Dallo scavo alla valorizzazione
Benvenuti al Novi Ark, il nuovo parco museo archeologico di Modena
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vai agli scavi 2009-2010

Il nuovo parco museo archeologico Novi Ark può fornire un'idea di come fosse la opulentissima et splendidissima Mutina decantata da Cicerone.
A poco più di un anno dalla conclusione degli scavi per la realizzazione di un grande parcheggio interrato, possiamo ora passeggiare tra alcune significative testimonianze di età romana riferite al periodo di maggiore floridezza della città.
Una strada acciottolata lunga più di cento metri (che reca ancora ben visibili i segni delle ruote dei carri) è stata rimontata nella stessa posizione del rinvenimento, e con essa le stele funerarie, le tombe, i resti degli edifici rustici messi in luce nel corso delle indagini archeologiche come pure una grande vasca circolare per l'allevamento dei peschi, il puteale di un pozzo e alcune centinaia di anfore utilizzate per il trasporto di olio, vino e della pregevole salsa di pesce importata dalla Spagna.


L'esposizione (protetta da grandi vetrate) di circa 300 anfore da trasporto ritrovate in grandi discariche di età alto imperiale

I lavori per la costruzione del parcheggio interrato NoviPark, per dimensione il secondo più grande d’Italia, hanno permesso d'indagare testimonianze archeologiche di epoche assai diverse, dalle labili tracce di frequentazione etrusca ai più consistenti ritrovamenti di età romana, fino ai resti di un complesso monastico di età medievale e allo scavo di un cimitero di appestati del Seicento.
Le operazioni di scavo iniziate nel 2009 (Direzione scientifica dell’allora Soprintendente per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, Luigi Malnati, coadiuvato dagli archeologi Donato Labate, per i rinvenimenti di età romana e postantichi, e Daniela Locatelli, per i rinvenimenti protostorici) sono state condotte sul campo dalle ditte Coop. Archeologia di Firenze ed Coop Archeosistemi di Reggio Emilia.
Gli scavi, effettuati su una superficie complessiva di circa 24000 mq., hanno raggiunto i 7,5 metri di profondità, intercettando evidenze archeologiche di varia cronologia: l’età del ferro ha restituito poche e sporadiche attestazioni (buche e fosse di scarico) mentre risalgono all’età romana la maggior parte delle strutture archeologiche rinvenute (strade, necropoli, insediamenti rustici, grandi discariche, pozzi, vasche e canalizzazioni), all’età medievale un complesso monastico con necropoli e un pozzo, e all’età moderna un cimitero di appestati, un pozzo e alcune discariche. (clicca qui per andare alla pagina dedicata alla mostra "Parco Novi Sad - Archeologia di uno spazio urbano")
Verificato lo stato di conservazione delle strutture d’interesse archeologico, questa Soprintendenza d’intesa con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna e la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia, ha definito strategie d’intervento e precise prescrizioni, chiedendo alla committenza una serie di garanzie per la tutela e la valorizzazione dei beni archeologici senza le quali non poteva essere concesso il nulla osta di competenza per il prosieguo dei lavori. In particolare la committenza si è fatta carico dei costi per realizzare uno scavo archeologico comprensivo di analisi archeometriche e antropologiche oltre a indagini archeobotaniche mirate alla ricostruzione del paesaggio antico, l'adeguato smontaggio e ricollocazione, ai fini della valorizzazione, delle più significative strutture di età romana venute in luce (come le vasche, i monumenti funerari e la strada basolata), in un parco archeologico da allestire in superficie nella zona del rinvenimento e l’edizione scientifica dello scavo.
Una delle stele di età romana ricollocate nel Novi Ark Le indagini archeologiche sono terminate nella primavera del 2011.  Lo smontaggio delle strutture da valorizzare è avvenuto in maniera scientifica, coordinato sul posto dalla restauratrice Giuliana Cuomo (Coop. Archeologia di Firenze) che ha operato secondo le indicazioni fornite dalla direzione scientifica dello scavo e dai restauratori della Soprintendenza Antonella Pomicetti e Roberto Monaco. In particolare, prima dello smontaggio la strada lunga acciottolata (114 m) è stata disegnata e rilevata con Scann-Laser. I ciottoli sono stati numerati e posizionati in planimetria di dettaglio, in modo da poterli ricollocare nel parco archeologico nell’identica posizione del rinvenimento. Sono state anche smontate una grande vasca circolare (diametro 14 metri) in mattoni trapezoidali destinata all'allevamento del pesce, una vasca rettangolare utilizzata forse per la tosatura delle pecore, un grande puteale lapideo da pozzo, le stele funerarie con i loro basamenti e tre tombe tardoantiche realizzate con il reimpiego di resti di monumenti più antichi.
Contestualmente allo scavo, è stata redatta la relativa documentazione comprensiva dei rilievi grafici e fotografici, inclusa la documentazione fotografica di 3797 reperti notevoli (importanti sia ai fini della datazione sia per il tipo di classe dei materiali documentati nello scavo). Tutti i reperti rinvenuti sono stati sistemati in 1869 casse, ivi compresi i resti di 493 sepolture di cui 327 di età romana, 45 medievali e 116 pertinenti agli appestati del 1630. A queste casse bisogna aggiungere quasi un migliaio di anfore, per lo più intere, e diversi resti di monumenti funerari.
Concluso lo scavo, si è subito proceduto ai lavori di restauro e alla valorizzazione dei monumenti rinvenuti nel primo parco archeologico di età romana allestito a Modena. Oltre alla strada fiancheggiata dai monumenti funerari, alle vasche e al pozzo, nel parco è stato ricostruito il perimetro intero di una fattoria romana e quello di un grande cortile, disegnato dai basamenti dei pilastri che sorreggevano il portico, appartenuto forse a una villa urbano rustica.
Sono anche esposte (protette da grandi vetrate) circa 300 anfore da trasporto ritrovate in grandi discariche di età alto imperiale.
In soli tre anni, nell'ambito di un proficuo rapporto di collaborazione tra la committenza, il Comune e gli Uffici del Ministero per i Beni Culturali, è stato possibile realizzare a Modena un grande progetto di parco archeologico dedicato ad un periodo, quello romano, che fece di Modena una città decantata per i suoi prodotti e per la sua ricchezza.


