MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
DIREZIONE GENERALE PER LE ANTICHITÀ
SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELL’EMILIA-ROMAGNA
FONDAZIONE CARIPARMA
«L’Erma» di Bretschneider
con il contributo del COMUNE DI PARMA
Visto il grande successo di pubblico della mostra
allestita al Museo
Archeologico Nazionale di Parma
Palazzo della Pilotta
l’apertura è
PROROGATA FINO AL 29 DICEMBRE 2013
info 0521.233718 - www.archeobologna.beniculturali.it
Dall’inizio
dell’anno, in poco meno di sei mesi, il Museo Archeologico Nazionale di Parma
ha già eguagliato i visitatori e gli incassi dell’intero 2012.
Merito anche della mostra “Storie della prima Parma. Etruschi, Galli, Romani:
le origini della città alla luce delle nuove scoperte archeologiche”, tanto che
i promotori hanno deciso di prolungarne l’apertura fino al 29 dicembre prossimo.
Dal giorno dell’inaugurazione, il 12 gennaio scorso, la mostra è stata vista
da quasi 16mila visitatori per un incasso che supera ampiamente i 12mila euro.
Le novità presenti nelle quattro sezioni dell’esposizione hanno prodotto un
costante afflusso di pubblico, notevolmente interessato alle recenti scoperte
archeologiche sulle origini della città di Parma: un affascinante percorso tra
reperti e riproduzione a grandezza naturale dei siti, che dà una nuova lettura
del ruolo di Parma in epoca preromana nell’ambito della regione emiliana
occidentale, da sempre ‘terra di confine’ posta tra l’Etruria propria e le
culture dell’Italia settentrionale (Veneti, Liguri, cultura di Golasecca),
nonché punto di passaggio obbligato per le comunicazioni con i Celti d’Oltralpe.
La mostra è promossa dal MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, Direzione Generale per le Antichità e Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, con il fondamentale sostegno di FONDAZIONE CARIPARMA e con il contributo del COMUNE DI PARMA.
orari di apertura
dal 3 al 30 giugno 2013: dal martedì al venerdì dalle 9 alle 15 - sabato
dalle 13 alle 19 - domenica chiuso
dal 1° luglio al 30 settembre 2013: dal martedì al venerdì dalle 9 alle 15 -
sabato e domenica dalle 13 alle 19
Ferragosto dalle 13 alle 19
dal 1° ottobre al 29 dicembre 2013: dal martedì al venerdì dalle 9 alle 16.30 -
sabato e domenica dalle 13 alle 19
(la biglietteria chiude mezzora prima) - Lunedì chiuso
Ingresso € 4,00
NOTIZIE UTILI
Sede della mostra
Museo Archeologico Nazionale di Parma – Palazzo della Pilotta
Strada alla Pilotta 5
43100 Parma
tel. (+39) 0521 233718
fax (+39) 0521 386112
e-mail:
sba-ero.museoarchparma@beniculturali.it
Durata: 12 gennaio 2013 - 2 giugno 2013 PROROGATA AL 29 DICEMBRE 2013
Promossa da: MiBAC - Direzione Generale per le Antichità
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna
Fondazione Cariparma
Main sponsor: Fondazione Cariparma
Con il contributo di: Comune di Parma, Gespar s.p.a., Buia Nereo s.r.l. –
Costruzioni Edili
Da un’idea di: «L’Erma» di Bretschneider s.p.a.
Curatori della mostra: Daniela Locatelli (Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Emilia R.)
Luigi Malnati (Direttore Generale per le Antichità)
Daniele F. Maras (Sapienza Università di Roma)
Segreteria organizzativa: Cristina Longhi (Direzione Generale per le Antichità)
Progetto espositivo: Tiziana Morana, Maurizio Noè
(Direzione Generale per le Antichità – Centro Progetti Museali)
Editoria: «L’Erma» di Bretschneider s.p.a.
