Le indagini archeologiche hanno portato in luce un centro abitato sorto in età tardoantica e poi mantenutosi nei secoli dell’alto medioevo, di cui si può vedere i resti di abitazioni, di una chiesa e di una torre di difesa.
Piana di San Martino - Veduta dell'area interessata dalle indagini archeologiche
Nel corso degli scavi è stato portato in luce anche un vano contenente i resti di numerosi attrezzi e strumenti di lavoro in metallo, circostanza che fa supporre l’esistenza in loco dell’officina di un fabbro longobardo.
Il deposito del fabbro, con attrezzi e strumenti di lavoro in metallo
Le indagini archeologiche stanno gradualmente riportando in luce una realtà
insediativa complessa e di grande interesse.
Le più antiche tracce di frequentazione si riferiscono all'epoca protostorica e
testimoniano l’esistenza di un insediamento, pertinente ad una comunità di
pastori-agricoltori, per il quale frammenti di colatoi comprovano la lavorazione
del latte mentre fusaiole, rocchetti e pesi da telaio attestano le attività di
filatura e di tessitura. La maggior parte dei reperti è costituita da vasellame,
destinato in genere alla preparazione ed alla conservazione dei cibi, per il
quale la varietà di forme e decorazioni consente di proporre un inquadramento
cronologico dalla media età del Bronzo alla terza età del Ferro, dal XVI al II
secolo a.C.
L’occupazione dell’altura, scoscesa e ricoperta di boschi, riprese in epoca
tardoantica, probabilmente per ragioni di sicurezza: al centro di un sistema
difensivo dislocato su tutto il crinale sono stati identificati una chiesa, vari
edifici in muratura, una torre di guardia, un impianto produttivo per la
lavorazione dei metalli, un forno per utilizzo alimentare, una serie di
sepolture.
Alcuni vani dell'edificio di età tardoantica
I reperti ceramici e numismatici indicano concordemente una continuità di
presenze dal IV secolo d.C. fino all’età moderna. In particolare sono stati
rinvenuti frammenti ceramici di uso domestico inquadrabili tra la fase
tardoantica e l’epoca longobardo-carolingia, oltre a monete che vanno da
un’emissione del re goto Teodato (534-536 d.C.) a una dell’imperatore Ottone I,
re d’Italia dal 962 al 973 d.C., per proseguire con un serie di pezzi, battuti
dalle zecche medievali e rinascimentali di Piacenza, Cremona, Milano, Como,
Genova ed Urbino, che documentano un’insospettabile serie di contatti con
svariati centri della penisola.
Particolarmente importanti sono i rinvenimenti relativi ad una colonna marmorea
pressoché integra e ad una serie di attrezzi, prevalentemente in ferro,
riconducibili alla fucina di un fabbro longobardo.
In primo piano il forno (tostatura) dietro il vano del fabbro
Primo piano della colonna tardoantica rinvenuta a nord del vano del fabbro e
pertinente ad un edificio situato nelle vicinanze
I volontari dell'Associazione Archeologica Pandora, sempre sotto la direzione scientifica dell'archeologa Monica Miari (funzionario di zona della Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna) hanno anche realizzato alcuni saggi di scavo di un abitato pre-protostorico (II e I millennio a.C.) e di una chiesa medievale in località Piana di San Martino, di un settore di una villa romana presso Arcello, di una parte di una struttura abitativa tardoantica a Trevozzo e di una tomba romana a Ganaghello.
La zona di Pianello fu abitata già in epoca molto antica. Alcuni strumenti in
pietra levigati e selce, rinvenuti sul pianoro alla confluenza dei torrenti
Tidone e Chiarone, vicino all'attuale cimitero, risalgono addirittura al periodo
neolitico.
Gli scavi nella Piana di San Martino hanno portato in luce oggetti d'uso in
bronzo e le grotte a Rocca d'Olgisio, testimonianza di insediamenti
nell'Età del Bronzo e del Ferro.
Sempre vicino al cimitero è stato rinvenuto un abitato romano collocabile tra il
I secolo a.C e il I secolo d.C.; frammenti ceramici recuperati in seguito a
lavori agricoli (ed esposti nel Museo Archeologico della Valtidone) indicano che
in epoca romana si svilupparono numerosi insediamenti rurali.
La Piana di San Martino fu di nuovo insediata in età tardo-antica e alto
medievale, come attesta una necropoli altomedievale individuata sempre vicino al
cimitero.
