Comacchio (FE), area della Pieve di Santa Maria in Padovetere
Trovate due imbarcazioni lignee databili tra l'età romana e l'altomedievale
Home - Scavi/Valorizzazione - Imbarcazioni antiche nei pressi della Pieve (15 ottobre 2014)

Aggiornamento agosto 2015: ripresi gli scavi in Santa Maria in Padovetere
Relazione di Mario Cesarano, archeologo SBAER
Grazie al finanziamento di 75mila euro promesso e prontamente erogato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, On. Dario Franceschini, il 3 agosto 2015 sono ricominciate le indagini archeologiche nell’area archeologica di Santa Maria in Padovetere.
La prima campagna di scavo, condotta nell’autunno 2014, aveva portato in luce gran parte dello scafo di un’imbarcazione lignea a fondo piatto -destinata alla navigazione fluviale- che, una volta dismessa, era stata sistemata contro la sponda di un antico ramo deltizio del Po.
Una datazione relativa dell’imbarcazione è stata possibile grazie ai materiali ceramici rinvenuti negli strati di argilla e sabbia che ne hanno coperto il fasciame e le ordinate, che si collocano nel pieno V sec. d.C. Ne consegue che la sistemazione della sponda sia avvenuta tra IV e V sec. d.C., quando ancora non era stata costruita la chiesa, che si ipotizza essere quella di Santa Maria in Padovetere, che secondo il Liber Potnificalis di Ravenna del IX sec. d.C., risalirebbe agli anni 519-521 d.C.
Tra V e VI sec. d.C. si datano anche le due imbarcazioni ricavate ciascuna da un unico tronco di quercia, del tipo detto monossile o piroga, una delle quali utilizzata, al pari della nave, per la sistemazione della sponda in un momento successivo a quello della nave a fondo piatto.
La riapertura dello scavo sta consentendo di mettere in luce la nave per intero. Un allargamento dell’area di scavo ha portato alla definizione di un’ulteriore sistemazione della sponda fluviale, fatta con frammenti di laterizi di età romana e ceramica altomedievale, che potrebbe essere in relazione con il funzionamento dell’impianto ecclesiastico.
I lavori continueranno per tutto il mese di Settembre e sarà possibile, come già in passato, visitare il cantiere in corso in base a un calendario delle visite che sarà reso noto il prima possibile, nel rispetto delle esigenze del cantiere.
I lavori sono condotti dalla ditta P.E.T.R.A. di Padova, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna, con direttore dei lavori il dott. Mario Cesarano.
A distanza di km 1 dall’area archeologia di Santa Maria in Padovetere, la Soprintendenza sta riaprendo anche una area di scavo indagata nel 1976 dall’archeologo Giovanni Uggeri. In quell’occasione venne alla luce una basamento quadrato di laterizi del lato di m 7,42 e conservato per circa m 2 di altezza. Posto sul percorso che doveva essere quello della Fossa Augusta, canale artificiale voluto dall’imperatore Augusto per collegare il porto di Ravenna al corso del Po, il basamento potrebbe essere un faro. La riapertura dello scavo mira a produrre una documentazione del monumento e della stratigrafia archeologica che lo riguarda secondo tecniche e tecnologie aggiornate, favorendo notevoli progressi per quel che riguarda la ricerca relativa alle forme d’uso del territorio comacchiese in età romana e consentendo di ricorrere a sempre più adeguati strumenti di tutela del patrimonio.
Entrambi gli scavi in corso sono stati oggetto di riprese televisive per un servizio condotto da Alberto Angela sull’affascinante rapporto uomo-ambiente che caratterizza il territorio deltizio, che andrà in onda il giovedì 27 agosto 2015 all'interno della trasmissione Superquark (RAI 1 dalle 21).

