Sono trascorsi quasi sei anni (era
il 21 ottobre del 2006) dal giorno in cui l'ancora è stata recuperata di
fronte al
litorale di Punta Marina di Ravenna, alla presenza dell’ex funzionario della
Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, Maria Grazia Maioli,
e di Alain Rosa, per il coordinamento delle operazioni in acqua. Operazioni che
hanno visto impegnati i subacquei del Gruppo Ravennate Archeologico nonché lo
“scopritore” dell’ancora Andrea Casadei, l’apneista ravennate che il 25 agosto
2006 l'aveva individuata per primo.
Il prezioso reperto, un'ancora modello “ammiragliato”, ha una particolarità
eccezionale, quella di avere perfettamente conservato il ceppo originale in
legno, nonostante il lungo tempo, qualche secolo almeno, trascorso in acqua di
mare.
1 marzo 2012. L'ancora viene tolta dalla vasca, imballata e caricata sul camion
che la porterà al laboratorio di restauro
(foto Alain Rosa,
© Soprintendenza Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna)
L'1 marzo 2012 sono finalmente iniziati i lavori di restauro, avviati con il
prelievo dell’ancora da parte della ditta Kriterion (incaricata del delicato
restauro) dalla vasca del Centro Iperbarico di Ravenna in cui è stata custodita
per tutti questi anni.
Il restauro del reperto è possibile grazie alla sponsorizzazione dell’Autorità
Portuale di Ravenna che, finanziando l'operazione, ha dimostrato ancora una
volta grande interesse e sensibilità per il recupero e la valorizzazione del
patrimonio culturale, in particolare di quello sommerso legato alla
tradizione marinara.
Così giovedì 1 marzo, dopo averla opportunamente imballata, l'ancora è stata
caricata sul camion che l'ha portata a S. Giovanni in Persicelo (BO), nel
laboratorio dove avrà luogo il restauro, salutata da una rappresentanza dei
fautori del recupero in mare, tra cui Alain Rosa (assistente tecnico scientifico
subacqueo SBAER) e alcuni soci del Gruppo Archeologico
Ravennate, da un rappresentante dell’Autorità Portuale di Ravenna, da personale della ditta di restauro Kriterion e da Faustolo Rambelli,
Direttore del Centro Iperbarico di Ravenna.
I lavori, che si annunciano lunghi e delicati, saranno effettuati sotto la
direzione scientifica di Mauro Ricci, restauratore della Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna.
Al termine del restauro, l’ancora tornerà a "casa": sarà infatti esposta in
apposita teca all'interno della sede direzionale dell’Autorità Portuale di
Ravenna, dove il pubblico potrà ammirarla in tutta la sua sontuosa bellezza.
E’ in corso di studio il progetto di valorizzazione a cura di Chiara Guarnieri
(funzionaria archeologa competente per la provincia di Ravenna) e dell’Autorità
Portuale di Ravenna
Punta Marina di Ravenna, 21 ottobre 2006
Certamente di età moderna, tipologia tradizionale, forse di
brigantino: per ora l’ancora recuperata sabato 21 ottobre sul fondale di
Punta Marina offre più misteri che certezze. Ipotetico dire a che imbarcazione
appartenesse e se ne fosse l'ancora principale, quale fosse la
destinazione e il carico della nave, se si tratti di un'ancora persa o
volutamente abbandonata, se nei pressi si possa trovare anche il relitto della
barca e da quanto tempo giacesse a 4 metri di profondità di fronte alla
spiaggia di Punta Marina, a pochi chilometri da Ravenna. Le forti concrezioni
che la ricoprono impediscono quella datazione certa che solo un accurato e
costoso restauro potrà rivelare.
Secondo Costantino Meucci, ex direttore dell’Istituto Centrale per il Restauro
di Roma, si tratta comunque di un reperto eccezionale: sarebbe, in Italia, l’unica
ancora sommersa (rinvenuta in mare) che conservi integro il guscio in legno del
ceppo.
