Era la dea madre, la grande divinità della vita, della morte e della rinascita.
Nel marzo 2006 una statuina femminile che la raffigura è stata
trovata a Vicofertile, località nei pressi di Parma, in una sepoltura risalente alla metà del V millennio a.C.,
dunque al Neolitico pieno (cultura dei Vasi a Bocca Quadrata), circa
7000 anni fa. Statuette, generalmente frammentarie, che riproducono la
dea erano già state trovate in diversi insediamenti neolitici; è però la
prima volta che, nell'Italia settentrionale, una statuetta raffigurante
la dea madre viene rinvenuta all'interno di una sepoltura e per giunta
intera.
Il ritrovamento, di eccezionale importanza e rarità, è avvenuto nel corso di uno scavo
archeologico preventivo, finanziato dal proprietario del cantiere edile
sig. Bruno Cavalieri, che sta mettendo in luce la porzione di un
insediamento e di una necropoli neolitica. La statuetta, che fa parte
del corredo funerario di una donna matura, era posta davanti al viso
della defunta, al di sopra del suo braccio sinistro piegato; nella
stessa sepoltura sono stati trovati anche due vasetti, uno con
imboccatura quadrata e l’altro con stretto orlo svasato, a imitazione
del tipo di vaso di origine peninsulare (“ollette tipo Serra d’Alto”).
Il rinvenimento rappresenta il momento culminante di un studio sistematico sulle necropoli neolitiche emiliane che la Soprintendenza ha intrapreso da tempo con la collaborazione di antropologi (dott.ssa Loretana Salvadei, della sezione di Antropologia del Museo “L. Pigorini” di Roma) e con l’ausilio di metodologie di indagine innovative, anche grazie alla collaborazione del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Parma (Prof.ssa Paola Iacumin). Gli scavi sono eseguiti dalla Coop. Ar/S Archeosistemi di Reggio Emilia, sotto la direzione scientifica della dott.ssa Maria Bernabò Brea, funzionaria della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna.
Il rinvenimento di Vicofertile
La statuetta è di ceramica d’impasto nero mal cotta, fattore che indica
che sia stata
fatta unicamente per uso funerario. È lunga quasi 20 cm
e raffigura una
donna seduta, con il volto ovale nel quale sono segnati gli occhi a
fessura e il naso prominente, i capelli lunghi, il busto esile con i
seni triangolari, le braccia staccate dal busto e piegate con le mani
che si congiungono all’altezza della vita. La parte inferiore è
massiccia, con le gambe piegate e i piedi indistinti. Alcuni dettagli,
come le dita delle mani, indicano l’estrema cura nella realizzazione.
La statuina appartiene alla tipologia classica delle statuine della
cultura “dei Vasi a Bocca Quadrata”, già nota da vari frammenti di
dimensioni più ridotte, tutti rinvenuti in contesti di abitato o in
grotte. La straordinarietà del ritrovamento
sta quindi nel fatto che sia la più grande e la prima
rinvenuta intera e in un contesto sepolcrale.
Affiancano la sepoltura della donna 4 sepolture maschili: a
destra quella di un bambino di 7-8 anni con due asce di pietra levigata,
a
sinistra quella di un giovane di 20 anni con una lama di ossidiana e una piccola
ascia mentre le sepolture dei due giovani -poste a maggior distanza- non hanno corredo.
Anche se deve ancora essere indagato l’eventuale rapporto tra le 5
sepolture è
innegabile la centralità della sepoltura femminile. Tutti i defunti sono
posti nella tipica posizione neolitica “del sonno”, rannicchiata sul
fianco sinistro, col capo ad est e il volto verso sud.
Le necropoli emiliane del V millennio a.C.
Il ritrovamento di Vicofertile si inquadra nello studio sulle necropoli
neolitiche emiliane che è stato avviato già da qualche anno in
collaborazione tra archeologi e antropologi, raccogliendo il frutto dei
numerosi dati messi in luce, negli ultimi 20 anni, nel territorio tra
Piacenza e Parma, grazie ad una attenta politica di indagini preventive
condotta dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna.
Il territorio tra Piacenza e Reggio Emilia, grazie al rinvenimento di
circa 150 sepolture, è oggi l’area dell’Italia da cui proviene il
maggior numero di testimonianze funerarie neolitiche, fatta eccezione
per la sola Sardegna.