Gli scavi archeologici nell'area della Pieve di Santa Maria in Padovetere (15 ottobre 2014)
Relazione di Mario Cesarano, archeologo SBAER
Tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, durante i lavori di bonifica di Valle Pega venne individuata in località Motta della Girata una pieve databile al VI sec. d.C., identificata con la Chiesa di Santa Maria in Padovetere citata nel Liber Pontificalis della prima metà del IX sec. d.C. di Andrea Agnello.
L’indagine archeologica che ne seguì permise la messa in luce della pieve e di un battistero annesso, oltre che di alcune sepolture strettamente connesse all’edificio di culto.
Una necropoli di più di 200 tombe fu individuata poche centinaia di metri a sud/est e doveva essere pertinente a un vicino villaggio abitato almeno tra il VI e l’VIII sec. d.C. L’impianto sia della chiesa che del villaggio, a tutt’oggi non individuato, fu favorito senza dubbio dalla vicinanza di un corso d’acqua, un ramo dell’antico Po a cui venne a collegarsi un canale artificiale che collegava l’area di Motta della Girata con l’insediamento di Comacchio.
Un’indagine condotta nel 2008 dalla Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia-Romagna consentì il recupero di ulteriori sepolture nell’area della pieve e l’individuazione di resti di un’imbarcazione lignea poche decine di metri a sud dell’edificio ecclesiastico. Lo studio dei dati recuperati in quell’occasione ha portato alla progettazione di un nuovo intervento, allo scopo di conoscere la reale entità e consistenza dell’antico relitto al fine di predisporre un adeguato successivo intervento di tutela e studio.

Veduta generale delle imbarcazioni lignee. Foto Cesarano, riproduzione vietata
Veduta d'insieme dell'area di scavo con le imbarcazioni sovrapposte

Lo scavo è stato condotto dalla Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia-Romagna grazie a fondi resi disponibili dal Comune di Comacchio in forza di una convenzione siglata nel 2013 tra Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, Comune di Comacchio e Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità - Delta del Po per l’apertura alla fruizione pubblica dell’area archeologica della Pieve di Santa Maria in Padovetere.
Da quanto fino ad ora emerso dall’indagine, tuttora in corso, ci si trova di fronte a un’imbarcazione lignea a fondo piatto con assi cucite, secondo una tecnica diffusa in particolar modo in area altoadriatica tra età romana e altomedievale; i madieri sono in farnia (quercus robur) e il fasciame in olmo (ulmus). Per ora è stata portata alla luce soltanto una porzione dell’imbarcazione che sembra avere una lunghezza di circa 15 metri.

Il Soprintendente Marco Edoardo Minoja e l'archeologo Mario Cesarano sullo scavo
Il Soprintendente per i Beni Archeologici, Marco Edoardo Minoja, e l'archeologo Mario Cesarano sullo scavo

Il relitto è adagiato sulla sponda settentrionale di una ramo dell’antico corso del Po e a un’osservazione ancora preliminare parrebbe essere stato usato nella realizzazione di lavori di arginatura del fiume. A una quota stratigrafica più alta comincia a venire alla luce anche quanto resta di una piroga, del tipo conservato in due esemplari presso il Museo Archeologico Nazionale di Ferrara e ben diffuso in tutto il territorio vallivo in età tardo-antica e altomedievale, chiaramente in uso per la navigazione interna sia lungo il fiume che lungo i canali artificiali.
Man mano che lo scavo procede la successione stratigrafica rivela anche l’evoluzione dell’antico corso fluviale fino al suo completo estinguersi, quasi in concomitanza con l’impianto della pieve e della necropoli annessa.
Ovviamente la rifunzionalizzazione dell’antico scafo come elemento di arginatura esclude l’eventualità di rinvenirne un carico di materiali, ma sono diversi i reperti ceramici recuperati all’interno degli strati che obliterano il relitto e che riempiono il paleo alveo; al termine dei successivi restauri e studi, questi reperti potranno consentire una corretta datazione di entrambe le imbarcazioni e delle interessanti opere di sistemazione dell’area avutesi nel corso dei secoli.

