In passato l’area si trovava vicina al corso del Po. Per questo motivo è stata da sempre interessata dalla presenza di attività artigianali di vario tipo che qui potevano svolgersi senza recare disturbo ai cittadini. I documenti parlano dell’avvicendarsi nel corso dei secoli di fornaci per laterizi e calce, di una grande panetteria pubblica, di una conceria e di nuovo di una fornace per laterizi. In un’area attigua, vicino a Porta Paola, era attiva intorno al 1640-1660 una bottega di ceramisti e tutta la zona era utilizzata per lo scarico di rifiuti di ogni genere.
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Lo scavo archeologico realizzato tra il novembre 1997 e il febbraio 1998, prima
della costruzione del Residence “Il Chiozzino”, ha confermato la destinazione
d’uso di questa zona.
Presso lo stesso residence, in Via Piangipane n. 14, è stata allestita una
singolare esposizione
di alcuni oggetti rinvenuti nel corso degli scavi
(orari:
dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 19 – sabato dalle 9 alle
13).
Le indagini archeologiche hanno portato in luce un imponente scarico di ceramiche
e di scarti di lavorazione riferibili ad un’officina attiva attorno al XVII
secolo.
Accanto a questa testimonianza sono stati rinvenuti altri indizi che indicano la
presenza di ulteriori attività, come la lavorazione dei metalli, testimoniata
dalla presenza di numerosi crogioli, e di bottoni in osso, documentati da parti
di ossa animali da cui venivano ritagliati. L’esistenza di un congegno in vetro
che faceva parte di un telaio ci indica come nell’area fosse probabilmente
presente un filatoio. Di notevole interesse risulta inoltre il rinvenimento di
un gettone o tessera mercantile utilizzata come lasciapassare.
Infine l’esame dei documenti d’archivio ha consentito di individuare e conoscere
con una certa precisione le officine ceramiche attive tra il XVII e il XIX
secolo a Ferrara, periodo di decadenza e involuzione economica per la città.
Questa destinazione d’uso dell’area è sostanzialmente rimasta fino ai giorni
nostri: a fianco del Residence “Il Chiozzino” è infatti ancora conservata la
ciminiera appartenente alla fornace per laterizi che venne costruita qui agli
inizi del 1900.
A Ferrara l’abitudine di utilizzare le aree limitrofe al
perimetro urbano meridionale come zone di scarto si era consolidata nei secoli e
sebbene espressamente proibita dal Cardinale Legato non cessò neppure nel 1600.
Lo scavo archeologico ha confermato quanto descritto dalle fonti e l’intervento
ha evidenziato in tutta l’area la presenza di consistenti scarichi di macerie,
concotto, cenere e carboni. Le uniche strutture, rinvenute lungo il margine
sud-est dello scavo, sono una piccola vasca in laterizi e due fondazioni di
pilastri riferibili ad una struttura che si estendeva verso est, oltre i margini
dello scavo, e che non è stato possibile indagare. L’indagine ha portato in luce
altri materiali indicatori delle attività artigianali attive a Ferrara nel XVII
secolo, come la lavorazione dell’osso per la fabbricazione di bottoni o perline
e la filatura della seta, che sappiamo presente in città fin dal 1500 e che è
qui documentata da un meccanismo appartenente ad un telaio.
Gli scarichi individuati, i cui materiali datano appunto al pieno XVII secolo,
furono probabilmente sigillati dall’impianto, sull’area, di una fornace per
laterizi, ad opera della famiglia Della Pellegrina , attorno all’ultimo decennio
del XVII secolo. Questa struttura artigianale, presente anche nella pianta del
Bolzoni del 1747, fu interpretata da alcuni studiosi come una fornace per
ceramiche: in realtà l’indagine archeologica non ha evidenziato in loco la
presenza di alcun apprestamento di questo tipo, esistente invece poco lontano,
verso est, nelle vicinanze dell’attuale Porta Paola. Le officine ceramiche
producevano infatti moltissimi materiali di scarto che, se non venivano
reimpiegati come sottofondi pavimentali, venivano gettati. Ciò conferma quanto
si va ribadendo da tempo e cioè che il rinvenimento di scarti non può essere
considerato assiomatico dell’esistenza in loco della fornace.
L’evidenza archeologica conferma perciò quanto abbiamo appreso dalle fonti e
cioè che quest’area –marginale alla città e contigua al perimetro murario- fu
utilizzata come zona di scarico di tutti i rifiuti urbani, sia derivanti da
attività artigianali che domestici, così come documentato anche in altri centri
urbani, ad esempio in Piazza Carducci a Bologna.
A. Bolzoni, Pianta prospettica di Ferrara, 1747
Si osservi
come la conceria avesse invaso anche il tratto più meridionale dell’antica “Via
del Granaro vecchio”, riducendolo ad un vicolo a fondo chiuso
L’impegno della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna
è volto alla tutela e valorizzazione del passato della Regione e si caratterizza
come un’attività a tutto tondo che spazia dalla Preistoria all’Età Moderna,
rispecchiando la complessa stratificazione storica del nostro territorio.
Ferrara è un sito di notevole importanza per l’archeologia postclassica ed è
sicuramente più conosciuta per i suoi aspetti medievali e rinascimentali,
oggetto di numerosi scavi archeologici e pubblicazioni. Nulla o quasi invece si
conosceva dell’Età Moderna. La costruzione di uno stabile in quell’area urbana
meridionale che, dal medioevo in poi, è stata oggetto di importanti e continue
trasformazioni ha fornito l’opportunità per approfondire gli aspetti della
cultura materiale di questo periodo. Con lo scavo del Chiozzino ci siamo
addentrati per la prima volta nel XVII secolo, un’epoca finora mai oggetto, a
Ferrara, di uno studio archeologico specifico. Un intervento di scavo che alle
evidenze archeologiche affianca l’esistenza dei documenti che a volte confermano
o arricchiscono i dati di scavo stessi.
I dati di scavo sono stati pubblicati nel volume “Il Chiozzino di Ferrara. Scavo
di un’area ai margini della città” a cura di Chiara Guarnieri, Ferrara 2006, Cirelli & Zanirato Editore
Per informazioni: Residence “Il Chiozzino”, tel. 0532.799601 – fax 0532.799641
www.residence.ferrara.it
e-mail info@sintecoresidenze.it