La
spazzatura come strumento di conoscenza del passato.
Lo studio dei “butti” rinvenuti negli scavi archeologici di Faenza offre uno
spaccato della vita quotidiana tra la fine del XIV ed il XVIII secolo. E anche
di quella odierna...
Il Bello
dei Butti
Rifiuti e ricerca archeologica a Faenza tra
Medioevo ed Età Moderna
29 ottobre 2008 - 1 marzo 2009
Museo
Internazionale delle Ceramiche in Faenza
Viale Baccarini n. 19 a Faenza (Ra)
inaugurazione martedì 28 ottobre alle ore 18.00
Saranno presenti
Luigi Malnati, Soprintendente per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna
Pier Antonio Rivola, Presidente Fondazione Museo Internazionale delle
Ceramiche in Faenza
Jadranka Bentini, Direttore Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza
La spazzatura è storia, problema antico quanto l’uomo. Ma la spazzatura è
anche fonte d’informazioni e qualche volta d’ispirazione. Cosa, come e perché
scartiamo può raccontare molto di noi. Gettato nell’immondizia, il rotto,
l’imperfetto, lo sbrecciato diventa “butto”, che riemergendo a distanza di
secoli rivela la sua bellezza, disegnando un'epoca, un gusto, un modo di vivere,
un'ispirazione. È “Il Bello dei Butti”, come illustra la mostra allestita al
Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza fino al 1 marzo 2009.
Difficile indicare, tra le centinaia in mostra, i reperti più rari o preziosi. È
un unicum (nel panorama faentino ma non solo) la decorazione su un boccale in
maiolica arcaica rinvenuto nell’area dell’Istituto d’Arte per la Ceramica: una
donna che tiene un falco con la mano destra e, con la sinistra, le redini
dell’uomo che sta cavalcando. Pur riferendosi all’episodio del filosofo
Aristotele soggiogato dalla passione per la cortigiana Fillide, la decorazione
allude allegoricamente al dominio della donna sull’uomo, un tema molto popolare
sia nel Tardo Medioevo che nel Rinascimento.
Di notevole interesse anche un gruppo di statuette di santi e giocattoli (fine
XV-inizio XVI), una ciotola in maiolica berettina decorata con una sfera
armillare tolemaica, tipico attributo dell’astrologo, un sigillo da lettera in
piombo della famiglia Delfini/Zucchini, un piedistallo in maiolica compendiaria
con decorazione di volpe che rincorre una lepre, datato al 1575, un nutrito
gruppo di ceramiche smaltate bianche e tre pitali decorati del XVIII secolo.
È stupefacente la quantità e qualità dei materiali recuperati negli ultimi 15
anni nei “butti” faentini, termine con cui si indica quell’insieme di ceramica,
vetro, metallo, resti di pasto ed altro che veniva appunto buttato come
spazzatura. Il recupero integrale di un consistente numero di “butti” -finora
gli scavi ne hanno individuato 15, grazie al controllo della Soprintendenza per
i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna nel centro storico di Faenza in
occasione di ristrutturazioni o nuove costruzioni- ha notevolmente arricchito le
conoscenze archeologiche della città. Si tratta di butti datati tra la fine del
XIV ed il XVIII secolo, pertinenti per lo più ad ambiti familiari ma anche a
contesti religiosi e alle molte attività artigianali legate alla produzione
ceramica, presenti in gran numero in area urbana.
A Faenza, come in altre città, c’erano norme precise per lo smaltimento dei
rifiuti domestici: poiché era vietato disperderli in luoghi pubblici, accadeva
spesso che pozzi, cisterne e cavità sotterrane fossero riconvertiti in
discariche. Lo scavo dei butti ha consentito il recupero di un’ingente quantità
di ceramiche prodotte a Faenza ed in altre zone d’Italia nell’arco di circa
quattro secoli. Lo studio di questi materiali, legati più che altro alle
attività di preparazione, cottura e conservazione dei cibi, è per l’archeologo
uno dei principali strumenti per comprendere la vita quotidiana del passato. Le
stoviglie forniscono informazioni sulla cucina e sulla tavola di tutti i giorni
o delle grandi occasioni, ossa e resti vegetali sulle abitudini alimentari,
accessori e utensili su alcuni aspetti dell’abbigliamento e della vita di ogni
giorno, e oggetti d’uso, come scaldini e pitali, sulle pratiche più intime e
quotidiane.
La mostra è curata dall’archeologa Chiara Guarnieri ed è promossa dalla
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e dal Museo
Internazionale delle Ceramiche in Faenza, con il sostegno della Banca di Romagna
e di Romagna Acque. L’esposizione si articola in due
percorsi: il primo affronta il tema generale dei butti nel contesto faentino,
l’altro tratta quello della produzione dell’oggetto in ceramica, dalla
foggiatura al momento della sua immissione sul mercato.
La spazzatura, peraltro, non è solo una finestra sul passato ma anche fonte
d’ispirazione. Basti pensare ai bellissimi pavimenti in mosaico, chiamati
asaraton oikos (stanza non spazzata), che ornavano i triclini delle domus
romane, o ai tanti artisti che hanno realizzato opere d’arte con i rifiuti e
l’immondizia, da Marcel Duchamp a Robert Rauschenberg, ai sacchi di Alberto
Burri. Lo testimoniano anche le opere di Bertozzi & Casoni esposte nella mostra
“Nulla è come appare. Forse”, allestita sempre al Museo Internazionale delle
Ceramiche in Faenza fino all’11 gennaio, che la riproducono con impressionante
realismo.
Il Bello dei Butti. Rifiuti e ricerca archeologica a Faenza tra Medioevo ed
Età Moderna
29 ottobre 2008 - 1 marzo 2009
Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza
viale Baccarini 19 - Faenza (Ra)
tel. 0546 697311 fax 0546 27141
Orari: fino al 31 ottobre, dal martedì alla domenica e festivi 9,30-19,00
dal 1 novembre, dal martedì al giovedì 9,30-13,30 / dal venerdì alla domenica e
festivi 9,30-17,30
Chiuso: 25 dicembre, 1 gennaio e tutti i lunedì
Biglietto € 6,00 (salvo agevolazioni. cfr
www.micfaenza.org)
info@micfaenza.org
Ufficio stampa MIC - Coop.Aleph: Alessandro Fogli tel. 348 4500852 e-mail: info@alessandrofogli.it