Sono proprio il legno e la forma delle unghie delle marre i principali
indicatori cronologici di questo tipo di reperto. Seppure fortemente incrostate,
le unghie parrebbero a foglia, caratteristica di una tipologia
indicativamente “spagnola” in uso dal XVI al XVIII secolo, ma solo l’analisi al
carbonio 14 (C14) effettuata sulla cellulosa del legno del ceppo potrà dare la
datazione esatta.
L'archeologa Maria Grazia Maioli (a sinistra) fotografa l'ancora appena
recuperata
L’ancora, che si presenta in buono stato di conservazione, pesa poco più di 2
quintali ed è di dimensioni relativamente modeste. Il fusto in ferro (dal
“diamante” all’anello “cicala”) è lungo m. 2,40, i “bracci” ricurvi misurano un metro,
la distanza tra le due marre è di m. 1,20 e il diametro dell’anello è di cm. 35.
Il ceppo, lungo m. 2,16, è costituito da due valve in legno che racchiudono
un’anima costituita da una barra di ferro: le due parti in legno sono fissate da un grosso chiodo in
ferro centrale e sono unite trasversalmente da una serie di cavicchi in legno di
1 cm di diametro.
Le operazioni di recupero si sono svolte sabato mattina nel tratto di arenile compreso tra i bagni “Quattro Venti” e “Pelo”, a circa 300 metri dalla costa, alla presenza di Maria Grazia Maioli, archeologa della soprintendenza, e del vicesindaco di Ravenna Giannantonio Mingozzi. Il programma di recupero ha visto prima la messa in acqua del gommone d’assistenza, seguito dall'immersione di una squadra di sette sommozzatori che si sono avvicendati nelle diverse fasi. Il team era diretto dal dott. Faustolo Rambelli, responsabile del Museo delle attività subacquee di Ravenna, e da Franco Morigi del Gruppo Ravennate Archeologico, sotto la supervisione del tecnico subacqueo della soprintendenza Alain Rosa; alle operazioni di recupero hanno partecipato anche altri operatori specializzati del GRA nonché lo “scopritore” dell’ancora Andrea Casadei, l’apneista ravennate che il 25 agosto scorso ha individuato il reperto, dandone comunicazione alla Capitaneria di Porto di Ravenna.
L’ancora (precedentemente segnalata con un gavitello di superficie) giaceva
su una marra e si presentava ricoperta da uno strato di
concrezioni marine e bivalvi: ciò fa supporre che abbia subito diverse fasi di
immersione ed emersione dalla sabbia, modificate nel tempo da correnti marine e moti ondosi.
Dopo aver liberato il reperto dai pochi sedimenti che la imprigionavano sul
fondale, l’ancora è stata portata in superficie con quattro palloni di
sollevamento che, opportunamente posizionati, hanno permesso di alzarla fino
alla linea di galleggiamento. Così sorretta è stata trainata il più possibile vicino
a riva dove è stata caricata su un carrello predisposto ad hoc per
evitarle movimenti che ne mettessero a repentaglio l’integrità.
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Terminato l’intervento di recupero vero e proprio l’ancora è stata portata nell’area retrostante il Centro di Medicina Iperbarica di Ravenna dove era stata approntata una vasca (di m. 5x3, profonda m. 2) riempita con acqua dolce fornita per l’occasione da un’autobotte dei Vigili del Fuoco di Ravenna. Qui resterà sommersa fino al momento del restauro.
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La prossima settimana i restauratori dovrebbero effettuare una prima ispezione e, se possibile, procedere ai primi interventi di pulizia. Il restauro si annuncia particolarmente delicato per la natura dei materiali che compongono l’ancora (ferro e legno), materiali che per la loro diversità prevedono trattamenti e tecniche di restauro assai differenti. Al momento si spera di poter separare la parte in legno da quella in ferro per riassemblare l’ancora a restauro ultimato.
Si ringrazia per la collaborazione:
Autorità Portuale di Ravenna
Centro Iperbarico Ravenna
CMC di Ravenna
Comune di Ravenna
Consar-Grar Ravenna
Marine Consulting
Ordine della Casa Matha di Ravenna
Provincia di Ravenna
Vigili del Fuoco di Ravenna