Il progetto per la nuova sede della concessionaria Bmw ricadeva in un’area di circa seimila metri quadrati interessata da un vincolo di scavo archeologico preventivo nel P.R.G. del Comune di Modena.
L’area si
trova infatti lungo la via Emilia -in direzione Bologna- dove si
presumeva la presenza di una zona funeraria di epoca romana; altre
testimonianze archeologiche erano già state individuate a partire dal
limite orientale del centro urbano antico, nella fascia da Porta Bologna
fino a Saliceto Panaro e Via Giordano. Le zone funerarie erano ubicate
lungo le principali strade che uscivano dalla città, tra cui la più
importante era sicuramente la via Emilia che coincideva anche con il
decumano massimo, il principale asse stradale che tagliava l’impianto
urbano in direzione est-ovest.
Le indagini archeologiche
preliminari, iniziate nell’estate 2004, hanno confermato l’esistenza di
sepolture distribuite lungo il fronte dell’attuale via Emilia -che
coincide con la via Aemilia di epoca romana- per una
estensione dalla strada stessa di circa 14 metri.
Sulla base di questi risultati la Soprintendenza ha concordato con la proprietà di intraprendere uno scavo archeologico estensivo che riguardasse tutti i resti archeologici presenti nell’area interessata all’intervento. La sequenza stratigrafica del sito, che si è spinta fino a sei metri e mezzo di profondità, ha evidenziato almeno tre periodi di frequentazione alternati da episodi alluvionali.
Il “cantiere” per la
rilavorazione del materiale lapideo di età romana(dal IV sec. d.C.)
Le attestazioni
archeologiche più recenti sono state individuate sotto un deposito
alluvionale di circa 5 metri dal piano di campagna attuale. In questa
fase i blocchi lapidei appartenenti ai monumenti funerari romani
venivano recuperati e rilavorati per un reimpiego edilizio.
Elementi lapidei di monumenti
funerari romani recuperati in età tardoantica per un possibile reimpiego
Nell’area del “cantiere antico” sono stati riportati alla luce anche una
decina di blocchi non riutilizzati costituiti da parti di basamento,
trabeazioni e cornici ornate da elementi decorativi di tipo
architettonico. Tutto questo materiale faceva parte di sepolture
monumentali, forse ad edicola e comunque di grande impegno costruttivo,
databili ai primi decenni del I secolo d.C..
Questa attività di “cantiere”
venne impiantata dopo che fenomeni alluvionali avevano depositato
sedimenti di oltre 50 centimetri di spessore sopra una necropoli di fine
III-inizio IV sec. d.C..
La necropoli di II° fase
(fine III-inizio IV sec. d.C.)
Il ritrovamento di
una sepoltura ad inumazione priva di corredo testimonia l’utilizzo
dell’area quale luogo di sepoltura anche a cavallo del 300 d.C..
Sepoltura ad inumazione
all’interno di tomba laterizia del tipo “a cappuccina”, riferibile alla
seconda fase (più recente) di utilizzo dell’area funeraria. A fianco si
distingue una stele appartenente ad una sepoltura a cremazione più
antica. La stele riporta l’iscrizione dedicatoria del liberto
PVBLIVS VILLIVS PRIMVS
(Publius Villius Primus) al suo
patrono e conliberto PVBLIVS VILLIVS
NEOBVLVS(Publius Villius
Neobulus); entrambi erano schiavi liberati di PVBLIVS VILLIVS
La tipologia di questa tomba
“alla cappuccina“ (tomba con copertura in laterizi disposti a doppio
spiovente) è infatti riconducibile al periodo compreso tra la fine del III secolo e l’inizio del IV secolo d.C..
Al di sotto di questa
sepoltura, altri depositi alluvionali occultavano l’utilizzo più antico
della necropoli.
Nella necropoli più antica, riferibile al I e II sec. d.C., sono stati individuati almeno nove recinti funerari, zone ben delimitate appartenenti a famiglie e forse a membri di associazioni professionali o artigianali.
Sono due i fattori che rendono unico questo ritrovamento. Da un lato la completezza delle sepolture, il fatto cioè che nello stesso luogo sia stata trovata la tomba, il suo corredo e la relativa iscrizione. Dall’altro la possibilità di indagare una necropoli non alterata nel tempo che restituisce “contesti chiusi” in cui le stele funerarie “parlano” indicando i nomi dei defunti, la loro comunità di appartenenza ed il rango sociale, come risulta dalle iscrizioni scolpite sul lato che si affacciava sulla via Aemilia (in origine le lapidi erano sempre rivolte verso la strada in modo che i passanti potessero leggerle).
