Il nuovo parco museo archeologico Novi Ark può fornire un'idea di come fosse la
opulentissima et splendidissima Mutina decantata da Cicerone.
A poco più di un anno dalla conclusione degli scavi per la realizzazione di un
grande parcheggio interrato, possiamo ora passeggiare tra alcune significative
testimonianze di età romana riferite al periodo di maggiore floridezza della
città.
Una strada acciottolata lunga più di cento metri (che reca ancora ben visibili i segni delle
ruote dei carri) è stata rimontata nella stessa posizione del rinvenimento, e con
essa le stele funerarie, le tombe, i resti degli edifici rustici messi in luce
nel corso delle indagini archeologiche come pure una grande vasca circolare per
l'allevamento dei peschi, il puteale di un pozzo e alcune centinaia di anfore
utilizzate per il trasporto di olio, vino e della pregevole salsa di pesce
importata dalla Spagna.
L'esposizione (protetta da grandi vetrate) di circa 300 anfore da trasporto
ritrovate in grandi discariche di età alto imperiale
I lavori per la costruzione del parcheggio interrato NoviPark, per dimensione il secondo più
grande d’Italia, hanno permesso d'indagare testimonianze archeologiche di epoche assai
diverse, dalle labili tracce di frequentazione etrusca ai più consistenti
ritrovamenti di età romana, fino ai resti di un complesso monastico di età
medievale e allo scavo di un cimitero di appestati del Seicento.
Le operazioni di scavo iniziate nel 2009 (Direzione scientifica dell’allora
Soprintendente per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, Luigi Malnati,
coadiuvato dagli archeologi Donato Labate, per i rinvenimenti di età romana e
postantichi, e Daniela Locatelli, per i rinvenimenti protostorici) sono state
condotte sul campo dalle ditte Coop. Archeologia di Firenze ed Coop
Archeosistemi di Reggio Emilia.
Gli scavi, effettuati su una superficie complessiva di circa 24000 mq., hanno
raggiunto i 7,5 metri di profondità, intercettando evidenze archeologiche di
varia cronologia: l’età del ferro ha
restituito poche e sporadiche attestazioni (buche e fosse di scarico) mentre
risalgono all’età romana la maggior parte delle strutture archeologiche
rinvenute (strade, necropoli, insediamenti rustici, grandi discariche, pozzi,
vasche e canalizzazioni), all’età medievale un complesso monastico con necropoli
e un pozzo, e all’età moderna un cimitero di appestati, un pozzo e alcune
discariche. (clicca qui per andare alla
pagina dedicata alla mostra "Parco Novi Sad - Archeologia di uno spazio urbano")
Verificato lo stato di conservazione delle strutture d’interesse archeologico,
questa Soprintendenza d’intesa con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e
Paesaggistici dell’Emilia-Romagna e la Soprintendenza per i Beni Architettonici
e per il Paesaggio per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia, ha
definito strategie
d’intervento e precise prescrizioni, chiedendo alla committenza una serie di
garanzie per la tutela e la valorizzazione dei beni archeologici senza le quali
non poteva essere concesso il nulla osta di competenza per il prosieguo dei
lavori. In particolare la committenza si è fatta carico dei costi per realizzare
uno scavo archeologico comprensivo di analisi archeometriche e antropologiche
oltre a indagini archeobotaniche mirate alla ricostruzione del paesaggio antico,
l'adeguato smontaggio e ricollocazione, ai fini della valorizzazione, delle più
significative strutture di età romana venute in luce (come le vasche, i
monumenti funerari e la strada basolata), in un parco archeologico da allestire
in superficie nella zona del rinvenimento e l’edizione scientifica dello scavo.
Le indagini archeologiche
sono terminate
nella primavera del 2011.
Lo smontaggio delle strutture da valorizzare è avvenuto in maniera scientifica,
coordinato sul posto dalla restauratrice Giuliana Cuomo (Coop. Archeologia di
Firenze) che ha operato secondo le indicazioni fornite dalla direzione
scientifica dello scavo e dai restauratori della Soprintendenza Antonella
Pomicetti e Roberto Monaco. In particolare,
prima dello smontaggio la strada lunga acciottolata (114 m) è stata disegnata e
rilevata con Scann-Laser. I ciottoli sono stati numerati e posizionati in
planimetria di dettaglio, in modo da poterli ricollocare nel parco archeologico
nell’identica posizione del rinvenimento. Sono state anche smontate una grande
vasca circolare (diametro 14 metri) in mattoni trapezoidali destinata
all'allevamento del pesce, una vasca rettangolare utilizzata forse per la
tosatura delle pecore, un grande puteale lapideo da pozzo, le stele funerarie
con i loro basamenti e tre tombe tardoantiche realizzate con il reimpiego di
resti di monumenti più antichi.
