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Continuando una tradizione ormai consolidata, torna a Veleia la rassegna di
teatro latino che consente di rivivere l'antica consuetudine degli spettacoli
pubblici. Cittadini e attori sono immersi in uno scenario fuori dal tempo dove
la bellezza della natura si sposa con il fascino dell'antica città romana. Tutti
gli spettacoli si svolgono nel foro di Veleia, in località Rustigazzo di
Lugagnano Val d'Arda (PC).
Edoardo Siravo, Fiorenza Marcheggiani e Massimo Venturiello sono i protagonisti di “Teatro e
Archeologia” di quest'anno, la rassegna di teatro classico (o di opere
ambientate in periodo classico) giunta all'ottava edizione. Una manifestazione
che negli anni ha visto considerevolmente aumentare successo e numero di
spettatori soprattutto per la peculiarità della sua proposta (è una delle poche
rassegne italiane a rappresentare opere di questo genere), per la qualità delle
sue rappresentazioni e per la suggestiva scenografia naturale che le fa da
sfondo, il foro di un sito archeologico di epoca romana tra i più importanti
dell’Italia settentrionale. L'organizzazione coinvolge soggetti pubblici
quali Provincia di Piacenza, Comune di Lugagnano, Comunità montana Nure Arda, Regione
Emilia-Romagna, Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia-Romagna e
Associazione Piacenza Turismi e sponsor privati (Buzzi Unicem,
Danesi Laterizi, Edison di Milano, SIRAM, Società Autostrade Centropadane).
Si apre venerdì 21 e sabato 22 luglio con "Curculio" di
Tito Maccio Plauto (proporre almeno
un’opera del grande commediografo latino è elemento che caratterizza la
manifestazione dalla sua prima edizione), affidato alla recitazione del
laboratorio teatrale di Sarsina. Venerdì 28 e sabato 29 luglio andrà in scena,
sulle antiche pietre del foro veliate, "Ifigenia in Aulide" di Euripide, con
Edoardo Siravo e Fiorenza Marcheggiani nei due ruoli principali. La rassegna
chiuderà venerdì 4 e sabato 5 agosto con due rappresentazioni di "Lighea" di
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, opera più recente delle precedenti ma sempre a
tema classico, interpretata da Massimo Venturiello. La regia delle sei
rappresentazioni è di Beppe Arena, affermato uomo di teatro al quale, come già
nelle edizioni precedenti, è affidata la direzione artistica della rassegna.
Tutti gli spettacoli hanno inizio intorno alle 21,30. Il costo del biglietto è
di € 20,00 per la prima fila, € 15,00 per la seconda e € 8,00 per le
altre file. Info 0523.305254

Il foro romano di Veleia, sede degli spettacoli
venerdì 21 e sabato 22
luglio 2006, alle ore 21.30
Curculio
di Tito Maccio Plauto
traduzione e adattamento di Michele Di
Martino
con gli attori del Laboratorio Teatrale di Sarsina
Regia di Beppe Arena
L’esuberanza e la vitalità, unite alla presenza di quasi
tutti i temi tradizionali della “palliata”, caratterizzano questa commedia,
sicuramente una delle più significative e paradigmatiche del teatro plautino.
Curculio è il parassita protagonista della “fabula” e il suo nome significa
pidocchio, vale a dire il verme roditore del grano: è lui a vestire i panni del
“servus currens” che aiuta il giovane Fédromo a riscattare dal ruffiano
Cappàdoce la bella Planesio della quale si è innamorato. Curculio, infatti, ruba
un anello col sigillo al borioso “miles” Terapontigono, che ha depositato da un
banchiere il denaro necessario a comprare Planesio. Con una lettera che porta
questo sigillo, Curculio riesce a ottenere la ragazza per il suo padroncino.
Terapontigono va su tutte le furie per l’inganno, ma è proprio il sigillo a
rivelare che Planesio è sua sorella ed è libera di nascita: può così riprendersi
il denaro, mentre Fédromo può felicemente sposare la ragazza.
L’impianto drammaturgico di Curculio, oltre a presentare la straordinaria figura
del “servus currens” che si ferma con l’affanno davanti al pubblico a fare
battute divertenti, mette in scena, nel quarto atto, la figura di un impresario
estraneo allo svolgimento dell’azione: si tratta di un’incursione che spezza
l’illusione scenica e inserisce una “novità romana” nella finzione della
commedia greca.
Il ritmo comico di Curculio è incalzante, sostenuto da dialoghi spigliati in cui
domina il gusto per il “botta e risposta”, le battute sapide e frizzanti, le
parole e le espressioni colorite e maliziose.
I personaggi manifestano tutti la ricchezza inventiva del genio di Sarsina, bene
inseriti nell’intreccio delle azioni, nella scioltezza immediata della scrittura
teatrale. La traduzione di Michele Di Martino si intona al vigore lessicale di Curculio
-con la sua naturale simpatia per i
doppi sensi, i giochi di parole e gli equivoci- per rendere nella nostra lingua i tempi, i ritmi ed i movimenti del
teatro e della comicità di Plauto.
venerdì 28 e sabato 29 luglio 2006, alle
ore 21.30
Ifigenia in Aulide
di Euripide
traduzione di Michele Di Martino
con
Edoardo Siravo, Fiorenza Marcheggiani e Silvia Siravo
Regia di Beppe Arena
All'inizio dell'opera, ritroviamo la novità dell'angoscia e
dello scoramento di Agamennone, che in tragedie di predecessori (ad esempio con
Agamennone di Eschilo), era soltanto supposta o accennata.