In questa necropoli sono emersi nomi di liberti e quelli delle illustri famiglie padronali di appartenenza, come quelle dei Vibii e dei Licinii. Tra le iscrizioni riferite a liberti, una cita Licinius Macrus, schiavo liberato dalla famiglia Licinia, ed un’altra due liberti di Publius Villius, con Primus che dedica il monumento sepolcrale al conliberto e patrono Neobulus; tra le tombe di famiglia, si segnala quella di P. Octavius Pedo figlio dell’illegittimo Spurius.
Area del recinto funerario 1. Sono visibili
i quattro cippi angolari di delimitazione e al centro la stele
commemorativa della famiglia di
LICINIVS MACRVS
(Licinius Macrus), liberto di
SARDVS
(Sardus).
Si intravedono i resti di una colonna
decorata a elementi vegetali,
probabile cippo del vicino recinto 2
Basandosi sulle tracce
lasciate sul terreno, sono state finora individuate circa 50 sepolture.
Attualmente sono già state
scavate cinque tombe a cremazione, di cui due dirette (il
luogo della cremazione coincide con quello della sepoltura) e tre
indirette (il luogo della cremazione è diverso da quello della
sepoltura).
All’interno sono state
trovate le ceneri e i resti ossei combusti dei defunti e parti di letti
funerari in osso lavorato con fini decorazioni vegetali e a figura
umana. Tra gli oggetti di corredo deposti al momento della cremazione
compaiono balsamari-portaprofumi in vetro colorato in giallo e blu
(deformati dal calore del rogo). Altri balsamari in vetro, lucerne del
tipo a volute e a marchio di fabbrica, monete, coppette e bicchieri in
ceramica definite “a pareti sottili” sono stati deposti all’interno
della sepoltura dopo la cremazione.
Fuori dalle tombe sono stati
inoltre recuperati vasetti in ceramica -che documentano la
frequentazione rituale delle aree funerarie nel tempo- la cui funzione
era quella di contenere offerte alimentari.
I monumenti ritrovati
appartenevano a stele, cioè a segnacoli funerari a forma di lastra
parallelepipeda. Una di queste stele, dedicata alla famiglia Licinia,
è dotata di timpano ed elementi acroteriali ai lati del frontone,
una tipologia che riproduce in forma schematica il lato frontale di un
tempio rievocato nei monumenti funerari del tipo ad edicola di maggiore
impegno architettonico.
Singolare la decorazione
fogliata che impreziosisce il fusto di una colonnina, anch’essa
forse deposta come segnacolo all’interno di un’area-recinto.
L’indagine, diretta dalla
dott.ssa Nicoletta Giordani della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, è condotta
dalla Cooperativa Archeologica Archeosistemi ed è effettuata in stretta
collaborazione con l’Università degli Studi di Modena, Facoltà di
Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali.
Restauratori e stagiste della
Soprintendenza sono già intervenuti sul campo per i primi interventi
conservativi sul materiale lapideo e sono tuttora impegnati nel
microscavo in laboratorio di due urne cinerarie.
Sul cantiere collaborano fin
dall’inizio specifiche professionalità per l’analisi dei sedimenti
alluvionali, la determinazione dei carboni, la caratterizzazione dei
materiali vitrei, il riconoscimento dei resti vegetali e le
ricostruzioni ambientali attraverso le analisi polliniche. Altre
collaborazioni dovranno essere attivate per l’analisi dei resti ossei.
Su incarico della proprietà,
l’architetto Roberto Corradi sta studiando soluzioni progettuali che
consentiranno la fruizione pubblica in loco dei contesti monumentali più
rilevanti mentre la Soprintendenza concorderà destinazione ed
esposizione dei reperti con il Museo Civico Archeologico Etnologico di
Modena.
Nel complesso, un felice esempio di sinergia pubblico-privato e di
sforzo collettivo tesi a
cogliere un’opportunità di studio e di ricerca al momento senza
precedenti per arricchire la conoscenza della colonia romana di
Mutina attraverso l’analisi dei suoi contesti funerari.