Frammenti di anfore rinvenuti nello scavo. Foto Cesarano, riproduzione vietata
Frammenti di anfore rinvenuti nello scavo

La convenzione siglata nel 2013 tra Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, Comune di Comacchio e Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità - Delta del Po ha permesso di intercettare fondi erogati all’interno del Programma di Sviluppo Rurale per la Regione Emilia Romagna 2007-2013, con i quali, con ulteriori risorse rese disponibili dal Comune di Comacchio, in questi stessi giorni stanno avanzando i lavori per la realizzazione di infrastrutture propedeutiche a una futura apertura al pubblico dell’area archeologica di Santa Maria in Padovetere.

Relazione archeologica di Mario Cesarano, archeologo SBAER, 15 ottobre 2014
tel. 0532 66299 (Museo Archeologico Nazionale di Ferrara)
mario.cesarano@beniculturali.it


Analisi xilologica degli elementi lignei della barca cucita di Santa Maria in Padovetere

L’Archeo-xilologia (dal greco xilos = legno) studia i legni rinvenuti in contesti archeologici. L’analisi e il riconoscimento del legno di un oggetto permettono di capire il grado di conoscenza tecnologica di chi l’ha costruito evidenziando la fonte di approvvigionamento, considerando che ogni pianta ha un proprio habitat e areale in cui vegeta.
Sono state eseguite alcune analisi preliminari delle barche: in particolare sono stati analizzati quattro madieri e due tavole del fasciame della barca cucita, e la piroga monossile .
Per la barca cucita i madieri, che tengono unite le tavole del fasciame dando forma allo scafo, risultano realizzati con legno di Farnia (Quercus cf. robur); le tavole del fasciame, che costituiscono il guscio cucito della nave, sono invece di Olmo (Ulmus).
Per la costruzione della piroga monossile è stato utilizzato un tronco di Farnia (Quercus cf. robur), scavato e lavorato per realizzare l’imbarcazione.
Considerando l’areale di diffusione delle piante da cui è stato ricavato il legno per costruire le parti della barca cucita (Quercia e Olmo) si potrebbe supporre che questa barca fluviale sia stata costruita in un sito del nord Italia e in particolare nell’area padana.
La piroga monossile, vista la tipologia costruttiva e il tipo di legno utilizzato, è probabile che sia stata realizzata in un’area non troppo distante dal luogo del rinvenimento.

clicca qui per dettagli sui legni di Farnia e su quelli in Olmo (pdf)

Relazione xilologica di Marco Marchesini, archeobotanico Soprintendenza Beni Archeologici Emilia-Romagna
tel. 051 224402
marco.marchesini@beniculturali.it


Conferenza stampa del 19 ottobre 2014 per presentare l'importante ritrovamento
Conferenza stampa del 14 novembre 2014 per presentare l'apertura del cantiere di scavo


