La città romana di Mevaniola
Via Borgo snc, località Pianetto,  Galeata (FC)

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The Roman city of Mevaniola

La città romana di Mevaniola sorgeva a poca distanza da Galeata, su un pianoro a sinistra della strada per Santa Sofia e in vista di Pianetto, antica rocca e luogo di monumenti di epoca rinascimentale. Degli scavi eseguiti sono visibili un teatro e parte di un edificio termale. Poco più a nord di Galeata è stato scoperto un insediamento altomedievale, proposto come residenza teodoriciana (villa di caccia nei poderi Saetta e Poderina); su un poggio situato a ponente si erge l'abbazia di S. Ellero, fulcro della vita religiosa e culturale per tutto il medioevo nei luoghi che, secondo la tradizione, videro l'incontro tra Ellero, il monaco santo, e Teodorico, re dei Goti.

Il teatro databile agli inizi del I secolo a.C.
Il teatro databile agli inizi del I secolo a.C.

La piccola città di Galeata ha pregevoli edifici che mostrano aspetti di più culture artistiche, soprattutto d'influenza toscana. Nel centro si trova il Museo Civico, uno dei pochi a raccogliere ordinatamente i monumenti, gli oggetti e i documenti dell'intera storia del luogo, dai tempi prima dei romani ai secoli più recenti. Il nucleo originario è costituito dalle collezioni di Monsignor Domenico Mambrini, cui il museo è intitolato, il religioso che nella prima metà del Novecento si adoperò per il recupero e la salvaguardia delle memorie storiche.

Chiave in ferro e bronzo con manico a forma di testa canina (prima metà del I sec. d.C.)
Chiave in ferro e bronzo con manico configurato a forma di testa canina (prima metà del I secolo d.C.)

Ricordata da Plinio il Vecchio tra le città umbre (nat.hist., III, 113), Mevaniola rivela la sua storia principalmente attraverso i resti archeologici ed epigrafici. L'area del centro urbano di Mevaniola è stata parzialmente scavata negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso mentre si deve a scavi più recenti (1993) la scoperta di una piccola necropoli.
Il sito di Mevaniola fu identificato nel 1934 da Mons. Mambrini in seguito al ritrovamento casuale di alcuni resti di mosaici romani  nella frazione Monastero di Galeata. I primi scavi della Soprintendenza, che risalgono al 1948-49, portarono in luce alcuni tratti di muri e resti di pavimenti. La campagna di scavo del 1951, condotta da E. Contu in direzione nord-est, portò alla scoperta di un pozzo, una canaletta formata da lastroni, alcune basi marmoree e le famosa chiave in ferro e bronzo con manico a forma di testa canina della prima metà del I sec.d.C. Questo singolare manufatto, interpretato come chiave civica, deve essere inteso non tanto come la chiave di accesso alla città, di cui non sono mai state rinvenute le mura, ma come oggetto fortemente simbolico, visto il suo sotterramento nell'area del foro, fulcro di ogni città romana.
La città faceva parte della tribù Stellatina e fu inserita da Augusto nella regio VI Umbria (invece che nella VIII Aemilia) forse in memoria degli antichi rapporti con le popolazioni umbre richiamati già nella sua denominazione: Mevaniola, cioè piccola Mevania, deriva proprio dall'antico nome dell'odierna città umbra di Bevagna.
Non conosciamo esattamente l'estensione del centro abitato, che doveva coprire un'area di circa 200 x 100 metri ed era attraversato da una strada ricalcata oggi da un viottolo campestre, né sembra che fosse circondato da mura. Attorno ad una vasta area aperta in cui è forse riconoscibile il foro (piazza) sorgevano gli edifici pubblici tra cui il teatro, uno dei più antichi della regione. Databile agli inizi del I sec. a.C., il teatro è ancora legato a modelli ellenistici, con un'orchestra circolare (e non semicircolare come nei teatri romani) e la cavea semicircolare in muratura, di cui si conservano i quattro ordini inferiori delle gradinate mentre quelle superiori dovevano essere in legno: davanti ad esso si estendeva un piazzale porticato.

