Area Archeologica di Classe - Scavi 2005
Splendidi ritrovamenti: un tesoretto bizantino e una stele raffigurante un soldato della flotta romana
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Comunicato stampa
Prima un tesoretto d'argento d'epoca bizantina, poi una stele che ritrae un classiario in completo abbigliamento militare. È un settembre d'oro quello del 2005, in cui gli scavi nella zona archeologica di Classe stanno restituendo autentici tesori che si aggiungono agli altri ritrovamenti emersi in una campagna che ha più che raddoppiato l’estensione dell’area preesistente. In particolare, sono emerse le spallette del ponte di collegamento all’isola ed un capitello corinzio che era stato riutilizzato per il suo sostegno, risultati importanti che confermano la correttezza della strategia intrapresa nell’indagine estensiva dell’area.


Il tesoretto bizantino così com'è apparso agli occhi degli archeologi

Gli scavi nel podere Chiavichetta sono promossi congiuntamente da questa soprintendenza, dall'Università degli Studi di Bologna, Dipartimento di Archeologia di Ravenna, da RavennAntica e dalla Fondazione Flaminia di Ravenna. Nello scavo intrapreso nell’antica area portuale del podere Chiavichetta ci si aspettava di trovare soprattutto edifici portuali e sistemi viari, che in effetti sono emersi. Poi, il 7 settembre, la prima sorpresa: nella zona nord dello scavo, in un settore di ampliamento all’incrocio di una serie di strade, in un edificio con portici che non è stato ancora completamente scavato, è stato rinvenuto un tesoretto di oggetti d’argento da tavola, di piena epoca bizantina, formato da sei cucchiai e una coppa. Negli strati di macerie che coprivano l’edificio qualcuno, quasi certamente in fuga, ha nascosto in una cassetta di legno un insieme di oggetti -di cui facevano parte anche altri materiali deperibili, forse stoffe o carte- di cui si sono conservati solo gli oggetti in metallo. Questo tipo di nascondiglio era un fenomeno abbastanza diffuso in epoca alto medievale quando, per motivi economici o bellici, le persone costrette ad abbandonare le loro abitazioni nascondevano volutamente le cose che ritenevano importanti sperando di poter tornare a recuperarle.

       

Ovviamente non sappiamo chi sia stato o perché ma quel che è certo è che si tratta di un complesso di oggetti di estrema importanza e di notevole bellezza. Secondo l'archeologa Maria Grazia Maioli, che dirige lo scavo, “gli oggetti rinvenuti appartengono ad una tipologia talmente rara e preziosa da essere considerati idonei ad essere donati come ex voto per i tesori delle chiese. Generalmente erano prodotti nei laboratori di oreficeria collegati alle zecche imperiali che garantivano il peso e la purezza del metallo imprimendo il proprio marchio: se queste sigle siano presenti nei pezzi di Classe, lo si saprà solo durante il restauro". I cucchiai -di cui due con il manico spezzato- presentano la caratteristica forma bizantina, con lungo manico collegato al cucchiaio da una rotella, spesso decorata. I sei cucchiai sono l'uno diverso dall'altro, uno ad esempio ha il manico ritorto e termina con una piccola pigna, mentre un altro -attualmente in avanzata fase di pulitura- presenta una terminazione "a balaustro" e il manico a costoline orizzontali che, nella parte verso il cucchiaio, diventa liscio e riporta inciso il nome RVTA, forse quello del proprietario, mentre sulla rotella è incisa una croce latina a bracci patenti, gemmata, analoga a quelle che si incontrano nei mosaici di Ravenna.


Il cucchiaio con terminazione "a balaustro" ed incisioni sul manico e sulla rotella

La coppa in argento ha una forma molto larga ed elegante anche se il metallo è purtroppo assai ossidato e fessurato. Rinvenuta rovesciata -e dunque visibile solo nella parte inferiore- è stata staccata ancora protetta dal suo grumo di terra. In questa prima fase del restauro i nostri tecnici stanno procedendo al consolidamento della superficie interna ma è già parzialmente visibile una decorazione incisa a motivi vegetali con fiori d'acanto centrali e racemi (pampini).
All'inizio del mese di settembre sono ricominciati gli scavi archeologici anche nel podere Minghetti in via Romea Vecchia a Classe all'interno di un vasto settore di necropoli già individuato durante lavori occasionali effettuati negli anni '60. Lo scavo, già ripreso nel 2003 nell'ambito del progetto europeo "Vivere e morire nell'Impero Romano", è condotto da questa Soprintendenza e vede la partecipazione di eminenti studiosi e specialisti di varie nazioni europee. La campagna di scavo 2005 intende indagare soprattutto gli aspetti topografici dell'impianto della necropoli, databile ai primi decenni dell'impero romano, che vede allineamenti di basamenti per stele e cippi funerari sistemati lungo le direttrici stradali interne che seguivano in parallelo l'andamento della spiaggia antica. Le sepolture sono sia ad incinerazione che ad inumazione. Gli incinerati erano sepolti in fossa terragna, con i residui del rogo, oppure in ossuari in pietra, vetro o terracotta; fra gli ossuari in pietra rinvenuti ne segnaliamo uno con iscrizione in latino che riproduce un carme funerario ed un secondo, scritto in greco, decorato con figure di geni riconducibili a credenze religiose orientali. Negli ultimi giorni lo scavo ha accertato che alcuni dei basamenti non servivano solo come supporto per le stele ma, essendo posti a copertura degli ossuari, erano essi stessi vere e proprie tombe.


