L’Ambasciatore di Svezia presso il Quirinale, Anders Bjurner, sarà al Museo Archeologico Nazionale di Ferrara il 24 e 25 marzo per presenziare alla donazione del tombino della città di Stoccolma e per ricordare la figura di Re Gustavo VI Adolfo che partecipò agli scavi di Spina negli anni Sessanta
Gustavo VI Adolfo di Svezia, il Re archeologo, e il tombino di Stoccolma
FERRARA, Museo Archeologico Nazionale
Via XX Settembre n. 122 - info 0532.66299
I meno giovani lo ricordano ancora, gentile, schietto, la parlata in perfetto
italiano, l’abbigliamento informale, armato di paletta e piccozza, attraversare
Ferrara per raggiungere Valle Trebba, la località dove fervevano gli scavi della
necropoli etrusca di Spina.
“Il Re archeologo”, lo chiamavano, e Re archeologo era davvero. Salito al trono
nel 1950, Gustavo VI Adolfo re di Svezia (Stoccolma 1882 - Hälsingborg 1973)
aveva sempre nutrito un profondo amore per l'archeologia, acquistando fama di
valente studioso sia per gli scavi che aveva diretto che per i tanti contributi
scientifici. A Ferrara venne più volte, agli inizi degli anni Sessanta,
partecipando attivamente alle indagini archeologiche nella città deltizia sorta sulle sponde del Po tra la fine del VI e la metà del III sec. a.C.
L’esposizione del chiusino regalato al Manhole Cover Museum di Ferrara
dall’amministrazione comunale di Stoccolma fornisce il pretesto per festeggiare
le nozze d’oro tra la nazione scandinava e il capoluogo estense, inaugurando
mercoledì 24 marzo, al Museo Archeologico Nazionale, la mostra “Capolavori
calpestati. Quando l’arte è sotto i piedi” e ricordando giovedì 25, alle ore
16.30, la figura di Gustavo VI Adolfo con le conferenze condotte dalla Direttrice del
museo Caterina Cornelio e da Barbro Santillo Frizell, Direttrice dell’Istituto
Svedese di Studi Classici a Roma.
A entrambi gli appuntamenti sarà presente l’Ambasciatore di Svezia in Italia,
Anders Bjurner.
Il mix è a dir poco singolare: dai capolavori dell’arte classica a quelli
dell’era industriale, più di 2.500 anni separano i crateri attici esposti al
piano nobile dai primi tombini in ghisa in mostra nella Loggia del Cortile
d’Onore di palazzo Costabili, detto di Ludovico il Moro.
Matrimonio morganatico quello che si celebra al Museo Archeologico Nazionale a
partire da mercoledì 24 marzo, in coincidenza con la prima giornata della XVII
edizione del Salone dell’arte del restauro e della conservazione dei beni
culturali e ambientali, la fiera che si tiene nel capoluogo estense fino al 27
marzo.
A dispetto dell’apparenza, questa mostra non ha forse location più appropriata.
Cos’è in fondo un tombino se non la chiave di volta tra il mondo di sopra,
quello architettonico, e il mondo sotterraneo dell’archeologia? E non è forse
un'opera d'arte il tombino stesso, semplice manufatto di ghisa da un lato e artistico
bassorilievo dall’altro, marchio e simbolo, quasi una medaglia che ogni città
conferisce al
mondo sotterraneo che la fa funzionare?
Si deve all’inventiva di Stefano Bottoni, patron del Ferrara Buskers Festival,
la creazione di una collezione unica al mondo, quella dei manholes
(letteralmente buchi da uomo) di ghisa. Un’arte che sta sotto i nostri piedi e
calpestiamo ogni giorno ma non per questo meno suggestiva e affascinante.
Quella del Museo Archeologico Nazionale sarà la più grande esposizione fatta
finora con una settantina di esemplari giunti da tutto il mondo, compresa Cuba e
il Brasile.
Si va dal chiusino di Valencia, con il marchio del pipistrello di Fagundo
Bacardi che troviamo sull’omonimo rhum, a quello di Berlino con i palazzi
storici, dal tombino di Praga, con la Torre del Ponte di Mala Strana, a quello
di Atene, a cerchi concentrici.
Pezzi di storia che la storia testimoniano e raccontano: sul tombino di Roma,
decorato con il fascio littorio, sono passati i carri armati della II Guerra
Mondiale, quello di Danzica, con la corona e due croci, ci ricorda che da quel
porto salparono i Crociati per la terra Santa.
Museo Archeologico Nazionale di Ferrara
Loggia del Cortile d’Onore
Via XX Settembre n. 122
dal 24 marzo al 31 ottobre 2010
Orario di apertura: Martedì - Domenica 9-14 Ingresso € 4,00
tel. 0532.66299
Il cinquecentesco palazzo tradizionalmente attribuito a Ludovico Sforza,
detto il Moro, Duca di Milano, appartenne in realtà ad Antonio Costabili,
segretario di Ludovico e personalità di spicco della corte del Duca Ercole I
d’Este.
Il progetto iniziale fu dell'architetto ducale Biagio Rossetti, nume tutelare
dell’architettura ferrarese del Rinascimento.
Il cantiere del palazzo vide all’opera alcuni illustri scalpellini e pittori
della corte estense dell’inizio del XVI secolo. Fra i primi ricordiamo Gabriele
Frisoni, Girolamo Pasino e Cristoforo di Ambrogio, fra gli altri Ludovico
Mazzolino, l’Ortolano e soprattutto Benvenuto Tisi, detto il Garofalo, autore
dei mirabili affreschi dell’Aula Costabiliana, o Sala del Tesoro, posta presso
il portico meridionale.
Biagio Rossetti iniziò la costruzione dell’edificio nel 1500 e nel 1503 la
lasciò alle cure di Girolamo Pasini e Cristoforo di Ambrogio da Milano. Tuttavia
nel 1504 essa venne definitivamente abbandonata e l’edificio rimase incompiuto.
Fulcro del palazzo è il cortile d'onore, completato solo su due lati e ornato da
un doppio loggiato dalla ricca decorazione scultorea in pietra bianca,
probabilmente opera di Gabriele Frisoni. Sempre al Frisoni è attribuita la
scalinata di accesso al piano nobile, con alzate dei gradini decorate a motivi
geometrici, delfini e palmette.