Catalogo: «L’Erma» di Bretschneider
con il contributo di Gruppo Costruttori Edili – Parma
Guida breve: «L’Erma» di Bretschneider
con il contributo di Fondazione Cariparma
Orari: dal 3 al 30 giugno 2013: dal martedì al venerdì dalle 9 alle 15 -
sabato dalle 13 alle 19 - domenica chiuso
dal 1° luglio al 30 settembre 2013: dal martedì al venerdì dalle 9 alle 15 -
sabato e domenica dalle 13 alle 19
Ferragosto: dalle 13 alle 19
dal 1° ottobre al 29 dicembre 2013: dal martedì al venerdì dalle 9 alle 16.30 -
sabato e domenica dalle 13 alle 19
(la biglietteria chiude mezzora prima)
Lunedì chiuso
Biglietto: Intero: € 4,00
Ridotto: € 2,00 per i giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni e per gli
insegnanti di ruolo nelle scuole Statali italiane.
Gratuito: per i cittadini minori di 18 anni e di età superiore a 65 anni,
residenti nell'Unione Europea o in Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera,
nonché per i giornalisti e per particolari categorie di studenti e insegnanti.
Numeri utili: Museo Archeologico Nazionale di Parma
tel. (+39) 0521 233718
fax (+39) 0521 386112
e-mail:
sba-ero.museoarchparma@beniculturali.it
http://www.archeobologna.beniculturali.it/parma/index.htm
«L’Erma» di Bretschneider
tel. (+39) 06 6874127
e-mail: lerma@lerma.it
www.lerma.it
Scheda della mostra
«STORIE DELLA PRIMA PARMA» Etruschi, Galli, Romani: Le origini della città alla luce delle nuove scoperte archeologiche
L’esposizione si articola in quattro sezioni, disposte lungo il percorso di visita alle collezioni storiche del Museo Archeologico Nazionale di Parma, a partire dalla stanza che normalmente ospita il ciclo scultoreo giulio-claudio di Veleia.
Sala 1 – Sulle tracce degli Etruschi
Pannelli
didattici e vetrine sono disposti a formare un teatro attorno a una grande carta
del territorio di Parma che campeggia al centro della sala, sulla quale sono
dislocati le scoperte archeologiche e gli scavi illustrati dall’esposizione, per
lo più riferibili a un periodo compreso tra la fine del VII e gli inizi del V
secolo a.C.
Sul lato destro vengono illustrate tematiche generali che riguardano la civiltà
etrusca e la sua presenza nella pianura Padana: tramite apparati grafici fissi e
immagini proiettate su uno schermo centrale il visitatore viene introdotto nel
panorama storico e culturale che fa da cornice ai materiali esposti in mostra.
Una piccola gradinata a due ordini collocata sul lato opposto della sala,
coronata dalle silhouette di tetti di capanne immaginate come un lontano sfondo,
consente di sedersi a guardare la presentazione di immagini. Ai lati della
gradinata due grandi spazi vetrati ospitano i materiali archeologici che meglio
illustrano i legami della Parma arcaica con l’Etruria, nonché le svariate e
possibili sfaccettature che tali rapporti potevano assumere, dalla presenza di
persone che parlavano e scrivevano in etrusco (iscrizioni su vasi), agli scambi
commerciali (le importazioni di bucchero con stampiglie), all’imitazione di
forme e oggetti tipici, che segnalano così la vicinanza culturale dei due
ambienti.
Sala 2 – Vivere in un villaggio dell’età del Ferro
Qui si affrontano le tematiche della vita quotidiana e del lavoro nei
villaggi di Parma arcaica, tramite ricostruzioni grafiche e ambientali disposte
ai lati di una rampa che consente di superare il dislivello fino all’accesso
alla sala successiva.
