La
necessità della Ditta COFIM di Gianni Gibellini di effettuare lavori per la
realizzazione di un interrato e l'ampliamento delle infrastrutture di proprietà,
a Modena, in località Fossalta, nell’area immediatamente a ridosso della via
Emilia, ha indotto a programmare indagini archeologiche preventive nel sito che
ricade nella fascia di rispetto determinata dal Nuovo Piano Regolatore del
Comune.
L’area infatti si colloca sul fronte meridionale dell’antico percorso della
strada consolare Aemilia, in prossimità del bacino idrografico del Panaro.
Significativi rinvenimenti della fine dell’800, descritti da Celestino Cavedoni,
e più recenti studi di carattere topografico, individuano inoltre, in questa
zona, un concentramento insediativo e la relativa necropoli, corrispondente alla
Mutatio ad Victoriolas, citata in uno dei principali itinerari romani.
Gli accertamenti preliminari, condotti tra il novembre 2001 e il marzo 2002,
hanno portato in luce resti archeologici ascrivibili ad una necropoli databile
ad epoca tardoromana (fine III- inizi V secolo d.C.), della quale si
conservavano una ventina di sepolture, al di sotto di un potente strato
alluvionale.
Gli accordi tra la proprietà e la Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell’Emilia-Romagna hanno consentito il recupero delle strutture mediante la
realizzazione di uno scavo stratigrafico, diretto dalla dott.ssa Nicoletta
Giordani, funzionario della stessa Soprintendenza e coordinato dal dott. Xabier
Gonzalez Muro, dottore in topografia antica dell’Università dei Bologna.
La necropoli presenta almeno due diverse fasi d’uso. Per quanto riguarda il rito
funerario, sono state rinvenute 20 sepolture ad inumazione e 2 incinerazioni. Le
sepolture sono orientate prevalentemente E/O e risultano disposte
longitudinalmente a circa m. 30 a sud dell’attuale tracciato della via Emilia.
Le tipologie tombali documentate sono: nella fase più antica a incinerazione in
fossa e nella fase più recente a inumazione a fossa terranea ed in cassa
laterizia, realizzata con sesquipedali e con pezzame vario, spesso utilizzando
materiale in pietra di reimpiego (calcare lavorato e marmo).
Fra le coperture delle tombe vanno segnalati alcuni reperti di un certo rilievo,
in particolare riferibili a monumenti funerari romani del tipo a dado con
decorazioni scultoree che richiamano la carriera militare (scudo rotondo e
gladio appesi). Attributi simili sono presenti nel noto sepolcro rinvenuto a
Saliceto Panaro, nella necropoli orientale di Mutina, i cui elementi sono
conservati presso il Museo Lapidario Estense.
Tra il materiale recuperato all’interno delle sepolture, come corredo, figurano numerose monete in bronzo, prevalentemente di età costantiniana, vetri, ceramiche, strumenti metallici e in osso lavorato esposti nelle vetrine del Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.
A Bologna, nel Laboratorio della Soprintendenza, è in corso il restauro dei reperti. E’ stato avviato, oltre allo studio dei resti archeologici, anche quello dei resti antropologici- in collaborazione con il dott. Luberto dell’Istituto di Medicina Legale del Policlinico di Modena-, paleobotanici - in collaborazione con il dott. Marco Marchesini dell’Istituto di Botanica della e microbiologici in collaborazione con la Prof.ssa Elisabetta Guerzoni, direttrice del Dipartimento di Microbiologia alimentare dell’Università di Bologna.