scenografica per esporre alcuni reperti pertinenti a
insediamenti rustici del territorio, evocando con proiezioni ed audio ad hoc
immagini in movimento e suoni della vita del pozzo come quelli che richiamano la
caduta di oggetti sul suo fondo.
Ai materiali provenienti dai siti sanlazzaresi di Croara-Ca’ Rossa,
Ponticella-podere Sant’Andrea loc. Siberia, Pizzocalvo-Ca’ Poggio,
Pizzocalvo-Roncadello di Sotto, Borgatella-LUCMAR e Borgatella Podere San
Francesco, San Lazzaro-Tangenziale Caselle, San Lazzaro via Jussi/via Mezzini,
Idice-via Castiglia, Idice-Cave SAFRA, Fondovalle Idice-Ca’ de Mandorli e Castel
de’ Britti-greto dell’Idice si affianca una buona campionatura di quello
rinvenuto nel pozzo di Via Caselle, corredato dal modellino del rustico
romano a cui il pozzo forniva l'acqua.
Il pozzo romano: storia di una scoperta
Nonostante non ci siano elementi che permettano di datare con certezza il
periodo in cui il pozzo è stato costruito è ragionevole pensare che la sua
costruzione non sia avvenuta prima del I a.C.
Il pozzo trovato nel 2006 durante i lavori preliminari alla costruzione di un
nuovo complesso architettonico a uso residenziale e commerciale è stato
esplorato dai sub del Gruppo Ravennate Archeologico di Ravenna: l’esame di
quanto contenuto negli strati inferiori del pozzo è di notevole interesse.
Innanzitutto un dupondio di Marco Aurelio coniato nel 170-171 d.C., una lucerna
con marchio VIBIANI e alcuni bicchieri tipo via Andrea Costa. Poi brocche e
brocchette in gran numero tra cui un esemplare con marchio RETINIA. Molto
interessante una bottiglia con l’iscrizione graffita DOMV CONFUSI CAM e numerose
anche le olle biansate; tra le ceramiche di uso comune, da mensa e da dispensa,
sono presenti frr. di bottiglie, olle, ciotole, coperchi e recipienti per la
cottura degli alimenti: pentole e tegami.
La bottiglia conserva tracce di un rivestimento rosso e presenta sul corpo
un’iscrizione graffita, dove si legge DOMV CONFUSI CAM, ovvero «a casa versai
CAM»: CONFUSI può essere letto come perfetto dell’indicativo attivo del verbo
confundo, CAM potrebbe invece riferirsi al noto vino campanus. L’iscrizione
continua poi con alcune lettere apparentemente cancellate da linee sovraincise
che ne rendono molto difficile la lettura. L’ipotesi -destinata a restare tale-
è che vi sia iscritto un nomen completo di prenomen e cognomen
P [ ] NELIO
LEONE. Quando il recipiente era in uso, l’iscrizione doveva essere più evidente:
il graffito faceva risaltare l’arancio dell’impasto sulla superficie rossa
verniciata
Diversi sono i reperti lapidei, vitrei, di osso lavorato, legno, tessuto e metallo: un mortaio in pietra di Aurisina, uno spillone in osso a testa sferica, una fusaiola e di un piattino in legno d’acero, due tappi in legno di olmo, numerose assi e altri elementi da costruzione. Si sono inoltre conservati pressoché intatti una casseruola di bronzo, che faceva probabilmente parte del servizio da tavola, e un secchio di lamina. Fra gli oggetti più significativi si segnala infine un pendaglio di lamina bronzea traforata che presentava al centro lo spazio per un elemento decorativo (gemma o pasta vitrea) di cui però rimane solo la traccia dell’attacco. Si tratta di un oggetto ornamentale, di cronologia incerta, forse intenzionalmente deposto sul fondo al momento della costruzione del pozzo, come del resto il recipiente dentro cui era contenuto.
Questo pendaglio è stato rinvenuto nel fondo interno di un vaso spezzato in due parti, incastrato intenzionalmente
nella base sabbiosa del pozzo. È di lamina
bronzea traforata e presenta al centro lo spazio per un elemento decorativo
(gemma o pasta vitrea), di cui però rimane solo la traccia dell’attacco. Si
tratta di un oggetto ornamentale, di cronologia incerta, forse intenzionalmente
deposto sul fondo del pozzo, come del resto il recipiente che lo conteneva
Il pozzo fu abbandonato sul finire del II secolo d.C. o forse agli inizi del
successivo, quando le conseguenze della crisi economica, determinatasi a causa
anche della concorrenza commerciale delle provincie che era divenuta sempre più
difficile da contrastare, si manifestarono in maniera concreta in tutto il
territorio bolognese.
Fin da subito, quindi, è stata riconosciuta la portata di questa scoperta in
grado di offrire un importante contributo sul coevo popolamento dell’area
orientale bolognese e di rafforzare l’identità storica dello stesso territorio.
Questa casseruola faceva probabilmente parte del servizio da tavola. Appartiene
a un tipo largamente diffuso a Pompei al momento dell’eruzione (79 d.C.) e per
questo motivo potrebbe essere un po’ più antica rispetto al resto del materiale
che si colloca invece in una fase avanzata del II secolo d.C.
Il pozzo romano: un cantiere-scuola di restauro archeologico
La mostra fornisce anche l'occasione per presentare al pubblico il
cantiere-scuola di restauro dedicato ai materiali ceramici del pozzo promosso dall'IBC e dal Museo "L. Donini"
, con il sostegno della LR18/2000. Una singolare esperienza formativa rivolta a
18 giovani studenti o specializzandi di archeologia che, coordinati da un
restauratore professionista, si sono cimentati per sei settimane con tutte le
fasi del restauro archeologico (dalla pulizia alla restituzione dell'integrità
formale dei pezzi), prendendo contatto con le varie
problematiche e aspetti attinenti la conservazione di questa
delicata categoria di beni culturali.
inaugurazione sabato 2 aprile 2016, ore 16.30
Presentazione della mostra alla Loggia del Municipio, Piazza Bracci 1, con il
Sindaco Isabella Conti, il Soprintendente Archeologo dell’Emilia-Romagna Luigi
Malnati, Fiamma Lenzi dell’Istituto regionale Beni Culturali, e il Presidente
del Consorzio della Bonifica Renana Giovanni Tamburini; sarà proiettato il film
sul recupero delle testimonianze del pozzo romano di via Caselle commentato da
Giovanni Fucci, Presidente del Gruppo Ravennate Archeologico
A seguire inaugurazione alla Sala di Città del Municipio, Via Emilia 192, a San Lazzaro di Savena