Contestualmente allo scavo, è stata redatta la relativa documentazione
comprensiva dei rilievi grafici e fotografici, inclusa la documentazione
fotografica di 3797 reperti notevoli (importanti sia ai fini della datazione sia
per il tipo di classe dei materiali documentati nello scavo). Tutti i reperti
rinvenuti sono stati sistemati in 1869 casse, ivi compresi i resti di 493
sepolture di cui 327 di età romana, 45 medievali e 116 pertinenti agli appestati
del 1630. A queste casse bisogna aggiungere quasi un migliaio di anfore, per lo
più intere, e diversi resti di monumenti funerari.
Concluso lo scavo, si è subito proceduto ai lavori di restauro e alla
valorizzazione dei monumenti rinvenuti nel primo parco archeologico di età
romana allestito a Modena. Oltre alla strada fiancheggiata dai monumenti
funerari, alle vasche e al pozzo, nel parco è stato ricostruito il perimetro
intero di una fattoria romana e quello di un grande cortile, disegnato dai
basamenti dei pilastri che sorreggevano il portico, appartenuto forse a una
villa urbano rustica.
Sono anche esposte (protette da grandi vetrate) circa 300 anfore da trasporto
ritrovate in grandi discariche di età alto imperiale.
In soli tre anni, nell'ambito di un proficuo rapporto di collaborazione tra la
committenza, il Comune e gli Uffici del Ministero per i Beni Culturali, è stato
possibile realizzare a Modena un grande progetto di parco archeologico dedicato
ad un periodo, quello romano, che fece di Modena una città decantata per i suoi
prodotti e per la sua ricchezza.
Modena, Parco Nodi Sad - L'area archeologica
Il parco archeologico
Il progetto di parco archeologico al Novi Sad, approvato dalla
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna, ha
previsto la ricollocazione in superficie di alcuni importanti elementi
strutturali emersi nel corso dello scavo nell’ottica di una valorizzazione del
sito come museo open air. L'approccio intendeva rendere comprensibili e fruibili
con segni minimi le presenze sul terreno, sviluppandole su due piani distinti: quello
della storia del luogo e dello spazio quotidiano, quello composto dai reperti
del museo archeologico all’aperto.
Il primo piano riguarda l’assetto generale dell’area che sarà determinato dal
percorso della pista circolare, preesistenza storica, da cui si diramano brevi
percorsi secondari di collegamento ai manufatti emergenti del parcheggio.
Rendering del progetto preliminare e logo del Parco Archeologico (progetto
grafico Avenida)
Il percorso centrale, dedicato alla strada romana, è invece il fulcro del
museo all’aperto. La porzione di strada messa in luce nello scavo, lunga oltre
110 metri, è stata ricollocata nella sua interezza in superficie
nell’esatta posizione in cui è stata rinvenuta.
Lungo un lato della strada è stato ricostruito, attraverso la ricollocazione dei
reperti originari, un tratto di necropoli di I secolo d.C. I monumenti, una
quindicina fra stele e are funerarie, costeggiano, a distanza regolare l’uno
dall’altro, il percorso stradale secondo il criterio in uso durante l’età
imperiale che prevedeva l’assegnazione di lotti di terreno alle aree funerarie.
Lungo il lato opposto della strada ha trovato spazio la riproposizione di un
contesto funerario di età tardoantica, coevo alla strada ricollocata in
superficie.
Tale contesto, presentato facendo ricorso a copie dei monumenti
originari, permette di illustrare l’uso frequente in questo periodo (III-IV
secolo d.C.) di smantellare sepolture più antiche per riutilizzarne parti come
coperture di tombe.
Due di queste stele figurano, in originale, nella presentazione del tratto di
necropoli di età imperiale e, in copia, a copertura di una tomba a cassa
laterizia nel complesso di età tardoantica.
Accanto all’asse centrale del parco open air rappresentato dalla ricostruzione
della strada e delle necropoli, il percorso archeologico comprende anche un
approfondimento sulle aree insediative, documentate nell’area nord-ovest dai
segni dei perimetri di edifici e da una zona di impianti produttivi in cui viene
riproposta la ricostruzione della grande vasca circolare e di un pozzo. La vasca
circolare è stata ricollocata secondo le indicazioni della Soprintendenza per i
Beni Archeologici, al piano del prato con protezione in vetro superiore e
perimetrale, in modo da proteggere i reperti contenuti al suo interno.
Le varie fasi dello scavo, la stratigrafia del sito e le altre strutture
rinvenute sono illustrate nelle postazioni multimediali a
disposizione del pubblico nell’area dedicata a zona ristoro e centro visitatori,
con ulteriore funzione di punto di accoglienza per le scuole e per i
gruppi che visiteranno il museo all’aperto. Questo padiglione è regolarmente
aperto al pubblico ed è dedicato in particolare a studenti e utenti del
polo S. Agostino (Università, musei e biblioteche).