Su
un lato il visitatore viene illusoriamente introdotto (e posto a sedere, su dei
sacchi di juta) nello spazio interno di una capanna di VI secolo a.C.,
immaginata in base ai resti di quella rinvenuta nello scavo di via Saragat: la
riproduzione a terra di quanto messo in luce in scavo viene completata a parete
dalla ricostruzione ipotetica del suo interno, mentre pannelli illustrativi
disposti attorno spiegano quali sono le fonti di informazioni attraverso le
quali possiamo immaginarci l’aspetto di queste abitazioni e il loro evolversi
nel corso del tempo.
La metà destra della sala è invece occupata dalla riproduzione ambientale a
grandezza naturale di un settore dello scavo di località San Pancrazio in cui è
stato rinvenuto un grande impianto per la produzione della ceramica,
caratterizzato dalla presenza di molteplici fornaci di cui rimangono le fosse
delle camere di cottura con le pareti arrossate dal calore della combustione. Il
funzionamento delle strutture antiche e la loro struttura in alzato viene invece
illustrata e spiegata da pannelli disposti lungo le pareti.
Due vetrine espongono infine materiali provenienti dai villaggi parmensi di S.
Pancrazio, strada Baganzola, via Saragat, Casalora di Ravadese, appositamente
scelti per illustrare, oltre che la produzione di vasi e le sue caratteristiche,
i principali aspetti della vita quotidiana, quali l’abbigliamento, la tessitura,
la conservazione e il consumo dei cibi.
Sala 3 – Rituali sacri e funerari
Apre
la sala l’esposizione di uno scheletro di bue, conservato all’interno di un pane
di terra asportato in blocco in corso di scavo. Esso è stato rinvenuto assieme
ad altri animali all’interno di una fossa in località via Saragat, dove – ai
margini dell’area abitata – erano alcune sepolture. La posizione nella quale
l’animale è stato trovato, con le zampe legate a due a due tra di loro, fa
pensare che fosse stato ucciso e intenzionalmente deposto integro, forse come
offerta alle divinità dell’oltretomba. Sulla parete al di sopra viene proiettato
un video che illustra le principali fasi della scoperta, della ripulitura, del
consolidamento e dell’asportazione dello scheletro stesso.
Ancora ai margini di una piccola necropoli è stata rinvenuta, in località
Pedrignano (area SPIP), una grande quantità di vasellame in bucchero di forme e
dimensioni del tutto particolari, che è stato possibile parzialmente ricostruire
grazie al paziente lavoro dei restauratori della Soprintendenza. Si tratta di
alti sostegni e di vasi di grandi dimensioni probabilmente utilizzati per
cerimonie rituali legate al culto dei morti e poi intenzionalmente fratturati e
raccolti all’interno di una grande fossa collocata in prossimità delle
sepolture.
I corredi di due tombe a dolio rivenute in strada Baganzola, contenuti in
speciali strutture espositive a teca destinate a rimanere nell’esposizione
permanente del museo, servono a illustrare un aspetto tipico dei rituali
funerari di VI secolo a.C. nella parte più occidentale della pianura emiliana.
In questo periodo essa è infatti disseminata da piccole necropoli in cui tombe a
inumazione entro fossa si mescolano a sepolture nelle quali le ceneri dei
defunti vengono deposte in grossi contenitori (dolî) insieme a oggetti di
abbigliamento in bronzo come fibule, ganci di cintura e pendagli. Una di quelle
rinvenute più di recente a Casalora di Ravadese – esposta in maniera da
riprodurre la situazione di scavo, con il dolio ancora sepolto e l’imboccatura
appena affiorante dal terreno – doveva forse appartenere a un guerriero di
origine straniera sepolto insieme al suo pugnale, in cui la particolare
terminazione del fodero ricorda armi della zona alpina e transalpina
nord-orientale.