Veduta delle terme cittadine di Mevaniola
Veduta delle terme cittadine di Mevaniola

Dall'altra parte della strada e a valle del foro è stato individuato un impianto termale, con un ambiente riscaldato con ipocausto, vasche non riscaldate con pavimento fittile in opus spicatum ed un grande ambiente non riscaldato (forse il frigidarium). L'edificio ha avuto almeno due fasi, la più antica delle quali risale alla metà del I secolo a.C., epoca a cui si data l'iscrizione inserita nel pavimento a mosaico che ricorda il restauro delle condutture idriche che rifornivano l'edificio di acqua, compiuto ad opera di Cesio, funzionario (quattorvir quinquennalis) della città.
Poco altro sappiamo dell'impianto urbano, nessuna abitazione è ancora stata rinvenuta, solo nei pressi del teatro è stata individuata una cisterna per il rifornimento idrico. Ma certamente a sud si estendevano gli impianti produttivi e le necropoli: in quest'area è venuta in luce una fornace a doppio praefurnium (probabilmente per la cottura dei laterizi) e parte di una necropoli composta da 18 tombe, le più antiche a cremazione e le più recenti ad inumazione (a cassone laterizio con copertura in arenaria), databili tra il I secolo a.C. e il IV secolo d.C.

Iscrizione a mosaico inserita in un pavimento in laterizio a spina di pesce e riferibile all'edificio termale
Iscrizione a mosaico inserita in un pavimento in laterizio a spina di pesce e riferibile all'edificio termale

L'iscrizione parla di un tale Cesio, magistrato municipale, che si occupò di curare la ristrutturazione di un edificio pubblico (identificabile con le terme) e di portarvi l'acqua. Vari elementi portano a datarla al periodo precedente alla morte di Cesare e a riferire la ristrutturazione dell'edificio termale al 50 a.C. circa.

[  ]CAESIV [s f(ilius)]
[(quattuor)V]IR(i). QV [inq(uennales) balneas]
REFICIVND [as, aquam]
DVCENDA[M, lacum(?) ex]
D(ecreto) C(onscriptorum) F(aciundum) C(oeravere) EIDE[mq(ue) probav(ere)]

Esposta al Museo Civico "Mons. Domenico Mambrini" di Galeata (FC)

Mevaniola ebbe certamente abitanti con buone capacità economiche. Appartiene a Marco Satellio Marcello, commerciante di porpora, la stele conservata nella canonica della chiesa parrocchiale di Santa Sofia (e il cui calco è esposto nel Museo Civico) mentre è dedicata a Quinto Valcenna Proculo la base poi riutilizzata in epoca medievale come fonte battesimale nella Pieve di San Pietro in Bosco a Galeata. Le buone capacità economiche degli abitanti della città, situata su una delle direttrici principali di traffico tra i due versanti dell'Appennino tosco-romagnolo, sono documentate dalla presenza di materiali fittili non solo di produzione locale ma importati dalle due aree.
La vita del centro cessò per ragioni tuttora ignote verso il IV-V secolo d.C. quando il pianoro verso Pianetto venne abbandonato a favore della zona più prossima all'odierna Galeata dove, sul sito della precedente villa romana, sorse l'edificio tardoantico oggi noto come "villa di Teoderico". Marmi e materiali diversi provenienti dai monumenti cittadini furono dispersi o reimpiegati, secondo un uso diffuso in età tardoantica, in edifici medievali, tra cui spicca l'abbazia di Sant'Ellero.

Il vicino Museo Civico "Mons. Domenico Mambrini" espone, tra gli altri, anche i reperti rinvenuti nel corso degli scavi.
Si trova nel borgo di Pianetto (Via Borgo n. 22) ad 1 Km da Galeata (in direzione S. Sofia)
È aperto sabato e domenica dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15 alle 18; è attivo un servizio di apertura e visite guidate su richiesta, telefonando al n. 0543.975428

telefono Museo 0543.981854 - fax 0543.981021
e-mail: museomambrini@libero.it
www.museocivicomambrini.it 
 

Bibliografia
SOCIET
À DI STUDI ROMAGNOLI, Galeata. I monumenti, il museo, gli scavi, Bologna 1983
M. MARINI CALVANI (a cura di), Schede di Archeologia dell'Emilia-Romagna, Bologna 1995
L. MAZZEO SARACINO (a cura di), Il Museo Civico "Mons. Domenico Mambrini" di Galeata, Bologna 2005