Casola Valsenio (RA), Abbazia di San Giovanni Battista, Via Cardello 14
Valorizzazione della cripta dell'Abbazia di Valsenio dopo le indagini archeologiche
Home - Scavi/Valorizzazione - Valsenio, Abbazia di San Giovanni Battista (18 maggio 2014)

Abbazia di San Giovanni Battista di Valsenio
Via Cardello n. 14 a Casola Valsenio (RA)
info 0546 73778

L'Abbazia di Valsenio si trova a circa due chilometri da Casola Valsenio, in direzione di Riolo Terme, lungo la SS 306

Pilastri del primo impianto della chiesa, posti a m. 2 di profondità rispetto al piano attualeI consistenti lavori di restauro effettuati nell'ultimo decennio nell'Abbazia di San Giovanni Battista di Valsenio hanno permesso alla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna (archeologa responsabile Chiara Guarnieri) di realizzare una serie di indagini archeologiche che hanno portato alla luce le prime fasi costruttive dell’abbazia.
Non si tratta di semplici tracce ricostruibili virtualmente ma di strutture perfettamente conservate, che si caratterizzano per l’aspetto monumentale.
I dati emersi da questi scavi archeologici hanno permesso di collocare la fondazione del monastero di San Giovanni Battista di Valsenio presumibilmente all'età altomedievale (secoli VI-XI), senza peraltro escludere l’esistenza nel sito di precedenti edifici, anche precristiani.

L’asportazione dei moderni livelli di calpestio ha portato in luce tre diversi livelli pavimentali.
Il primo, in mattonelle di cotto, è databile al XVII secolo; di questo periodo sono anche le numerose sepolture a camera realizzate in lastre di arenaria che continuarono ad essere realizzate anche nel XVIII e XIX secolo, momento in cui l’aspetto originario della chiesa fu totalmente sconvolto dalla ristrutturazione voluta dal priore Giovanni Linguerri. Buona parte di queste sepolture ha restituito elementi di corredo come rosari e monete.
Al di sotto della pavimentazione seicentesca si conservava un piccolo lacerto pavimentale realizzato in esagonette e losanghe in cotto, elementi pavimentali di età romana che furono riutilizzati in età medievale per la pavimentazione della chiesa romanica, i cui originali pilastri a doppia ghiera sono oggi inglobati all’interno della struttura ottocentesca. Un saggio di approfondimento realizzato nella navata sinistra ha consentito inoltre di scoprire, al di sotto di uno strato di circa 2 metri di terreno di riporto, le tracce di un primo impianto abbaziale, del quale ad oggi sono visibili due pilastri con semi colonne addossate ed un lungo muro, probabilmente perimetrale, caratterizzato da un orientamento differente rispetto a quello della chiesa attuale.
La realizzazione dei micropali di sostegno delle murature esterne dell’edificio ha consentito di scoprire, al di sotto dell’attuale abside realizzata in conci di pietra, un muro in laterizi con finestrella circolare che proseguiva per una profondità di almeno 2 metri, la cui presenza faceva quindi ipotizzare l’esistenza di un ambiente sotterraneo pertinente all’abbazia, verosimilmente la sua cripta. Si è così deciso di procedere con un sondaggio interno all’abside, al fine di verificare la consistenza di questa struttura più antica, che si è infatti scoperta al di sotto di uno strato di circa 4 metri di macerie, ancora perfettamente intatta.
L’analisi delle opere di restauro e rimaneggiamento della muratura della cripta permettono di risalire alle diverse fasi di vita della struttura: è stato possibile stabilire che in una prima fase di vita la cripta presentava una copertura a volta a crociera di cui si conservano le colonne di attacco dell’arco ed i sei basamenti delle colonne che la sorreggevano; la pavimentazione era realizzata in lastre di arenaria. In questo periodo le finestre erano a doppia strombatura, aperte all’interno di archi ciechi. Da questo ambiente principale si accedeva forse alle due absidi laterali, attraverso due passaggi posti a ridosso del muro di chiusura della cripta.

la cripta durante gli scavi archeologici
Cripta, area dell’altare, in corso di scavo

È forse a causa di un cedimento strutturale che in un secondo momento l’intero ambiente fu soggetto ad un nuovo riassetto: in questa fase la pavimentazione, sempre in lastre di arenaria, si sviluppava su due livelli, uno rialzato per l’area dell’altare ed uno più basso, al quale si accedeva tramite un gradino. Vengono inoltre innalzati due muri in corrispondenza dei due accessi alle absidi laterali (forse ora defunzionalizzate) e costruite due scale laterali di ingresso ed uscita dalla cripta, una delle quali attualmente percorribile. L’eliminazione di quattro colonne di sostegno della volta a crociera portano inoltre a supporre che in questa fase la copertura non fosse più a vela, bensì piana. Anche il prospetto murario dell’abside subisce una variazione, con l’eliminazione del motivo decorativo ad arco cieco e il rialzamento delle finestre a doppia strombatura.
Sulla base degli elementi ceramici rinvenuti in corso di scavo si ipotizza che il definitivo abbandono della cripta sia avvenuto in un periodo compreso tra il XIII ed il XIV secolo, per venire per sempre dimenticata.