Basamenti

Nella stessa zona di necropoli è attualmente in corso un secondo scavo, sempre diretto da questa Soprintendenza ma condotto dal Gruppo Ravennate Archeologico con volontari e specialisti di scavo subacqueo. Le indagini mirano a completare l'esplorazione di un grande condotto sotterraneo di epoca romana imperiale -presumibilmente una grande fognatura- che ha restituito abbondantissimi materiali, già parzialmente pubblicati.


La stele, appena ripescata, viene sottoposta ad un primo lavaggio

Il condotto, data la sua profondità oltre i 3 metri, è completamente allagato e viene esplorato da sub guidati dall'esterno dagli archeologi; è inoltre dotato di pozzetti per l'ispezione e la manutenzione. Ed è in uno di questi -aperto per l'esplorazione sabato 17 settembre 2005- che è stato trovato un monumento importantissimo per la conoscenza di Classe in epoca romana, un cippo con la figura di un militare in armamento completo.


La stele

Il cippo era stato riutilizzato in epoca tardo romana per risistemare una parte della volta che era crollata. La stele è costituita da una grossa lastra di marmo, alta più di un metro, che presenta sulla sommità una incavatura per le ceneri del defunto. Sulla faccia anteriore è chiaramente visibile l'iscrizione -purtroppo incompleta- e l'immagine del militare che si chiamava Mon(?)us -forse Moniatus o Monietus- (?) Capito; il monumento gli era stato dedicato, e pagato, da un certo Cocneus, suo erede e probabilmente anche collega. Sempre dall'iscrizione si apprende che il defunto era un optio, cioè un graduato con mansioni prevalentemente amministrative, e che prestava servizio su una liburna di nome Aurata, cioè Dorata. Le liburnae erano piccole imbarcazioni a remi che avevano preso il nome dall'antico popolo dei Liburni, abitanti delle coste dalmate notoriamente dediti alla pirateria. Erano utilizzate come unità ausiliarie in servizi di ricognizione, di contrasto della pirateria e come unità delle flotte leggere dislocate nelle province romane. Pur essendo certo che esistessero liburnae di dimensioni diverse, dalle fonti possiamo sapere che erano solitamente navi a due ordini remieri, armate col rostro, che imbarcavano mediamente cinquanta rematori e una trentina di soldati. Da quanto riferisce Vegezio (Epitoma rei militaris, IV, 31-37), queste navi sembrano aver avuto un ruolo di primo piano nelle flotte militari romane di età imperiale, non solo come unità ausiliarie ma anche come unità leggere di linea, ed erano utilizzate per contrastare le incursioni piratesche. Il ritratto è a figura intera e mostra il soldato a capo scoperto che regge con la mano destra il pilum (una specie di giavellotto) mentre con la sinistra tiene il bordo del mantello che gli pende dalla spalla. Indossa una corazza anatomica con spallacci decorati a squame e dotata di gonnellino con elementi di protezione del ventre; alla cintura ha il gladium, la spada, inguainata in un fodero decorato, ai piedi porta le caligae, i tipici sandali militari, e sopra la corazza indossa una banda trasversale, forse relativa ad una decorazione militare. Nonostante le dimensioni relativamente piccole, il ritratto è estremamente dettagliato e tutti i particolari sono resi con cura inclusa la fisionomia del defunto, con capelli a caschetto e il tipico volto infantile caratteristico dei ritratti dell'epoca giulio-claudia. Il monumento dovrebbe essere databile entro la prima metà del I secolo d.C. ed è per il momento l'unica raffigurazione rinvenuta in zona di un soldato in abbigliamento militare: in tutte le altre stele rinvenute a Classe, infatti, i ritratti, anche di militari, rappresentano sempre figure togate, cioè nella loro qualità di cittadino romano. È quindi la prima volta che possiamo veramente vedere quale fosse l'aspetto usuale di un classiario, cioè di un militare della flotta (classis) di Ravenna.

 
La stele del classiario (particolare)

Il cippo, e tutte le altre stele e materiali provenienti dalla zona e dalla necropoli del podere Minghetti, è destinato ad essere esposto nel futuro Museo Archeologico di Classe, in corso di allestimento.