A necropoli di un periodo leggermente più recente, datate tra la fine del VI e
gli inizi del V secolo a.C., si riferiscono le tombe recentissimamente scoperte
in località Botteghino, dove si riscontra invece l’uso di coprire le sepolture
con grandi calotte di terra, fino a formare i cosiddetti tumuli, presenti sia in
molte culture dell’Italia antica, che nel mondo celtico transalpino. Spesso
completati da recinti e palizzate, i tumuli funerari racchiudevano le sepolture
di più individui membri di uno stesso gruppo familiare, di cui celebravano
l’importanza proprio con la loro caratteristica di ‘marcare’ il paesaggio e di
essere visibili anche da lontano. I corredi della necropoli di Botteghino
sottolineano inoltre - con la presenza di ornamenti in ambra, corallo e
conchiglie - i legami di carattere ‘internazionale’ che queste famiglie
altolocate intrattenevano con il mondo mediterraneo, tramite doni reciproci o
scambi commerciali.
Conclude la parte dell’esposizione relativa alla fase preromana di Parma un
gruppo di piccole teche inquadrate da un ricco apparato illustrativo, nelle
quali sono esposti vasi, frammenti ceramici e ornamenti in bronzo che per la
loro forma o decorazione si avvicinano a quelli prodotti nelle aree culturali
limitrofe, come quella veneta e ligure, o quella celtica della cosiddetta
cultura di Golasecca. A dimostrare che, sebbene profondamente etruschizzati, i
villaggi della Parma arcaica erano collocati in “territorio di frontiera”
esposto a molteplici influenze, nonché alla possibilità di un popolamento misto
proveniente dalle regioni circostanti.
Sala 4 – Un nuovo inizio: la romanizzazione
Con l’ultima sala si intendono illustrare il processo di formazione che
porta alla costituzione della colonia romana di Parma nel 183 a.C. e le prime
fasi di vita della città fino al triste periodo delle guerre civili, quando
essa, schierata con il Senato, venne distrutta dalle soldataglie di Marco
Antonio.
Il passaggio di quasi due secoli che porta dal popolamento sparso dell’età del
ferro alla costituzione di un villaggio unico e stabile presso un guado del
torrente Parma nel III secolo a.C. e poi alla fondazione coloniaria, viene
simbolicamente scandito da un ponte in legno che attraversa il corso del fiume e
insieme quello del tempo. A destra del ponte sono esposti prima i reperti
relativi agli strati più antichi della città, attribuibili al villaggio dove
Galli e Liguri convivevano ma in cui già giungevano anche importazione da area
centro-italica, poi tre grandi falci in ferro rinvenute sovrapposte l’una
sull’altra, deposte secondo un probabile rito di fondazione di origine celtica.
Il
ponte conduce verso il guado del torrente Parma: il corso del fiume è reso
grazie a un effetto multimediale proiettato sul pavimento, nel quale le due
vetrine di quest’area sembrano immerse. Esse espongono i reperti del
recentissimo scavo presso piazza Ghiaia, dove è venuta in luce una grande stipe
votiva piena di reperti in metallo (statuette, elementi decorativi e di
abbigliamento, placchette iscritte, oggetti simbolici, tutti spesso frammentari)
e moltissime monete. Si tratta della testimonianza di un rito di passaggio che
consisteva nel sacrificare alla divinità fluviale un obolo per garantirsi la
buona sorte: le monete si datano a partire dalla fine del III secolo a.C.,
quindi all’epoca del villaggio gallico, e arrivano fino alla prima età
imperiale.
Un altro importante santuario di età repubblicana, datato tra III e II secolo
a.C., era collocato dall’altra parte della città, in viale Tanara. Dedicato a
divinità femminili, probabilmente Cerere e Proserpina, ha restituito statuette
in terracotta e, da un pozzo sacro, una palla in legno, reperto rarissimo che
rappresenta l’offerta di una fanciulla che passava dalla pubertà all’età adulta.
