Sassuolo, Montegibbio loc. il Poggio
Insediamento di età romana: campagne di scavo 2010-2011

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Le ricerche archeologiche e geologiche effettuate durante le campagne estive del 2010 e del 2011 rivoluzioneranno con ogni probabilità  l’interpretazione sulle strutture rinvenute nell’insediamento romano di Montegibbio.
Giovedì 6 ottobre, a Sassuolo, Comune di Sassuolo e Soprintendenza per i Beni Archeologici dell' Emilia-Romagna dedicano una serata all’attività di ricerca archeologica e geologica condotta nell’ultimo anno
Durante le ultime campagne di scavo le indagini si sono concentrate nel saggio 2, cioè nel secondo settore, localizzato circa 7 m ad est rispetto al primo, lungo il versante occidentale del bacino del Rio del Petrolio.
Particolare del pavimento di I sec. a. C in opus signinumCome descritto nelle precedenti comunicazioni, nel primo pianoro erano state individuate 7 fasi insediative comprese tra il III-II sec. a.C. ed il VI sec. d.C, di cui quella più eclatante (dal punto di vista delle deformazioni osservate e delle strutture archeologiche individuate) era rappresentata da 4 vani caratterizzati da belle pavimentazioni in opus signinum. Queste stanze furono costruite alla fine del I sec. a.C. e furono in uso fino agli inizi del II sec. d.C.
Le indagini nel saggio 2, in una zona situata immediatamente a sud rispetto al pozzo deformato di epoca tardo-antica individuato nel 2009, hanno messo in luce, a circa 80 cm al di sotto del piano di calpestio tardo-antico, un crollo formato da grandi blocchi in arenaria e da laterizi (tegole), pertinenti rispettivamente alla fondazione e all’alzato di due strutture murarie. Frammiste al crollo sono state rinvenute numerose porzioni di intonaco dipinto caratterizzato da campiture monocrome, riferibili probabilmente a decorazioni murarie inquadrabili nel cosiddetto terzo stile pompeiano.
La prima struttura muraria, in parte sbancata dallo scavo praticato in epoca tardo antica per la costruzione del pozzo, è costituita da blocchi in arenaria squadrati e sovrapposti l’uno sull’altro, le cui facce orientali e meridionali sono bugnate. Tale dato rivela la pertinenza del muro al limite esterno orientale di un vano, il cui lato meridionale è costituito da un secondo muro, legato al primo, e formato da una sottofondazione costituita da tre file di blocchetti lapidei squadrati frammisti a laterizi, che ne costituiscono il paramento esterno. Su questa fondazione si impostano grandi blocchi lapidei squadrati (50x30 cm dimensione massima dei blocchi), rinvenuti lungo i fronti esterni e originariamente posti in verticale. Una pavimentazione in opus signinum, connessa ai due muri descritti, si sviluppa verso nord-ovest: si tratta di un piano pavimentale caratterizzato da un disegno semplice costituito da tessere musive quadrate e scaglie litiche policrome sparse in modo irregolare sulla superficie.
In base ai rapporti stratigrafici evidenziati, questo vano, di cui solo la metà sud occidentale è stata fino ad ora indagata, risulta inquadrabile al I sec. a.C.; il suo orientamento nord-sud/ est-ovest, è analogo a quello riscontrato nei 4 ambienti documentati nel saggio 1. Tale analogia, supportata dai medesimi tipi di pavimentazione e di decorazione parietale, consente di ipotizzare che questo vano sia pertinente allo stesso edificio di cui fanno parte gli ambienti individuati nel saggio 1.
Ciò che rende la questione assai avvincente è la diversa dislocazione delle 5 stanze individuate. Infatti i vani del saggio 1 si trovano alla quota di 351,50-350,40 m s.l.m., mentre l’ambiente del saggio 2 a 347,30 m s.l.m. Tale differenza di quota in una distanza piccolissima (6-7 m tra il saggio 1 e 2) suggerisce due possibili linee interpretative: i) l’esistenza di una struttura originariamente terrazzata; ii) la presenza di un unico edificio interamente allocato ad una medesima quota cioè disposto su un solo ripiano. Nella seconda ipotesi, l’ambiente individuato nel saggio 2 avrebbe subito una “caduta” di circa 3-4 m verso il basso rispetto ai 4 vani trovati in alto. Tale caduta sarebbe necessariamente da ricondurre ad una fagliazione multipla che ha interessato il sito. Al momento attuale sono infatti stati riconosciuti almeno quattro piani di taglio subverticali, reciprocamente subparalleli e variamente ubicati tra i saggi 1 e 2.
La seconda ipotesi, se comprovata, consentirebbe di spiegare perché i due vani più esterni dei 4 scoperti nel saggio 1, non sono stati rinvenuti interamente ma risultano incompleti e terminano in corrispondenza di un’area caratterizzata da terreno sterile del substrato, affiorante a causa dell’erosione della superficie topografica in corrispondenza del lembo rialzato di una delle faglie. Le indagini (anche geofisiche) non hanno per ora messo in luce alcun muro di contenimento (terrazzamento artificiale) tra i saggi 1 e 2.
Per quanto riguarda l’interpretazione dell’edificio, caratterizzato da stanze di particolare pregio affiancate tra loro in una semplice successione, ha sempre meno peso l’ipotesi che essi siano parte di una villa urbano-rustica. Sembra invece assai più probabile la loro interpretazione come parte di un edificio di culto connesso alla presenza di acque medicamentose e di vulcani di fango.


Muro di fondazione del I sec. a.C. con elementi lapidei di reimpiego dal santuario di II sec. a.C

Lo scavo, finanziato dal Comune di Sassuolo (MO), che da quest’anno è concessionario del sito archeologico, è stato diretto nel 2010 dal Soprintendete Luigi Malnati e dall’archeologo Donato Labate e nel 2011 da Francesca Guandalini, con il coordinamento sul campo dall’archeologo Francesco Benassi e dell’ispettore onorario Ivan Zaccarelli.
Anche durante queste due campagne di scavo si sono avvicendati ricercatori e professori universitari di varie discipline che hanno dato un contributo fondamentale alla comprensione delle dinamiche insediative rilevate. In particolare i ricercatori dell’Università degli studi di Bologna Stefano Cremonini (Dipartimento di Scienze della Terra e Geologico-Ambientali), Lisa Borgatti (DISTART) e Stefano Lugli (Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia)
Lo scavo ha inoltre rappresentato un fruttuoso campo scuola per gli studenti del Corso di Laurea in Scienze dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, alcuni dei quali, già laureati, continuano ad interessarsi e a studiare il sito. In particolare Giorgia Sfargeri si occupa dello studio archeometrico della ceramica grezza sotto la guida di Jacopo Ortalli, Stefano Lugli e Sara Tiziana Levi (Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia), Giorgia Ferrari si occupa delle analisi chimiche sugli intonaci rinvenuti nel sito sotto la guida del professor Pietro Baraldi (Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia).

Per maggiori informazioni di carattere scientifico potete rivolgervi agli archeologi responsabili dello scavo Donato Labate (SBAER), Stefano Cremonini (UniBO), Lisa Borgatti e Francesca Guandalini

Clicca qui per andare alle pagine correlate
I e II campagna di scavo (2006-2007)
Mostra "Archeologia a Montegibbio", dal 7 ottobre al 4 novembre 2007
III campagna di scavo (2008)
Giornata di Studi "La Villa di Montegibbio", il 7 febbraio 2009
IV campagna di scavo (2009)