Panoramica della cripta con le colonne che sostenevano la volta
Panoramica della cripta dopo l’asportazione della pavimentazione in arenaria: sono evidenti le sei colonne di sostegno per la copertura delle volte a crociera e l’altare

La storia dell'Abbazia di San Giovanni Battista di Valsenio  (Andrea Ferri)
Abbazia di San Giovanni BattistaFonti storiche locali ottocentesche suppongono una fondazione del complesso risalente ai primi decenni del secolo V ad opera dell’imperatrice Galla Placidia (392-450) o di san Zanobi, vescovo di Firenze (sec. IV-429?). Queste fonti traspongono in chiave leggendaria il dato storico della cristianizzazione nell’area appenninica romagnola, per la duplice spinta propulsiva proveniente dall’esarcato bizantino di Ravenna e dal monachesimo benedettino, sorto in area umbra nel VI secolo.
La prima fonte documentaria conosciuta che menziona l’abbazia di San Giovanni Battista di Valsenio è la bolla (1126-1130) con cui papa Onorio II conferma al vescovo di Imola Bennone i possedimenti della sua diocesi, includendovi le «abbacias Sancti Iohannis a Sinno et Sancti Petri de Sala, Sanctae Marie in Regula et Sancti Donati atque Sancti Mathei». Lo stesso ribadiscono i pontefici Eugenio III (1151), Alessandro III (1179) e Innocenzo III (1215).
La denominazione Val di Senio, Valsenno o Valsenio si afferma nel XV secolo.
L’abbazia era inclusa nel territorio del comune rurale di Monte Oliveto, facente parte del contado di Imola. Sul suo sagrato si riunivano i consigli e le assemblee della comunità. Facevano capo a Valsenio una serie di chiese, sorte su terreni appartenenti all’abbazia a cui pagavano canoni enfiteutici simbolici a riconoscimento dei suoi diritti (ad esempio San Pietro in Scortegeto, in località Casalecchio dei Conti di Castel San Pietro, la badia di Santa Maria del Gualdo, in località Peglio, in territorio fiorentino, San Pietro in Carpignano, San Silvestro di Pozzo e San Martino di Montebattagliola). Numerosi atti notarili medievali attestano l’ampiezza dei possedimenti e l’importanza di Valsenio nel territorio.
In età medievale la chiesa aveva un'imponente porta di ingresso orientata ad ovest affiancata da un cimitero, sopraelevato rispetto all’ingresso, che a metà del Settecento viene abbassato al livello dell’edificio sacro.
Nel secolo XVII la facciata risulta dipinta di rosso, mentre all’interno è riccamente affrescata, soprattutto nella zona dell’abside. A fianco della chiesa sorge un monastero, dotato di un chiostro nel secolo XIII, disponendo anche di una foresteria, posta ad alcune centinaia di metri dal complesso monastico (l’attuale casa Oriani).
Sino al secolo XIII l’abbazia risulta retta da monaci benedettini, quantunque non sia acclarato se appartenenti alla congregazione vallombrosana, sorta nel secolo XI nell’appennino toscano. Numerosi monasteri nella valle del Senio dipendono da Valsenio, tra cui San Martino di Monte Battaglia, San Silvestro di Pozzo, San Pietro di Carpignano e Santa Maria di Gualdo.
Successivamente il numero dei monaci si riduce, il cenobio diminuisce la sua importanza ed è guidato non più da abati, ma da priori, che nella gerarchia benedettina è un titolo attribuito ai responsabili di comunità con un numero minore di religiosi o facenti capo ad altri più importanti monasteri. Anche a seguito di episodi cruenti tra monaci il luogo viene affidato al clero secolare. Probabilmente il primo priore secolare è il sacerdote imolese Ramberto Sassatelli, che tiene l’incarico sino ai primi decenni del secolo XIV, assistito da alcuni canonici. È infatti consuetudine della Chiesa Cattolica attribuire ai sacerdoti preposti alla cura d’anime di una sede in passato appartenuta a un ordine religioso, il titolo proprio dei superiori del medesimo.
