Che aspetto aveva l'antico municipio romano di
Regium Lepidi? Cosa conosciamo della città romana oltre alla
celebre via Emilia? La mostra che espone per la prima volta alcuni mosaici provenienti da domus di età imperiale dell’antica Regium Lepidi -recentemente restaurati dopo essere stati a lungo conservati nei magazzini dei Musei Civici di Reggio Emilia- è anche l'occasione per un viaggio nel passato Trame di pietra. I mosaici romani a Reggio Emilia L'abitato della città romana e i suoi tanti edifici pubblici rivivono grazie al video-documentario “Sulla strada per Roma”, ricostruzione virtuale della Reggio Emilia di duemila anni fa che affianca l'esposizione
Palazzo
del Governo Dal 3 giugno 2012 al 2 aprile 2013 sabato dalle 10 alle 12 ingresso gratuito Altre info Marco Podini 0521 233718 / 282787 - marco.podini@beniculturali.it |
La consistenza quantitativa e qualitativa del corpus musivo di epoca romana
restituito da Reggio Emilia, l'antica Regium Lepidi, è eccezionale. Le
scoperte in città e nel territorio hanno inizio nel XVIII secolo e proseguono
fino ad anni recenti con due momenti fondamentali. Il primo è legato
all’attività di don Gaetano Chierici, fondatore dell’archeologia reggiana nella
seconda metà del XIX secolo; il secondo è quello relativo ai decenni che
seguirono la II Guerra Mondiale, anni di frenetica ricostruzione della città che
generarono un altissimo numero di rinvenimenti occasionali.
I mosaici ritrovati in
quest’ultima fase, documentata da suggestive foto dell'epoca, sono ora i protagonisti della mostra “Trame di pietra. I
mosaici romani a Reggio Emilia” allestita nel Palazzo del Governo di
Reggio Emilia a partire dal 3 giugno (inaugurazione a inviti la sera precedente).
Curata dagli archeologi della Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell’Emilia-Romagna, Anna Rita Marchi e Marco Podini, e da Roberto Macellari,
funzionario dei Musei Civici di Reggio Emilia, coadiuvati dall'archeologa SBAER Laura Forte,la mostra espone per la prima
volta sei mosaici provenienti da alcune domus di età imperiale (I-II secolo
d.C.) scoperte nel centro storico della città, distaccati al tempo del
rinvenimento e così salvati dall'inevitabile distruzione dell'attività edilizia.
Si tratta di sei tappeti di pietra a disegno geometrico, quasi tutti bianco-neri
(salvo uno, parzialmente policromo, diventato il testimonial della mostra),
disposti su pannelli di un metro quadro circa. Conservati da decenni nei
depositi, dalla metà degli anni Novanta i Musei Civici di Reggio Emilia hanno avviato
-e recentemente concluso- il
restauro di questo patrimonio, sostenuto dall’Istituto per i beni culturali
della Regione Emilia-Romagna.
Foto d'epoca documentano il ritrovamento dei mosaici della prima metà del I
secolo d.C. nell'area urbana di Reggio Emilia
L'esposizione e valorizzazione di questi mosaici nasce da un’idea emersa nel corso di alcuni incontri tra
Filippo Maria Gambari, Soprintendente per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna,
e Antonella De Miro, Prefetto di Reggio Emilia, figlia d'arte (il papà Ernesto
era archeologo) nonché amante del mondo classico anche in virtù dell'origine
agrigentina. Il loro progetto è poi stato condiviso dalla
Provincia e dal Comune di Reggio Emilia e reso possibile grazie
al finanziamento della Fondazione Pietro Manodori e al sostegno dell'IBC,
Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali Regione Emilia-Romagna che ha
supportato il restauro del corpus musivo.
I mosaici, alcuni dei quali originariamente di ampia metratura e provenienti da
contesti residenziali di età prevalentemente alto-imperiale (I-II secolo d.C.)
furono ritrovati durante scavi archeologici condotti attorno alla metà del
secolo scorso nel centro storico di Reggio Emilia. Attualmente conservati presso
i magazzini dei Musei Civici di Reggio Emilia, sono stati restaurati grazie a un
progetto di finanziamento promosso dall'Istituto per i Beni Artistici Culturali
e Naturali della Regione Emilia-Romagna.
A lungo privi di uno spazio idoneo per
la loro esposizione, i sei mosaici troveranno spazio lungo il chiostro dell'ex
Collegio di Santa Caterina nel Palazzo del Governo, sede della Prefettura.
L'esposizione dei mosaici è affiancata dal video-documentario “Sulla strada per Roma” -realizzato dalla Mediavision snc di
Reggio Emilia con la regia di Nico Guidetti- che sarà proiettato per l'intera
durata della mostra.