Comunicato stampa del Comune di Comacchio

"Il progetto di valorizzazione del sito archeologico di Santa Maria in Padovetere rappresenta uno degli interventi strategici pianificati e fortemente voluti dall'Amministrazione Comunale - dichiara il Sindaco Marco Fabbri - per approfondire la memoria storica del territorio e promuovere con essa il suo meraviglioso patrimonio archeologico. Il progetto ha preso origine da una significativa collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna. Già dal 2013 infatti con il funzionario, Dott. Mario Cesarano, a cui è rivolto un caloroso ringraziamento, abbiamo avviato un progetto di scavi, che finalmente ha potuto concretizzarsi. Quella di oggi è sicuramente una data storica per Comacchio, non solo perché riceve la visita del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, al quale va la nostra riconoscenza, ma soprattutto perché apre una stagione nuova di grande fermento culturale, legata agli scavi archeologici, scavi che in questi giorni hanno portato alla luce un altro interessantissimo natante, riconducibile all'età imperiale, come quello rinvenuto nel 1981 a Valle Ponti e ora custodito in una sala del museo del carico della Nave Romana. Attraverso il gruppo di azione locale Delta 2000 siamo riusciti ad attingere a finanziamenti europei, che ci hanno consentito di effettuare lavori di adeguamento all'area archeologica di Santa Maria in Padovetere. Questo secondo e altrettanto rilevante progetto è frutto di una convenzione tra Soprintendenza, Comune di Comacchio ed Ente di Gestione per i Parchi e le Biodiversità – Delta del Po. Ci auguriamo che nella primavera del 2015 il primo parco archeologico possa essere pienamente fruibile. Il progetto di valorizzazione e di recupero del sito archeologico di Santa Maria in Padovetere prevede il coinvolgimento delle scuole, con uscite e laboratori didattici sul campo. In piena sinergia con la Soprintendenza ai Beni Culturali e Paesaggistici, si è pensato di stanziare altre risorse sul bilancio 2014, per avviare nuovi scavi, grazie ai quali è già emerso un fatto sorprendente. La scoperta di una nuova nave romana apre nuovi, stimolanti orizzonti sull'archeologia dedicata alla navigazione, raccontandoci una storia di duemila anni fa, che come quella di oggi aveva nell'acqua i suoi connotati identitari, la sua ragione d'esistere. Spina è sorta sull'acqua, come lo è oggi Comacchio. Il nostro dovere -conclude il Sindaco-, è quello di promuovere scavi e studi finalizzati ad una sempre più approfondita conoscenza del territorio, promuovendo con essi il turismo culturale, che è la vera leva su cui può svilupparsi l'economia turistica locale. Auspichiamo un intervento del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, ma visto che il budget a disposizione avrebbe imposto una sospensione degli scavi tra qualche giorno, si è pensato di mettere a disposizione ulteriori risorse, al fine di proseguire i lavori avviati."

Staff del Sindaco
Piazza Folegatti 15 (44022) Comacchio
Telefono: 0533/310278 e fax: 0533/310279
stampa@comune.comacchio.fe.it


Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, ha partecipato il 19 ottobre 2014 alla conferenza stampa che si è tenuta nella località comacchiese di Santa Maria in Padovetere per presentare i primi dati scientifici raccolti a seguito del rinvenimento di un’imbarcazione lignea di circa 15 metri a fondo piatto, con assi cucite, collocabile tra l’età romana e quella altomedievale.
Il ritrovamento, non casuale ma programmato e diretto dalla Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia-Romagna nella zona dove negli anni Cinquanta-Sessanta furono trovate tracce della pieve del VI secolo d.C Santa Maria Padovetere, di un battistero, di diverse sepolture e di una necropoli, ha portato anche alla scoperta di una piroga di epoca tardo antica-altomedievale del tipo già conservato ed esposto al Museo Nazionale di Ferrara.
Frutto di una convenzione siglata nel 2013 tra Direzione regionale BCP dell’Emilia-Romagna, Soprintendenza BA dell’Emilia-Romagna, Comune di Comacchio ed Ente Delta del Po, le attività prevedono anche la realizzazione di infrastrutture necessarie alla futura apertura al pubblico dell’area archeologica, finanziate da fondi provenienti dal programma di sviluppo rurale per la regione Emilia-Romagna 2007-2013 ai quali si aggiungono risorse economiche messe a disposizione dal Comune di Comacchio.
Sono felice – ha dichiarato il Ministro Dario Franceschini – di condividere l’emozione di un ritrovamento così recente ed importante. Ma il patrimonio culturale non si valorizza da solo. Abbiamo bisogno, per esempio qui, nella provincia di Ferrara, di integrare il turismo balneare con il sistema culturale. Anche se pro tempore, dobbiamo sempre pensare che il patrimonio culturale è di tutti: istituzioni pubbliche e privati cittadini e ciascuno ha le proprie competenze e doveri. Per questo abbiamo creato l’art bonus, per integrare pubblico e privato, consentendo a chi effettua donazioni un credito di imposta da subito del 65% in tre anni. E’ lo strumento più forte in Europa.