Tutte le sepolture emiliane sono pertinenti alla cultura detta “dei vasi
a bocca quadrata” e sono databili tra il 5000 e il 4300 a.C.
Sul fronte archeologico i principali risultati dello studio in corso si
possono sintetizzare nei seguenti punti:
1) le sepolture sono tutte ad inumazione rannicchiata sul fianco
sinistro, orientata est-ovest, col capo a est e il volto a sud; si notano
tuttavia oscillazioni tra NE-SW e SE-NW che sono da ricollegare alla differente
percezione del sorgere del sole nell’arco dell’anno.
2) in alcune tombe è posto un corredo funerario. La frequenza e la
“ricchezza” del corredo sono variabili, in relazione alla cronologia
della necropoli ma anche all’atteggiamento delle diverse comunità.
Entrambi i sessi e tutte le classi di età, ad eccezione dei neonati,
possono avere un corredo.
-gli oggetti che accompagnano le sepolture sono:
- asce di pietra levigata, punte di freccia e lame ritoccate di selce,
manufatti in osso/corno anche di pregio e vasi per gli uomini, compresi
i bambini;
- manufatti d’osso, collanine di conchiglia o pietra, vasi anche di
tipologia esotica per le donne. E’ un unicum la statuina della tomba di Vicofertile.
Alcuni oggetti sono funzionali e usati, altri sono nuovi, altri
ancora sono fatti per uso funerario e non funzionale. Lasciando da parte
il corredo con la statuina, i corredi più ricchi appartengono perloppiù
a uomini maturi o anziani anche se sono state trovate sepolture di bambini con corredo e
di anziani senza corredo. Il lignaggio sembra quindi essere l’elemento
determinante mentre l’età sembra essere condizionante solo nell’ambito del
lignaggio stesso. In altre parole, vi è evidenza di ineguaglianza
sociale nelle comunità del V millennio a.C.
3) Si sono individuate alcune possibili testimonianze di cerimonie
rituali connesse con le sepolture: la deposizione di un vaso (quale
offerta ?) al di sopra di una tomba, la sepoltura di un cane privo delle
zampe posteriori, la deposizione secondaria di un cranio entro un
pozzetto ed infine alcune incinerazioni, tra cui quella meglio indagata
conserva le ossa intensamente combuste di una donna adulta, frammiste a
ossa di cane e ad una perlina in calcite.
4) In alcune delle necropoli si trovano gruppi di tombe ravvicinate ed
allineate che evidenziano un rapporto intenzionale tra più sepolture e
rivelano l’esistenza di una strutturazione della necropoli, indiziata
dal costante rispetto delle sepolture precedenti.
5) La presenza di sepolture negli abitati di cultura “Vasi a Bocca
Quadrata” in Emilia è tanto frequente da non poter essere casuale né
contingente: è evidente una relazione intenzionale, quasi a voler sacralizzare un sito in cui si è vissuti o ribadire l’appartenenza
a un
luogo in cui si presume di tornare.
Lo studio antropologico
Per quanto riguarda lo studio paleobiologico, le indagini sono condotte
ad ampio spettro e riguardano lo stato di salute, le modalità di
sussistenza, alimentazione, tempi e modalità di svezzamento,
l’adattamento fisico alle condizioni ambientali e al tipo di attività
prevalente.
Mentre da un lato l’appartenenza dei resti umani allo stesso orizzonte
crono-culturale e territoriale ha permesso di trattare i campioni come
un unico insieme di circa un centinaio di individui, dall’altro, per
alcuni aspetti, si è potuta evidenziare l’insorgenza di fenomeni di microdifferenziazioni tra gli individui di ciascun sito, quale
conseguenza di una diversa combinazione di fattori ambientali e
culturali, da confermare o rivedere con il prosieguo delle indagini.
Il campione è rappresentato, in buona parte, da scheletri completi, con
una prevalenza del sesso maschile e di individui adulti, anche anziani
oltre i 50 anni; consistente è comunque il numero dei bambini (circa 1/3
del campione corrispondente al 35%), che rispecchia in pieno i livelli di mortalità
propri delle società pre-antibiotiche.