Agli inizi del Quattrocento passa in giuspatronato alla nobile famiglia Calderini di Bologna. L’istituto del giuspatronato affida un luogo di culto a laici, che si impegnano alla sua manutenzione, valorizzazione ed officiatura, ottenendo in cambio il diritto di designare il sacerdote deputato a reggerlo, spesso membro della famiglia patrona. Numerosi esponenti della famiglia Calderini sono priori di Valsenio: Filippo (1413-1420), Giacomo (1423), Calderino (1435-1454), Lancellotto (1454- 1461), Gaspare (1461-1497), Girolamo (1497-1526), Gianadrea (1526-1549), Nicola (1549-1586). La scritta Iuspatronatus dominorum comitum de Calderinis è ancora presente nel secolo XVIII sopra la porta della chiesa, collocata sotto l’immagine in arenaria del santo titolare. Anche il fonte battesimale, trasportato nel 1574 da destra a sinistra entrando nella navata laterale, nel 1778 reca le armi dei Calderini, oltre a quelle dei Lambertini. La statua della Madonna del Rosario, collocata a destra entrando in chiesa, è donata dalla famiglia Calderini e ne reca lo stemma. Pure la campana maggiore, fusa nel 1579, ha inciso il nome del priore Nicola Calderini.
Negli ultimi anni del Settecento per volontà del conte Federico Calderini il giuspatronato passa al conte bolognese Francesco Pio Ghisilieri, discendente dai Calderini per parte di madre, cedendolo agli inizi del secolo successivo alla famiglia Costa, che lo detiene sino al secolo XX.
Come spesso avviene per i monasteri benedettini, anche quello di Valsenio svolge già in età medievale attività di cura d’anime, essendo quindi anche sede parrocchiale, dotata di fonte battesimale, con attività pastorali affidate ad un sacerdote, denominato vicario perpetuo, distinto dal priore, spesso non residente in loco.
La chiesa è dotata di diversi altari, il cui numero varia nel corso del tempo. Alla fine del secolo XVIII se ne contano sei, da destra entrando in chiesa: Sant’Antonio da Padova, Madonna del Rosario, Sette Dolori, Sacra Cena, Sant’Antonio Abate, oltre all’altare maggiore, che nel 1614 viene staccato dalla parete e spostato al centro del presbiterio, in modo da ricavare lo spazio per il coro nell’abside. Tra le altre intitolazioni degli altari, riscontrate nelle visite pastorali cinquecentesche e in seguito sostituite, vi sono quelle a San Michele, Visitazione della Vergine e Sant’Ilario. Contermine alla chiesa sorge un oratorio dedicato all’Annunziata. Demolito agli inizi del Settecento, il titolo viene poi traslato ad un altare della chiesa.
L’importanza pastorale di Valsenio è tale da farla divenire almeno dal secolo XVI sede di vicariato, cioè guida di un gruppo di parrocchie contermini, una delle circoscrizioni ecclesiastiche in cui si articola il territorio diocesano. Sino ai primi decenni del Seicento appartengono al vicariato di Valsenio le parrocchie di Santo Stefano di Budrio Petroso, San Bartolomeo di Pagnano, San Giovanni di Riovalle, Santa Maria di Casola Valsenio, San Ruffillo di Monte Battaglia, San Benedetto di Sasso Letroso, Santa Margherita di Prugno e Santa Maria di Mongardino.
In seguito viene costituito il vicariato di Casola Valsenio e solo le ultime tre parrocchie restano aggregate a Valsenio, che negli anni Trenta del Novecento confluisce nel vicariato della Costa ed in tempi più recenti in quello della Valle del Senio.
L’importanza della chiesa nel corso dei secoli è sottolineata dalle numerose famiglie che vi hanno eretto un’arca funeraria. Alla fine del secolo XVII sono presenti sepolcreti dei Bartoli, Marabini, Rinaldi, Valenti, Oriani e Bertazzoni, oltre a quelli dei membri delle due confraternite del Santissimo Sacramento per gli uomini e del Rosario per le donne e i bambini.
Nel 1850 e nel 1860 i parroci priori don Lorenzo Costa e don Giovanni Linguerri operano una serie di restauri con cui alterano irreversibilmente la struttura della chiesa, che viene riconsacrata nel 1861 dal cardinale vescovo di Imola Gaetano Baluffi.
Nel 1944 l’abbazia viene duramente bombardata, subendo il crollo del tetto ed altri gravi danni. I restauri operati nel secondo dopoguerra, terminati nel 1949, ripristinano la struttura, cercando di ricollegarla al profilo architettonico originario.
Nel 1991 si palesano rischi strutturali, che inducono le autorità comunali a chiudere al culto l’edificio sacro per diversi anni. Don Giovanni Visani, amministratore parrocchiale di Valsenio dal 1970 e parroco priore dal 1987, avvia una serie di lavori di ristrutturazione, che procedono lentamente, sino ad approdare agli interventi risolutivi dell’ultimo decennio, portati a termine da don Sante Orsani, parroco dei Santi Stefano e Martino della Costa, succeduto a don Visani come amministratore parrocchiale di Valsenio dopo la morte di quest’ultimo nel 2009.

