Le teste e parte del busto di due statue in gesso di pregevole fattura, realizzate nel 1642 da un ignoto plastificatore: raffigurano San Biagio e San Carlo e in origine erano collocate ai lati dell’altare maggiore. E poi resti significativi del primo impianto medievale di Spilamberto e dei muri perimetrali dell’antico Oratorio del Quattrocento. E’ quanto è emerso a Spilamberto di Modena durante i lavori di restauro della Chiesa di Santa Maria degli Angioli.
Una porzione della statua di San Biagio riemerge sotto il pavimento della Chiesa
di Santa Maria degli Angioli
Da sempre i fedeli si rivolgono a San Biagio, medico e martire, per guarire
dalle malattie. L’inaspettata scoperta è ulteriore conferma delle fonti
d’archivio sull’origine dell’edificio, oggi di architettura seicentesca, ma di
fondazione molto più antica. Il primo documento che attesta l’esistenza di un
Oratorio, voluto dalla Confraternita di Santa Maria degli Angioli, risale al
1457; la sua attività, prolungatasi fino agli scorci del 1900, resterà sempre
legata alla vita dello “Spedale” sorto per fornire assistenza a malati e
bisognosi.
La Chiesa di Santa Maria degli Angioli, di proprietà della Fondazione Cassa di
Risparmio di Vignola e in corso di restauro, ospiterà il nuovo Museo
Archeologico di Spilambero. I lavori di riqualificazione della chiesa sono stati
preceduti da indagini archeologiche realizzate sotto la direzione scientifica
della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e finanziati
dal Comune di Spilamberto. Il Soprintendente Luigi Malnati e l’archeologo Donato
Labate hanno diretto le indagini che sono state condotte sul campo
dall’archeologa Anna Losi della Cooperativa Archeosistemi di Reggio Emilia.
A sinistra, il pavimento quattrocentesco del sagrato - A destra, il pavimento
cinquecentesco rinvenuto all'interno dell'edificio
I risultati delle ricerche archeologiche hanno premiato gli sforzi. Già i primi sondaggi, condotti da Luigi Orienti, ispettore onorario della Soprintendenza e membro del locale Gruppo Naturalisti, avevano portato in luce due distinti tratti di pavimento in cotto, databili il primo all’impianto quattrocentesco e l’altro al rifacimento cinquecentesco, oltre a due grandi sepolcri a volta che occupano lo spazio centrale della navata, utilizzati come sepoltura per i membri della Confraternita. Nella fase successiva, le indagini archeologiche, condotte da Archeosistemi, hanno interessato l’analisi delle stratigrafie sepolte che ricoprivano resti di antichi edifici. Risalgono ad abitazioni del XIII secolo, periodo di nascita di Spilamberto, alcuni lembi di murature in mattoni su fondazione in ciottoli, conservate ad una profondità di poco più di un metro rispetto al piano stradale attuale.
Pavimenti del '400 e del '500; sulla destra, un muro perimetrale dell'oratorio,
in ciottoli, impiantato su un muro più antico, in laterizi
Su questi vennero appoggiati i muri perimetrali dell’Oratorio quattrocentesco, con un rialzamento notevole della quota dei pavimenti, costruiti al di sopra di uno strato di macerie derivato dalla demolizione delle case precedenti. In questa fase, l’area dell’attuale Coro si presentava come uno spazio adibito a giardino con pergolato, delimitato su un lato dall’Oratorio e su un altro da un porticato. Nel piccolo saggio che abbiamo aperto in questo vano, risulta ben conservato il terreno riferibile al giardino basso medievale, sigillato da macerie -risultato della demolizione seicentesca- che contengono anche resti di vasellame in ceramica ingubbiata graffita databile tra la fine ‘500 e gli inizi del ‘600. Quando, nel 1631, il Coro e l’Oratorio vengono costruiti nelle forme attuali, il cortile è occupato dagli edifici di culto e sotto il pavimento del Coro, in posizione centrale, viene collocata una tomba a cassa laterizia, sicuramente destinata ad un personaggio di spicco della Confraternita.
Il letto funerario in laterizio: sotto l'archetto (che fungeva da ossuario e già
svuotato negli anni Sessanta) si intravede la statua di San Biagio
L’ultima fase di scavo ha interessato uno dei due sepolcri della navata della Chiesa, quello destinato ad ospitare le sepolture femminili: qui sono stati trovati quattro letti funerari in laterizio, sostenuti da archetti utilizzati come ossuari. Il sepolcro era già stato vuotato e riempito di macerie nel 1962, quanto la chiesa era stata acquistata dal sig. Gino Nanni per ospitare la sua officina meccanica: in quell'occasione gli ossari furono svuotati del loro contenuto ed i resti dei Confratelli spostati nel cimitero comunale. In questo sepolcro, a circa due metri di profondità, ricoverati sotto le arcate di due dei quattro letti funerari, sono state trovate le due statue di santi. Lo stesso scavo ha recuperato svariati elementi di rosario, inclusi due crocifissi in rame, metalli e reperti ceramici databili dal XIV al XVII secolo. Abbiamo poi trovato diverse croci in marmo, provenienti dal cimitero di Spilamberto, collocate qui in seguito alla riesumazione di alcuni confratelli e consorelle che, come si evince dalle iscrizioni, sono stati portati all’interno della chiesa verso gli anni Trenta del secolo scorso. Le croci sono tutto ciò che resta della traslazione, visto che le ossa, come si è detto, furono poi riportate al cimitero comunale negli anni Sessanta.
