Il 1 luglio 2013 sono ripresi i lavori a Claterna. Quest'anno non si scava ma
al contrario si "ricostruisce": un esempio di archeologia sperimentale
abbastanza inedito attraverso il quale gli archeologi daranno corpo alla
cosiddetta "Casa del Fabbro di Claterna", in effetti il settore 11 scavato negli
anni passati, riutilizzando materiale d'epoca romana rinvenuto durante gli scavi
a Claterna ma non solo. (clicca qui
per scaricare il pdf con i dettagli)
Più che un "giornale di scavo", quindi, quest'anno vi proponiamo una
specie di diario dei lavori che vi consentirà
di vivere con noi la sfida nell'applicare le tecnologie antiche e le emozioni dell'indagine e ricerca archeologica
Bollettino n. 1 - Ozzano dell'Emilia (BO), 1 luglio 2013
Parte il terzo anno del progetto triennale “Un'antica residenza romana
nel corso del tempo: scavi archeologici di valorizzazione del settore 11”,
coordinato dall'Associazione Civitas Claterna e diretto da Paola Desantis,
funzionaria della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna.
L'apporto di finanziatori privati è determinante: il progetto triennale è
sostenuto quasi interamente da CRIF S.p.A. di Bologna, che opera nel settore
finanziario ed è supportato da IMA S.p.A. e da CUTICONSAI.
Il 2013 riveste un’importanza particolare: a conclusione dell’intero progetto è
prevista infatti la valorizzazione del settore 11, con la ricostruzione di
alcuni degli ambienti antichi e la creazione del secondo punto visita del parco
archeologico di Claterna, dopo quella del settore 12 (domus dei mosaici,
inaugurata nel 2010).
La ricerca, come negli anni scorsi, è condotta da archeologi professionisti
(Maurizio Molinari e Alessandra Tedeschi) coordinati dal Segretario Scientifico
dell’Associazione Civitas Claterna, Claudio Negrelli. Partecipa un nutrito
gruppo di studenti dell'Università Ca' Foscari di Venezia - Dipartimento di
Scienze dell'Antichità (Insegnamento di Archeologia Medievale - Prof. Sauro
Gelichi) e di altre Università (Bologna e Ferrara); va sottolineato l’apporto
dei gruppi di volontariato locale che sostengono le attività dell’Associazione
(Gruppo Città di Claterna, Gruppo per la Valorizzazione dei Beni Ambientali e
Culturali della Valle del Sillaro, Gruppo Archeologico Trebbo Sei Vie, Gruppo
Archeologico di Bagnara di Romagna)
Anche quest’anno la presenza degli studenti universitari, appartenenti sia al
corso triennale che al corso Magistrale in Beni Culturali, impone una
particolare attenzione agli aspetti didattici e formativi, essendo la ricerca
nel settore 11 particolarmente idonea allo scopo. La stratificazione qui
depositatasi nel corso di circa 2000 anni si presenta infatti di alta
complessità, racchiudendo in sé quasi l'intera vicenda del centro urbano, dal
momento formativo (II secolo a.C.) alle ultime fasi di vita (V-VI secolo), dopo
le quali Claterna sembra subire un rapido abbandono.
Il settore 11 (a sinistra) e l’impostazione del lavoro su una delle fondazioni
murarie (a destra)
Il progetto di ricerca triennale prevedeva due campagne di scavo archeologico
stratigrafico, svolte nel 2011 e nel 2012, volte al recupero di una serie di
informazioni riguardanti la struttura degli antichi edifici, e una campagna
conclusiva, quella appena incominciata, dedicata alla ricostruzione ed alla
restituzione in chiave didattica di quanto scoperto nei primi due anni.
Le
esplorazioni archeologiche si erano concentrate, durante la campagna 2011, sulla
porzione di un edificio i cui momenti di vita più recenti risalgono al periodo tardoantico (V – VI secolo d.C.), alle soglie dell’età altomedievale. La
campagna di scavo del 2012 aveva invece affrontato le strutture più antiche,
pertinenti ad una domus che durante l’età imperiale (dal I al IV secolo) subì
una serie di trasformazioni e che fu fondata durante la tarda età repubblicana
(I secolo a.C.), come dimostrato dal ritrovamento di una pavimentazione in
opus signinum appartenente alla fase originaria.
Quest’anno l’attività di ricerca riguarda invece la ricostruzione (in scala
reale ed in situ) di alcune parti delle strutture murarie antiche e tardoantiche,
concepita come esperienza di archeologia sperimentale. Un’esperienza non fine a
se stessa: infatti è solo la prima fase di un progetto che porterà, entro
l’anno, alla creazione di una struttura museale e di un percorso (progetto
Studio Tasca - Architetto Federico Scagliarini) che costituiranno il secondo
punto visita di Claterna (dopo quello del settore 12).