Modena, Parco Nodi Sad - L'area archeologica

Il parco archeologico
Il progetto di parco archeologico al Novi Sad, approvato dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna, ha previsto la ricollocazione in superficie di alcuni importanti elementi strutturali emersi nel corso dello scavo nell’ottica di una valorizzazione del sito come museo open air. L'approccio intendeva rendere comprensibili e fruibili con segni minimi le presenze sul terreno, sviluppandole su due piani distinti: quello della storia del luogo e dello spazio quotidiano, quello composto dai reperti del museo archeologico all’aperto.
Il primo piano riguarda l’assetto generale dell’area che sarà determinato dal percorso della pista circolare, preesistenza storica, da cui si diramano brevi percorsi secondari di collegamento ai manufatti emergenti del parcheggio.


Rendering del progetto preliminare e logo del Parco Archeologico (progetto grafico Avenida)

Il percorso centrale, dedicato alla strada romana, è invece il fulcro del museo all’aperto. La porzione di strada messa in luce nello scavo, lunga oltre 110 metri, è stata ricollocata nella sua interezza in superficie nell’esatta posizione in cui è stata rinvenuta.
Lungo un lato della strada è stato ricostruito, attraverso la ricollocazione dei reperti originari, un tratto di necropoli di I secolo d.C. I monumenti, una quindicina fra stele e are funerarie, costeggiano, a distanza regolare l’uno dall’altro, il percorso stradale secondo il criterio in uso durante l’età imperiale che prevedeva l’assegnazione di lotti di terreno alle aree funerarie.
Lungo il lato opposto della strada ha trovato spazio la riproposizione di un contesto funerario di età tardoantica, coevo alla strada ricollocata in superficie.
Tale contesto, presentato facendo ricorso a copie dei monumenti originari, permette di illustrare l’uso frequente in questo periodo (III-IV secolo d.C.) di smantellare sepolture più antiche per riutilizzarne parti come coperture di tombe.
Due di queste stele figurano, in originale, nella presentazione del tratto di necropoli di età imperiale e, in copia, a copertura di una tomba a cassa laterizia nel complesso di età tardoantica.
Accanto all’asse centrale del parco open air rappresentato dalla ricostruzione della strada e delle necropoli, il percorso archeologico comprende anche un approfondimento sulle aree insediative, documentate nell’area nord-ovest dai segni dei perimetri di edifici e da una zona di impianti produttivi in cui viene riproposta la ricostruzione della grande vasca circolare e di un pozzo. La vasca circolare è stata ricollocata secondo le indicazioni della Soprintendenza per i Beni Archeologici, al piano del prato con protezione in vetro superiore e perimetrale, in modo da proteggere i reperti contenuti al suo interno.
Le varie fasi dello scavo, la stratigrafia del sito e le altre strutture rinvenute sono illustrate nelle postazioni multimediali a disposizione del pubblico nell’area dedicata a zona ristoro e centro visitatori, con ulteriore funzione di punto di accoglienza per le scuole e per i gruppi che visiteranno il museo all’aperto. Questo padiglione è regolarmente aperto al pubblico ed è dedicato in particolare a studenti e utenti del polo S. Agostino (Università, musei e biblioteche).