L’ultima vetrina, ricca di numerosi reperti in ottimo stato di conservazione
provenienti dallo scavo della Sede della Cassa di Risparmio, documenta la vita
della colonia in età repubblicana, con le ceramiche locali, quelle
d’importazione e i reperti architettonici provenienti dal Capitolium, il
principale tempio della Parma romana.
L’esposizione si conclude con la foto dell’epigrafe monumentale di Lucio Mummio,
il conquistatore di Corinto del 146 a.C. e forse uno dei protettori della città,
il cui originale è esposto nella sala al piano inferiore del Museo, e con la
tabella bronzea su cui è incisa la legge che sancisce il raggiungimento della
cittadinanza romana da parte degli abitanti della Gallia Cisalpina.
Presentazioni delle autorità
DIREZIONE GENERALE PER LE ANTICHITÀ
LUIGI MALNATI, Direttore Generale per le Antichità
L’esposizione che si apre a gennaio nelle prestigiose sale del Museo
Archeologico Nazionale di Parma su iniziativa della Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Emilia Romagna e della Fondazione Cariparma vede tra i suoi
promotori anche la Direzione Generale per le Antichità del Ministero per i Beni
e le Attività Culturali. Ciò per una serie di motivi che non si esauriscono con
il fatto contingente che ero stato, all’epoca della mia Direzione della
Soprintendenza di Bologna, tra gli ideatori di questa impresa insieme a Daniela
Locatelli e Daniele Maras.
“Storie della prima Parma” è infatti una mostra che, per una serie di ragioni di
carattere soprattutto metodologico, nonché di impostazione culturale nella
comunicazione archeologica, ha una valenza che supera i confini locali e assume
un rilievo nazionale. Non si tratta infatti di esporre una serie di reperti
archeologici che hanno un particolare valore estetico o una qualche suggestione
di carattere emotivo, al di là del rilievo indubbio che alcuni dei manufatti
esposti hanno anche da questi punti di vista. Si tratta di dare conto al
pubblico, sia a quello degli esperti che a quello degli appassionati e più in
generale alla cittadinanza, del lavoro svolto in più anni del personale
dell’Amministrazione dei Beni Culturali e della Soprintendenza per i Beni
Archeologici, a tutti i livelli, e di presentarne i risultati sul piano storico
e scientifico. Si tratta in sostanza di mostrare i motivi di fondo dell’attività
di tutela del patrimonio archeologico a Parma come su tutto il territorio
nazionale, che non consiste nel recuperare semplicemente dei reperti eccezionali
dal punto di vista estetico o del loro valore patrimoniale, ma di farli
“parlare”, leggendone e interpretandone il contesto di rinvenimento.
Quali dunque gli scopi dell’esposizione?
Viene narrata la vicenda della nascita di Parma dalle premesse che risalgono al
VII secolo a.C., e che si devono riferire a popolazioni di stirpe ligure, che si
trovarono a confrontarsi con gli Etruschi che si avviavano a conquistare la
valle Padana, almeno nella sua parte meridionale, fino alla fondazione della
colonia romana e alle vicende dei suoi primordi in età repubblicana, passando
attraverso le poche testimonianze di una presenza gallica, che tuttavia a Parma
fu certamente importante.
L’esposizione si basa soprattutto, anche se non esclusivamente, su materiali
archeologici assolutamente inediti ed esposti per la prima volta al pubblico
restaurati e riordinati secondo una sequenza cronologica e tematica che aiuta i
visitatori a seguire l’evoluzione storica del territorio dai primi insediamenti
dell’età del Ferro, organizzati in villaggi già nettamente strutturati, alla
scelta del sito della città e alle prime manifestazioni urbane.