Mentre gli uomini sono di statura media (da 158 a175,5 cm), le donne
presentano un'altezza mediamente bassa (tra
148 e 155 cm), segno che probabilmente il loro fisico ha risentito dell’influenza delle condizioni di vita e dell’alimentazione in modo più
condizionante degli uomini.
Le lesioni articolari riconducibili all’osteoartrosi risultano più
frequenti nei maschi (anche giovani, come a Piacenza-Le Mose e a Gaione)
e pertanto sembrerebbero dovute a microtraumi ripetuti nel tempo e connessi ad
attività lavorative, più che alla sola degenerazione
fisiologica dovuta all’aumentare dell’età.
La carie colpisce oltre il 30% degli individui, con una preponderanza
nelle donne, attestando il consumo abituale di carboidrati e indicando,
al tempo stesso, un aspetto non privo di implicazioni. Se infatti la
differenza tra uomini e donne venisse confermata con il procedere delle
indagini, potrebbe essere messa in relazione con un’accentuazione, sul
piano sociale, dell’accesso differenziato alle risorse sulla base del
sesso o interpretata, sul piano paleodemografico, come la manifestazione
di disturbi del metabolismo femminile, intervenuti nel corso delle
gravidanze e del periodo puerperale.
Un dente cariato con chiara evidenza di intervento «medico», oltre che
fornire informazioni da porre direttamente in relazione con lo stato di
salute, offre indicazioni delle tecniche terapeutiche che le comunità
erano in grado di adottare e costituisce un dato puntuale su un aspetto
culturale per il quale non si disporrebbe altrimenti di alcuna
informazione.
La dea madre
La spiritualità dei popoli privi di scrittura può essere solamente
intuita a partire dagli oggetti di culto e dalle testimonianze
artistiche. Nel caso della religiosità dei più antichi popoli agricoli,
numerosi idoletti femminili presenti nel Vicino Oriente e nell’Europa
sud-orientale, fino all’Italia, sono ritenuti la raffigurazione
simbolica della dea madre.
Si tratta della rappresentazione di un culto della fertilità che viene
generalmente espresso, pur con notevole variabilità, con i tratti di una
donna obesa o quantomeno caratterizzata da una marcata accentuazione
del bacino e del sesso, sedi del concepimento e della nascita. Questa
venerazione della dea madre sembra essersi propagata attraverso tutte le
più antiche comunità agricole, di pari passo con la diffusione
dell’agricoltura, a partire dall’VIII millennio a.C. E’ rarissima, in
questi contesti, la raffigurazione del maschio mentre il simbolo della
virilità sembra spesso essere rappresentato dall’immagine del toro o
delle sue corna.
In realtà anche nell’antichissima arte paleolitica, espressione delle
comunità di cacciatori, compare spesso un’immagine femminile che sembra
dimostrare come la donna, in quanto generatrice, sia sempre stata il simbolo
della vita e della riproduzione. Per le popolazioni di agricoltori,
tuttavia, essa si carica di nuovi significati, essendo assimilata alla
terra fecondata dal cui grembo nasce, ogni anno, la vegetazione
che assicura il sostentamento alle comunità umane.
Il ciclo regolare della vegetazione che nasce, muore e rinasce diventa
allora una promessa di rinascita anche per gli esseri umani e la dea
madre/madre terra diventa, di conseguenza, la signora della vita, della
morte e della rinascita. E’ questa la ragione della presenza di idoletti
femminili in alcune tombe del Vicino Oriente, dell’Europa sud-orientale,
della Sardegna e adesso – grazie al ritrovamento di Vicofertile - anche
dell’Italia settentrionale.
Ogni gruppo culturale ha espresso l’immagine della dea in uno stile
peculiare e talvolta in più forme differenti, che secondo alcuni
studiosi potrebbero essere indicativi dei molteplici aspetti della
natura divina della dea madre.
La statuetta della dea Madre è
esposta nella sezione preistorica del Museo Archeologico Nazionale di
Parma, saletta del Neolitico. A causa della progressiva carenza di
personale, si segnala però che spesso la sezione preistorica è chiusa.
La Direzione del museo consiglia pertanto a chi fosse interessato a
vederla di informarsi prima ed eventualmente prenotarsi per la
visita (non una visita guidata, semplicemente per avere garantito
l'accesso alla sezione)
tel: 0521 233718 - 282787
Articolo di Carla Conti, informazioni scientifiche di Maria Bernabò Brea