Comacchio (FE), area all’imbocco dell’Argine di Agosta
Scoperte di età protoimperiale
Home - Scavi/Valorizzazione - Area all'imbocco dell’Argine di Agosta (agosto-novembre 2015)
Nuove scoperte di età protoimperiale nelle Valli di Comacchio (FE)

Nel 1976 gli archeologi Giovanni Uggeri e Stella Patitucci Uggeri portarono alla luce nelle Valli di Comacchio i resti di un grosso basamenti di laterizi sesquipedali che si conservava per quasi 2 metri di altezza e aveva la forma di un quadrato di m 7,42 di lato. Il rinvenimento avvenne all’imbocco dell’Argine di Agosta, che potrebbe derivare il nome dall’antica Fossa Augusta, il canale artificiale fatto scavare da Augusto per collegare il porto di Ravenna a uno dei rami del Po.
Per questo si propose di interpretare il basamento come quello di una torre-faro lungo il percorso della Fossa.
Nell'agosto 2015 gli archeologi della Soprintendenza Archeologia dell’Emilia-Romagna, diretti dal funzionario Mario Cesarano, hanno riaperto il vecchio scavo al fine di realizzarne una documentazione con le metodologie e tecnologie più aggiornate. L’allargamento dell’area di scavo ha messo in luce una piattaforma, realizzata anch’essa con mattoni, che permette di definire un lato principale del monumento, rivolto ad est, proprio dove doveva passare il corso d’acqua.
Data l’instabilità del terreno, la nuova struttura poggia su una stratificata piattaforma di legno. L’osservazione della stratigrafia permette di ricostruire una serie di alluvioni, che devono aver ricoperto i ruderi ormai in rovina, crollati  durante l’età tardo-antica.
In particolare, la nuova piattaforma si è presentata coperta dal crollo dei mattoni della prima più imponente struttura e da diverse lastre e blocchi di pietra che recano i solchi delle ormai perdute grappe di piombo che dovevano tenerle insieme.

Piattaforma coperta dal crollo dei mattoni (foto Cesarano)

Uno dei blocchi è integro e di forma parallelepipeda; pesa quasi due tonnellate e reca una decorazione a rilievo su tre dei quattro lati. La faccia principale presenta nelle estremità superiori due bucrani scarnificati dai quali pendono festoni che sorreggono una ghirlanda sormontata da una patera ombelicata; le due facce laterali sono decorate con corone di alloro.

Il blocco decorato

In attesa dei lavori di pulitura e restauro propedeutici allo studio, una prima osservazione suggerisce una datazione alla piena età giulio-claudia. La decorazione riprende i temi canonici della propaganda imperiale, concentrata sul ripristino degli aviti costumi religiosi dei Romani, sintetizzati dal rito del sacrificio, a cui rimandano i bucrani e la patera.
Fino ad ora un unico frammento di marmo reca quel che rimane di un’iscrizione con la sola lettera “C”. Frammenti di ceramica sono stati recuperati nello strato alluvionale che ricopriva tutti i resti e collocano l’evento catastrofico nel pieno V sec. d.C.
I blocchi di pietra saranno restaurati e destinati al nascendo museo di Comacchio, per il quale si prevede l’apertura entro la fine del prossimo anno, con sezioni dall’età del Bronzo a quella medievale.