Tipica della maniera euripidea, è anche il diverbio tra Agamennone e Menelao,
quando quest'ultimo scopre il tentativo di fermare Clitennestra e Ifigenia sulla
strada per l'Aulide.
L'apice dell'opera, la parte più poetica e più discussa, è il momento in cui Ifigenia sente l'ineluttabilità del
proprio destino e, per il bene di
tutti, si dichiara liberamente e nobilmente pronta a morire.
In quest'opera, Euripide è riuscito quasi completamente a far rivivere lo spirito
barbarico del sacrificio umano con modalità nuove. Penetrare nel mistero del
volere divino non è più per lui il problema, non gli importa indicare se e come
la divinità possa desiderare crudeltà così empie. Il problema lo ha già risolto,
con sottintesi e pensieri che indicano come tali riti sanguinosi sono resi
possibili solo dalle superstizioni umane unite a brutali egoismi.
Ma, accettata la miseria e la malvagità umana, quale sarà, rispetto a queste, la
reazione della sensibilità umana?
È questo il problema euripideo e si risolve con la creazione di personaggi ben
individuati e vivi: Menelao, Agamennone, Clitennestra, Achille e, soprattutto,
Ifigenia. In questa azione troviamo il motivo preferito di Euripide: l'eroismo
giovanile che contrasta un mondo di debolezza e di viltà e che, proprio per questo motivo,
diviene poesia vera e profonda.
Agamennone manda a chiamare la figlia Ifigenia con il pretesto di darla in sposa ad Achille, in realtà perché deve essere sacrificata sull’altare di Artemide per consentire alla flotta greca, bloccata in Aulide, di salpare
felicemente per la spedizione contro Troia. Preso tuttavia dal rimorso,
Agamennone scrive alla moglie Clitennestra di non muoversi da casa perchè le nozze sono state rinviate;
la lettera, affidata a un vecchio e fido servo,
cade nelle mani di Menelao che rimprovera aspramente il fratello.
Di lì a poco, ecco che giungono Clitennestra con Ifigenia e il piccolo Oreste.
Nonostante le preghiere di Agamennone, che vorrebbe che la moglie
rientrasse in Argo, Clitennestra si ferma e scopre l’inganno. Chiede aiuto ad
Achille che, purtroppo, non può far nulla: sobillato da
Odisseo, l'esercito è in rivolta e vuol partire ad ogni costo, il che rende
inevitabile il sacrificio di Ifigenia. La giovane offre spontaneamente la sua vita per la salute e la
gloria dell’Ellade ma, giunta sull’altare, proprio mentre il sacerdote sta per
sferrare il colpo mortale alla gola, Ifigenia scompare ed al suo posto giace
sgozzata come vittima sacrificale una cerva: è la dea Artemide che ha compiuto
il prodigio.
venerdì 4 e sabato 5 agosto 2006, alle ore 21.30
Lighea
da un racconto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
di e con Massimo
Venturiello e tre musicisti
Regia di Beppe Arena
Il racconto "Lighea", all’estero spesso conosciuto sotto il
titolo "Il Professore e la Sirena", venne scritto da Giuseppe Tomasi di
Lampedusa nel 1957, poco dopo aver ultimato la stesura di quel grande capolavoro
del novecento che è "Il Gattopardo".
Di questo splendido racconto, pubblicato dopo la sua morte, è rimasta una
registrazione su nastro di circa un ora e mezza, incisa dalla voce musicalissima dell'autore
stesso.
La trama è semplice: il senatore La Ciura, personaggio di fantasia, un illustre
ellenista, forse il più grande vivente, racconta a un giovane laureato in legge,
tale Paolo Corbera, il suo indimenticabile incontro con una sirena, avvenuto
cinquant’anni prima nei mari della Sicilia, che ha segnato in modo indelebile
tutta la sua esistenza.
E’ una ‘favola moderna’ di alto spessore lirico e allegorico in cui vari
elementi rimandano alla tradizione greca: dall’incontro del vecchio col giovane,
che è l’incontro tra ragione e sensi, tra sacro e profano, all’incontro con
Lighea, la sirena, archetipo dell’anima femminile, che sembra voglia attirare La
Ciura, ammaliandolo col suo fascino fatale, in abissi marini di oblii eterni,
dalla descrizione delle giovani donne-amanti di Corbera, che il vecchio
definisce ‘future carcasse’, alla sua stessa fine, caduto in mare dal ponte
della nave ‘Rex’, o ancora, al suo ripetuto vagheggiare della morte e del nulla.
Certo, tanti sono i precedenti letterari accennati da numerosi critici: "La
Sirenetta" di Andersen, "Ligheia" di E. A. Poe e tanti altri, ma qui, forse, c’è
qualcosa in più.
In questa prosa, in cui Lampedusa sembra cantare il trionfo della morte, in
quest’ennesimo pezzo di letteratura marina, ancora una volta grande metafora
dell’inconscio, (straordinaria è la descrizione del mare siciliano, eccitante,
quasi erotica) c’è qualcosa che lascia senza respiro, proprio come, senza
respiro, si resta solo dinanzi a una vera grande opera d’arte: c’è un ritmo, una
musicalità trascinante. E’ per questo motivo che la letteratura di "Lighea", e
in particolare il racconto finale di La Ciura, ci lascia un po’ spossati,
svuotati, come dopo aver vissuto un’ora d’incanto o di ‘trance’.
Ed è per questo che sarà necessario inseguire proprio quel ‘ritmo’ della
scrittura, per restituire il fascino del racconto: la sua fisicità.
Informazioni e prevendita: Piacenza Turismi, Via San Siro n. 27 - 29100 Piacenza
telefono 0523.305254 - fax 0523.309298 -
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Pagina a cura di
Carla Conti
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