Le ricerche archeologiche effettuate in stretta collaborazione con la Curia Vescovile di Reggio Emilia all’interno della chiesa cattedrale di Reggio Emilia hanno permesso di indagare resti strutturali pertinenti ad un edificio sacro precedente all’attuale.
Le prime ricerche sono state effettuate nella navata minore sud: qui è stato ritrovato l’antico muro di facciata (più arretrato rispetto a quello attuale) di età romanica e tre tombe cosiddette “alla cappuccina”, forse di età longobarda, localizzate a ridosso di un’ulteriore struttura muraria con andamento leggermente circolare.
Dal mese di maggio 2004 le ricerche si sono concentrate nella navata centrale. In prossimità delle gradinate del presbiterio, sono stati individuati due antichi accessi alla cripta romanica e, nella zona compresa tra il IV pilastro e il muro di facciata, è stata rinvenuta una poderosa costruzione circolare. Questo edificio -che ha un diametro interno di circa m. 7,30- si presenta articolato in modo piuttosto complesso e le approfondite indagini -ancora in corso- sono rivolte soprattutto a riconoscere i rapporti tra le strutture rinvenute nelle due navate e a comprendere con chiarezza lo sviluppo planimetrico della struttura che pare vivere isolata per un periodo piuttosto esteso.
Le indagini archeologiche all'interno del Duomo di Reggio Emilia
Reggio Emilia: il monumento dei Concordi
Reggio Emilia -sia il capoluogo
che il territorio ad esso collegato- ebbero grande importanza in epoca
romana. Lo testimoniano, tra l'altro, due reperti sempre visibili nella
città, il monumento funerario dei Concordi e lo scavo della Via Emilia.
Per valorizzare questi resti di epoca romana, salvaguardandoli al tempo
stesso da vandalismi e intemperie, è stato avviato un progetto di tutela,
tuttora in corso.
Il monumento dei Concordi -trasportato dal territorio alla città alla fine
degli anni trenta del secolo scorso- necessitava di una protezione alle
intemperie e di una serie di informazioni che lo rendessero comprensibile al
pubblico. Si è quindi realizzata una copertura utilizzando i materiali
presenti nella zona, il legno -nelle strutture orizzontali- e il cemento
martellinato che, con opportune miscelazioni della malta, si avvicina alla
pietra del monumento. L’area coperta corrisponde alle dimensioni originarie
del recinto sepolcrale, delimitato con una fascia a terra dello spessore del
muro originario e con panche in pietra botticino, la stessa del monumento.
All’interno verranno poste pannellature didattiche che illustreranno la
tipologia del monumento, il luogo del rinvenimento ed altre notizie utili
alla comprensione e alle logiche dell’intervento.
La realizzazione del progetto -nato soprattutto da esigenze legate alla
conservazione dei resti- non si limiterà solo alla copertura delle due aree
ma cercherà di riproporre il contesto cui i monumenti sono strettamente
correlati attraverso un itinerario archeologico che si snoderà nel centro
storico.
Il monumento dei Concordi a Reggio Emilia
La villa di Caprara di Campegine (RE)
Il progetto per la costruzione di un nuovo casello autostradale nei pressi
di Caprara di Campegine ha richiesto una serie di sondaggi preliminari
-effettuati nel 2001- che hanno individuato resti archeologici oggetto di
una successiva e più estesa campagna di scavo.
L'ipotetico edificio è stato identificato come una villa rustica romana. Le
strutture si trovano ad una profondità di appena 70–80 cm dal piano di
calpestio e per questo motivo si sono conservate prevalentemente nella parte
di fondazione dove appaiono coperte da uno strato argilloso grigio-scuro
ricco di piccoli frammenti laterizi, interpretabile come livello di
abbandono dell’antico impianto.
Il rinvenimento di alcuni reperti come monete, tipologie ceramiche fini
-quali la ceramica a pareti sottili- frammenti di coppette e bicchieri in
vetro, anelli in bronzo e ferro e un vago di collana in pasta vitrea, ha
permesso di collocare cronologicamente la scoperta in un arco temporale
compreso tra il I e il IV sec. d.C.
La villa romana di Caprara di Campegine
L’acquedotto romano di Brescello
Durante i lavori per l’Alta Velocità, sono state effettuate una serie di
indagini archeologiche -nel 1999 dall’Università di Bologna e
successivamente, nel 2001-2002, dalla Soprintendenza per i Beni
Archeologici- che hanno permesso di acquisire dati sulle modalità
costruttive e sul tracciato di un acquedotto che in epoca romana doveva
portare acqua alla città di Brescello.
Il manufatto risulta messo in opera in trincea. Nel tratto rinvenuto nel
2002 e seguito per circa 30 metri, il taglio praticato nel terreno per la
costruzione dell’acquedotto ha due diverse caratteristiche: nella parte
superficiale -corrispondente al piano di frequentazione di epoca romana-
risulta abbastanza ampio e a pareti oblique mentre in profondità si
regolarizza, diventando pressoché verticale e quasi aderente alla struttura
stessa.
L'acquedotto -alto m. 1,80 e largo m. 1,50- era realizzato interamente in
conglomerato cementizio, con la superficie esterna della volta lisciata e i
ciottoli legati da cocciopesto disposti in modo molto regolare soprattutto
sulla sommità. La parete interna del condotto, nel punto in cui è stata
ispezionata durante le indagini del 1999, non mostrava segni di
impermeabilizzazione mentre il fondo era anch'esso costituito da ciottoli
legati da cocciopesto e sezionati in modo da formare un piano regolare.
Il condotto, probabilmente sotterraneo, doveva essere dotato di pozzetti di
ispezione -analoghi a quello individuato a Caprara- di forma rettangolare e
interamente costruiti in laterizi frammentati legati con calce che si
innestavano direttamente al di sopra della volta di copertura
dell’acquedotto.
L'acquedotto romano di Brescello