La Direzione Generale per le Antichità saluta con soddisfazione
l'inaugurazione del parco archeologico Novi Ark di Modena, dove sono esposti i
monumenti di età romana di maggiore interesse emersi nel corso delle indagini
archeologiche preventive alla realizzazione di un grande parcheggio interrato.
In un tempo davvero limitato -dall'inizio scavo alla fine del 2009, alla
valorizzazione dei monumenti nel luglio 2012- è stato possibile portare a
termine un grande progetto realizzato grazie alle sinergie messe in campo da
Committenza dei lavori e organi preporti alla tutela quali Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, Soprintendenza per i Beni Architettonici
e per il Paesaggio delle province di Bologna, Modena e Reggio Emilia e Direzione
Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna.
Precisi impegni sottoscritti dalle parti e una corretta programmazione dei
lavori hanno consentito in breve tempo di terminare le indagini archeologiche e
di progettare la valorizzazione dei monumenti. Un esempio virtuoso che può
essere d'esempio a livello nazionale per altri grandi lavori presenti e futuri,
al fine di migliorare le capacità di salvaguardia, conservazione e
valorizzazione del patrimonio archeologico e culturale del nostro paese.
dott. Luigi Malnati, Direttore Generale per le Antichità
Non è mai facile trovare il punto di equilibrio tra modernità e conservazione
dell’antico.
Sono ambiti che inevitabilmente si incrociano e si sovrappongono nel tessuto
urbano delle nostre città che hanno profonde radici nel passato e sete di
modernità.
Bisogna usare tutto il tempo necessario perché le decisioni che si devono
prendere, a favore di una dimensione o dell’altra, non portino alla collisione
ma, anzi, diano origine a nuove opportunità culturali.
Bisogna avere la pazienza di costruire o di ricostruire avendo una visione delle
cose sul lungo periodo, per proiettare il pensiero in avanti cercando di
scorgere il traguardo finale e le nuove possibilità che questo ci può portare.
Quando, poi, si riesce a vedere e costruire insieme, il risultato è sempre più
alto e così è stato nella gestione del progetto di recupero delle strutture
archeologiche e dei reperti emersi dagli scavi per la realizzazione del
parcheggio che hanno visto la Soprintendenza per i Beni Architettonici e
Paesaggistici e la Soprintendenza per i Beni Archeologici, in prima linea a
fianco della Direzione Regionale nel cercare con il Comune di Modena una
soluzione che conciliasse le esigenze della modernità alla tutela dei beni
rinvenuti e al contesto architettonico originario del parco.
Abbiamo lavorato insieme per trasformare un potenziale problema in una
opportunità.
Le importanti testimonianze archeologiche emerse nel corso dei lavori potevano
rimanere ignote ancora per secoli o per millenni, oppure, una volta rinvenute
avrebbero potuto arricchire le bacheche espositive dei nostri musei.
La terza via che si è scelta, quella di ricostruire in superficie ciò che era
nascosto, è stata forse la meno facile ma sicuramente quella con la valenza
pedagogica e civile assolutamente più valida.
Con uno sforzo intellettuale che all’apparenza potrebbe sembrare poco
pertinente, si potrebbe agganciare questa operazione alla realtà contingente e
scottante del terremoto che ha segnato così duramente proprio gran parte della
provincia di Modena e del grande tema del salvataggio e della ricostruzione dei
beni culturali.
Si parla tanto, e a giusta ragione, della dignità, delle radici forti, della
civiltà e della saldezza identitaria di cui danno prova gli emiliani in questo
terribile frangente.
Ebbene, bisogna chiedersi da dove arriva questa forza se non dalla loro storia,
dalla cultura sedimentata nei secoli e coltivata dai padri per i figli, dalle
chiese, dalle torri, dalle vestigia dell’antico che nutrono la terra in cui gli
emiliani sono nati.
Ogni generazione deve essere pronta a usare il tempo che gli viene concesso per
difendere e ricostruire i pezzi di una storia, la propria, che può rimanere
nascosta per secoli o essere ferita in pochi secondi da un terremoto.
E’ per questo che coltiviamo la nostra inclinazione alla conservazione quando è
possibile orientandoci a nuove forme di fruizione non tradizionalmente museali e
siamo decisamente contrari alla distruzione ed alla mancanza di rispetto verso
il nostro straordinario patrimonio culturale.
Gli agglomerati urbani non sono mai restati uguali a se stessi ma sono sempre
stati in perenne cambiamento e spesso, come nella vicenda del parco Novi Sad,
antichi percorsi sono riaffiorati ed hanno ripreso il cammino nella
contemporaneità.
Oggi gli antichi reperti costituiscono, per i frequentatori del parco
archeologico didattico, un pezzo rivelato in più della storia della città di
Modena e della propria identità culturale e viene così offerto a tutti, in
particolare ai giovani, un motivo in più di saldezza sociale ed intellettuale.
Chi non sa ricordare il passato non ha futuro.
arch. Carla Di Francesco, Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emila-Romagna