Come ha sottolineato lo stesso Prefetto Antonella De Miro, il filmato vuole
fornire “un facile strumento di
contestualizzazione dei mosaici per mettere i ragazzi nella condizione di
conoscere il senso della continuità della storia, dell’appartenenza dell’uomo a
coloro che lo hanno preceduto e alle generazioni a venire, per conservare
memoria delle identità culturali e storiche di una collettività”. Il video è incentrato sulla
nascita, sviluppo e decadenza dell'antico municipio romano di Regium
Lepidi in cui, in tempi recenti, sono state effettuate scoperte di grandissima
importanza che hanno sensibilmente modificato lo scenario storico-archeologico
della città, imponendone in alcuni casi una revisione.
La mostra, promossa dalla Prefettura di Reggio Emilia, è organizzata dalla
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e dal Comune di
Reggio Emilia con il supporto dell’Istituto per i Beni Artistici, Culturali e
Naturali della Regione Emilia-Romagna e il patrocinio della Provincia di Reggio
Emilia.
Progetto e coordinamento scientifico di Roberto Macellari, Anna Rita
Marchi, Marco Podini.
Coordinamento della mostra di Marco Podini
Apparato didattico di Laura Forte
Sponsor Fondazione Pietro Manodori
Catalogo: Trame di pietra. I mosaici romani a Reggio Emilia, a cura di Roberto Macellari, Anna Rita Marchi, Marco Podini, Reggio Emilia 2012
Questo
mosaico, in tessere marmoree bianche e nere, venne alla luce nella primavera del
1958 durante i lavori per la costruzione di alcuni complessi edilizi nell’area
compresa tra la via Emilia a S. Stefano e via S Rocco, che costituivano il
decumano maggiore e il decumano minore di Regium Lepidi, e le vie Campanini e
Crispi, che ne costituivano, invece, i cardini minori.
Il tappeto musivo era parte di una serie continua di mosaici che si estendeva a
una profondità di circa 3,50 metri dal piano stradale e che, verosimilmente,
ornava una delle più grandi domus cittadine. La decorazione si compone secondo
schemi geometrici e presenta il motivo a stelle di losanghe, di solito impiegato
sia per grandi superfici sia per soglie ed emblemata (riquadri centrali), che
ebbe ampia diffusione a Reggio, dove è documentato anche da un pavimento romano
rinvenuto sotto la cripta del Duomo, e più in generale in Emilia, nel I e II
secolo d. C.
Descrizione
Campo rettangolare con composizione ortogonale di stelle a otto punte,
definite da una linea nera, contenenti ognuna una losanga più piccola nera su
campo bianco. Tra una stella e l’altra sono inseriti rombi e quadrati.
I quadrati a fondo nero, contengono ognuno un rombo bianco entro cui si trova un
altro quadrato nero, al cui interno è inserito a sua volta un rombo più piccolo.
Il tappeto musivo è delimitato da una lista nera e da una fascia perimetrale
bianca realizzata con tessere che formano un ordito obliquo.
Inizi I secolo d.C.
Questo
mosaico proviene da un altro ambiente della grande domus individuata nel corso
degli scavi del 1958 nell’insula situata tra le vie Emilia a S. Stefano, S.
Rocco, Campanini e Crispi.
Dotato di estensione piuttosto ampia (4,20 x 6 metri), presenta una decorazione
policroma di particolare raffinatezza, tanto da far supporre che fosse
originariamente collocato in uno degli ambienti di rappresentanza della casa. Le
tessere sono disposte secondo uno schema modulare che si ripete su tutto il
pavimento e che fonde un motivo a esagoni con un motivo a stella.
Questo tipo di decorazione, che ben si adattava a pavimenti di grandi
dimensioni, trovò ampia diffusione in Italia nel I secolo d.C., periodo cui si
può verosimilmente ascrivere anche il mosaico reggiano. Se ne ritrovano altri
esempi in Emilia a Faenza (domus di età augustea di vicolo Pasolini) e a Imola,
nonché al di fuori della regione, ad Aquileia.
Descrizione
Entro una fascia bianca, inquadrato da due liste nere inframmezzate da
una bianca, il motivo decorativo è costituito da una composizione di stelle a
sei punte al cui interno sono iscritti esagoni recanti al centro un fiore
policromo a sei petali. Le stelle si toccano per le punte, creando spazi bianchi
a forma di losanghe.
I secolo d.C.
Nel
settembre del 1935, in occasione dei lavori per la realizzazione del nuovo
sistema fognario cittadino, fu portato alla luce questo mosaico in tessere
bianche e nere, che era sepolto alla profondità di circa 2 metri dal piano
stradale all’altezza di via Toschi e via S. Carlo, rispettivamente, il decumano
minore meridionale e il cardine massimo di Regium Lepidi. Il mosaico, di
dimensioni ragguardevoli (7 x 4,80 metri, di cui tuttavia se ne poté asportare
solo un’area pari a 5,40 x 4,60 metri) presenta uno degli schemi più in voga per
la decorazione di ampie superfici pavimentali tra la fine dell’età repubblicana
e il I secolo d.C., quello del reticolo di rombi inquadrato da una cornice a
doppio meandro. Nella stessa Emilia se ne ritrovano esempi nell’edilizia privata
romana a Faenza e ad Imola, nella domus di via San Pier Crisologo.