Il progetto di restauro e di valorizzazione e fruizione delle scoperte archeologiche (arch. Roberto Pistolesi)
Lo scrupoloso rilievo dello stato dei luoghi e la fase preliminare di conoscenza supportata da una serie di indagini mirate hanno consentito di capire le evidenti problematiche che preoccupavano l’intero bene, e di definire la corretta stesura della metodologia progettuale degli interventi da eseguire ed i relativi materiali, prodotti e tecniche da utilizzare.
Fondamentale, per il progetto di recupero, è stata la campagna di scavi e sondaggi archeologici condotta secondo un preciso programma tecnico ed operativo. I lavori, iniziati il 1 marzo 2010, sono stati condotti secondo un preciso progetto di restauro e consolidamento, le cui scelte sono state sempre motivate in rapporto alle soluzioni delle problematiche connesse alla precaria situazione strutturale complessiva dell’abbazia, alle esigenze della committenza ed alle finalità e caratteristiche dell’intervento, in accordo con quanto verificato e disposto anche in relazione all’acquisizione degli indispensabili pareri in corso d’opera presso le Soprintendenze.
Gli interventi strutturali
Il manufatto è ubicato su strati limoso-argillosi di poca profondità attestati sul substrato formazionale marnoso arenaceo ed in parte su strati limosi di maggiore spessore causato dal repentino degradarsi del substrato roccioso. In particolare è la zona absidale che si attesta sugli strati maggiormente compressibili di terreno e di conseguenza presentava dissesti dovuti al cedimento differenziale delle fondazioni. Gli interventi a livello delle fondazioni, pertanto, sono costituiti da una fascia perimetrale di micropali che abbraccia l’abside collegati ad una soletta e cordoli perimetrali che garantiscono il necessario incatenamento a livello fondale. Le indagini hanno inoltre messo in rilievo il distacco della facciata dai muri perimetrali e da quelli delle navate costituiti da una serie di archi in muratura ai quali manca la catena, che è stata pertanto inserita lungo tutta la navata. In seguito ai ritrovamenti archeologici della zona absidale, dove è emersa la muratura antica di pregevole fattura e il pavimento storico in pietra dell’antica cripta, sono state effettuate opere strutturali tese a garantire il supporto necessario alle colonne della volta al di sopra dell’altare.
Si sono realizzate delle opere di sostegno con putrelle in acciaio collegate trasversalmente posizionate al di sotto del piccolo plinto in mattoni delle colonne. Successivamente si sono integrate le putrelle all’interno di una trave in cemento armato e soletta piena in cemento armato che garantiscono la continuità con tutto il sistema d’incatenamento a livello del terreno.

ABBAZIA DI VALSENIO
PARROCCHIA DI SAN GIOVANNI BATTISTA IN VALSENIO
VIA CARDELLO 14
48010- CASOLA VALSENIO (RA)

Apertura e visite guidata
Orario estivo (maggio-settembre) tutti i sabati e domeniche dalle 15.30 alle 17.30
Per concordare eventuali visite infrasettimanali contattare:
Don Sante Orsani 335 6534176
Bruno Boni 347 1714411
Claudia Cavallari 335 6666744

Tutte le offerte ricevute vanno a sostegno dei lavori di restauro

Aperture e visite guidate sono garantite dalla disponibilità e generosità dei parrocchiani di Valsenio che si prodigano quotidianamente affinché la “bellezza” ricevuta in eredità diventi un patrimonio unico a disposizione di tutti


Inaugurazione dei lavori di valorizzazione e restauro domenica 18 maggio 2014
Abbazia di San Giovanni Battista di Valsenio
località Valsenio, via Cardello, 14
con consacrazione dell'altare e Santa Messa celebrata da S.E.Mons. Tommaso Ghirelli, Vescovo di Imola, e convegno "Restauro, scoperte e rinascita" coordinato da Giuliana Gottarelli con interventi di Chiara Guarnieri (Archeologa Soprintendenza Archeologica dell'Emilia-Romagna), Roberto Pistolesi (Architetto progettista e direttore dei lavori), Andrea Ferri (Vicedirettore dell'Archivio Diocesano di Imola) e Marco Violi (Vicedirettore del Museo Diocesano di Imola)