L’attività di ricostruzione si concentrerà su due situazioni in particolare: la
fase tardoantica, che mostra strutture murarie in materiali leggeri e che
riguarda alcuni ambienti dediti ad attività artigianali (lavorazioni
metallurgiche), e la fase tardorepubblicana - imperiale, che reca le strutture
murarie perimetrali di una domus ed una pavimentazione in cocciopesto decorato.
Le ricostruzioni, parziali, verranno eseguite in situ non solo tenendo conto
della tecnologia antica, ma utilizzando per quanto possibile materiali originali
di età romana, come i mattoni sesquipedali (di tipico modulo romano cisalpino)
che è stato possibile recuperare sia a Claterna, sia presso altri siti scavati
nel Bolognese.
All’inizio del I turno (prime due settimane di luglio) sono stati ricevuti gli 8
studenti universitari che compongono il primo gruppo. Parte di essi ha già
partecipato durante gli anni precedenti, a testimonianza del buon successo e
dell’alto livello formativo del progetto Claterna. Gli altri hanno scelto
Claterna come prima esperienza ‘sul campo’ di archeologia sperimentale: questo
ci fa molto piacere, convinti della bontà del nostro approccio metodologico sia
allo scavo stratigrafico, sia alla valorizzazione di un sito archeologico.
Una volta espletate alcune procedure in merito alla sicurezza in cantiere, la
prima giornata è stata dedicata agli aspetti didattici ed informativi sul
progetto. La visita mattutina alla Mostra - Museo di Ozzano dedicata a Claterna
ha dato l’occasione per conoscere la storia e l’archeologia della città romana,
mentre nel pomeriggio si è svolto a Villa Torre (centro visita del Parco dei
Gessi) un incontro dedicato all’archeologia sperimentale, ai diversi aspetti del
progetto Claterna, ed infine alle tecniche di ricostruzione che si è scelto di
adottare nel progetto.
Fondazione muraria in laterizi (a sinistra) e impasto dell’argilla utilizzata
come legante (a destra)
Bollettino n. 2 - Ozzano dell'Emilia (BO), 15 luglio 2013
Il 13 luglio si è concluso il primo turno della campagna Claterna 2013
(dedicata alla conclusione del progetto triennale di valorizzazione del settore
11).
La ricostruzione di alcune parti delle strutture murarie antiche e tardoantiche
(in scala reale ed in situ), concepita come esperienza di archeologia
sperimentale, è partita nel migliore dei modi e procede a pieno regime.
L’interesse riscontrato nel pubblico, nei volontari e negli studenti è
significativo e ci incoraggia a proseguire. Finalmente sembra prendere corpo un
progetto di ricostruzione iniziato ormai due anni fa!
Nella prima settimana del I turno è stato impostato il lavoro di ricostruzione
delle fondazioni murarie delle strutture principali della domus di età
imperiale, utilizzando materiali antichi recuperati sia da Claterna, sia da
altri scavi nel Bolognese.
Sono state riprodotte sottofondazioni murarie in ciottoli fluviali e in pezzame
laterizio disposto ‘di coltello’, il tutto legato con una malta a base di
argilla limosa priva di calce. Si tratta di tecniche con ampi confronti sia a
Claterna (e nello scavo del settore 11) sia in tutta la pianura padana; furono
affinate in età repubblicana e si affermarono largamente in età imperiale, sia
nelle campagne sia nelle città.
Le sottofondazioni in pezzame di laterizi disposto ‘di coltello’
Dopo aver impostato le fondazioni, nella seconda settimana abbiamo iniziato a
ricostruire alcuni alzati, o meglio, a ricostruire i basamenti murari delle
strutture portanti, che solitamente erano costruiti in laterizi cotti. Tali
basamenti sommavano solitamente lo spessore di 4 o 5 corsi di mattoni (o di
frammenti di laterizi) per un’altezza di una cinquantina di centimetri circa da
terra (sopra alla sottofondazione).
Abbiamo sperimentato la tecnica basata sul mattone sesquipedale intero,
raggiungendo uno spessore murario di circa 45 cm. Mattoni detti sesquipedali
erano quelli di più largo utilizzo in età romana e costituivano una
particolarità del nord d’Italia. Misuravano circa cm 30 (1 piede) x 45 (1,5
piedi) x uno spessore di 4 o 5 cm, in alcuni casi anche maggiore.