Descrizione
Cornice con motivo a doppio meandro di svastiche e quadrati, delineati
da una linea nera, su fondo bianco. Il doppio meandro, dopo ogni incrocio, è
inframmezzato da piccoli quadrati a fondo bianco, ognuno dei quali contiene un
elemento geometrico differente (punti, barre, croci, fiori, spine di pesce ecc.)
Campo bianco decorato con reticolo di rombi disegnati da due file di tessere
nere. Il motivo a reticolo di rombi, largamente utilizzato nei signini, è
largamente impiegato a partire dall’età tardo- repubblicana e nel I secolo d.C.,
specie in pavimenti di ampie dimensioni.
I secolo d.C.
Il
mosaico fu rinvenuto nel giugno del 1962 a una profondità di poco inferiore a 4
metri nel corso di lavori per la costruzione di un nuovo edificio tra piazza
Cavour e via Crispi, nell’area che nell’800 aveva ospitato la dimora dei conti
Palazzi.
La sua superficie era particolarmente estesa, tanto da proseguire anche al di
sotto delle fondazioni del palazzo dell’ex Camera di Commercio, per cui fu
indagata solo parzialmente. Il mosaico fu staccato in cinque sezioni e
ricomposto nei Musei Civici.
Lo scavo ne identificò anche i sottostanti livelli di preparazione, che
consistevano in un conglomerato di calce e laterizi alto 10 cm, e in uno strato
di ciottoli di fiume alto 17 cm. La decorazione, in tessere bianche e nere, è di
tipo geometrico e presenta un particolare motivo a rombi, inquadrati da fasce
costituite da quadrati, che non è diffuso in Emilia se non a Ravenna, in
contesti risalenti al I secolo d.C., ed è invece attestato ad Aquileia
Descrizione
Entro una larga fascia bianca, delimitata da una lista nera, decorazione
geometrica formata da un reticolo di file di quadrati neri su fondo bianco. Le
file di quadrati individuano spazi quadrati entro cui si inseriscono losanghe
delineate da una lista nera, recanti al loro interno rombi più piccoli neri su
fondo bianco.
Il motivo decorativo non sembra essere molto diffuso, ma risulta particolarmente
indicato per esaltare la vastità degli ambienti in cui veniva impiegato.
I secolo d.C.
Questi mosaici ornavano il pavimento e la soglia di un edificio che fu
identificato nel corso di scavi effettuati nei sotterranei del Palazzo Vescovile
nel 1953. Le indagini condotte all’epoca hanno consentito di individuare almeno
due ambienti diversi, ma è verosimile che l’edificio avesse un’articolazione più
complessa che non è stato purtroppo possibile delineare.
La soglia e il pavimento riproducono un motivo decorativo di tipo geometrico in
tessere bianche e nere che era assai diffuso nell’Italia settentrionale nel I
secolo d.C., periodo cui si datano anche i frammenti qui esposti, e che poi
trovò ampio riscontro nelle province romane d’Occidente.
In Emilia se ne trovano altri esempi a Parma e Imola.
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Descrizione
Frammento 1 - Campo delimitato da una fascia in tessere bianche,
disposte obliquamente, e da un motivo composto da due liste nere che racchiudono
una teoria di triangoli neri su sfondo bianco susseguentisi.
La parte centrale del pavimento presenta una decorazione di meandri a svastiche
e quadrati, delineati da due liste nere e una bianca centrale. Gli spazi
intermedi sono riempiti con file di clessidre nere alternate a quadrati bianchi.
Frammento 2 - Soglia con motivo a losanga iscritta
in un rettangolo con alternarsi di bordi bianchi e neri.
Questo motivo decorativo, noto in numerose varianti, compare in un certo numero
di pavimenti databili al I secolo d.C. nell’Italia settentrionale, da cui si
diffonde nelle province romane d’Occidente.
prima metà del I secolo d.C.
Questo
mosaico fu rinvenuto in stato frammentario nel 1994 in via Sessi, a una
profondità di circa 2 metri dalla superficie stradale, in seguito alla
demolizione di un edificio situato tra il Palazzo delle Poste e via Crispi.
Pur se originariamente collocato in un ambiente piuttosto ampio, di lunghezza
pari a circa 8 metri, sono giunti fino a noi solo i lembi del mosaico, che erano
situati in corrispondenza dei muri perimetrali.
La decorazione superstite, piuttosto semplice, presenta una doppia banda in
tessere nere su sfondo bianco, secondo uno schema che ebbe inizio in età
tardo-repubblicana (fine II-inizi del I secolo a.C.) e trovò poi ampia
diffusione nella prima età imperiale. Il frammento esposto si può datare al I
secolo d.C.
Decorazione
Doppia banda lineare a tessere nere in campo bianco.
I mosaici monocromi cominciano a comparire a Roma tra la fine del II e l’inizio
del I secolo a.C., per poi diffondersi abbondantemente nel secolo successivo, un
po’ ovunque, con trame sempre più accurate e regolari.
I secolo d.C.