La tazza aurea di Montecchio Emilia: un tesoro principesco di 3800 anni fa
di Filippo Maria Gambari

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Pubblichiamo l'articolo scritto da Filippo Maria Gambari, Soprintendente per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna, per la rivista Archeo (numero di maggio 2012)

La tazza d'oro di Montecchio Emilia (XVIII-XVII sec. a.C)Ancora oggi il sottosuolo italiano può far emergere ritrovamenti che hanno il potere di affascinare e sorprendere anche archeologi con decenni di esperienza. E’ quanto è avvenuto nel marzo 2012 nel corso di un controllo di archeologia preventiva all’interno della cava di inerti “Spalletti” della C.C.P.L., sui terrazzi di sponda destra dell’Enza tra S. Ilario e Montecchio, in comune di Montecchio Emilia.
La zona era già nota e considerata a rischio archeologico: negli oltre 5 m. di stratigrafia della cava si era constatata la presenza di resti di abitato del Neolitico Finale e dell’età del Rame (IV-III millennio a.C.), di tombe a cremazione in urna di tipo terramaricolo dell’età del Bronzo media-recente (XIV-XIII sec.a.C.), presumibilmente collegate alla presenza nota di una terramara poco più a sud, e di tombe etrusche a fossa dell’età del Ferro.
È stato proprio durante un tipico controllo di archeologia preventiva, condotto per conto della Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna dagli specialisti dell’impresa Abacus della dott.ssa Cristina Anghinetti (sotto la direzione del funzionario di zona dott. Marco Podini), che  ai margini orientali della zona sottoposta a controllo, in un suolo agricolo d’età storica nella fascia di contatto al margine inferiore del terreno di aratura recente, è stata trovata una tazza d’oro puro con un manichetto in lamina, alta poco più di 12 cm., chiaramente sollevata e parzialmente spostata dall’aratro in tempi non recenti. Non è emersa alcuna struttura, tomba, cassetta di lastre o altro, cui potesse essere riferita l’originaria collocazione del reperto, che doveva evidentemente essere seppellito in una semplice buca in nuda terra. La tazza appariva schiacciata già in antico, parzialmente rotta poi dall’aratro con l’asportazione di una piccola parte e realizzata senza decorazioni con una lamina spessa circa un millimetro e mezzo.
La forma della tazza, caratterizzata da un fondo convesso con carena accentuata, pareti concave arcuate e da una ansa a nastro tra l’orlo e la carena, rimanda a tipologie ben note anche nelle versioni ceramiche, tipiche dell’avanzata antica età del Bronzo europea (Bz A2 – ca 1950-1600 a.C.) e presenti sia nella cultura cisalpina di Polada sia nella cultura mitteleuropea di Aunjetitz/Unetice e nelle facies a questa collegate fino alle coste atlantiche. Su queste comparazioni, può dunque essere agevolmente datata all’incirca intorno al 1800 a.C., in una fase precedente e di formazione della più nota cultura terramaricola emiliana.

Tazza di Fritzburg (Bonn, Landesmuseum)I ritrovamenti di tazze come quella di Montecchio Emilia sono estremamente rari in Europa per l’altissimo valore intrinseco di questi oggetti fin dall’antichità: in pratica il nostro esemplare si può confrontare solo con altri quattro in Europa. Una tazza quasi uguale alla nostra, con ansa e orlo decorato, è stata rinvenuta a Fritzdorf in Germania (comune di Wachtberg, Land NordReno-Wesfalia) l’11 novembre 1954 dal contadino Heirich Sonntag, isolata. Rimessa in forma togliendo gli effetti dello schiacciamento, è oggi conservata nel Landesmuseum di Bonn. Le sue misure, del tutto analoghe alla nostra, sono: altezza cm. 12, 1, diam. max. cm. 12, 2, spessore medio lamina mm. 1,3, peso 221 g, con circa l’80% di oro, quasi un 20% d’argento ed una piccola percentuale di rame.
Una tazza simile era stata trovata a Plumilliau in Bretagna in un tumulo armoricano sconvolto e scavato nel XIX secolo; oggi questo esemplare è da tempo perduto ma resta nelle collezioni francesi un singolare cucchiaio in lamina d’oro che era associato nella tomba.
In Inghilterra due tazze coeve, oggi esposte al British Museum, mostrano una tipologia simile ma resa con una forma modellata a costolature orizzontali, anche a causa degli spessori più sottili della lamina: la tazza di Rillaton, alta poco più di 11 cm, è stata rinvenuta da operai spietratori in una cista in pietra con una deposizione maschile di guerriero sotto un tumulo di pietre (cairn) della Cornovaglia (Bodmin Moor – Rillaton) nel 1837; rimodellata dopo la scoperta, dal tesoro dei Duchi di Cornovaglia è passata nel 1936 al British Museum. Molto simile risulta la tazza di Ringlemere, alta nelle attuali condizioni di schiacciamento 14 cm, per un’altezza probabile originaria di poco più di 12, ritrovata in un tumulo al centro dell’ henge di Ringlemere (Sandwich – Kent) nel 2001 da cercatori con metal-detector e consegnata per il premio ai sensi del Treasure Act del 1996; il premio d’acquisto fu fissato dalle autorità inglesi a 270.000 sterline (circa 400.000 Euro) .

    
Le tazze di Rillaton e Ringlemere (Londra, British Museum)

Nella cava non sono noti altri elementi strettamente coevi alla tazza, che dunque doveva essere deposta come ripostiglio o offerta votiva, ma alcuni dati d’archivio in corso di verifica potrebbero collegare la stessa tazza ad un ritrovamento di 13 oggetti d’oro, apparentemente dell’età del Bronzo, avvenuto a seguito di un’aratura a Montecchio il 18 gennaio 1782: i reperti furono purtroppo poi fusi e ci restano solo le fantasiose descrizioni dell’epoca.
C’è ancora molta discussione tra gli studiosi sul significato da dare a questi ritrovamenti: se in area atlantica oggetti d’oro come questi fanno parte di tombe particolari, di capi o sacerdoti, evidentemente come vasellame “liturgico” legato a particolari funzioni o riti, casi come quello di Fritzdorf e Montecchio Emilia potrebbero collegarsi a deposizioni votive piuttosto che a semplici ripostigli.
Presentata come eccezionale anteprima all’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria di Firenze il 23 aprile scorso per decisione del Presidente, dott.ssa Maria Bernabò Brea, la tazza d’oro di Montecchio Emilia deve ancora rivelare molte cose. L’analisi meticolosa del terreno contenuto (è tuttora all’interno del vaso) potrà chiarire se in origine l’oggetto era stato deposto pieno di liquido o di altri eventuali elementi; l’analisi metallografica potrà fornire informazioni sull’origine del metallo, sulla tecnica di realizzazione, sulla sequenza di interventi che hanno defunzionalizzato l’oggetto. Entro la fine dell’anno si potranno avere i risultati completi, sperando di trovare tutte le risorse per sostenere i costi di laboratorio. Liberato dalla terra il piccolo recipiente, sarà possibile pesarlo definitivamente, verificare se in effetti lo spessore della lamina risulta un poco più consistente degli altri esemplari transalpini e valutare meglio le tracce di lavorazione.
Al di là dell’eccezionale preziosità del reperto, la tazza d’oro di Montecchio Emilia è un oggetto destinato a cambiare radicalmente diverse idee consolidate sui commerci e sugli scambi nell’Europa di 3800 anni fa.