Museo Archeologico Sarsinate
La storia del museo
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La veste attuale del Museo Archeologico Sarsinate è il frutto delle varie fasi di ampliamento e riordino dei materiali che si sono succedute nel corso di oltre un secolo dalla sua fondazione. Il primo nucleo espositivo del museo, denominato "M.A. Plauto", fu istituito nel 1890 dall'archeologo forlivese Antonio Santarelli dietro esplicita volontà dell'Amministrazione Comunale. All'interno delle attuali prime due sale fu così allestita una ricca collezione di iscrizioni di età romana di carattere pubblico e funerario provenienti da rinvenimenti occasionali avvenuti nel corso dei secoli sia nella città che nel suburbio. Questi reperti erano stati raccolti -a partire dal Seicento- da studiosi e cultori di storia locale, primo fra tutti l'erudito canonico sarsinate Filippo Antonini cui si deve la prima organica descrizione di 35 documenti epigrafici allora conservati nella Cattedrale o da privati. In seguito confluirono regolarmente nel museo tutti i resti archeologici emersi dalle varie esplorazioni condotte in città, dalle quali cominciò a delinearsi la prima fisionomia dell'abitato.


Sala E - Testa di Livia (I sec. d.C.)

Le raccolte furono in seguito arricchite da nuove scoperte e, in particolare, dagli scavi archeologici condotti nella necropoli romana di Pian di Bezzo, indagata regolarmente a partire dal 1927 fino al 1939. L'area sepolcrale ha infatti restituito una grande quantità di monumenti in eccellente stato di conservazione perché protetti da una spessa coltre di terreno depositatasi nel fondovalle a seguito di un’antica alluvione. Considerata l'eccezionalità e l'imponenza dei monumenti funerari, per collocarli nel museo fu necessario aumentare gli spazi espositivi che furono ricavati -seppure in modo inadeguato rispetto alle esigenze- all'interno del medesimo edificio, occupando progressivamente, dal 1927 al 1950, tutti gli ambienti del pianterreno.


Sala V - Sezione lapidaria

Acquisito dallo Stato nel 1957 e assunto il nome di "Museo Archeologico Sarsinate", l'edificio fu ampliato con la costruzione di una nuova sala al pianterreno (l'attuale sala V) e con l'occupazione progressiva del primo piano. Infine negli anni '80, sempre in collaborazione con il Comune di Sarsina, la Soprintendenza ha potuto ulteriormente aumentare gli spazi espositivi con la costruzione della sala del mausoleo di Rufo. In questa occasione i principali monumenti funerari romani -in precedenza smembrati- sono stati ricomposti integralmente ed esposti come oggi li vediamo.


Cinerario in alabastro

I reperti recuperati nel centro abitato e nel territorio circostante permettono di illustrare la storia e le caratteristiche dell’antica Sassina, patria di Plauto; la città, sorta come capoluogo degli Umbri che popolavano la valle del Savio, fu occupata dai Romani nel 266 a.C., divenendo quindi un florido municipio, legato da stretti rapporti commerciali e culturali con Ravenna.

Jacopo Ortalli