Rimini - Importanti scoperte dallo scavo di via Gozio de’ Battagli
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Accertata la presenza di evidenze di interesse archeologico in un cantiere di via Gozio de’ Battagli, a Rimini, la  Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna ha prescritto alla ditta esecutrice dei lavori edili, la Edil Costruzioni S.r.l., di incaricare una ditta archeologica  di impostare l’attività di scavo e di procedere con la documentazione delle strutture emerse. La scelta è caduta sulla ditta Tecne S.r.l. di Riccione che ha eseguito lo scavo sotto la direzione scientifica della Dott.ssa Maria Grazia Maioli (archeologa SBAER), in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Paesaggio di Ravenna.
Le indagini sono state eseguite operativamente sul campo da Simone Biondi e da Cristian Tassinari, responsabile della campagna lavori 2008.
Planimetria schematica delle strutture di età repubblicana (Simone Biondi)Sin dai primi interventi, è stato possibile riconoscere una complessa successione di fasi cronologiche che vanno dall’epoca romana a quella moderna.
La più antica fase dell’insediamento romano relativa a strutture di servizio, databili fra la fine del III e i primi decenni del II sec. a.C., presentava un assetto relativamente semplice, impostato su assi costruttivi ortogonali orientati in senso Sud-Est/Nord-Ovest. A nord-est vi era una prima area, di contenute dimensioni, occupata da una coppia di ambienti (Vani 1 e 2), chiusi a sud da un unico fronte architettonico e affacciati su un spazio scoperto interno. Delle strutture che li componevano si conservavano varie porzioni delle fondazioni in ciottoli e frammenti laterizi legati da argilla e dei piani di calpestio (per questi ultimi si tratta dei piani di rifacimento e dei livelli d’uso più recenti di II-I sec. a.C.), realizzati in semplici battuti sterrati o in cocciopesto. Di particolare interesse è il ritrovamento, ancora in posto, all’interno del Vano 2 presso l’angolo sud, di alcune anfore frammentarie (Maña C, Lamboglia 2 e Dressel 6) insieme a ceramiche comuni usate per la conservazione degli alimenti. Sono stati recuperati anche oltre trenta tappi in terracotta realizzati a stampo, utilizzati sia per la chiusura delle anfore sia dei più comuni recipienti da cucina. Più chiare appaiono le fasi edilizie che caratterizzarono la trasformazione della struttura intorno alla metà del I sec. a.C. In questi anni si può datare la riorganizzazione generale dell’area con il frazionamento degli spazi originari e la costruzione di nuovi ambienti di servizio (Vano 3) e, la riqualificazione dello spazio esterno che fiancheggiava gli ambienti più antichi, con la realizzazione di un ampio locale di forma rettangolare di oltre 3.70 m di lunghezza per 2.60 m di larghezza, orientato in senso NE/SW (Vano 4).

Il podio come doveva presentarsi in età romana (foto Simone Biondi)In tempi successivi, in un periodo indicativamente compreso tra gli inizi e la metà del I sec. d.C., assistiamo ad una serie di interventi che portano alla completa trasformazione dell’area. Le strutture precedenti sono demolite e interrate e l’area di scavo viene occupata da un ampio podio centrale rialzato, di oltre 50 mq, di cui si conserva buona parte del vespaio di preparazione in pezzame laterizio e frammenti lapidei, dotato, lungo i margini esterni, di scoline per la raccolta dell’acqua e bordato da lastre in marmo bianco e calcare rosa di Verona, oggi quasi del tutto spogliate. E’ molto probabile che si tratti di uno spazio pubblico aperto, ma la mancanza di elementi utili rende difficile, per ora, una sua esatta identificazione.

Dopo questa fase costruttiva non si registrano altre opere di particolare importanza ma solo un continuato uso degli spazi fino verso la seconda metà del III sec. d.C., quando la maggior parte delle strutture vengono spogliate e i piani pavimentali coperti da riporti di terreno. Questi livelli, che costituiscono lo strato di accrescimento di epoca tardo antica, sono databili tra la fine del III sec. ed il VII sec. d.C., come testimoniato dal recupero, negli strati più alti, di alcuni frammenti di contenitori anforici di produzione orientale del tipo Late Roman 5/6. Sono da collocare in questi anni anche le 19 deposizioni ritrovate all’interno dell’area di scavo e riferibili ad almeno quattro sottofasi principali.

Le tipologie tombali documentate vanno dalle semplici fosse terragne, talvolta con copertura alla cappuccina, alle tombe del tipo a cassa in muratura. Di particolare interesse è la presenza di diverse tombe di bambini e adolescenti. Pochi invece gli elementi di corredo ritrovati, qualche moneta e una fibula in bronzo dalla tomba 9, del tipo a croce latina databile fra il IV e il V sec. d.C.
La successiva fase medievale non presenta particolari evidenze; durante il periodo databile fra il IX e il X sec. d.C. l’area sembra poco frequentata e sono debolissime le tracce di utilizzo, mentre successivamente, nei secoli XI-XIII, nel sito vennero realizzate due strutture ortogonali fra loro, relative ad un unico ambiente di 9.30 m x 3.60 m.

    
A sinistra e al centro sepolture di bambini in fossa terragna, a destra l’inumato all’interno della tomba alla cappuccina n. 3 (Foto Simone Biondi)

Per quanto riguarda l’età moderna (XVII-XVIII sec.), quest’ultima è testimoniata da una grande struttura costituita da un’unica aula rettangolare, la cui planimetria risulta tuttavia incompleta in quanto insiste oltre i limiti di cantiere di nord-ovest e di nord-est. Riferibili ad un grande magazzino o comunque ad un ambiente di servizio, si conservavano ancora in posto, al di sotto del piano d’uso originario asportato dai lavori di cantiere, quattro fosse granarie più una quinta di poco precedente, costruite in muratura con sezione interna ogivale. Conservate per un altezza di circa m 1.60-1.80, esse erano state riutilizzate come fosse di scarico e colmate da butti e materiali di scarto.


Fossa da grano (Foto Simone Biondi)