Basamenti fatti in questo modo venivano riservati solitamente alle strutture più
importanti delle case, soprattutto dal punto di vista della statica degli
edifici. Anche in questo caso i materiali impiegati sono quelli originali di età
romana, provenienti sia da Claterna, sia da alcuni scavi recenti di Bologna. In
questo modo molta parte del materiale recuperato dalle ricerche archeologiche
che ormai si svolgono numerose nel nostro territorio può trovare opportuna
ricollocazione, evitando dispersioni o, peggio, il rischio di finire
‘dimeticato’ dentro magazzini per forza di cose non accessibili al pubblico.
I basamenti murari appena descritti servivano a sorreggere e isolare
dall’umidità ulteriori alzati che solitamente erano poi realizzati in materiale
deperibile: legno, argilla, ramaglie.
La posa in opera dei basamenti in sesquipedali. Sotto i mattoni si vede parte
della sottofondazione in ciottoli
Abbiamo impostato anche il lavoro su questo tipo di alzati che sarà oggetto del prossimo bollettino.
Bollettino n. 3 - Ozzano dell'Emilia (BO), 22 luglio 2013
Il 15 luglio è cominciato il secondo turno della campagna Claterna 2013,
dedicata alla conclusione del progetto triennale “Un'antica residenza romana nel
corso del tempo: scavi archeologici di valorizzazione del settore 11”,
coordinato dall'Associazione Civitas Claterna e diretto dalla Soprintendenza per
i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna.
La ricostruzione di alcune parti delle strutture murarie antiche e tardoantiche
(in scala reale ed in situ), concepita come esperienza di archeologia
sperimentale, procede a pieno regime.
Ormai il lavoro di ricomposizione delle fondazioni murarie delle strutture
principali della domus di età imperiale è quasi ultimato. Sono state riprodotte
le sottofondazioni murarie in ciottoli fluviali e in pezzame laterizio disposto
‘di coltello’, il tutto legato con una malta a base di argilla limosa priva di
calce.
Panoramica dei lavori in pieno svolgimento
L’attività principale si concentra ora sulla ricostruzione dei basamenti
murari delle strutture portanti, che solitamente erano costruiti in laterizi
cotti. Come già accennato nel bollettino precedente, questi basamenti sommavano
solitamente lo spessore di 4 o 5 corsi di mattoni (o di frammenti di laterizi)
per un’altezza di una cinquantina di centimetri circa da terra (sopra alla
sottofondazione).
Oltre a quelli costruiti con mattoni sesquipedali interi (i mattoni detti
sesquipedali erano quelli di più largo utilizzo in età romana e misuravano circa
cm 30 x 45 x uno spessore di 4 o 5 cm), sono stati riprodotti basamenti di tipi
diversi. Tra i più frequenti quelli che reimpiegavano laterizi rotti provenienti
da altre costruzioni, secondo un modo di procedere tipico dell’età romana e
volto ad ‘ottimizzare’ le risorse disponibili localmente.
Nell’Antichità era ben viva la pratica del riutilizzo, che permetteva di
ottenere strutture robuste a prezzi più vantaggiosi. Questi basamenti
sfruttavano soprattutto i pezzi di tegole “ad alette”, originariamente
realizzate per i tetti e conformate come grandi ‘piastre’ rettangolari di
terracotta aventi margini rialzati sui lati lunghi. Una volta montate sui tetti,
assieme ai coppi ricurvi, e in seguito usurate o ridotte in pezzi per il lungo
uso, queste tegole erano reimpiegate come materiale costruttivo per le murature.
I margini rialzati erano montati sui paramenti dei muri, mentre i pezzi più
piccoli e piatti venivano messi in opera a colmare le parti interne.
Schema della tecnica costruttiva basata sul reimpiego di tegole
da A. Bacchetta, Materiali e tecniche costruttive nella Pianura Padana (II sec.
a.C. – IV sec. d.C.), Firenze 2003
Anche in questo caso i confronti, sia claternati sia nell’Italia padana, sono
numerosissimi, tanto che possiamo affermare che questa tecnica, assieme ad altre
affini, fosse tra le più applicate per tutta l’età imperiale ed anche in
seguito, sia in città, sia in campagna.
Come abbiamo già detto nel precedente bollettino i basamenti murari appena
descritti avevano il compito di sorreggere ed isolare dall’umidità ulteriori
alzati realizzati in materiale deperibile: legno, argilla, ramaglie.