La Direzione Generale per le Antichità saluta con soddisfazione l'inaugurazione del parco archeologico Novi Ark di Modena, dove sono esposti i monumenti di età romana di maggiore interesse emersi nel corso delle indagini archeologiche preventive alla realizzazione di un grande parcheggio interrato.
In un tempo davvero limitato -dall'inizio scavo alla fine del 2009, alla valorizzazione dei monumenti nel luglio 2012- è stato possibile portare a termine un grande progetto realizzato grazie alle sinergie messe in campo da Committenza dei lavori e organi preporti alla tutela quali Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle province di Bologna, Modena e Reggio Emilia e Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna.
Precisi impegni sottoscritti dalle parti e una corretta programmazione dei lavori hanno consentito in breve tempo di terminare le indagini archeologiche e di progettare la valorizzazione dei monumenti. Un esempio virtuoso che può essere d'esempio a livello nazionale per altri grandi lavori presenti e futuri, al fine di migliorare le capacità di salvaguardia, conservazione e valorizzazione del patrimonio archeologico e culturale del nostro paese.

dott. Luigi Malnati, Direttore Generale per le Antichità


Non è mai facile trovare il punto di equilibrio tra modernità e conservazione dell’antico.
Sono ambiti che inevitabilmente si incrociano e si sovrappongono nel tessuto urbano delle nostre città che hanno profonde radici nel passato e sete di modernità.
Bisogna usare tutto il tempo necessario perché le decisioni che si devono prendere, a favore di una dimensione o dell’altra, non portino alla collisione ma, anzi, diano origine a nuove opportunità culturali.
Bisogna avere la pazienza di costruire o di ricostruire avendo una visione delle cose sul lungo periodo, per proiettare il pensiero in avanti cercando di scorgere il traguardo finale e le nuove possibilità che questo ci può portare.
Quando, poi, si riesce a vedere e costruire insieme, il risultato è sempre più alto e così è stato nella gestione del progetto di recupero delle strutture archeologiche e dei reperti emersi dagli scavi per la realizzazione del parcheggio che hanno visto la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici e la Soprintendenza per i Beni Archeologici, in prima linea a fianco della Direzione Regionale nel cercare con il Comune di Modena una soluzione che conciliasse le esigenze della modernità alla tutela dei beni rinvenuti e al contesto architettonico originario del parco.
Abbiamo lavorato insieme per trasformare un potenziale problema in una opportunità.
Le importanti testimonianze archeologiche emerse nel corso dei lavori potevano rimanere ignote ancora per secoli o per millenni, oppure, una volta rinvenute avrebbero potuto arricchire le bacheche espositive dei nostri musei.
La terza via che si è scelta, quella di ricostruire in superficie ciò che era nascosto, è stata forse la meno facile ma sicuramente quella con la valenza pedagogica e civile assolutamente più valida.
Con uno sforzo intellettuale che all’apparenza potrebbe sembrare poco pertinente, si potrebbe agganciare questa operazione alla realtà contingente e scottante del terremoto che ha segnato così duramente proprio gran parte della provincia di Modena e del grande tema del salvataggio e della ricostruzione dei beni culturali.
Si parla tanto, e a giusta ragione, della dignità, delle radici forti, della civiltà e della saldezza identitaria di cui danno prova gli emiliani in questo terribile frangente.
Ebbene, bisogna chiedersi da dove arriva questa forza se non dalla loro storia, dalla cultura sedimentata nei secoli e coltivata dai padri per i figli, dalle chiese, dalle torri, dalle vestigia dell’antico che nutrono la terra in cui gli emiliani sono nati.
Ogni generazione deve essere pronta a usare il tempo che gli viene concesso per difendere e ricostruire i pezzi di una storia, la propria, che può rimanere nascosta per secoli o essere ferita in pochi secondi da un terremoto.
E’ per questo che coltiviamo la nostra inclinazione alla conservazione quando è possibile orientandoci a nuove forme di fruizione non tradizionalmente museali e siamo decisamente contrari alla distruzione ed alla mancanza di rispetto verso il nostro straordinario patrimonio culturale.
Gli agglomerati urbani non sono mai restati uguali a se stessi ma sono sempre stati in perenne cambiamento e spesso, come nella vicenda del parco Novi Sad, antichi percorsi sono riaffiorati ed hanno ripreso il cammino nella contemporaneità.
Oggi gli antichi reperti costituiscono, per i frequentatori del parco archeologico didattico, un pezzo rivelato in più della storia della città di Modena e della propria identità culturale e viene così offerto a tutti, in particolare ai giovani, un motivo in più di saldezza sociale ed intellettuale.
Chi non sa ricordare il passato non ha futuro.

arch. Carla Di Francesco, Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emila-Romagna