Vengono presentati i risultati di molti scavi condotti negli ultimi anni in
città e negli immediati dintorni, qualche volta appena conclusi, con una
tempestività che è molto rara in Italia e che, se espone a qualche possibile
incertezza sulle interpretazioni fornite, ha il merito di restituire in tempo
reale i dati su cui archeologi e storici stanno lavorando o possono lavorare. In
questi scavi non ha operato solo la Soprintendenza; sono anche il frutto
dell’impegno degli archeologi professionisti, delle imprese specializzate in
archeologia che li hanno eseguiti e delle ditte che li hanno finanziati nel
corso dei lavori, alcune delle quali hanno anche contribuito come sponsor alla
Mostra.
Infine, come si diceva, tra tante esposizioni che cercano un successo mediatico
sulla base della esaltazione di singoli reperti “straordinari”, questa mostra –
eminentemente archeologica – ha un valore emblematico per la capacità di trarre
dagli scavi tutte quelle informazioni utili per ricostruire il nostro passato,
che è lo scopo del nostro lavoro e il motivo fondamentale per cui bisogna
preservare il nostro patrimonio.
Per questo la Direzione Generale si è impegnata direttamente, a fianco della
Soprintendenza, non solo in prima persona tramite chi scrive, ma anche con i
propri progettisti, architetti ed archeologi.
FONDAZIONE CARIPARMA
CARLO GABBI, Presidente Fondazione Cariparma
Le recenti, inattese scoperte archeologiche che alimentano la mostra “Storie
della prima Parma” danno nuovo significato alla storia del capoluogo emiliano:
un importante tassello per una rinnovata lettura delle nostre origini e della
nostra cultura.
Un allestimento che la Fondazione Cariparma –nell’ambito del proprio impegno in
favore della cultura e dell’istruzione– sostiene con profonda motivazione, certa
del doveroso impegno affinché tali nuove conoscenze possano divenire patrimonio
di tutti.
Sempre più, infatti, lo studio del nostro passato ci permette di meglio
comprendere il (difficile) presente, ché anche nella storia antica non di rado
sono rintracciabili, a mo’ di filo rosso, le radici alla base del nostro vivere
sociale.
Non cosa da poco, benché nel nostro Paese l’appartenenza ad un patrimonio
storico unico forse, al mondo, sia vissuta nell’ordinario quotidiano:
l’opportunità di scoprire nuovi “passati”, pur remoti nel tempo, non va
unicamente a soddisfare un’esigenza di distaccato sapere, ma è il presupposto –
con particolare riferimento alle nuove generazioni – per una più matura
coscienza civile e ambientale.
La Fondazione Cariparma è un ente non
commerciale con personalità giuridica di diritto privato ed è nata il 13
dicembre 1991 a seguito dello scorporo dell’azienda bancaria già appartenente
alla Cassa di Risparmio di Parma e Monte di credito su pegno di Busseto, attuato
con decreto del Ministro del Tesoro emanato ai sensi della Legge 30 luglio 1990.
La Fondazione ha così proseguito ed ampliato le attività di utilità sociale a
favore del territorio – precedentemente svolte dalla banca – utilizzando il
reddito proveniente dal proprio patrimonio per contribuire alla realizzazione di
iniziative e progetti rivolti ai settori dei servizi alla persona, dell’arte e
della ricerca scientifica.
Dal gennaio 1992 al dicembre 2012 la Fondazione ha assegnato contributi per
circa 373 milioni di Euro. Beneficiarie di tali risorse sono state tutte le
categorie dei soggetti giuridici che possiedono i requisiti stabiliti dalla
legge, operanti in tutto il territorio provinciale e, in occasione di
particolari situazioni di emergenza o di vicinanza di relazione e di rapporti,
anche realtà operanti a livello nazionale o al di fuori dei confini nazionali
SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELL’EMILIA-ROMAGNA
FILIPPO MARIA GAMBARI, Soprintendente per i Beni Archeologici dell’Emilia
Romagna
La mostra che si presenta presso il Museo Archeologico Nazionale di Parma,
nata dall’iniziativa della Soprintendenza, curata dalla Direzione Generale
Antichità del Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la Soprintendenza
per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna e sostenuta come main sponsor dalla
Fondazione Cariparma, cui si aggiungono contributi ulteriori a partire da quello
del Comune di Parma, rappresenta una sintesi nuova e mai presentata al vasto
pubblico per dare concretezza alle scarse notizie storiche sulla fondazione
della colonia romana di diritto latino di Parma nel 183 a.C. “in un territorio
precedentemente dei Galli Boi e degli Etruschi”, illuminando le origini
preromane e le prime fasi di avvio della colonia. Il percorso della mostra
riordina una serie di interventi di archeologia urbana diretti dalla
Soprintendenza, ricucendo in una sintesi coerente i dati raccolti in momenti e
circostanze diverse.