Sul fronte dell’edificio in ricostruzione, verso la via Emilia, dove è previsto
che il muro raggiunga un’altezza pari a quella che doveva avere in origine, si è
proceduto a impostare anche la muratura di alzato in mattoni crudi associata ad
un telaio in legno. Si tratta della tecnica del cosiddetto opus craticium,
che solitamente prevedeva un telaio ligneo (con funzioni portanti o
semplicemente leganti) variamente abbinato a riempitivi spesso ottenuti con la
sola argilla cruda, oppure con veri e propri mattoni che, anziché essere cotti
in fornace, erano semplicemente lasciati ad essiccare e poi posti in opera.
Basamento in mattoni sesquipedali interi sormontato da travi lignei rovesci.
Impostazione della soprastante muratura in mattone ‘crudo’
Un’altra tecnica di largo impiego prevedeva invece la sola posa dei mattoni crudi oppure il montaggio di pareti completamente in terra mediante la tecnica del pisé (argilla pressata entro casseforme lignee). Grazie agli spessori di queste pareti in ‘crudo’, il muro in argilla era in grado da solo di sorreggere il carico del tetto e dei solai, magari coadiuvato da alcuni montanti in legno posti in punti nevralgici per la statica dell’edificio.
Bollettino n. 4 - Ozzano dell'Emilia (BO), 5 agosto 2013
Il 28 luglio si è conclusa la campagna di ricerca 2013 relativa al
progetto triennale “Un'antica residenza romana nel corso del tempo: scavi
archeologici di valorizzazione del settore 11”, svolta in collaborazione con
l’Università Ca’ Foscari di Venezia, coordinato dall'Associazione Civitas
Claterna e diretto dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia
Romagna.
Come già evidenziato nei bollettini precedenti, l’interesse della ricerca di
quest’anno risiede nell’opera di ricostruzione parziale di una domus
nelle diverse fasi di vita, dall’età repubblicana a quella imperiale, fino ad
arrivare alle profonde trasformazioni tardoantiche. Il progetto fa parte di un
più ampio programma di valorizzazione del parco archeologico di Claterna, che
dal 2005 è l’obiettivo principale dell’Associazione Civitas Claterna: con la
prossima apertura al pubblico il settore 11 costituirà il secondo punto di
visita all’area archeologica dell’antica città romana.
Panoramica dell’area archeologica: da Nord, con l'attuale via Emilia sullo
sfondo (sin) e da Sud (des)
La campagna 2013 è dunque stata essenzialmente un’esperienza di archeologia
sperimentale, con l’aiuto degli studenti di Ca’ Foscari di Venezia (con cui è
stata coordinata l’iniziativa) e di altre università. La scelta di fondo del
progetto ricostruttivo del settore 11 è stata quella di intervenire ricoprendo
totalmente i resti antichi (si vedano i precedenti bollettini degli scavi 2011 e
2012) preservandoli dagli agenti atmosferici e nel contempo di ricostruire in
situ ampie parti di murature con le tecniche antiche, utilizzando materiali
antichi ed operando secondo i principi dell’archeologia sperimentale.
In base a queste linee guida l’attività didattica si è concentrata sulla
ricostruzione delle fondazioni (in ciottoli ed in laterizi), dei basamenti
murari in mattoni e / o in frammenti di laterizi, ed infine degli alzati murari
in materiali deperibili con la proposta di diverse tecniche, quali quella del
cosiddetto pisé oppure dell’ opus craticium (si vedano i bollettini
precedenti). Sono state inoltre sperimentate e riproposte le tecniche di
realizzazione di una pavimentazione in cocciopesto decorato (battuto cementizio
con inserzione di tessere musive), già rinvenuta nel 2012 nei livelli di età
repubblicana della domus.
Il risultato del nostro lavoro di ricerca non è meramente l’oggetto materiale
ottenuto (in questo caso una serie di strutture murarie che compongono antiche
stanze), pure fondamentale in un contesto archeologico tipicamente pubblico, ma
l’insieme di conoscenze che abbiamo ricavato durante il percorso seguito per
ottenerlo. Un percorso dapprima teorico e progettuale, poi applicato alla
concretezza del fare, durante il quale si sono appunto sperimentati materiali,
tecniche, modi di costruire ed organizzare il lavoro nel cantiere antico.
Il progetto proseguirà nel settore 11 durante i prossimi mesi, dopo la pausa
d’agosto, per dare infine attuazione al nuovo punto visita di Claterna. Il
progetto architettonico a cura di Federico Scagliarini prevede infatti la
realizzazione di una ‘sovrastruttura’ metallica a telaio cui sarà affidato
soprattutto il compito di suggerire le volumetrie antiche della domus, fungendo
al tempo stesso come supporto per l’apparato didattico e come punto di appoggio
per future altri appuntamenti di archeologia sperimentale.
Particolare dei basamenti murari del settore mediano dell’area archeologica: in
primo piano una delle fondazioni originali
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