Ritrovato il Castello medievale di Montemiscoso, uno dei castelli appartenuti ai Conti Vallisneri di cui restava traccia solo nei documenti d'archivio
Nel 2011 il Comune di Ramiseto (sponsorizzato dalla Fondazione
Manodori di Reggio Emilia) ha approvato il progetto “Terre dei
Vallisneri” che prevede il finanziamento di una campagna di
ricognizione, ricerca e studio degli antichi castelli appartenuti ai
Conti Vallisneri, ubicati oggi nel Comune di Ramiseto, dei quali si era
persa traccia materiale visibile ma di cui erano state individuate le
testimonianze nella documentazione storica e d’archivio da Rachele
Grassi.
Nell’ambito di questo progetto, nell’area dove le fonti storiche
indicavano l’ubicazione del Castellaccio di Montemiscoso, è stata subito
effettuata una pulizia superficiale che ha individuato un sito
medievale, mettendo in luce circa 200 metri di murature lineari, che
corrispondono a mura di cinta e a diversi ambienti, da mettere in
relazione al Castello medievale di Montemiscoso
Vista generale del sito del Castellaccio di Montemiscoso
Nell'estate 2013 è quindi iniziata una campagna di scavo sotto la
direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell’Emilia-Romagna, funzionario archeologo Roberta Conversi. Il Comune
di Ramiseto ha affidato l'esecuzione sul campo degli scavi alla società
di archeologia Acmè e, in particolare, ai suoi archeologi Filippo Olari,
Francescamaria Malaraggia, Rachele Grassi, Simone Carini e Ivan
Fioramonti.
Le
indagini archeologiche hanno verificato la consistenza dei resti murari
emersi dalla pulizia superficiale e il perimetro delle mura e del
castello, consentendo di leggere meglio la cronologia e i livelli d’uso
del sito, aspetti non chiariti dalle fonti storico-archivistiche.
Il castello si sviluppa su un pianoro, circondato da una cinta muraria
esterna di circa 115 metri lineari, su un’area occupata di poco
superiore a 608 metri quadrati.
Il castello è naturalmente difeso dal declivio e, sul lato Sud, da una
grande torre a base circolare di 7.70 metri di diametro. Su un punto
sommitale prossimo al castello, sono ancora distinguibili i resti di una
torre a base quadrata che probabilmente faceva parte del sistema
difensivo.
Già dai primi dati di scavo è evidente che il castello ha subito diverse
riorganizzazioni degli spazi interni nell’arco della sua vita,
soprattutto nella zona a nord della torre circolare, dove è stata
individuata una scala (nella foto a sinistra) che consente di superare
un dislivello di circa 2 metri. Non lontana da questi ambienti è venuta
in luce una grande ghiacciaia rettangolare con pareti a doppio muro, con
originaria copertura a volta.
Gli scavi hanno individuato anche la soglia d’accesso e la
pavimentazione interna del castello, realizzata in grosse lastre di
arenaria prive di legante; il portale risale a una fase successiva
rispetto alla costruzione originaria della cinta muraria esterna.
Sempre in quest’area è stato individuato, ad ovest dell'accesso, un
setto murario privo di legante, obliterato da un crollo molto potente
composto da conci di grandi dimensioni, con presenza di setti murari
angolari in giacitura primaria legati tra loro da malta. Questa nuova
struttura sembra correre parallela al muro di cinta.
Alcuni ambienti del castello risultano interessati da un incendio di cui
restano consistenti tracce alla base della scala d'accesso agli ambienti
inferiori. Se questo incendio è la probabile causa dell’abbandono almeno
di quella parte dell’edificio, la struttura nel suo complesso presenta
diversi segni di lesioni dovute a terremoti (documentati nei secoli
recenti, tanto da censire l’area come a rischio sismico), caratteristica
confermata anche da alcune lacerazioni presenti nella tessitura muraria
più antica.
I materiali individuati nei due settori di scavo ubicati in parti
diverse dell’edificio indagato, indicano una frequentazione attiva del
castello tra il ‘300 e i primi decenni del ‘600: allo stato attuale
delle ricerche, si è propensi a pensare che l’incendio dati la fase
conclusiva della vita del castello intorno al XV – XVI secolo, vista la
presenza, nello strato inferiore all’incendio, di maiolica arcaica e
graffita invetriata rinascimentale.
Soglia d’accesso e cinta muraria
Riutilizzi precari di conci asportati dalla torre circolare e
dall’ambiente cisterna, fanno pensare che in secoli recenti i ruderi del
castello siano stati utilizzati come riparo temporaneo per pastori o
viandanti.
Sarà interessante e si auspica di poter continuare con future campagne
di scavo che consentano di dare una lettura compiuta della pianta
del’edificio e delle sue fasi di vita.
Bibliografia/Cartografia
Grassi R., Le Rocche dei Vallisneri- Incastellamento in alto Appennino
reggiano, ed. Palatina, Parma, 2008