A partire dal VII secolo a.C. Pianello fece parte dei territori del Monastero di
San Colombano e in quell'epoca fu costruita la chiesa dedicata al Santo.
Tra il VII e il IX secolo il paese fu citato in atti del monastero con i nomi
Pianellae , Planellis o Planitas che rimandono alle piccole piane che lo
circondano.
Intorno all'anno Mille a Pianello fu costruita la fortezza, distrutta da
Federico Barbarossa nel 1164.
Nel 1076 il canonico della cattedrale di Piacenza, Giovanni, cedette Rocca d'Olgisio
(Castrum Olzisij) ai monaci di San Savino, ai quali rimase fino al 1296.
Durante il dominio visconteo Gian Galeazzo, nel 1378, consegnò Pianello al suo
Consigliere e Capitano Jacopo Dal Verme, proprietario della Rocca d'Olgisio e di
Bobbio. Nacque lo Stato Vermesco. Il conte Jacopo fece ricostruire la Rocca che
era stata distrutta dal Barbarossa.
Nel XV secolo Ludovico il Moro, ultimo degli Sforza a dominare su Piacenza,
consegnò Pianello a Galeazzo Sanseverino. Durante l'assedio delle milizie
francesi la Rocca d'Olgisio subì 1160 colpi di cannone, ma perse un solo
torrione. Nel 1521 le truppe del papa Leone X cacciarono i francesi e la zona
tornò in possesso dei Dal Verme che la governarono fino al 1646. In quell'anno
morì Federico Dal Verme e, per estinzione della famiglia, Pianello passò alla
Camera Ducale Farnesiana, seguendo le vicende storiche della città di Piacenza e
tornando agli eredi Dal Verme.
Dal 1979 il castello è di proprietà della famiglia Bengalli.
Durante la Seconda Guerra Mondiale Rocca d'Olgisio fu sede del Comando della II
Divisione Partigiana di Piacenza.
Il
Museo Archeologico della Val Tidone è stato inaugurato nell’aprile del 1999
grazie alla collaborazione tra la Soprintendenza per i Beni Archeologici
dell’Emilia-Romagna, l’Amministrazione Comunale di Pianello ed i volontari
dell'Associazione Archeologica Pandora. Ha sede nei sotterranei della Rocca
Municipale di Pianello e consta di tre sale.
Nella prima sala sono conservati fossili che illustrano le fasi di formazione
della pianura padana, materiali di interesse archeologico provenienti da
collezioni e la stele funeraria di Valeria Nardis, databile ad epoca romana
altoimperiale, rinvenuta in una zona nella quale era già stato recuperato un
capitello graffito e decorato da volute, ovoli e palmette, forse pertinente ad
un’edicola sepolcrale.
Nella seconda sala sono esposti reperti che documentano la presenza umana in Val
Tidone in epoca preistorica e protostorica (dal V millennio a.C. alle soglie
della romanizzazione – II/I secolo a.C.). Uno spazio notevole è dedicato ai
materiali della Piana di San Martino, in prevalenza manufatti ceramici, che
testimoniano la vita di un insediamento sviluppatosi in particolare nel corso
del I millennio a.C.
La terza sala del Museo, la più ampia, contiene testimonianze di epoca
prevalentemente romana, anche se non mancano oggetti riconducibili all’alto
Medioevo. In particolare è esposta una campionatura significativa dei reperti
ritrovati nell’abitato romano identificato presso l’attuale cimitero di Pianello,
un insediamento che, indagato nel corso di varie campagne di scavo promosse
dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, si sviluppò
nel periodo compreso tra il I secolo a.C. ed il I secolo d.C. Ad esso in epoca
tardoantica - altomedievale si sovrappose una necropoli della quale, al momento,
sono state individuate varie decine di sepolture ad inumazione. I reperti
presentati consentono di ricostruire non solo attività produttive di livello
locale, ma anche itinerari commerciali di più ampio respiro, a seguito dei quali
giunsero in Val Tidone prodotti realizzati sia nelle diverse regioni della
penisola italica, sia nei territori transalpini (ad esempio frammenti di terra
sigillata sudgallica e di anfore spagnole).
L’esposizione prosegue con i materiali romani provenienti dai vari siti della
valle, in particolare con il sarcofago da Vicomarino e con i reperti della
sepoltura di Ganaghello e della villa di Arcello e si conclude con i manufatti
inquadrabili tra epoca tardoantica ed altomedievale tornati alla luce in
località Piana di San Martino.
Per maggiori informazioni vai al sito del Museo Archeologico della Val Tidone
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