Ai lati, due crocifissi da rosario in rame - Al centro, la croce in marmo di una
consorella: le sue ossa furono portate al cimitero negli anni Sessanta
La città di Spilamberto risentiva da diversi anni della mancanza di uno
spazio prestigioso che potesse ospitare manifestazioni ad indirizzo culturale.
L’esigenza di tale spazio si è fatta particolarmente evidente negli ultimi tempi
per il moltiplicarsi delle manifestazioni culturali organizzate sia
dall’Amministrazione che dal vivace Associazionismo locale.
L’Amministrazione Comunale di Spilamberto ha così individuato nell’antica Chiesa
di Santa Maria degli Angioli –sconsacrata dagli anni Sessanta e di proprietà
privata– l’edificio adatto a diventare quello spazio pubblico in cui svolgere
attività prevalentemente culturali e qualificate.
Recuperare la Chiesa di Santa Maria degli Angioli significa, non solo per
Spilamberto, riappropriarsi di un patrimonio di storia, arte, cultura e
religione che ha le sue radici nel XV secolo. A tale periodo risalgono infatti
le prime testimonianze storiche documentate sulla “Confraternita di Santa Maria
degli Angioli” che, sorta come congregazione laica nel Medioevo con intenti di
edificazione religiosa, viene via via assumendo anche i caratteri di una salda
istituzione assistenziale con diverse attività sia in campo religioso che
sociale e culturale. La Chiesa fu costruita appunto da questa Confraternita
operante a Spilamberto per oltre quattro scoli ed alla quale aderirono le più
illustri famiglie (i Rangoni fra i primi) del territorio a sud di Modena e gli
spiriti più illustri.
Divenuta potente e ricca, la Confraternita dotò la sua chiesa di opere di
celebri artisti (Zoboli, F.Madonnina, Franciosini di Castelvetro, F. Stringa…)
molte delle quali sono oggi visibili nella Chiesa di Sant’Adriano III Papa: tra
queste ricordiamo anche l’”Assunta” di Guido Reni, appositamente commissionata
dalla Confraternita e successivamente ceduta per sopravvenute necessità
finanziarie.
Grazie alla collaborazione tra Comune di Spilamberto e Fondazione Cassa di
Risparmio di Vignola, a cui si aggiunge un contributo della Banca Popolare
dell’Emilia-Romagna, questo importante edificio tornerà a svolgere la sua antica
funzione culturale e sociale: il progetto di recupero redatto dall’Arch.
Andrea Onofri prevede sia destinata a prestigioso contenitore per attività
culturali di alto livello.
A sinistra, frammenti di ceramica, vetri ed intonaci di età medievale e
frammento d'ingubbiata del '400 - A destra, perla di collana in vetro e
frammento d'intonaco colorato
Fin dall'inizio dei lavori di restauro, sono emerse strutture che hanno
richiesto l’intervento e la supervisione della Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Emilia-Romagna. I primi scavi hanno portato in luce diverse
strutture murarie e pavimentali databili tra il basso medioevo e l’età
rinascimentale, oltre a resti di sepolture, pavimenti e lapidi pertinenti alle
fasi di vita della chiesa (XVII sec). I resti delle strutture più antiche sono
riferibili all’antico Oratorio documentato nel XV secolo nell’area attualmente
occupata dalla Chiesa. Si tratta di un ambiente delimitato da muri in ciottoli,
uno dei quali intonacato, con un pavimento in mattoni quadrati di grosse
dimensioni (XV secolo), rifatto in un secondo tempo con mattoni quadrati più
piccoli “quadrelli” (XVI secolo). A ridosso della facciata occidentale di questo
ambiente, un battuto in terra e calce potrebbe invece riferirsi al sagrato
dell’oratorio. Il complesso preesistente alla chiesa è databile sulla base dei
materiali rinvenuti tra il tardo medioevo e l’inizio dell’età moderna (XV-XVI
sec.).
Lo scavo aveva inoltre riportato in luce alcune strutture della Chiesa di Santa
Maria degli Angioli costruita nel ‘600: due buche da impalcature da cantiere, un
lacerto del pavimento della chiesa con rifacimenti, due grandi ossari, lapidi
con iscrizioni e, nel coro, la sepoltura di un inumato. Sul lato nord, era
visibile la fondazione di un altare minore. Di particolare interesse sono subito
parse le due grandi tombe/ossari della Confraternita di Santa Maria, suddivise
verosimilmente tra “confratelli” e “consorelle” come farebbe pensare il
rinvenimento, nel corso degli scavi, di una lapide. Su un’altra lapide
funeraria, pertinente ad un Priore della Confraternita, è riportato lo stemma
della casata Rangoni. Purtroppo negli anni Sessanta, quando la chiesa divenne
un’officina meccanica, gli ossari furono svuotati del loro contenuto ed i resti
dei Confratelli spostati nel cimitero comunale.
Il prosieguo delle ricerche archeologiche ha premiato la lungimiranza del
Comune di Spilamberto, che in via preliminare ai lavori di restauro, aveva
deciso di finanziare l’attività di scavo. I risultati sono infatti di grande
rilevanza scientifica.