Dopo l’avvio come centro protourbano nel corso della medio-tarda età del Bronzo,
con una estesa terramara parzialmente indagata negli scavi urbani e non
rappresentata nella mostra perché documentata da tempo nella sezione preistorica
del museo, il territorio corrispondente all’attuale comune appare spopolato fino
all’età del Ferro ed alle presenze villanoviane ed etrusche, in un quadro che
appare in rapido sviluppo soprattutto con il VI secolo, quando però il più
esteso polo demografico noto ad ovest dell’Enza è costituito dall’abitato di
Siccomonte, nel Fidentino, che nel momento del suo maggiore sviluppo si estende
su oltre 11 ettari, con una netta articolazione degli spazi interni. Sembra
dunque che fino alla fondazione della colonia romana il territorio dell’attuale
Parma fosse sede di un popolamento sparso, legato allo sfruttamento agricolo e
dei depositi d’argilla ed al controllo del guado sul torrente Parma. Eppure il
nome stesso della colonia, da cui deriva l’idronimo, d’origine non latina, è
oggi collegabile grazie anche alle recenti sempre più solide acquisizioni della
linguistica celtica ad un radicale celto-ligure dal significato di “conca,
catino”, da cui deriva anche il nome del piccolo scudo rotondo, d’origine
ligure, adottato dalla cavalleria romana. La mostra cerca dunque di evidenziare
gli indizi di presenze significative per definire il ruolo del territorio pur in
assenza finora di precisi riscontri preromani a carattere urbano.
Per la Soprintendenza, oltre all’importanza della proposta al mondo scientifico
ed all’opinione pubblica di nuovi elementi per la conoscenza della storia del
territorio emiliano, è fondamentale cogliere l’occasione per far comprendere il
significato e lo scopo di tanti piccoli cantieri, vissuti spesso con qualche
fastidio dall’utenza, che in varie parti del territorio comunale attraverso il
controllo di opere pubbliche e private hanno consentito di raccogliere
pazientemente tutti i dati anche quando apparentemente tasselli isolati, quei
dati che oggi invece si fondono a completare un puzzle che lascia intravvedere
il disegno complessivo, pur se ancora lacunoso per molte tessere.
La mostra diventa così contemporaneamente un ringraziamento ed un riconoscimento
a tutti quanti hanno operato per favorire la costruzione di questa ampia messe
di dati oltre che uno stimolo per continuare a segnalare e ad agevolare il
difficile lavoro degli archeologi per la ricostruzione sempre più precisa di un
passato che non è mera curiosità scientifica ma costituisce tangibilmente le
radici identitarie di una comunità e di un territorio.
Ufficio stampa mostra
StudioBegnini – Roma (Roberto Begnini e Flaminia Persichetti)
tel. 06 83902768 info@studiobegnini.it
www.studiobegnini.it
Ufficio comunicazione con i media della Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Emilia Romagna
Carla Conti tel. 051 220675-224402-223773
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Ufficio stampa Fondazione Cariparma
Giovanni Fontechiari tel. 0521 532112
fontechiari@fondazionecrp.it
Ufficio stampa Comune di Parma
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g.zanacca@comune.parma.it