Migliaia di reperti provenienti dalle necropoli spinetiche, ceramiche, bronzi, vetri, ambre ma anche vasi di grandi dimensioni, dolii, anfore, crateri. Pezzi di pregio assoluto rinvenuti nelle oltre 4mila tombe scavate nelle necropoli di Valle Trebba e Valle Pega a partire dal 1924. E poi la gran mole di materiale archeologico che affiora dai continui scavi del territorio ferrarese, reperti certo più “ordinari”, per fattura, e rarità, rispetto ai corredi superstar delle sepolture di Spina ma non per questo meno importanti per la comprensione e ricostruzione di un contesto storico.
Questo
è il patrimonio archeologico dello Stato depositato presso il Museo Archeologico
Nazionale di Ferrara: in molti casi, reperti semplicemente unici, che ragioni di
spazio ed opportunità hanno finora privato della ribalta della teca. Pezzi non
esposti ma non certo inediti. La loro fama li ha sempre preceduti. I vasi attici
a figure rosse -tra cui il cratere a volute della tomba 57C di Valle Pega,
quello a calice della tomba 313 di Valle Trebba, l’hydria della tomba 325 di
Valle Pega del Pittore di Niobidi, l’anfora della tomba 422 di Valle Trebba-
così come lo strepitoso gruppo di 20 piatti da pesce (nei corredi, i piatti da
pesce vanno in coppia ma quelli esposti non costituiscono un "servizio" come
potremmo intendere oggi...) sono capolavori ampiamente pubblicati, noti agli
studiosi di ogni latitudine. Eppure, almeno finora, mai stabilmente esposti:
riaffioravano periodicamente per mostre tematiche o esigenze di studio, per poi
scomparire di nuovo nei depositi, in attesa di un proprio posto al sole. Ora
quel giorno è arrivato. Dopo l’inaugurazione, nel 1997, di sei sale al piano
nobile di Palazzo Costabili, detto di Ludovico il Moro, che è certamente un
gioiello rinascimentale ma proprio per questo non destinato a ospitare un museo,
con uffici e laboratori, lunedì 18 giugno, alle ore 18, il Museo Archeologico
Nazionale di Ferrara raddoppia e, dopo lunghi lavori, apre al pubblico gli spazi
attigui al salone delle Carte Geografiche, con volte e soffitti a cassettoni,
camini e stucchi di gusto barocco risalenti alle modifiche settecentesche.
Presenziano al taglio del nastro il Direttore regionale per i beni culturali e
paesaggistici dell’Emilia-Romagna, Maddalena Ragni, il Soprintendente per i beni
archeologici dell’Emilia-Romagna, Luigi Malnati, il Sindaco di Ferrara, Gaetano
Sateriale, e la Direttrice del Museo Archeologico Nazionale Fede Berti.
Coppia di lebeti di produzione italica (meridionale) facenti parte di un corredo
di tomba femminile. Fine del IV sec. a.C.
Notate, sulla sinistra, la coppia di pendenti di pasta vitrea, al centro
la scatolina di legno a forma di uccello e, dietro questa, il balsamario (alabastron)
di gesso alabastrino
Grazie ai finanziamenti del Gioco del Lotto finalizzati alla completa
valorizzazione del Museo Archeologico Nazionale di Ferrara, il pubblico potrà
ora godere di otto nuove sale al piano nobile, corrispondenti ad un aumento di
oltre 500 mq della superficie espositiva, destinate ad ospitare materiali
archeologici provenienti dalle necropoli di Spina.
L’apertura delle nuove sale è stata l’occasione per ripensare l’intero percorso
espositivo del museo. Anche se l’apparato didattico è minimale, i reperti
esposti (al 99% per la prima volta) sono di stupefacente bellezza, alcuni di
loro autentiche superstar.
Con l’aperture di queste otto sale si completa il percorso che conduce il
visitatore attraverso la necropoli di Spina. I corredi tombali sono tutti di IV
e di III sec. a.C. I materiali che li compongono -dopo la meglio nota fase
"grecizzante" del V sec. a.C.- attestano il progressivo affievolirsi dei
contatti commerciali con Atene e confermano come, nel IV sec.a.C. inoltrato, la
città si sia aperta ai mercati dell'Italia meridionale e della Sicilia. Il
percorso che si sviluppa dalla sala VII alla sala XIII attesta ancora, in quel
periodo, la massiccia presenza nel mercato locale delle ceramiche prodotte nell'Etruria
(centro) settentrionale tirrenica, ceramiche che ebbero un’influenza
determinante sulle manifatture degli ateliers spineti.
La sala XIV propone la ricostruzione di due sepolture di Valle Trebba (una
inumazione di V sec. a.C. e una cremazione di fine IV - inizi III a.C.) fatta
sulla base della documentazione del Giornale degli Scavi dei primi anni del
'900. Espone inoltre tutti i "piatti da pesce" attici (della prima metà del IV
sec. a.C.) restituiti dalla necropoli, raccolti in una sezione che introduce il
rapporto della città con le acque che la circondavano e che fornendole il
pescato la dotavano di uno dei principali mezzi di sussistenza.
L’ultima sala presenta -singolarmente o in coppia- un gruppo di vasi attici a
figure rosse (alcuni crateri, una hydria e un'anfora), veramente notevoli per
cronologia, iconografia, forma e attribuzione, e giustamente noti per la loro
maestosità.
Emblematico della nuova sezione espositiva è il vaso forse più noto di Spina, il
famoso cratere attico a figure rosse dalla tomba 57 C di Valle Pega, esposto
singolo nel salone cosiddetto delle Carte Geografiche.
Il piano di valorizzazione del Museo Archeologico Nazionale di Ferrara
proseguirà con ulteriori sistemazioni degli spazi espositivi destinati ad
ospitare le collezioni provenienti dall'abitato di Spina e dal territorio
ferrarese. Il nuovo assetto del Museo si completerà con il restauro dei giardini
di mezzogiorno e di levante: il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed
il Comune di Ferrara hanno avviato un’intesa per definire il piano di gestione
di questi ultimi spazi.